giovedì 30 dicembre 2010

fonte: RESMARCHE

L'universita' e il mito meritocratico


Sulla cosiddetta riforma dell’Università, è bene sgombrare il campo da un equivoco: il suo reale obiettivo non è introdurre criteri di valutazione che premino il merito, bensì operare un depotenziamento del sistema formativo pubblico che non ha precedenti nella storia recente del Paese

28 dicembre 2010 - Guglielmo Forges Davanzati (Economiaepolitica.it)

Fonte: criticamente.it - 23 dicembre 2010

Sulla cosiddetta riforma dell’Università, è bene sgombrare il campo da un equivoco: il suo reale obiettivo non è introdurre criteri di valutazione che premino il merito, bensì operare un depotenziamento del sistema formativo pubblico che non ha precedenti nella storia recente del Paese[1]. Depotenziamento che è già, in parte, passato attraverso la legge 33/2008, con la quale si è provveduto a sottrarre al sistema universitario pubblico circa un miliardo e mezzo di euro, per il biennio 2010-2011, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa di molti Atenei. I fondi recuperabili con la Legge di stabilità non serviranno a ripianare i bilanci degli Atenei italiani, ma, nella migliore delle ipotesi, ad arginare le proteste degli attuali ricercatori in ruolo, che hanno consentito – negli anni passati - la sopravvivenza di corsi di studio, svolgendo attività didattica non retribuita, e ai quali il Ministero offre oggi in cambio la messa ad esaurimento del loro ruolo. Peraltro – e non si tratta di un aspetto marginale – la riduzione dei finanziamenti è ‘lineare’, ovvero non tiene conto delle variabili di contesto (PIL procapite, tassi di disoccupazione) e, dunque, grava maggiormente sulle Università meridionali. La delegittimazione mediatica del sistema universitario pubblico (che regge sulla duplice retorica dei professori ‘baroni’ e ‘fannulloni’) sostiene questo disegno[2].

Sebbene nessuno possa negare che casi, anche frequenti, di nepotismo negli Atenei italiani esistano, occorre sottolineare che l’intervento legislativo non contiene misure che pongano argini a questi problemi[3]. Queste misure sono demandate a regolamenti che il Ministero dovrà emanare successivamente all’approvazione della Legge, e alcune sono di difficilissima attuazione (si pensi alla previsione, di cui all’attuale stesura del DDL Gelmini, di commissioni concorsuali nelle quali uno dei componenti deve essere un docente strutturato in una Università dell’area OCSE). Misure ulteriori che si aggiungono agli oltre 1.500 provvedimenti che hanno riguardato l’Università nell’ultimo decennio. Difficile, poi, immaginare che il merito venga premiato con la precarizzazione del ruolo di ricercatore. Nella stesura attuale del disegno di Legge, si prevede che i ricercatori verranno assunti con contratti a tempo determinato triennali, rinnovabili, ai quali può far seguito la prosecuzione dell’attività di ricerca solo in caso di definitiva stabilizzazione: il che, con il taglio dei finanziamenti, è un’ipotesi piuttosto ardua[4].

E’ del tutto evidente che questo dispositivo non ha nulla a che fare con il merito e, semmai, può produrre danni rilevanti, generando esiti esattamente opposti a quelli che si dichiara voler ottenere: accentuare la ‘fuga di cervelli’, già in atto, e reclutare ricercatori qualitativamente inferiori a quelli che si potrebbero assumere con contratti a tempo indeterminato e stipendi più alti. L’esito esattamente opposto a quello che i sostenitori della riforma dichiarano di voler ottenere.

Il DDL Gelmini, come è noto, è apertamente sostenuto da Confindustria, ed è di fatto pensato dal Ministero dell’Economia. Per comprendere le ragioni del sostegno imprenditoriale alla riforma è opportuno partire da alcuni dati.
L’ultimo Rapporto Almalaurea certifica che fra i 27 paesi dell’Unione Europea, il finanziamento pubblico in istruzione superiore italiano è più elevato solo di quello della Bulgaria. Il quadro non migliora nel settore strategico della Ricerca e Sviluppo al quale l’Italia ha destinato l’1,2% del PIL nel 2007, risultando così ultimo fra i Paesi più avanzati. A fronte del sottofinanziamento della ricerca, si rileva che le pubblicazioni dei ricercatori italiani – per quantità e qualità – sono classificate fra le prime dieci al mondo[5]. Aumenta sensibilmente la disoccupazione rispetto allo scorso anno, e non solo fra i laureati triennali. La disoccupazione cresce anche fra i laureati magistrali, dal 14 al 21%. Infine cresce anche fra i c.d. specialistici a ciclo unico (laureati in medicina, architettura, veterinaria, giurisprudenza), dal 9 al 15%. Una tendenza questa che si registra indipendentemente dal percorso di studio (anche fra i laureati tradizionalmente caratterizzati da un più favorevole posizionamento sul mercato del lavoro, come gli ingegneri) e dalla sede degli studi e che si estende anche ai laureati a tre ed a cinque anni dal conseguimento del titolo. Diminuisce il lavoro stabile e le retribuzioni medie, a un anno dalla laurea, si assestano attorno a 1.100 euro ad un anno dalla laurea. Ciononostante, la condizione occupazionale e retributiva dei laureati resta migliore di quella dei diplomati di scuola secondaria superiore. Nell’intero arco della vita lavorativa, i laureati presentano un tasso di occupazione di oltre 10 punti percentuali maggiore rispetto ai diplomati (78,5 contro 67%). Viene confermato che la retribuzione premia i titoli di studio superiori: nell’intervallo compreso fra i 25 e i 64 anni di età, essa risulta più elevata del 55% rispetto a quella percepita dai diplomati di scuola secondaria superiore. si tratta di un differenziale retributivo in linea con quanto rilevato in Germania, Regno Unito e Francia.
Nel caso italiano, il migliore posizionamento dei laureati nel mercato del lavoro discende dal fatto che – essendo l’Italia fra i Paesi OCSE quello con minore mobilità sociale – i laureati provengono, di norma, da famiglie più ricche rispetto ai non laureati e, conseguentemente, potendo disporre di redditi non da lavoro, hanno maggior potere contrattuale. La riduzione dei finanziamenti pubblici, inducendo gli Atenei ad aumentare le tasse universitarie, non può che produrre un duplice effetto negativo. In primo luogo, e in linea generale, l’aumento della tassazione rende più difficile la mobilità sociale, dal momento che un numero minore di giovani potrà permettersi di pagarle. In secondo luogo, questa misura si renderà necessaria nei casi nei quali la decurtazione dei finanziamenti pubblici non è compensata da finanziamenti privati. Il che riguarda la gran parte degli Atenei meridionali, con la conseguenza che il sottofinanziamento del sistema universitario pubblico penalizzerà soprattutto i giovani meridionali. In sostanza, il provvedimento incide negativamente sulla (già bassa) mobilità sociale italiana ed è oggettivamente redistribuivo a danno del Mezzogiorno. Ed è un provvedimento che non solo non agisce sul merito dei ricercatori, ma finisce per penalizzare gli studenti meritevoli con basso reddito.
A ciò si può aggiungere che, da oltre un decennio, è in atto un significativo processo di accentuazione dell’overeducation, ovvero di ‘eccesso di istruzione’ rispetto alla domanda di lavoro qualificato espressa dalle imprese. Acquisita la laurea, si svolgono attività non adeguate alle competenze acquisite o, soprattutto nel caso del Mezzogiorno, si emigra. L’eccesso di offerta di lavoro qualificato dipende essenzialmente dalla bassa propensione all’innovazione da parte delle imprese italiane, a sua volta imputabile in primis alle piccole dimensioni aziendali e – dato non irrilevante – al fatto che solo il 14% dei nostri imprenditori è in possesso di laurea[6]. E’ chiaro che in un Paese nel quale non si produce innovazione – se non per rare eccezioni – il finanziamento della ricerca scientifica è solo un costo, al quale le nostre imprese neppure riescono a far fronte reclutando dall’estero manodopera qualificata. E’ una buona ragione, sul fronte confindustriale, per dare sostegno e impulso alla politica dei tagli all’istruzione, continuando a perseguire una modalità di competizione basata sulla compressione dei costi (e dei salari, in primis)[7].
[1] La valutazione della ricerca è demandata all’ANVUR, agenzia costituita nel 2006 mai resa operativa. In ogni caso, il DDL Gelmini stabilisce un dispositivo premiale per la produttività scientifica nella misura massima del 10% del fondo di funzionamento ordinario
[2] Occorre rilevare che il DDL Gelmini non solo non incide su questo problema, semmai lo accentua. Se per “baroni” si intendono i professori di I fascia, le nuove disposizioni normative – in quanto attribuiscono loro la gran parte del potere di decisione sulla governance degli Atenei e sul reclutamento – rendono l’Università italiana più gerarchizzata e, dunque, potenzialmente più “baronale”.

[3] La previsione di un codice etico può fare ben poco a riguardo, anche in considerazione del fatto che la gran parte delle Università italiane negli ultimi anni si sono dotate di codici etici. Può fare ben poco perché un codice etico indica ciò che non occorrerebbe fare, ma non contiene misure di sanzionamento di comportamenti eticamente censurabili.

[4] A ciò si aggiunge che la disposizione di blocco degli scatti stipendiali (resi ora triennali) penalizza maggiormente coloro che, in Università, percepiscono gli stipendi più bassi, ovvero proprio i ricercatori (a tempo indeterminato, con ruolo ad esaurimento) e a tempo determinato, a legislazione vigente.

[5] Cfr. http://www.chim.unipr.it/riforma.pdf

[6] E’ quanto risulta dall’ultimo censimento Almalaurea. Si veda http://www.almalaurea.it/universita/occupazione/occupazione08/premessa2.shtml

[7] Per una trattazione più ampia di questo aspetto, si rinvia al mio L’Università che piace a Confindustria, su questa rivista.

lunedì 27 dicembre 2010

il film "una scuola italiana"

Al 28. Film Festival di Torino la Giuria del Premio Avanti! (Agenzia Valorizzazione Autori Nuovi Tutti Italiani) ha premiato il film "Una scuola italiana".

