domenica 18 dicembre 2011

fonte: REPUBBLICA

L'ANALISI
Anni di tagli, le "pubbliche" calano
boom iscritti alle scuole paritariePubblicati i dati dell'Ufficio Statistica del Ministero.

 Negli scorsi sei anni incremento alle "private" del 10%. Il taglio dei servizi per carenze di fondi (e la minor assistenza agli alunni disabili) la causa principale

di SALVO INTRAVAIA

Il sospetto lo avevano in molti, adesso arriva la conferma dei numeri. In pochi anni, le scuole paritarie hanno visto crescere il numero dei propri iscritti. Mentre le statali, travolte dai tagli soprattutto dell'ultimo governo Berlusconi, segnano il passo. In appena sei anni - dal 2004/2005 al 2010/2011 - gli iscritti nelle scuole elementari, medie e superiori delle paritarie sono cresciuti del 10 per cento, nelle statali si registra una sostanziale stabilità. Il dato degli alunni delle private è stato pubblicato ieri dall'Ufficio statistica del ministero dell'Istruzione nell'ambito del dossier sugli alunni disabili e mancava dalle statistiche ufficiali da circa 10 anni.
Vivalascuola. Appunti d’assessore. Il dimensionamento scolastico


sabato 17 dicembre 2011

Dimensionamento scolastico. I piani slittano al 31 gennaio 2012


Una proroga che non risolve i problemi che sta creando l’applicazione di una norma folle e ingiusta. Serve un provvedimento per dare valore legale alla moratoria di un anno da noi proposta.


Dimensionamento scolastico: incontro al Miur

Il Miur, in seguito a numerose pressioni e richieste, ha diramato in data 13 dicembre 2011 una nota di chiarimenti (in allegato) rivolta alle Direzioni scolastiche regionali sulle modalità di applicazione della norma sul dimensionamento scolastico prevista dalla Legge 111/2011.
Nella nota il Miur sostiene che:
il parametro dimensionale dei 1000 alunni ha valore di media regionale e quindi nel piano di dimensionamento potranno figurare anche istituti comprensivi con valori inferiori a quelli previsti dalla legge 111/2011 purché sia salvaguardata la media di riferimento regionale;

è posticipato al 31 gennaio 2012 il termine, prima previsto al 31 dicembre, per la predisposizione dei piani scolastici regionali.

Inoltre il Miur, nel tentativo di corrispondere alla richiesta avanzata dalla Conferenza delle Regioni di prevedere una programmazione triennale delle operazioni di dimensionamento, indica che in fase di prima applicazione della norma si possa procedere nella costituzione degli istituti comprensivi con gradualità tenendo conto “di particolari esigenze geografiche, socioeconomiche e legate alla storia del territorio”. Questo può significare che le scuole primarie e secondarie di 1° grado potranno mantenere la loro autonomia purché a livello regionale venga rispettata la media dei 1000 alunni.


Le nostre valutazioni

Questa nota del Miur per quanto tenti di affrontare in maniera meno dirompente una questione rilevante e delicata come quella del dimensionamento scolastico, non risolve però i pesanti problemi emersi in tante realtà territoriali anzi rischia di determinarne di nuovi.
Il rinvio della scadenza al 31 gennaio 2012 per la predisposizione dei piani se da una parte consente di aver più di tempo per coinvolgere maggiormente i diversi soggetti finora lasciati ai margini come scuole e organizzazioni sindacali e per intervenire con più oculatezza sulle proposte di dimensionamento, dall’altra lo slittamento dei tempi rischia di comportare gravi ritardi nella predisposizione delle iscrizioni degli alunni, degli organici del personale e di conseguenza su tutte le operazioni relative all’avvio del prossimo anno scolastico.
Infatti, la nota Miur non prevedendo uno specifico intervento legislativo a supporto di quanto sostenuto finisce per aumentare il caos istituzionale poiche' non ha carattere vincolante per le Regioni le qualipotranno continuare ad operare in maniera discrezionale e anche in contraddizione rispetto a quanto richiesto dalla Conferenza delle Regioni e dalla stessa nota Miur.