Il film racconta la Carlo Pisacane, una “scuola/scandalo” di Torpignattara quartiere storico di Roma oggi popolato da un numero crescente di famiglie immigrate.
La scuola era diventata famosa nel 2009 quando gli organi collegiali avevano deciso di cambiar nome all'istituto, da Carlo Pisacane a Tsunesaburo Makiguchi, educatore giapponese [leggi qui] [ e qui] (la scuola dovette poi fare marcia indietro per le numerose polemiche: [leggi]).
Un istituto definito un ghetto dalla stampa e dalla politica per l'elevatissimo numero di alunni di origine straniera (oltre l’80%). Insomma, un vero un vero e proprio caso nazionale.
Il film "Una scuola italiana" si svolge in un’aula della materna Pisacane dove è in corso un laboratorio teatrale. Le maestre raccontano il viaggio avventuroso di Dorothy nel magico mondo di Oz. Ad ascoltare ci sono bambini tra i tre e i cinque anni, tutti nati in Italia da genitori stranieri.

Le peripezie dei piccoli protagonisti nel magico mondo di Oz e le proteste organizzate davanti alla scuola, si fondono in un’unica storia che permette di vedere quanto sta accadendo da un’altra prospettiva: ad altezza di bambino.
Il documentario è un invito a riflettere senza paraocchi su un tema di stretta attualità, complesso, di interesse nazionale, che non può essere risolto a colpi di slogan o con affrettate scorciatoie ideologiche, senza interrogarsi a fondo sul tema della cittadinanza ai bambini nati in Italia.


trailer del film: GUARDA http://www.youtube.com/watch?v=L7LfVicr1HI

BLOG con materiale didattico e la guida per organizzare proeizioni http://unascuolaitaliana.blogspot.com/

venerdì 17 dicembre 2010

FONTE: LA TECNICA DELLA SCUOLA.IT
http://www.tecnicadellascuola.it/index.php?id=30380&action=view


Niente fondi per il funzionamento, parte la prima 'Class action'


di A.G.

A realizzarla sono stati 210 genitori di un istituto comprensivo di Bruino, vicino Torino, dopo che quest’anno si sono visti raddoppiare l’importo per l’acquisto di materiali come gessetti, carta e toner: una reazione comprensibile, ma insolita, che spezza la rassegnazione a vivere ormai la scuola nell’emergenza.


Le scuole italiane sempre più alle corde: in diversi casi la mancata assegnazione dei fondi statali per il funzionamento ordinario sta costringendo le direzioni a chiedere ai genitori degli studenti un sostegno economico. A volte anche materiale, attraverso il rifacimento di soffitti e pareti di classi e corridoi o la pulitura di giardini.

Un istituto comprensivo, composto da primaria e medie inferiori, situato a Bruino, vicino Torino, ha avviato addirittura una 'Class action' contro il ministero dell’Istruzione che da cinque anni (tranne l’invio di qualche forfait, come i 60 milioni di euro, circa 5.000 a scuola, giunti nel 2009) non finanzia le scuole: l’iniziativa, la prima di questo genere, è stata promossa da 210 genitori intenzionati in questo modo a salvaguardare la gratuità della scuola pubblica prevista dalla Costituzione italiana.

La 'Class action' - sostenuta dalla Flc-Cgil torinese, che ha supportato l’iniziativa dal punto di vista organizzativo e legale – è giunta dopo che ai genitori è sto chiesto di raddoppiare (da 25 a 50 euro) il contributo per acquistare materiale didattico, ma anche gessetti per scrivere alla lavagna, cartucce, toner, carta e sapone. Tutto materiale che, almeno nella scuola dell’obbligo, gli istituti fino a qualche anno fa provvedevano ad acquistare all’occorrenza senza problemi. Altri tempi. Per mantenere il servizio scolastico pubblico, oggi alle famiglie si chiedono contributi. Ma qualcuna comincia a puntare i piedi.

lunedì 13 dicembre 2010

Comunicato stampa della rete di solidarietà di studenti, genitori e insegnanti in difesa della formazione pubblica  URBINO


Sabato 11 Dicembre 2010 19:13

Il 10 dicembre 2010 all'interno del Nuovo Magistero Occupato (Università `Carlo Bo' di Urbino) si sono tenuti gli Stati Generali della Scuola e dell'Università per il diritto allo studio e per il diritto ad un lavoro ed a un esistenza dignitosa.
L'Assemblea Permanente di Urbino in occupazione, unitamente ai Comitati Scuola, Genitori, Insegnanti di Pesaro, Fano e Urbino ed al Coordinamento Precari Scuola delle Marche ribadiscono che:
1. I provvedimenti governativi che dal 2008 stanno colpendo la scuola elementare, la scuola media, la scuola superiore e la formazione universitaria costituiscono una grave violazione al diritto allo studio sancito dalla carta costituzionale agli articoli 3 e 34;
2. Le leggi finanziarie varate nel triennio 2008-2010 hanno condotto ad un ridimensionamento dei posti e delle ore di insegnamento tale da produrre il licenziamento di massa di migliaia di insegnanti a tempo determinato – condannandoli ad una precarietà infinita – ed un impoverimento dell'offerta formativa complessiva, a fronte, invece, di un incremento di fondi per le scuole paritarie;
3. Il DDL Gelmini consegna l'università italiana al mercato degli interessi privati e reintroduce un accesso legato al censo tramite la dismissione del diritto allo studio conseguente la sostituzione delle borse di studio con il sistema del prestito d'onore;
4. I movimenti che cercano di contrastare questo processo di svalorizzazione della formazione pubblica, lungi dall'essere soggetti di destabilizzazione sociale, hanno invece a cuore e rivendicano i valori culturali ed i diritti democratici fondamentali di dignità e libertà dell'insegnamento, dell'apprendimento, della ricerca, del sostegno del reddito per gli studi, della formazione di coscienze critiche e libere, dell'inserimento stabile nel mondo del lavoro, della possibilità di costruirsi un progetto di vita autonomo e sicuro.
Le realtà partecipanti nell'incontro del 10 dicembre ad Urbino:

* Sottolineano il grande segnale dato dal movimento studentesco universitario italiano ed europeo con le mobilitazioni contro i provvedimenti figli della stessa logica del profitto che ha provocato la crisi economica in atto;
* Fanno appello alle forze sociali e politiche sinceramente e disinteressatamente impegnate nella difesa della formazione pubblica quale bene comune indisponibile, incedibile, invendibile, immercificabile, ad esprimere la loro solidarietà ai movimenti in lotta;
* Fanno appello alle istituzioni regionali, provinciali, comunali per la salvaguardia delle scuole e delle università quali presìdi di cultura nel territorio;
* Si costituiscono in Rete di Solidarietà per le mobilitazioni e le iniziative future a partire dalla conclusione vittoriosa di questa prima fase di lotta ad Urbino.
I soggetti partecipanti sostengono oggi in particolare la vertenza riguardante la copertura totale delle borse di studio per tutti gli studenti universitari idonei delle Marche (rivendicazione dell'Assemblea Permanente degli studenti dell'Università di Urbino nei confronti della Giunta Spacca) e si dànno appuntamento a gennaio per un nuovo momento di incontro, riflessione ed organizzazione che dia solidità alla Rete di Solidarietà e che rilanci la mobilitazione del mondo della conoscenza.

Assemblea Permanente di Urbino in occupazione
Il Comitato Cittadino per la Difesa dell'Istruzione Pubblica di Urbino
Il Comitato Genitori e Insegnanti a Difesa della Scuola Pubblica di Pesaro
Il Comitato Genitori e Insegnanti a Difesa della Scuola Pubblica di Fano
Coordinamento Precari Scuola delle Marche

domenica 12 dicembre 2010

RITORNO A SPARTA
http://it.peacereporter.net/articolo/25117/Ritorno+a+Sparta

Handicap e scuola. Dalle 'classi speciali' oproposte dalla Lega a Udine, alle evocazioni della rupe Tarpea.

10/11/2010
Risale a pochi giorni fa la proposta del presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini, di tornare alle classi speciali per gli alunni diversamente abili. Una proposta che aveva fatto discutere e che aveva fatto sussultare quanti negli anni hanno lottato e si sono battuti per l'integrazione di questi studenti più fragili nelle aule degli istituti scolastici. Le esternazioni del politico della Lega Nord costituiscono, tuttavia, solo l'ultimo attacco in ordine cronologico al diritto dei disabili a frequentare le scuole. Solo poche settimane fa era stato un professore del conservatorio di Milano, Joanne Maria Pini, a lamentarsi su Facebook del numero eccessivo di alunni con handicap nelle classi, proponendo un ritorno alla rupe Tarpea e invocando la selezione naturale. "Volevo solo dire la mia, mettendo da parte il politically correct" si era poi scusato il docente, forse non accorgendosi del dolore provocato a quanti si trovano a vivere e a gestire una situazione di handicap. Posizioni inquietanti che sono frutto del cambiamento culturale introdotto dai tagli della riforma Gelmini che hanno depauperato e inaridito la scuola, facendone pagare le conseguenze agli studenti più deboli. Eppure non sono tanti gli alunni con handicap che frequentano gli istituti scolastici. Se le percentuali reggono per quel che riguarda le elementari e le medie, il dato subisce una notevole flessione nelle superiori. Lecco e Padova, stando alle elaborazioni sindacali, le province meno virtuose, dove le percentuali scendono sotto l'un per cento, a fronte di una media nazionale superiore all'1,3. Il dato del capoluogo lariano pari allo 0,99 pone delle riflessioni, visto che da questa città provengono due esponenti di spicco della politica, il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, e Giulio Boscagli, assessore regionale alla Famiglia, Conciliazione, Integrazione e Solidarietà sociale che hanno basato la propria campagna elettorale sulla tutela di valori quali appunto l'altruismo, il sostegno alle famiglie e via dicendo.
PeaceReporter ha intervistato Alvise Zuppani, professore di inglese al Bachelet di Oggiono e al Viganò di Merate, due dei principali istituti superiori della provincia lecchese.

Come commenta questo triste primato della città lariana?

Credo che dipenda dal contesto culturale, la gente ha ancora la tendenza a nascondere e a tenere in casa i parenti disabili. In generale c'è una scarsa attenzione verso la disabilità e questo è evidente anche a livello architettonico. Solo da qualche anno si sta iniziando ad abbattere le barriere, con molto ritardo rispetto ad altre città italiane. Alle carenze delle strutture scolastiche, che emergono soprattutto nell'ambito delle superiori, si pone rimedio con le associazioni che sono un universo molto dinamico e attivo sul territorio.

È un problema avere in classe uno studente disabile?

No, ma bisogna avere i mezzi e le risorse per poter gestire la situazione. L'anno scorso avevo una classe di trenta alunni con tre ragazzi disabili, di cui uno molto grave. A stento sapevo quali fossero le loro difficoltà e non riuscivo a seguirli in alcun modo. Nei professionali spesso ci sono dei seri problemi nella gestione dell'ordine e manca il tempo per dedicarsi a un singolo studente. Una volta le classi con alunni diversamente abili non potevano superare le venti unità, in modo da permettere al professore di prendersi cura anche del ragazzo con handicap. Ora questo non è più possibile. L'anno scorso la situazione è migliorata solo quando è arrivato il docente che aveva ottenuto il contratto di solidarietà e che svolgeva la funzione dell'insegnante di sostegno.

Che cosa si intende per contratto di solidarietà?

È il frutto di una convenzione a livello regionale. A partire dall'anno scorso, alcuni precari che hanno perso il posto sono stati re-impiegati con un numero di ore raddoppiate come insegnanti di sostegno. Si tratta di persone che non hanno alcuna formazione relative al mondo dell'handicap, che vengono semplicemente riciclate.


Cosa pensi dell'affermazione della proposta del presidente della provincia di Udine di tornare alle classi speciali?
Non mi trova d'accordo in alcun modo e penso che sia un'idea che ci riporta indietro, per quanto l'inserimento dei disabili è una questione molto delicata che pone delle riflessioni. La Lega, invece, semplifica e fa leva sui sentimenti più bassi, sull'egoismo. Il dato più sconcertante da registrare è che purtroppo molte persone sono d'accordo con quanto affermato da Fontanini. Non ci si rende conto che una società che non è in grado di integrare chi non è bello o perfetto fisicamente, è una società che aumenta i conflitti sociali. Si crea un ghetto che prima o poi esplode, come la storia insegna. Ho lavorato per un periodo in un Cse (centro socio-educativo) dove mi occupavo di casi molto gravi. All'inizio ero molto scettico e più volte mi sono chiesto che senso avesse fornire un'educazione a questi ragazzi. Col tempo, però, mi sono reso conto dell'aiuto che veniva dato alle famiglie e che la disabilità fa parte della vita. Relazionarsi con le persone con handicap aiuta a capire che l'orizzonte non può essere solo rappresentato dal divenire velina o calciatore, ma che esiste un discorso di solidarietà e comunità. Per questo sono convinto che avere un compagno disabile possa costituire una risorsa importante per una classe, perché aiuta gli altri ragazzi a scoprire un universo e valori di cui spesso non ci si ricorda.

Quale il futuro della scuola?
Sono molto pessimista in questo momento. La didattica è sparita dagli obiettivi e tutto è ridotto a burocrazia, l'unica preoccupazione è far quadrare i bilanci. Non sono per i buoni sentimenti e penso che la scuola si trascini da anni problemi enormi, quale ad esempio la totale mancanza di meritocrazia, e questo è anche responsabilità dei sindacati che non si sono mai mossi per isolare quei professori che stavano in classe a scaldare la sedia o a leggere il giornale. Ora la situazione scolastica è degenerata in maniera profonda, ma penso che la maggior parte della popolazione si accorgerà del danno solo tra dieci o quindici anni, visti che ormai si è abituati a ragionare sul breve periodo, senza pensare alle conseguenze future. La scuola pubblica è un valore che va difeso.

Agnese d'Accardi
http://it.peacereporter.net/articolo/20218/La+scuola+della+guerra


La scuola della guerra




La riforma scolastica del ministro Gelmini e gli affari con Finmeccanica

Scritto per noi da

Stefano Ferrario

Il Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca Scientifica, On. Mariastella Gelmini, e il presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini, hanno firmato un protocollo d'intesa per l'avvio della sperimentazione del nuovo Progetto di Riforma relativo agli istituiti tecnici superiori (ITS), denominato "Tecnici Superiori per Finmeccanica".

Uno degli anelli fondamentali delle aziende a prevalente produzione bellica è la collaborazione con le scuole del territorio dove esse sono ubicate. Vi sono le storie di alcuni scambi tra AgustaWestland, Alenia Aermacchi e le scuole elementari e medie inferiori della provincia di Varese e Novara. Ora siamo di fronte ad un fatto grave che, in sostanza, vede un accordo sistematico di ingresso del "privato" (Finmeccanica, anche se va ricordato che circa un terzo delle azioni di Finmeccanica sono possedute dal Ministero del Tesoro) nel "pubblico" (il sistema scolastico pubblico), per la formazione in loco della forza lavoro altamente qualificata necessaria all'azienda, con i finanziamenti di questo percorso ad opera del "pubblico" (ad esempio il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca Scientifica - MIUR).

Vediamone i dettagli. L'intesa si prefigge la partecipazione di Finmeccanica, attraverso le proprie aziende presenti sul territorio, alla costituzione di Fondazioni che sorgeranno in Piemonte, Toscana, Campania e Puglia.

Come contribuiranno al progetto le aziende della holding italiana? Si muoveranno su tre livelli: "Governance, individuando propri rappresentanti nel consiglio direttivo e nel comitato scientifico delle Fondazioni; Asset, con personale interno che fornirà attività di docenza (per la metà delle ore curriculari previste) e la disponibilità ad utilizzare le proprie strutture interne (ad esempio laboratori e macchinari); Placement, selezionando i giovani partecipanti più meritevoli per l'inserimento in azienda."

Chi sosterrà la riforma degli ITS è il "pubblico" e saranno, appunto, il MIUR, le Regioni e, in quota parte, il Ministero dello Sviluppo Economico.

Finmeccanica dichiara che "il progetto è pienamente in linea con le strategie del Gruppo, da sempre attento alla valorizzazione delle persone, alla loro formazione ed al loro sviluppo professionale, nella convinzione che il sapere tecnico e una cultura del saper fare siano le chiavi per rispondere adeguatamente alle sfide attuali." Pier Francesco Guarguaglini sottolinea, inoltre, che "questo progetto rispecchia i valori e le caratteristiche del nostro Gruppo, votato alla continua innovazione tecnologica, alla ricerca dell'eccellenza, alla valorizzazione del merito e alla cultura del lavoro; con una particolare attenzione al territorio, considerato che Finmeccanica è una realtà internazionale, ma, al tempo stesso, molto sensibile alle specificità dei territori nei quali opera."

Dal canto suo Mariastella Gelmini, mionistro dell'istruzione afferma che con questa modalità "si da concretezza ad un obiettivo che il Ministero sta perseguendo con determinazione: rafforzare le competenze di base del sistema scolastico, per preparare in maniera adeguata i giovani alle sfide del mondo del lavoro."

sabato 11 dicembre 2010

RICADUTE LOCALI DELLA RIFORMA GELMINI

dal Comune di Recanati: http://www.comune.recanati.it/

Recanati: attivato il servizio 'Scuola in gioco'


Ha preso il via nei giorni scorsi il servizio fortemente voluto dall’Amministrazione Comunale ( Assessorati Politiche sociali e Pubblica Istruzione) denominato “Scuola in gioco”, al fine di agevolare e conciliare i tempi di vita e i tempi di lavoro delle famiglie, rivolto ai bambini che frequentano il ciclo della scuola Primaria, i quali, guidati da educatori professionali, trovano a loro disposizione uno spazio pomeridiano per il gioco e lo studio.

La sede dell’iniziativa è quella della Scuola Primaria del plesso di Via Politi; il progetto, avviato in via sperimentale, si svolge da lunedì al venerdì e proseguirà sino al termine del corrente anno scolastico: le modalità e gli orari di frequenza possono essere scelti in base alle esigenze delle famiglie e dei piccoli utenti, è attivo dalle ore 12,30 per coloro che intendono usufruire del pasto alla mensa scolastica e dalle 14,30 per quanti “Scuola in gioco” rappresenta un luogo ludico e di studio per svolgere i compiti ed è aperto sino alle 17,30.
il progetto che segue quello già sperimentato nello scorso anno scolastico di “Pomeriggi in gioco” rappresenta una risposta concreta alle tante richieste pervenute alle sedi scolastiche locali e al Comune soprattutto in conseguenza dei tagli finanziari operati dal governo centrale delle classi a tempo pieno così come previsto dalla Riforma Gelmini. L’avvio del servizio, per il quale il Comune ha messo a disposizione una unità del proprio personale, viene garantito anche dall’utilizzo dei Lavoratori Socialmente Utili, una modalità che conferma come sia importante e concreta la sinergia tra soggetti ed enti diversi.

Si sono costituite nell'ultimo anno, due sezioni locali del Coordinamento Genitori Democratici (CGD) denominate “Comitato per la promozione e difesa della Scuola pubblica – RECANATI” e “CGD DEL MACERATESE”, che fanno riferimento al CGD Nazionale, una delle Associazioni di Genitori riconosciuta dal MIUR maggiormente rappresentative a livello nazionale.