Per questo la proposta della FLC CGIL di rinviare di un anno tutte le operazioni di dimensionamento in corso risulta sempre più la sola davvero in grado di evitare al sistema scolastico nazionale un ulteriore intervento distruttivo, che comporterà la disarticolazione della rete scolastica territoriale con conseguente impoverimento della qualità dell’offerta formativa già fortemente pregiudicata dagli interventi del precedente governo. Le scuole fatte così affrettatamente sono solo sommatorie di edifici e gradi ma non scuole vere pedagogicamente stabili e dalle solide fondamenta organizzative e didattiche. Il dimensionamento ha senso solo se serve a realizzare comprensivi che salvaguardino in ogni istituto la continuità fra settore primario e secondario e la stabilità delle scuole.
Il nuovo Ministro dell’Istruzione ha sottolineato nelle sue prime dichiarazioni l’importanza dell’istruzione quale risorsa per il Paese; impedire che venga dato seguito ad una norma folle quale quella sul dimensionamento scolastico che non risponde ad alcun criterio didattico e di qualità ma solo all’esigenza di contenimento della spesa può rappresentare per il nuovo Ministro un’occasione importante per passare dalle dichiarazioni ai fatti e per segnare un forte elemento di discontinuità rispetto alle precedenti politiche sulla scuola pubblica.

Siamo ancora più convinti che per il bene della scuola e' necessaria la moratoria di un anno.
Per quanto ci riguarda continueremo a batterci in tutte le sedi per ottenere un intervento legislativo che metta nero su bianco tale rinvio.



Allegati

nota 10309 del 13 dicembre 2011 applicazione art 19 comma 4 del d l 98 del 6 luglio 2011

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Tag: dimensionamento, miur, legge 111/11, nota 10309/11

venerdì 16 dicembre 2011

Scuola: Codacons, 13.500 istituti con "classi pollaio"


FONTE: RASSEGNA.IT
Il Consiglio di Stato ha accolto la class action contro le classi pollaio. Il ministero è costretto a redigere e pubblicare il piano nazionale per la messa in sicurezza degli istituti. Le aule a rischio sono quelle inferiori a 45 mq e con più di 25 alunni
Sono 13.500 le scuole in tutta Italia in cui ci sono le 'classi pollaio'. E' quanto denuncia il Codacons, che ricorda come il ministero dell'Istruzione sia stato "finalmente costretto dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha accolto la class action promossa dal Codacons contro le classi pollaio, a redigere e pubblicare il Piano nazionale per la messa in sicurezza delle scuole italiane'.
Si tratta di un elenco che individua oltre 13.500 istituti scolastici dislocati sul territorio, le cui aule sono 'classi pollaio', ossia aule che 'non possono ospitare numero eccessivo di studenti rispetto alle dimensioni delle stesse aule'.
Per 'essere aula pollaio', sottolinea il Codacons, è necessario che vi siano queste condizioni: classi formate con più di 25 alunni; classi formate in aule con dimensioni inferiori a 45 mq netti (48 per le superiori) + 2 mq netti per ogni persona presente in aula diversa dall'alunno (insegnante di sostegno, esperto esterno, compresenza, ecc) e con numero di alunni superiori ai 25.
Inoltre, prosegue, sono incluse le aule con qualsiasi numero di alunni ai quali non viene garantito l'indice minimo di 1,80 mq netti procapite (materne, elementari e medie) e di 1,96 mq netti procapite per le superiori. Infine le classi formate da più di 25 alunni in aule con superficie inferiore ai 45/50 mq netti.
A quanto si apprende, adesso questi istituti non possono assolutamente superare il numero di alunni indicato dalla legge pre-riforma Gelmini, e dovranno essere messi in sicurezza al più presto. Non solo: sulla base di questo elenco i precari della scuola possono sperare di non essere licenziati, a causa dell'aumento di alunni per classe e conseguente contrazione dell'organico, e possono mobilitarsi per ottenere il contratto di lavoro a tempo indeterminato

pesaro

fonte: REPUBBLICA

Classi sovraffollate, disabili penalizzati
ecco i numeri della gestione Gelmini

Il criterio della trasparenza reintrodotto dal ministro Profumo fa emergere le proporzioni di quanto accaduto negli ultimi tre anni. Nel 2008/2009 le classi con oltre 25 alunni erano l'11,6% oggi sono il 17,3%. Quelle in cui c'è più di un portatore d'handicap sono passate dal 6 al 7%