"Il Coordinamento Genitori Democratici è una ONLUS fondata nel 1976 da Marisa Musu e Gianni Rodari sull’onda dei movimenti di partecipazione e di rinnovamento democratico delle istituzioni tradizionali. Al centro delle sue attività ci sono i bambini e il loro diritto a crescere in piena autonomia, salute e dignità. Opera a livello nazionale e nelle sue articolazioni associative territoriali, per affermare nei diversi contesti educativi una cultura dell’infanzia e dell’adolescenza ispirata ai valori di laicità, democrazia, libertà e uguaglianza della Costituzione Repubblicana.
Il CGD individua nella scuola, nella quale opera come associazione nazionale di genitori di allievi, l’ambito prioritario della sua attività. É presente altresì in comitati e commissioni nazionali, in particolare in ordine alle esigenze di tutela dei minori nei diversi contesti mediatici."

STATUTO http://www.genitoridemocratici.it/?page_id=18

I Coordinatori delle sezioni locali del CGD
MARCO MATALONI (CDG RECANATI)
perlascuolapubblica@gmail.com

PAOLA TRIVELLA (CDG DEL MACERATESE)
estrela2@libero.it

sabato 4 dicembre 2010

"Dove cominciano i diritti umani universali?
in piccoli posti vicini a casa:
il quartiere in cui si vive,
la scuola che si frequenta,
la fabbrica, il campo o l'ufficio in cui si lavora.
Sono questi i posti in cui ogni uomo, ogni donna, ogni bambino,
cerca una giustizia equa, pari opportunità,
uguale dignità senza discriminazione.
Se questi diritti non significano niente là,
significheranno ben poco ovunque"
ELEANOR ROOSEVELT (1958)

scuola di pace (SENIGALLIA)
diritti e rovesci



Parlare di diritti, dall'universale al locale: questo il tema e la sfida che accompagnerà il programma della Scuola di Pace "V. Buccelletti" di Senigallia per l’a.s. 2010-2011. Riprendendo il tema dell’educazione ai diritti sanciti dalla Costituzione Italiana, gli incontri di quest'anno vedranno di volta in volta protagonisti il diritto all'accoglienza, al lavoro, all’educazione, all’informazione, alla cittadinanza, il diritto delle donne e all’abitazione. Esperti di ogni materia, con la collaborazione in ogni serata di una diversa associazione del territorio, accompagneranno il pubblico in questo viaggio alla ri-scoperta dei diritti umani di ogni individuo.



L'idea infatti è proprio quella di un coro a due voci, l'universale e il locale, "Diritti e Rovesci", con l'esperto di ciascuna materia che relazionerà sul diritto di volta in volta protagonista, e l'associazione locale, particolarmente coinvolta su quel tema, che racconterà in che modo il diritto in questione è vissuto nel nostro territorio. Relatori del calibro di Valerio Calzolaio, Antonio di Stasi, Don Achille Rossi, Luce Tommasi, Maurizio Viroli, Lorella Zanardo, Paolo Pezzana e Giancarlo Sessa si alterneranno nel corso dell'anno per proporre al pubblico riflessioni su temi che coinvolgono ogni giorno ciascuno di noi.

Molto forte anche quest'anno il coinvolgimento delle scuole, che, attraverso il progetto "Adotta un diritto" pensato per le classi di scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, potranno discutere sui temi legati a due diritti a loro scelta. Questo percorso di approfondimento si concluderà poi con la concretizzazione del tema discusso attraverso un evento pubblico nel mese di maggio, dove ciascuna classe potrà portare il proprio contributo attraverso uno spettacolo, una lettura, un disegno, una realizzazione.

Un percorso formativo su questo tema è poi stato pensato proprio per i docenti, che potranno partecipare ad un corso sul rapporto tra diritti umani e cultura nell’ambito della scuola, con interventi a cura di Roberto Mancini, Sergio Labate, Rita Fabiani. Il corso, dal titolo "Diritti umani e cultura. la scuola tra conflitto e dialogo culturale" ha infatti l'obiettivo di fornire ai docenti strumenti per attivare metodi cooperativi con gli alunni nelle classi.
http://www.comune.senigallia.an.it/senigallia/Senigallia/scuola_di_pace/20691.html
"In una fase in cui viviamo in un delicato momento di crisi culturale, dei diritti e delle prospettive future, - ha dichiarato la Presidente della Scuola di Pace durante la conferenza di presentezione dell'anno scolastico - il nostro obiettivo è quello di rimettere alla base e rifondare i valori della nostra Carta Costituzionale".



 
VENERDI 10 DICEMBRE ORE 18,30 CIRCA SEDE UNIVERSITARIA URBINO


STATI GENERALI DELLA SCUOLA ITALIANA DOPO LA COSIDETTA RIFORMA

COMITATI DEI GENITORI E INSEGNANTI, COMITATI DEGLI STUDENTI MEDI, DOCENTI PRECARI, STUDENTI UNIVERSITARI

SI CONFRONTERANNO SUL DIRITTO ALLO STUDIO DALLA SCUOLA DI BASE ALLA UNIVERSITA'

PARTENZA ORE 17,45 DA PESARO DAI PARCHEGGI DI VIA LUBIANA NEI PRESSI DEI CAMPI DA TENNIS E DEL BAR
"La scuola si regge sui soldi delle famiglie



E il ministero? Manda lavagne multimediali"

Oltre la metà dei genitori versa un 'contributo volontario' ancora maggiore dell'anno scorso che va in media dai 16,4 euro della scuola d'infanzia agli 80 euro delle scuole medie superiori, ma si può arrivare fino ai 260 euro di ROSARIA AMATO

A scuola con la lavagna digitale

ROMA - La metà delle scuole italiane non riesce a fare a meno dei contributi 'volontari' dei genitori, e nel 13,6% degli istituti gli stessi genitori si sono rassegnati a fare di tutto, dalla ritinteggiatura delle pareti alle riparazioni di mobiletti e materiale didattico. E il ministero si affanna a mandare lavagne multimediali. E' lo sconfortante panorama delle strutture dell'istruzione che traccia il Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2010 del Censis. Tra le oltre 1000 scuole interpellate l'84,9% ha risposto di avere a disposizione le lavagne interattive quasi sempre finanziate dal ministero (91,4%), che solo nello 0,2% dei casi si preoccupa di verificare che ci sia una connessione a Internet. Ma, appunto, il ministero non appare di manica altrettanto larga quando si tratta di sopperire alle richieste delle scuole in materia di "adeguamento della strumentazione e degli ambienti di studio". Per quello ci sono i contributi dei genitori o, nel caso in cui la scuola decida d'ingegnarsi, gli sponsor che usufruiscono di concessione di spazi pubblicitari (31,8%) o i proventi delle macchine distributrici di bevande o alimenti (31,8%).



"Ci sono due logiche che si delineano nella scuola - spiega il presidente del Censis Giuseppe De Rita - quella tecnologica, per cui vengono mandate le lavagne luminose, un tipo d'innovazione un po' stanca, che personalmente trovo di nessun interesse. E poi c'è invece una forte innovazione nel ruolo delle famiglie: le famiglie non si sono rassegnate di fronte al fatto che

non ci sono i soldi, si sono responsabilizzate, hanno preso in mano le sorti della scuola. Nel giro di un anno è cambiato profondamente il ruolo delle famiglie, dai consigli d'istituto alla vita quotidiana delle scuole".

Le scuole si reggono sulle famiglie. Il 53,1% delle scuole chiede un contributo economico, che viene fornito dall'82,7% dei genitori, una percentuale molto alta: l'ampiezza del livello di adesione, spiega il Censis, appare dettata dall'esigenza di "tamponare le carenze di materiali e strumenti per il funzionamento ordinario dell'istituzione" e di "sostenere la qualità e varietà dell'offerta formativa". E quindi con il contributo volontario dei genitori le scuole acquistano materiali didattici (77,2%), migliorano le dotazioni informatiche (sulle quali di regola non si riscontra da parte del ministero una sensibilità analoga a quella dimostrata per le LIM), i laboratori o le palestre (58,3%) e forniscono persino supporto economico agli studenti più indigenti per assicurare la loro partecipazione nelle attività didattico-formative (43,1%).
I contributi privati. Il 36,4% delle scuole riceve contributi da soggetti privati (diversi dai genitori). Si tratta di donazioni (46,4%), installazioni di macchine distributrici di bevande e alimenti (34,8%), sponsorizzazioni o pubblicità (31,8%), affitto e concessione dell'utilizzo dei locali dell'istituto (21,6%).
E quelli di 'manovalanza'. Diventa sempre più comune il caso di genitori che decidano di contribuire materialmente al buon funzionamento della scuola. Nell'ultimo anno scolastico, le famiglie "hanno collaborato alla manutenzione o al mantenimento degli spazi" nel 13,6% delle scuole. Il 65,7% ha eseguito la pulizia e tintura delle pareti, il 22,9% ha ripulito tendi e suppellettili, il 13,6% ha riparato sedie, tavoli e armadi.