di SALVO INTRAVAIA
CLASSI-POLLAIO, disabili stipati in aule superaffollate e anche in più d'uno per classe. Ecco i numeri che inchiodano la Gelmini. Dal 2008 le proteste di insegnanti e genitori contro le misure del governo Berlusconi contro la "scuola" sono state un crescendo - classi stracolme di alunni e disabili penalizzati - ma dopo ogni "caso" scoperto dalla stampa, puntualmente, arrivava la smentita del ministero che recitava sempre lo stesso copione e parlava di accuse "destituite di ogni fondamento".
Nel frattempo, però, i numeri venivano meticolosamente occultati: niente più "sintesi dei dati" sulla scuola e niente più pubblicazioni con numeri, grafici e tabelle che potessero svelare il reale impatto della cosiddetta riforma Gelmini sulla scuola italiana. Si andava avanti solo con dichiarazioni dell'ufficio stampa. "Non è prevista l'abrogazione del tetto per il numero degli alunni nelle classi con studenti disabili. Il limite era, e resta, di 20 alunni per classe", recita la Gelmini lo scorso 30 giugno.

Ma le denunce di aule strapiene, disabili in classi troppo numerose e spesso in compagnia di altri portatori di handicap nella stessa aula continuavano. Situazioni che in teoria la normativa vigente non ammette. Ma che per racimolare qualche posto in organico tutti tolleravano: il ministero, i direttori regionali e i provveditori. Gli unici che pativano erano gli stessi alunni e gli insegnanti, costretti a gestire situazioni molto complesse. Ma senza i numeri nessuno poteva parlare. La recente glasnost avviata dal ministro Francesco Profumo svela le reali proporzioni dell'intervento gelminiano sulla scuola nostrana.
Quest'anno, le classi sono mediamente più affollate di tre anni fa e quelle fuorilegge sono in rapida ascesa. Una norma del 1992 stabilisce che per assicurare una adeguata sicurezza in caso di incendio l'affollamento massimo delle classi deve essere di 26 persone: 25 alunni e un insegnante. Nell'anno scolastico 2008/2009 le classi con più di 25 alunni erano l'11,6 per cento. Tre anni dopo, nel 2011/2012, le classi sovraffollate ammontano al 17,3 per cento: quasi sei punti in più. Nella scuola dell'infanzia una classe su tre è over 25, al superiore si scende a una su quattro.

E i disabili? La normativa stabilisce, come del resto ha recentemente chiarito l'ex ministra, che nelle classi con un portatore di handicap il numero degli alunni dovrebbe al massimo essere pari a 20. Il motivo è semplice: in classi sovraffollate l'inserimento degli alunni disabili diventa più complicato. Tre anni fa, le classi con un disabile e con più di 20 alunni erano poco meno di 11 su cento: il 10,8 per cento. Tre anni dopo, il tasso sale al 13,4 per cento con record alla scuola media, che fa segnare un 23 per cento abbondante.
La normativa appena citata non contempla neppure l'ipotesi di infilare in una classe più di un disabile. E non c'è bisogno di spiegarne il motivo. Eppure le situazioni che vedono due e tre portatori di handicap nella stessa classe sono più frequenti di quanto si pensi, specialmente da quando in viale Trastevere è passata la ministra di Leno. Dal 6 per cento dell'anno 2008/2009 si è passati al 7 per cento: qualcosa come 25 mila classi in cui un solo insegnante di sostegno spesso non basta.

(13 dicembre 2011)

sabato 10 dicembre 2011

Indicazioni per il primo ciclo e monitoraggio



Anche Legambiente Scuola e Formazione e il Coordinamento Genitori Democratici non condividono l’iniziativa del MIUR.

01/12/2011

Indicazioni nazionali e monitoraggio: il Miur rinvia la scadenza dell'invio dei questionari

Importante documento del Coordinamento Nazionale per le Politiche dell'infanzia e della sua Scuola

Primo ciclo e scuola dell'infanzia: monitoraggio sulle Indicazioni nazionali o verifica sulla attuazione dei Regolamenti del Ministro Gelmini?

Non è una questione di poco conto. La qualità dei primi segmenti del sistema di istruzione è fondamentale nella formazione delle persone e quindi nello sviluppo del paese. La definizione dei traguardi comuni nella scuola dell’infanzia e del primo ciclo (primaria e secondaria di primo grado) è questione di importanza strategica. Non può risolversi in modo sbrigativo e burocratico. Chi ha a cuore le sorti della scuola e delle giovani generazioni non può permetterlo. Dopo quelli di cui già abbiamo dato conto, sono giunti i documenti di Legambiente Scuola e Formazione e del Coordinamento Genitori Democratici
Rinnoviamo alle scuole l'invito a far pervenire al MIUR le loro considerazioni, elaborazioni, proposte, difficoltà in merito alle indicazioni vigenti.
Dal MIUR ci attendiamo un atteggiamento di ascolto e di valorizzazione dei contributi delle scuole.
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Scuola dell’Infanzia e primo ciclo: indicazioni per curricolo calate dall’alto

Legambiente Scuola e Formazione chiede più condivisione e partecipazione nell’elaborazione delle nuove regole e dei programmi


“La discussione in merito alle indicazioni del curricolo nella scuola primaria, introdotto dall’ex ministro dell’Istruzione Fioroni, non è un aspetto tecnico che riguarda solo i docenti ma dovrebbe coinvolgere tutti, visto che si occupa di cosa e come i nostri figli e i cittadini più giovani devono apprendere nella scuola dell’obbligo. In un momento di evoluzione sociale così profonda non ci possiamo affidare ai meri passaggi burocratici, ma fare in modo che i professionisti della scuola si confrontino per elaborare un curricolo capace di fornire strumenti ai giovani cittadini per essere in maniera attiva e positiva dentro a questi cambiamenti”.
Così Vanessa Pallucchi presidente di Legambiente Scuola e Formazione, l’associazione professionale d’insegnanti e educatori ambientalisti, in una nota chiede al nuovo Ministro Profumo di rivedere l’armonizzazione, chiesta dal precedente governo, tra le indicazioni nazionali introdotte dall’ex ministro Moratti con le indicazioni per il curriculo stabilite dall’ex ministro Fioroni. Secondo l’associazione, infatti, il monitoraggio finalizzato ad armonizzare, entra molto poco nei meriti e tende solo a fotografare come le scuole, in questi anni, hanno risposto ai provvedimenti, arrivati spesso in modo discordante.
“Le disposizioni date dal precedente governo sembrano più una via di uscita che un modo di realizzare qualità dell’istruzione – ha aggiunto Pallucchi – come se si volesse certificare la “bontà” dei tagli al sistema d’istruzione come l’introduzione del maestro prevalente”.

Infatti, sottolinea Legambiente Scuola e Formazione, nelle quattro parti in cui è suddiviso il questionario inviato dal Ministero dell’Istruzione, c’è poco che abbia a che vedere con l’applicazione dei due documenti d’indicazioni forniti fino ad oggi. Sono prevalenti, infatti, le domande per sapere come le scuole si sono organizzate per supplire ai tagli previsti dal regolamento “Gelmini” sul primo ciclo, mentre non appaiono domande su quale delle due indicazioni abbiano applicato o come le abbiano armonizzate per il conseguimento degli obiettivi di insegnamento/apprendimento.


L’Ufficio scuola e Formazione Legambiente

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COORDINAMENTO GENITORI DEMOCRATICI NAZIONALE

Perché i genitori no?

Ci è giunta informazione del monitoraggio promosso dal MIUR per valutare gli esiti operativi, di-dattici e organizzativi dopo le modifiche degli ordinamenti (leggi 132/2008 e 169/2008), avviati nel 2009 e i risultati dell’applicazione di due diverse indicazioni curriculari, che si sarebbero dovute armonizzare, attraverso mezzi e strumenti promessi, ma mai visti.
La data di consegna del questionario è stata rinviata perché, si dice, sono molte le scuole che vo-gliono partecipare.
Bene! Significa che le trasformazioni organizzative a cui si è stati costretti ad opera dei molti tagli lineari, premono per essere comunicate, vagliate e, conoscendo la realtà della scuola, magari aiutate ad essere modificate.
Interpellata una serie di genitori eletti nei Consigli di Istituto, essi si sono mostrati all’oscuro dell’operazione. Eppure i cambiamenti hanno una ricaduta diretta e immediata sui nostri bambini: pluralità docenti (non più team che progetta insieme e coopera) che neppure la scuola secondaria di primo grado riesce ad uguagliare, rincorsa spasmodica verso attività pomeridiane e recuperi a pagamento per far fronte a orari scolastici ridotti e azzeramento della compresen-za/contemporaneità, dedicate in modo rilevante ad attività di recupero dei bambini in difficoltà … Per dire solo delle più macroscopiche evidenze.
Ma può un questionario con quesiti tecnici, che ogni scuola comunque rende noti e che già dovreb-bero essere in possesso del ministero, rispondere all’esigenza di verificare “l’armonizzazione degli assetti pedagogici , didattici e organizzativi della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione con gli obiettivi del DPR 89/2009”?