Le lavagne. La distribuzione di lavagne multimediali è stata piuttosto equa tra Nord e Sud: infatti si oscilla tra l'88% del Nord-Ovest e l'83,4% del Mezzogiorno. "Stando alle risposte dei dirigenti scolastici - nel 91,4% dei casi le risorse per l'acquisto delle Lim hanno avuto origine ministeriale". Soltanto nello 0,2% dei casi il criterio adottato è quello di scelta delle classi con connessione Internet, eppure le lavagne multimediali collegate alla rete offrono un ben più ampio ventaglio di possibilità ai docenti che intendano farne uso. Alla distribuzione delle LIM non è stata affiancata un'adeguata formazione dei docenti: il 51,4% degli insegnanti dichiara che l'impiego delle lavagne "ha prodotto nuovi fabbisogni di formazione dei docenti, non ancora del tutto soddisfatti", mentre il 48,8% afferma che "la scarsa autonomia dei docenti nella creazione di contenuti digitali determina una sottoutilizzazione delle lavagne"

(02 dicembre 2010)

www.repubblica.it

lunedì 29 novembre 2010

SINTESI DELLA STORIA PASSTA PRESENTE E FUTURA DEGLI ORGANI DI RAPPRESENTANZA DEI GENITORI

Convegno del Coordinamento dei Presidenti dei Consiglio di Istituto della Provincia di Genova


Scritto da Aureliano Deraggi

(22 novembre 2010)
Sabato 20 novembre u.s., in mattinata, nell'ambito delle manifestazioni del Salone ABCD-Orientamenti (padiglione B - Fiera di Genova) si è tenuto un interessantissimo convegno sulla partecipazione dei genitori agli Organi Collegiali della scuola, organizzato dal Coordinamento dei Presidenti dei Consiglio di Istituto della Provincia di Genova.

L'iniziativa, molto ben partecipata e ricca di spunti di riflessione e di collaborazione futura con questo Ufficio, è stata voluta dalla Presidente del Coordinamento stesso, la sig.a Tatti Vassallo.
Nella prima parte, al tavolo dei relatori, la dott.ssa avv. Cinzia Olivieri ha presentato un excursus davvero completo e mirato sullo "stato dell'arte" del riordino della normativa relativa agli Organi Collegiali della scuola in Italia (cfr. slides allegate).
A seguire, il preside Aureliano Deraggi, in rappresentanza della dott.ssa Rosaria Pagano, Dirigente vicario del Direttore Generale, ha annunciato il progetto di costituire, a cura dell'Ambito Territoriale di Genova, l'anagrafe provinciale dei Presidenti dei Consigli di Istituto, cui dovrebbe seguire medesima iniziativa, nei prossimi mesi,a cura degli altri Ambiti Territoriali della Liguria.

Nella seconda parte del Convegno, sul medesimo tema, hanno partecipato alla tavola rotonda, moderata dal dott. Terrile (Agenzia Liguria Lavoro) gli onorevoli Frassinetti (PdL) e Bachelet (PD), oltre all'assessore Pippo Rossetti (Regione Liguria), all'assessore Francesco De Simone (Provincia di Genova) e a numerosi esponenti del mondo imprenditoriale locale e nazionale.
Le stimolanti domande del folto pubblico, composto da genitori rappresentanti negli OO.CC. di Istituto e da studenti, hanno offerto una significativa e vivace testimonianza del desiderio di riappropriasi, da parte della componente genitori, del diritto e del dovere alla partecipazione attiva all'interno delle Istituzioni scolastiche.
Presentazione 68.54 Kb

http://www.istruzioneliguria.it/images/stories/Comunicazioni/2010/Novembre10/partecipazione_nella_scuola_che_cambia_20_10_2010_ultimo.pdf

http://www.istruzioneliguria.it/index.php?option=com_content&task=view&id=721&Itemid=11

Un caro saluto, Flavio
http://www.edscuola.it/famiglie.html
 Sportello Genitori Studenti e Scuola

martedì 16 novembre 2010

http://www.didaweb.net/informa/visita.php?url=http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/28/niente-soldiai-libridi-scuola/73987/


NIENTE SOLDI AI LIBRI DI SCUOLA



Il governo riprova il blitz fallito nel 2009 e cancella il fondo da 103 milioni. Lo scorso anno le risorse erano ricomparse nel decreto di Natale, ma questa volta sarà più difficile

Nel 2011 il governo non ha previsto i fondi per rendere gratuiti i libri testo delle scuole dell'obbligo. Dopo il tentativo fallito in extremis dodici mesi fa, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ci riprova e cerca di far saltare una delle misure caratteristiche della scuola pubblica dal 1967, cioè il fondo per i libri destinato ai bambini provenienti da famiglie meno abbienti, che serve a garantire il diritto allo studio a tutti i ragazzi. Il capitolo di bilancio della legge Finanziaria che prevede lo stanziamento di 103 milioni per la gratuità dei libri scolastici è stato nuovamente tagliato e ridotto a zero per il prossimo anno. Se le cose resteranno come sono, e non ci sarà uno stanziamento ulteriore nell'annunciato decreto di Natale, tutte le famiglie che mandano i bambini alle primarie (o che sfruttano il comodato d'uso gratuito nella scuola superiore) saranno costrette a sborsare i soldi per i libri di tasca propria.
Ma quella dei libri non è l'unica misura del piano governativo: il fondo per il diritto allo studio nelle scuole dell'obbligo viene ridotto di oltre il 70 per cento. In questo modo solo il 30 per cento di chi non può permettersi di studiare potrà farlo, per i bambini delle altre famiglie in difficoltà economiche l'istruzione sarà a rischio. Nello stato di previsione del ministero dell'Economia, alla voce "sostegno all'istruzione" sono calcolati solo 33,1 milioni di euro tra le somme da trasferire alle Regioni per le borse di studio.

La riduzione rispetto all'anno scorso è quindi di 84,2 milioni di euro. Mentre in quello del ministero dell'Università e la Ricerca, il diritto allo studio nell'istruzione universitaria viene ridotto a 25,7 milioni da 100, tagliando 74 milioni. Con l'aggravante che le Regioni, a loro volta, stanno riducendo i finanziamenti a questo genere di misure a causa dei tagli agli enti locali. Il computo dei tagli che la Finanziaria porterà a scuola e università è stato calcolato dai deputati del Partito democratico che fanno parte della commissione Cultura e che ieri si sono visti respingere tutti gli emendamenti che rifinanziavano questi fondi. Nello specifico hanno registrato una riduzione di 123,3 milioni di euro per l'istruzione prescolastica e di 780,1 milioni di euro per l'istruzione primaria. Per l'istruzione secondaria di primo grado e di secondo grado vengono ridotte rispettivamente di 208,3 milioni e di 841,6 milioni di euro, mentre per l'istruzione post-secondaria, (quella per gli adulti) il taglio è di 7,8 milioni di euro.

In commissione Cultura, a Montecitorio, la discussione ieri è salita di tono e l'Italia dei Valori ha deciso di abbandonare i lavori per protesta. "É stato l'ennesimo atto di arroganza da parte di questo governo - racconta Pierfelice Zazzera, capogruppo Idv in commissione - e di questa maggioranza nei confronti del Parlamento e delle minoranze. Non solo il rappresentante del governo si è presentato con un'ora di ritardo ma, fatto ancor più grave, è stato impedito alle minoranze di parlare. Per questo, abbiamo abbandonato i lavori". Il Partito democratico denuncia: "Con un colpo secco - dice la capogruppo in commissione Cultura Manuela Ghizzoni - il governo ha abolito la gratuità dei libri di testo nella scuola elementare per il 2011 e ridotto di oltre il 75 per cento i fondi per le borse di studio nelle università. Abbiamo dovuto lottare per ottenere dieci milioni per l'edilizia delle residenze universitarie. É inaccettabile".

Anche lo scorso anno le proteste erano state analoghe e, sotto pressione, alla fine il governo aveva trovato i 103 milioni di euro mancanti nel decreto milleproroghe natalizio. Questa volta sarà più difficile, perché il decreto di fine anno varrà sette miliardi ma gran parte di questi soldi sono già stati promessi in quello che Tremonti definisce "Piano sviluppo". Al ministro della Cultura Sandro Bondi servono soldi per il fondo per lo spettacolo, Stefania Prestigiacomo reclama 100 milioni per il dicastero dell'Ambiente, poi ci dovranno essere gli 800 milioni di copertura finanziaria della riforma universitaria. E trovare le risorse per i libri di testo gratuiti sarà ancora più arduo che nel 2009.


Da Il Fatto Quotidiano del 28/10/2010
FONTE: IL MANIFESTO
SCUOLA E IMMIGRAZIONE
FONTE: www.sbilanciamoci.info
http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/italie/I-voti-della-generazione-2-6775

I volti della generazione 2


Finito il chiasso sulla regola ambigua del 30 per cento, dei figli degli immigrati a scuola non si parla quasi più. E invece si dovrebbe parlare molto: di rendimento, criteri, strategie, risorse. A partire dai dati sui voti e sulle carriere scolastiche, che suonano un allarme sul quale si può ancora intervenire
Tutti a discutere appassionatamente, l’inverno scorso, della sostenibilità nelle nostre aule scolastiche di quote superiori al 30 per cento di allievi di provenienza straniera. E poi, alla fine, diffuse e fin troppo trasversali soddisfazioni per la deroga in extremis di Gelmini a proposito di quelli nati in Italia. Cosa c’è di meglio, in fondo, di un ministro che con una prima decisione dà soddisfazione ai leghisti e con una seconda, che non nega la prima ma la svuota, mostra di tener conto anche delle opposizioni ? La politica , spesso, si accontenta di poco. Oggi, certo, non c’è nessuno in grado di misurare quanto quel disastroso messaggio – una minaccia, i ragazzini stranieri, per il successo scolastico degli italiani – abbia contribuito all’innalzarsi della temperatura xenofoba del paese. E neppure c’è chi si dia la pena di verificare se non abbia per caso rafforzato, invece che tenere sotto controllo, i processi di polarizzazione in atto già da tempo. Le scuole degli italiani da una parte, le scuole “troppo” miste dall’altro. Ma è un fatto che tra il prima e il dopo la cura non c’è nessuna differenza; i plessi che superano la fatidica soglia, in maggioranza scuole dell’infanzia e scuole primarie, erano meno del 3% e a quel livello sono rimasti: p { margin-bottom: 0.21cm; }per la precisione, 1620 su 58.000. Se di patologia si tratta, è evidente che la ricetta si è rivelata inefficace. In primo luogo perché, come sapeva bene fin dall’inizio anche Gelmini, non si possono deportare gli italiani da Firenze a Prato e i cinesi da Prato a Firenze. E poi perché, come è successo nelle situazioni prese di mira dai media o dall’amministrazione scolastica, a Roma come in altre città, il polverone che si è alzato non ha fatto che acuire le paure delle famiglie italiane che già diffidavano. Ma i guasti restano. Quelli del “messaggio”, e quelli di aver coperto i problemi veri. Di che pasta è l’integrazione che la scuola italiana riesce a fare. Che cosa servirebbe perché tutti, stranieri e italiani, possano avere non svantaggi ma vantaggi dal fatto di trovarsi insieme nella stessa classe e nella stessa scuola. Quale sarà la situazione nei prossimi anni, e come prepararsi ad affrontarla.