Come è possibile, ci chiediamo, armonizzare due proposte che si basano su principi di fondo così diversi?
La prima proposta pensa ad abbreviare i percorsi formativi, la seconda a prolungare l’obbligo sco-lastico fino a 16 anni; l’una parla di piani “personalizzati” che si modulano su situazioni socioeco-nomiche diverse, l’altra parla di apprendimento per tutta la vita.
Chiediamo al nuovo Ministro di fermare questa operazione di facciata per intraprenderne un’altra: monitorare, valutare la situazione attraverso un contatto vero con gli utenti e gli operatori della scuola, fornendo mezzi e strumenti per promuovere azioni di ricerca, formazione e sperimentazione didattica.
La realtà ci dice, ad esempio, come non siano previsti fondi per la formazione dei docenti: chi ha dignità professionale si aggiorna a spese proprie, ma è evidente come un percorso personale pur me-ritorio, non si possa paragonare all’efficacia di un’azione collegiale del corpo docente.

E i genitori? Quelli disponibili, e ce ne sono, a mettersi in gioco, ad aiutare la scuola a crescere in un momento di difficoltà generale: tagliati fuori, ai margini, sempre gli ultimi ad essere coinvolti quando non si tratti di richieste di esborso economico.
FONTE: FP-CGIL
"Ricostruire la scuola", le nostre proposte


Alla presenza di giornalisti, agenzie di stampa e forze politiche, lunedì 28 novembre 2011 è stato presentato il primo di due Dossier.
"Ricostruire la scuola", questo il titolo, contiene le nostre proposte ed elaborazioni con le quali chiediamo con forza una inversione di tendenza rispetto alle politiche depressive messe in campo dal governo Berlusconi nei comparti della conoscenza. Nel rispetto delle reciproche autonomie, abbiamo individuato le priorità sulle quali ottenere risultati concreti nel breve periodo.

Il Dossier riassume quanto elaborato dalla nostra organizzazione negli ultimi tre anni sulla scuola. La scuola e la formazione vanno riconosciute come una priorità e al tempo stesso come una opportunità straordinaria per il nostro Paese. "Crediamo - si legge nel documento - che sia necessaria una inversione di tendenza immediata: ci sono segnali che si possono dare immediatamente e che non hanno costi. Ma soprattutto è necessario, subito, avviare un progetto che preveda investimenti in questo settore".
L’offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia


Nell’anno scolastico 2009/2010 risultano iscritti negli asili nido comunali 154.334 bambini tra zero e due anni di età, mentre altri 38.610 bambini usufruiscono di asili nido convenzionati o sovvenzionati dai Comuni, per un totale di 192.944 utenti dell’offerta pubblica complessiva.
Nel 2009 la spesa impegnata per gli asili nido da parte dei Comuni o, in alcuni casi, di altri Enti territoriali delegati dai Comuni, è di circa 1 miliardo e 182 milioni di euro, al netto delle quote pagate dalle famiglie.

Fra il 2004 e il 2009 la spesa corrente per asili nido, al netto della compartecipazione pagata dagli utenti, ha mostrato un incremento complessivo del 39,0%, che scende al 24,5% se calcolato a prezzi costanti. Nello stesso periodo è aumentato del 32% (quasi 47 mila unità) il numero di bambini iscritti agli asili nido comunali o sovvenzionati dai Comuni.

La percentuale di Comuni che offrono il servizio di asilo nido, sotto forma di strutture comunali o di trasferimenti alle famiglie che usufruiscono delle strutture private, ha registrato un progressivo incremento: dal 32,8% del 2003/2004 al 48,3% del 2009/2010. Di conseguenza, i bambini tra zero e due anni che vivono in un Comune che offre il servizio sono passati dal 67% al 77% (indice di copertura territoriale).
Nonostante il generale ampliamento dell’offerta pubblica, la quota di domanda soddisfatta è ancora limitata rispetto al potenziale bacino di utenza: gli utenti degli asili nido sono passati dal 9,0% dei residenti tra zero e due anni dell’anno scolastico 2003/2004 all’11,3% del 2009/2010.

Rimangono molto ampie le differenze territoriali: i bambini che usufruiscono di asili nido comunali o finanziati dai Comuni variano dal 3,4% al Sud al 16,4% al Nord-est, mentre la percentuale di Comuni che offrono il servizio varia dal 21,2% al Sud al 77,3% al Nord-est.

All’offerta tradizionale di asili nido si affiancano i servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia, che comprendono i “nidi famiglia”, ovvero servizi organizzati in contesto familiare, con il contributo dei Comuni e degli enti sovracomunali. Nel 2009/2010 il 2,3% dei bambini tra zero e due anni ha usufruito di tale servizio, quota che è rimasta pressoché costante nel periodo osservato.

Complessivamente, dunque, risulta pari al 13,6% la quota di bambini che si sono avvalsi di un servizio socio educativo pubblico e al 56,2% quella di Comuni che offrono asili nido o servizi integrativi per la prima infanzia.

lunedì 21 novembre 2011

ATLANTE DELL'INFANZIA A RISCHIO IN ITALIA
SERVIZI PER L'INFANZIA: BENE COMUNE
DIREZIONE DIDATTICA DI PAVONE CANAVESE
materiale sul dimensionamento scolastico
L'avventura della comprensività


Giancarlo Cavinato
Le persone non sono come le piante: una volta recise, non ricrescono. Così pure le esperienze umane significative. Per questo occorre fare estrema attenzione, nel progettare la nuova collocazione in un istituto comprensivo, a non disperdere quanto di positivo è stato fatto in entrambe o in tutte e tre le sedi coinvolte nel passaggio.

Occorre cura, pazienza, dialogo e ascolto reciproco.

Ognuno deve potersi ricollocare nella nuova situazione in rapporto agli altri e ad un contesto più ampio: va sviluppato il senso dell’interdipendenza, della reciprocità, senza rinchiudersi nel proprio recinto. La pedagogia istituzionale francese offre un apporto alla lettura delle aspettative, a ridefinire norme e procedure, ad osservare i processi.

L’apertura agli altri viene agita e dà i suoi frutti se tutti i soggetti si sentono co-protagonisti.
Ognuno deve potersi sentire accolto con le sue debolezze e i suoi punti di forza, deve poter maturare un senso di appartenenza non solo ad una classe, a un gruppo di alunni, a un ordine di scuola, ma leggere in prospettiva il percorso. E’ affascinante pensarsi come parti in causa di un processo che si avvia con i tre anni e prosegue fino ai quattordici. Lo sguardo si proietta oltre il proprio raggio d’azione, alla ricerca di quanto di continuativo e di evolutivo si possa garantire ai soggetti.
Ci sono delle buone domande che ci si possono porre insieme per costruire un linguaggio, uno sfondo istituzionale e narrativo, un terreno comune.

Ad esempio: cosa mi aspetto dagli altri? cosa si aspettano gli altri da me? come garantire un itinerario individuale e di gruppo che assicuri ad ognuno in prospettiva dignità di vita, empowerment, conoscenze valori e orientamenti nella realtà? come e quando riflettere insieme sul cammino che si sta percorrendo? come far conoscere e riconoscere il senso del percorso unitario che si va a delineare?

Il piano dell’offerta formativa, la progettualità, la valutazione, i laboratori, il rapporto con il territorio, la ricerca azione, la costituzione di una comunità di pratiche, la valorizzazione di tutti, vanno reimpostati adattandoli a tempi, ritmi, età, aggancio alle esperienze pregresse.