Su alcuni di questi temi è tornata recentemente la Fondazione Agnelli1 . I numeri, intanto. Anche se negli ultimi due anni, complice la crisi, l’incremento degli allievi stranieri nella scuola italiana ha subito un rallentamento, nei prossimi dieci la loro presenza è destinata a crescere ancora, e non di poco. E’ in costante aumento, infatti, la percentuale dei figli con entrambi i genitori stranieri sul totale dei nati ( dal 5,5% nel 2002 al 12,60% nel 2008) e già quest’ anno scolastico cominciano a entrare nella scuola primaria i figli del baby boom seguito alla grande regolarizzazione che si è avuta con la Bossi-Fini ( 2002-2003 ). Sta dunque per materializzarsi anche nella scuola media e nella secondaria superiore quel sorpasso delle seconde generazioni che oggi si riscontra solo nelle scuole per l’infanzia e nelle due prime classi della scuola primaria, dove già i figli di stranieri nati in Italia sono più numerosi di quelli arrivati dopo. Emergeranno, e già emergono, bisogni educativi diversi se non altro perché saranno sempre di più i figli di genitori stranieri che la lingua italiana la imparano da piccolissimi e prima di entrare nella primaria, negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia. In altri paesi, per esempio Canada e Australia, ma anche Olanda e Danimarca, il fenomeno ha prodotto un rapido allineamento dei loro risultati scolastici a quelli dei coetanei autoctoni, in certi casi anche risultati medi migliori per la maggiore determinazione a utilizzare la scuola come strumento di riscatto e di emancipazione dalla minorità sociale e professionale delle famiglie d’origine. E in Italia? Non è un buon segno che non ci sia grande attenzione né all’interno della scuola né tanto meno nella politica alle due grandi malattie che compromettono i percorsi formativi dei ragazzi stranieri: i ritardi scolastici e la segregazione formativa dopo la scuola media nei rami meno prestigiosi del sistema, dal punto di vista culturale e per le prospettive di inserimento professionale.

I ritardi scolastici, un potente fattore di demotivazione e di abbandoni precoci, sono imponenti. In sintesi, se nella secondaria superiore gli studenti italiani in ritardo sono il 20%, un ritardo superiore al 20% si riscontra, per gli studenti stranieri, già in terza elementare. Che poi schizza in alto, fino al 70%, nella secondaria superiore. Gli italiani in corso, lungo tutto il ciclo dell’istruzione, sono l’82,6%, gli stranieri in corso solo il 55%. Il modello di integrazione scolastica italiana - argomentano i ricercatori della Fondazione Agnelli – sembra basarsi essenzialmente su strategie di “rallentamento”. Non è granché, diciamocelo. E per di più è spiegabile, forse, per i minori ricongiunti in età scolare che con l’emigrazione cambiano scuola, insegnanti, amici, lingua, contesti familiari e affettivi. Ma è evidentemente anomalo invece non solo per chi è nato in Italia ma anche per chi ci è arrivato prima dell’età scolare. Non inciderà su tutto ciò una diffusa impreparazione professionale ad insegnare in classi multietniche , riconosciuta del resto dagli stessi insegnanti 2? Non avrà un suo peso l’assenza di programmi formativi sistematici per lo sviluppo tra gli insegnanti delle competenze necessarie a insegnare l’italiano a chi non ce l’ha come lingua materna? E infine, quanto finiscono col contare nella valutazione delle potenzialità di apprendimento dei ragazzi immigrati i pregiudizi e gli stereotipi che possono esserci anche tra gli insegnanti ?

Contano certamente, per esempio, nell’orientamento ai percorsi post-scuola media. Possibile che sia solo in ragione dei possibili interessi delle famiglie a far conseguire in fretta un titolo spendibile nel mercato del lavoro che l’80% di quelli che proseguono si iscrivano agli istituti professionali e che siano ormai i ragazzi stranieri i più rappresentati nella formazione professionale di primo livello ? Quanto incidono, anche qui, i ritardi scolastici, un italiano insufficiente a misurarsi con i libri di testo e la terminologia dell’apprendimento strutturato, la convinzione diffusa nel contesto sociale che i figli non possano/debbano migliorare di molto rispetto alla condizione dei padri ? E’ un fatto, comunque, che all’accoglienza – che la scuola italiana in questi ultimi vent’anni ha fatto tutto sommato piuttosto bene – non stanno seguendo strategie lungimiranti di supporto all’ integrazione. E neppure un dibattito professionale e politico consapevole dei danni, per il futuro degli immigrati e per il profilo sociale e civile del paese, inscritti in percorsi scolastici di questo tipo. Rallentati e segregati. Il dato, citato anche dalla Fondazione Agnelli, che vede tra i diplomati agli esami di maturità una percentuale inferiore di due punti degli stranieri ( 95,5%) rispetto agli italiani (97,8%), ma le performance più positive ( 98,2%) per gli stranieri nati in Italia non dice molto considerati i numeri ancora molto bassi di partecipazione alla scuola secondaria superiore e l’addensamento pressoché esclusivo nel solo canale dell’istruzione professionale. Dicono di più, invece, i risultati agli esami di scuola media dello scorso giugno3 in cui si registra uno svantaggio forte, di circa 8 punti, nell’ammissione agli esami (12,3% contro il 4% degli italiani) , e un vantaggio pressoché impalpabile nel superamento dell’esame dei nati in Italia ( 99%) rispetto ai nati all’estero (98,9%).

Ci sono, dunque, ben altre emergenze rispetto a quelle su cui è stato scatenato l’allarme lo scorso inverno. Commentando le previsioni sull’imminente sorpasso nelle aule scolastiche delle seconde generazioni, Stefano Molina della Fondazione Agnelli e Rita Fornari dell’Università La Sapienza di Roma non usano giri di parola. La loro idea è che siano necessari rapidi e decisi cambiamenti di passo, nella scuola e nel paese. Prima di tutto nei comportamenti e nelle competenze professionali degli insegnanti che, protagonisti positivi dell’emergenza e della prima accoglienza, dovrebbero d’ora in poi evitare di proiettare sulle seconde generazioni i pregiudizi sedimentatisi con le prime; rivedere e rendere più elastici i criteri di valutazione; imparare – perché non può più bastare “una romantica intercultura del couscous” – a insegnare in classi multietniche. Quello che finora è stato considerato fisiologico , infatti, i ritardi scolastici dei ragazzi stranieri e il loro incanalamento nei settori considerati di minor valore del sistema dell’istruzione, saranno sempre meno tollerati a livello individuale e collettivo da ragazzi non immigrati ma nati qui, desiderosi di riscatto sociale, padroni fin da piccoli dell’italiano di base.



E’ evidente l’utilizzo rovesciato rispetto a quanto accaduto l’anno scorso del concetto di “sostenibilità” . Insostenibili – per gli italiani - non sono ambienti di apprendimento in cui i ragazzi di provenienza straniera siano il 31 o il 50 per cento. Insostenibile è un’integrazione scolastica debole che dà per scontati e immodificabili ritardi, insuccessi, orientamenti che non si spiegano neppure considerando la possibile influenza di condizioni sociali svantaggiate. E insostenibile e pericoloso – anche per la coesione sociale e la convivenza civile nel paese – è lo scarto sempre più evidente tra l’enfasi che nella scuola si dà all’educazione alla cittadinanza in senso pedagogico e una normativa sull’immigrazione che nega anche a chi, nato in Italia, non è tecnicamente un immigrato, il diritto di richiedere lo status di cittadino prima del diciottesimo anno di età. Rovesciamento impeccabile, quello dei ricercatori della Fondazione Agnelli. Ma il nostro paese, per il momento, non ci sente.


1 I figli dell’immigrazione nella scuola italiana. Settembre 2010,
http://www.fga.it/

2 L’insegnamento in classi multietniche è considerata la competenza professionale più critica e problematica dai 15.000 insegnanti di nuova nomina interpellati nel 2009 da uno studio della Fondazione Agnelli.

3 Esami di Stato nella secondaria di I° grado, luglio 2010,
http://www.istruzione.it/

lunedì 15 novembre 2010

Il Co.Ge.De Liguria e Proteo FareSapere Liguria, con il patrocinio della Regione Liguria


invitano i cittadini a partecipare alla mostra e al convegno

Il bambino creatTivo

Mostra su Gianni Rodari “La testa per pensare”

Venerdì 19 novembre 2010, ore 15,30 – 18,30.

Sabato 20 novembre 2010, ore 9,30 – 18,30.

Convegno sul trentennale della scomparsa di Gianni Rodari

Sabato 20 novembre 2010, ore 9,30 – 13,00.

Sala “Spazio Incontri” della Regione Liguria

Piazza de Ferrari 1 – Genova
 
 
LA TESTA PER PENSARE,


Mostra su Gianni Rodari

La palma della mano

i datteri non fa,

sulla pianta del piede

chi si arrampicherà?

Non porta scarpe il tavolo,

su quattro piedi sta

il treno non scodinzola

ma la coda ce l’ha.

Anche il chiodo ha una testa,

però non ci ragiona:

la stessa cosa capita

a più d’una persona.

Gianni Rodari

domenica 14 novembre 2010

URBINO-ANCONA
MARCIA DEI DIRITTI:........STUDENTI SENZA MEZZI

Oggi, alle 10 del mattino, dalla p.zza Repubblica di Urbino è partita la "Marcia dei diritti. Studenti.... senza mezzi!!!", che vuol portare in giro le rivendicazioni degli studenti delle Marche sino ad Ancona, in vista della manifestazione del 17 novembre.


" Dal limite estremo di una condizione precaria, precari partiamo alla volta di Ancona . Poche le tappe certe, tante le relazioni che in questa mobilitazione abbiamo costruito e che ci danno la convinzione che non rimarremo senza un pasto e un tetto. Noi non siamo soli!..................Partiamo quindi verso Pesaro e poi Fano, dove incontreremo i precari della scuola. Senigallia, Falconara, Ancona. queste le prossime tappe. Senza mezzi e precari come sempre, rivendichiamo diritti!"

Assemblea Permanente per il diritto allo studio di Urbino

programma provvisorio di sabato e domenica del Cammino dei diritti degli studenti e studentesse di Urbino

SABATO 13 NOVEMBRE : Morciola Ore 8:00 Partenza Ore 12:30 Tappa a Pesaro in P.zza del Popolo: incontro con precari della scuola e precari del lavoro pubblico e privato - Ore 16:30 Arrivo a FANO: ore 17.30 aperitivo e cena Palestinese nella sede della Federazione dei Comunisti anarchici ( FdCA ) in Via da Serravalle 16 a Fano ;

DOMENICA 14 NOVEMBRE FANO Ore 9:30 P.zza XX settembre incontro con la rete dei precari scuola ; Incontro con Rete studenti medi FIOM cantieristica (?); Unicobas (?) Pomeriggio - sera Arrivo a SENIGALLIA 0.

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Articolo 34 della Costituzione della Repubblica Italiana

"La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno DIRITTO di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso."
Tutto questo in Italia rimane solo un "vecchio proposito"che si vuole, politicamente, non rispettare più !

Nella sola Urbino a 751 studenti è stata "rubata" la borsa di studio (45% di borse di studio in meno!), molti di questi studenti non possono più permettersi di continuare gli studi. Già a partire da questi giorni, molti ragazzi e ragazze stanno rinunciando alle loro stanze nei collegi universitari, da oggi, per loro, ufficialmente a pagamento così come la mensa,e sono costretti a tornare nelle rispettive città di provenienza. Si tratta di studenti IDONEI (cioè che hanno tutti i requisiti per accedere al bando per le borse di studio) ma che per "mancanza di fondi"(o tagli indiscriminati!) non otterranno la borsa. Di questi 751 idonei ma non borsisti, 365 sono studenti che si sono iscritti al primo anno e che probabilmente ora dovranno decidere diversamente per il loro futuro. .

La Regione Marche, a cui spetta la gestione del diritto allo studio, tentenna dando la colpa solo al governo(anch'esso responsabile) e trattando il tema del diritto allo studio come una qualsiasi altra voce di bilancio, dimenticando che è il diritto delle nuove generazioni ad avere un futuro. Per questo andiamo ad Ancona con la convinzione di riprenderci le borse di studio che,a più livelli istituzionali, ci hanno sottratto.
Proprio in preparazione alla manifestazione ad Ancona del 17 novembre a cui parteciperanno tutti gli studenti marchigiani, mondo della formazione ,sindacati, lavoratori e rappresentanti di vari partiti politici, gli studenti che costituiscono l'Assemblea Permanente di Urbino annunciano, alla stampa e all'opinione pubblica tutta,che :
Venerdì 12 novembre alle ore 11 ,una loro rappresentanza, partirà A PIEDI alla volta di Ancona.
L'iniziativa che avrà titolo " IL CAMMINO DEI DIRITTI.(STUDENTI… SENZA MEZZI!)"vuole essere un atto estremo di sensibilizzazione su un tema, la dismissione e l'abolizione progressiva del diritto allo studio, che rischia di passare inosservato lasciando, di fatto, la possibilità di studiare solo a chi potrà permetterselo economicamente, relegando il paese alla più becera disuguaglianza sociale.
La comitiva, che partirà da piazza della Repubblica di Urbino, si dirigerà in direzione di Pesaro per proseguire poi per Fano , Senigallia , Falconara e poi Ancona. Durante il percorso gli studenti incontreranno delegazioni e rappresentanti di varie realtà in crisi, sociale ed economica, che si trovano lunga la strada. Il percorso , anche abbastanza impegnativo con le attuali condizioni meteo, sarà distribuito in 5 giorni simboleggiando i 5 anni di studi (3+2) diventati negli ultimi anni un complicatissimo percorso ad ostacoli. Arriveremo fino ad Ancona per chiedere le nostre BORSE di studio , degli ALLOGGI universitari sicuri e vivibili, una effettiva PARTECIPAZIONE alle scelte decisionali dell' Ente per il diritto allo studio regionale(ERSU). Per una formazione completamente pubblica e accessibile a tutte/i.

Per le motivazioni e le rivendicazioni si rimanda alla piattaforma della manifestazione ad Ancona del 17 novembre in allegato a questa mail.

Per i dettagli del percorso, le tappe, gli incontri che avranno luogo lungo il CAMMINO DEI DIRITTI. (STUDENTI SENZA MEZZI!) si rimanda alla conferenza stampa che avrà luogo VENERDI 12 alle ore 10, sempre in piazza della Repubblica ad Urbino, immediatamente prima della partenza.
Invitiamo, per quella data, tutti i giornali e le tv, locali e nazionali, a partecipare e a prendere atto della situazione di indigenza in cui versa la formazione in Italia.



un saluto resistente,

Le studentesse e gli studenti dell'Assemblea Permanente -Urbino
FONTE: retescuole


http://www.chiamamilano.it/notiziario/412/3


RICORSO PER DISCRIMINAZIONE


Trenta genitori contro il ministero dell'Istruzione e l'Ufficio scolastico


regionale e quello provinciale



Sono solo la punta di un iceberg, le trenta famiglie milanesi che hanno

depositato un ricorso per discriminazione sul mancato approntamento delle

ore di sostegno a scuola per i disabili. Perché la realtà ne registra

molte di più che si trovano a dover fare i conti con i tagli agli insegnanti

di sostegno per gli alunni con disabilità, famiglie che restano in silenzio

per paura, per mancanza di mezzi, perché dissuasi dagli stesso presidi e via

dicendo.
Per dare voce anche a loro è stato depositato il 10 novembre scorso presso

il Tribunale di Milano un ricorso per discriminazione contro il ministero

dell’Istruzione e l’Ufficio scolastico regionale e quello provinciale,

sottoscritto da 30 genitori di 17 disabili dell’istituto comprensivo

Cavalieri, della scuola primaria Ferrante Aporti e

di I.T.S.O.S. Albe Steiner con il sostegno dell'associazione Ledha (Lega per

i diritti delle persone con disabilità).

Qualche dato per chiarire la situazione: ad anno scolastico avviato, la

dotazione organica garantita dal Ministero per Milano e Provincia pone come

limite massimo il numero complessivo di 4897 docenti di sostegno per gli

alunni diversamente abili con un rapporto che supera 2,4 alunni per ogni

docente.

Peccato che la sentenza della Corte Costituzionale n.80 del 26/2/2010

stabilisca che sono illegittime le norme che fissano un limite massimo al

numero di posti degli insegnanti di sostegno. Un problema giuridico, che

riguarda anzitutto i diritti.

La situazione a Milano è preoccupante, spiega la consigliera comunale

Patrizia Quartieri

che insieme a Ledha e all'Associazione Avvocati per Niente sostiene i

genitori che hanno fatto ricorso. Tra gli elementi che peggiorano la

situazione ci sono la mancata formazione dei docenti, l'assenza della

continuità didattica, l'umento del numero degli alunni per classe,

l'liminazione delle compresenze e la mancanza generale di risorse della

scuola pubblica italiana.

Una situazione che sembra portare verso l'esclusione piuttosto che verso

l'nclusione dei soggetti con disabilità, annullando le conquiste fin qui

ottenute.

Le famiglie di persone con disabilità vogliono semplicemente avere le

stesse possibilità di apprendimento degli altri dichiara Marco Rasconi,

presidente di Ledha Milano


spiegando che purtroppo la problematica si ripete ogni anno perché il

ricorso di un anno non fa storia per quello successivo.

L'mportanza del ricorso presentato dai trenta genitori sta anche qui, nel

fatto che questa azione consentirebbe al giudice l'ccertamento di una

situazione generale di illegittimità: un'zione legale collettiva per la

tutela di un diritto fondamentale.

E se la difesa della Giunta milanese fa appello alla mancanza di fondi,

viene da chiedersi quale sia il criterio per cui i contributi per i libri di

testo delle scuole medie vengano assegnati a pioggia senza tener conto

delle differenze di reddito, sottraendo risorse a chi ne ha più bisogno,

senza quindi tener conto delle priorità.



Antiniska Pozzi



Alunni disabili senza diritti

I genitori portano la Gelmini in tribunale



La riforma riduce drasticamente i fondi per le ore di sostegno. Parte a

Milano la prima azione collettiva contro il ministero dell'Istruzione e gli

uffici scolatici, accusati di discriminare gli studenti con disabilità



Costretti a tenere i figli a casa, perché la riforma Gelmini ha ridotto

drasticamente le ore di sostegno alla disabilità. Per questo i genitori di

trenta alunni disabili fanno ricorso contro il ministro e la sua politica

dei tagli alla scuola. Si tratta della prima azione collettiva (intrapresa

con la collaborazione di Ledha, la Lega per i diritti delle persone con

disabilità, e il sostegno dell'associazione Avvocati per niente) che accusa

il ministero dell'Istruzione e gli Uffici scolastici locali di discriminare

gli alunni disabili. La scarsità delle risorse non può giustificare una

lesione del diritto all'istruzione. Lo dice il diritto internazionale, ma

anche la nostra Corte Costituzionale.



L'iniziativa è stata illustrata nella sede del Comune di Milano, in

occasione di un incontro pubblico sul diritto all'istruzione dei minori con

disabilità al quale erano presenti alcune delle famiglie in causa. Un Paese

non può negare il diritto all'istruzione dicendo che non ci sono risorse,

dichiara Livio Neri di Avvocati per niente. La Convenzione ONU del 2006 sui

diritti dei disabili, spiega l'avvocato, afferma che il sostegno va

garantito nella misura in cui è necessario. E ancora: Il tetto al numero

di insegnanti di sostegno previsto dalla Finanziaria del 2007 è stato

dichiarato incostituzionale perché  stabilisce la Consulta  lesivo di un

diritto fondamentale.



In Lombardia c'è un insegnante di sostegno ogni 2,34 alunni. Il dato,

peggiorato rispetto all'anno scorso, mette la regione agli ultimi posti

della classifica nazionale, seguita solo dal Lazio. La falce della riforma

Gelmini ha messo in ginocchio moltissime famiglie, costringendole a tenere i

figli a casa nelle ore di scuola non coperte dal sostegno. La socialità in

classe e l'affetto dei compagni è fondamentale, assicura la pedagogista

Sonia Mazzitelli, che avverte: Emarginare il disabile nell'età scolare

significa emarginarlo nel suo futuro di lavoratore e di cittadino.



Nonostante le gravi difficoltà, c'è ancora scarsa consapevolezza dei propri

diritti. Fino ad ora i ricorsi hanno riguardato singoli casi, che troppo

spesso venivano risolti assegnando ore di sostegno sottratte ad altri. Ecco

il perché di un'azione collettiva, spiega Marco Rasconi, disabile e

presidente di Ledha Milano, per impedire che una coperta troppo corta venga

semplicemente tirata da una parte all'altra. Tra i più restii a

intraprendere vie legali sono gli stranieri, che preferiscono non aggiungere

problemi a quelli già esistenti. Un genitore straniero che aveva

sottoscritto il ricorso, racconta ancora l'avvocato Neri, ha preferito

fare marcia indietro. In tal senso i ricorrenti si augurano che

l'iniziativa contribuisca a una maggiore informazione, soprattutto per le

famiglie che non possono difendersi o non sanno di poterlo fare. Certo,

nelle nostre condizioni, sostiene Maria Spalloni, uno dei genitori che

hanno fatto ricorso, dovremmo essere invitati a un tavolo. Invece siamo

costretti a rivolgerci a un tribunale.



Le risorse ci sono, protesta Patrizia Quartieri, consigliere comunale e

promotrice dell'incontro di ieri. Il Comune di Milano, racconta la

Quartieri, concede indistintamente a tutti gli studenti un bonus libri che

costa 5 milioni di euro lanno, mentre la spesa per il sostegno alla

disabilità è di 3,7 milioni. E rilancia: Senza ledere alcun diritto,

propone, basterebbe ripensare l'allocazione di queste risorse. La

questione riguarda anche i fondi regionali, che per il novanta per cento

finiscono alle scuole private, e soprattutto quelli stanziati a livello

nazionale, dove, ricorda la Quartieri, si preferisce spendere quaranta

miliardi in armamenti. Ne fa una questione di civiltà anche il

costituzionalista Valerio Onida, candidato alle primarie del centrosinistra

per le prossime comunali di Milano, che ha assistito all'incontro. Il fatto

che non si possa o non si voglia soddisfare i diritti fondamentali delle

persone più deboli fa di questa una società non civile. E precisa: Siamo

di fronte a uno di quei diritti che possono definirsi assoluti, e in quanto

tali devono essere soddisfatti. Non può essere una questione di risorse: non

ci sono scuse.



qui il filmato
 



modulo per aderire alla class action del Codacons contro le classi pollaio.

dalla mailing list dei firmatari della petizione contro l'aumento degli alunni per classe promossa dal "Coordinamento insegnanti delle scuole secondarie Modenesi La Politeia"


http://www.politeia.emr.it/petizione_contro_classi_affollate/



Un modulo dove anche genitori e alunni maggiorenni possono compilare, firmare ed inviare per raccomandata A/R.


La raccomandata è necessaria in quanto cosi è previsto (visto che gli aderenti non possono recarsi direttamente a Roma davanti al legale per l'apposizione della firma). Il tutto, è GRATUITO. Non si chiede neanche di diventare soci del codacons.

Vi chiedo di diffondere e convincere le persone a farlo presto in quanto a giorni verrà fissata l'udienza e dopo non si potrà più aderire.

Tenete conto che il codacons chiederà anche il risarcimento danni per quei studenti e genitori che aderiscono alla class action. Facciamo presto.

Diffondiamo a tutti gli insegnanti, ata, genitori, e studenti questa iniziativa e che questi la diffondano ad altri e dappertutto.

Un aula risulta sovraffollata quando ci sono:

1) classi formate con più di 25 alunni;

2) classi formate in aule con dimensioni inferiori a 45 mq netti (48 per le superiori) + 2 mq netti per ogni persona presente in aula diversa dall'alunno (ins. di sostegno, esperto esterno, compresenza, ecc) e con numero di alunni superiori ai 25;

3) classi formate con qualsiasi nr. di alunni al di sotto dei 25 ai quali non viene garantito l'indice minimo di 1,80 mq netti procapite (materne, elementari e medie) e di 1,96 mq netti rocapite per le superiori;

4) classi formate da più di 25 alunni in aule con superficie inferiore ai 45/50 mq netti.

Per numero di alunni si intende quelli risultati dal registro di classe.
 
 
MODULO
 
 
 
Spett.le CODACONS - Coordinamento di Associazioni per la tutela dell’ambiente e dei diritti di utenti e consumatori Ufficio Legale Nazionale Class Action Aule Sovraffollate Viale Mazzini, 73 00195 R O M A


Raccomandata A/R

Oggetto: ADESIONE, A TITOLO GRATUITO, ALLA CLASS ACTION CODACONS, EX D.LGS. N. 198/2009.-

Spett. Codacons,

Io sottoscritto/a ……………………………………………………………….…..

residente in ………………………………………………………… prov. ………

Via ……………………………. n. ………………

c.a.p. ……………………………………………..

telefono …………………………………………

e-mail ……………………………………………

Codice fiscale ……………………………………………………………….

In qualità di genitore di studente/studente maggiorenne iscritto all’Istituto……………………della città di……………..in via………………………….alla classe…………………………come da registro di classe composta dal numero …………..di alunni sin dall’anno scolastico 2009/2010, di cui nr........ alunni portatori di handicap. L’aula che ospita la classe è di ……… metri quadri netti.

Lo stesso, con il presente atto manifesta la propria volontà di aderire alla Class action prevista dal Decreto Legislativo n. 198/2009, intrapresa dal CODACONS contro il Ministero dell’Istruzione Università e ricerca ed altri, relativa al sovraffollamento scolastico e al rispetto della normativa sulla sicurezza e igiene nella scuola, innanzi al Tar del Lazio, iscritta al numero di R.g.6143/2010.

Luogo ……………..

Data ……………….

NOME E COGNOME FIRMA AUTOGRAFA TIPO ED ESTREMI DEL DOCUMENTO DI IDENTITA’

________________________________________________________________________________

Si allega copia documento di identità personale


  TESTO DELLE PETIZIONE


Illustrissimi


Presidente della Repubblica,
Presidente del Senato,
Presidente della Camera dei Deputati,
Presidente della Corte Costituzionale,
ci rivolgiamo a Voi, massimi custodi della Costituzione, delle Leggi e del Parlamento, per
esortarVi a esercitare il Vostro ruolo.

In una stagione come questa attraversata da crisi economiche e di valori, riteniamo sia necessario prestare attenzione alla tutela delle normative sulla sicurezza nelle scuole, che si basano su principi costituzionalmente garantiti rispetto alle leggi ordinarie emanate esclusivamente nell'ottica di distrarre risorse dal settore scolastico (tagli da 8 miliardi di euro circa e 134 mila posti in meno in tre anni), a detrimento non solo della qualità dell'offerta formativa, ma anche dell'incolumità dei soggetti che fruiscono delle strutture scolastiche.
Siccome la Costituzione della Repubblica italiana all'Art. 134 conferisce il potere alla Corte Costituzionale di giudicare sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni, con la nostra petizione (in allegato) contro il sovraffollamento delle classi (più di 10.000 firme raccolte in poco più di un mese) vogliamo:


denunciare le evidenti contraddizioni tra le direttive del Ministero (art. 64 legge 133 del 6 Agosto 2008) che impongono l’aumento degli alunni per classe e la normativa esistente in materia di sicurezza e agibilità dei locali scolastici (Decreto Interministeriale del 18 Dicembre del 1975; Decreto del 26 Agosto del 1992 del Ministero dell'Interno; Decreto legislativo n. 81 del 9 Aprile 2008: testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro);

chiedere, il rispetto delle leggi calpestate in ambiti così decisivi come le questioni della salute e della sicurezza, per una scuola pubblica di qualità, per la democrazia e per la vita del Paese.

Facciamo questo perchè assistiamo ad una mancanza di qualsiasi rispetto di alcune regole, che sono poste a garanzia di tutti e che hanno funzionato bene fino ad oggi.

Crediamo sia materia di preoccupazione anche per Voi che presiedete i massimi organi dello Stato e vegliate sull'osservanza ed il rispetto delle Leggi, della Costituzione e del Parlamento.

Cordiali saluti
Per il coordinamento insegnanti delle scuole secondarie di Modena “La Politeia”
prof. Ioannis Lioumis