Serve individuare alcuni temi conduttori.
Ad esempio:
la scuola dell’infanzia è la sede preposta a stimolare, nell’incontro con gli altri e con le forme di rappresentazione dei vissuti, una fuoriuscita progressiva dall’egocentrismo, verso forme di dialogo, di reciprocità, di avvio al pensiero socializzato; ed è, sul piano delle competenze da formare, il luogo di una prima esplorazione di campi di esperienza, di impiego di linguaggi, di esplicitazione del senso soggettivo dell’esperienza;

la scuola primaria può stimolare forme di cooperazione, di co-costruzione di lessico, di regole di vita, di rispondenza agli altri delle proprie azioni; sul piano delle competenze, avvia a una strutturazione della realtà, e dei saperi codificati, per problemi e situazioni autentiche e per mappe di conoscenze via via più ampie;

la scuola secondaria di primo grado forma il senso di cittadinanza, di responsabilità, di impegno personale e collettivo; a tale scopo fornisce strumenti disciplinari via via più raffinati e analitici attingendoli ai corpus delle discipline codificate.
Leggere in questa prospettiva evolutiva il percorso consente ad ognuno di sapere come e dove intervenire; di attivare delle strategie orientative dei soggetti calibrate sulle fasce di età, sui problemi che possono emergere, di rivedere il percorso all’indietro recuperando le parti eventualmente mancanti e di proiettare le proprie proposte nel successivo tratto senza che ciò sia letto come intromissione o costrizione.
Chiedersi assieme cosa significhi a 4, a 5, a 8, a 12 anni ‘saper risolvere problemi’, cercare assieme quali sono le difficoltà e le carenze e gli eventuali rinforzi e aggiramenti per giungere a esiti soddisfacenti, è una forma di co-progettazione che solo in un istituto con insegnanti di ordini di scuola diversi è possibile.

A noi, nel futuro, saper sfruttare tali occasioni, cercando gli agganci, le consonanze e le necessarie integrazioni fra le diverse progettualità preesistenti negli istituti di provenienza. Non è facile, ma si può fare. Françoise Dolto, in ‘Il bambino e la città’ (Armando), ci ricorda che a partire dalla scuola dell’infanzia si possono instaurare atteggiamenti collaborativi che trovano, nell’età per noi centrale, fra i 9 e i 13 anni, la loro massima espansione come competenze di cittadinanza, forme di impegno e responsabilità, apprezzamento del senso del bene comune.

Perchè tale ‘miracolo’ avvenga c’è bisogno di una grande partecipazione delle famiglie e degli enti del territorio, di condivisione e lettura e riconoscimento dei processi, di valutazione sociale.

C’è bisogno di nuovi saperi disciplinari e transdisciplinari, di coinvolgimento di tecnici, operatori di diversi ambiti, di una diversa formazione degli stessi insegnanti: dall’urbanistica all’antropologia, dalla sociologia alla semiotica, dall’astrofisica alla narratologia, dall’estetica alla cibernetica,...

Qualcuno potrebbe gentilmente bussare alla porta dell’onorevole Gelmini e, con calma e pazienza, provare a spiegarle che, come le persone non sono fiori ecc., così le scuole non sono caserme, i docenti bravi non sono quelli di 60 anni fa, che i bambini e i ragazzi non sono come lo era lei quando aveva le treccine e andava a scuola con la baby sitter, che i dirigenti scolastici non sono manager alla Marchionne, che gli istituti comprensivi non nascono per decreto da una sommatoria o da una sottrazione, ma vanno pazientemente preparati con mesi- anni di confronto?

Se no, tutto quanto si è detto più sopra è un’enorme bufala e una pia illusione, e la trasformazione in istituti comprensivi con mille alunni peggiorerà ulteriormente un corpo scolastico già duramente provato

GIORNATA PER I DIRITTTI DELL'INFANZIA

FONTE: SAVE THE CHILDREN
POVERTA' INFANTILE IN ITALIA
Giornata Infanzia: peggiorano le condizioni di vita dei bambini in Italia, e i minori pagano il prezzo più alto della crisi. 1.876.000 vivono in povertà, il 18,6% in condizione di deprivazione materiale. Si allarga la forbice tra Sud e Centro Nord


Sono 10 milioni 229 mila i minori in Italia, pari al 16,9% del totale della popolazione: di essi 1.876.000 vivono in povertà e il 18,6% in condizione di deprivazione materiale. Un pianeta infanzia che in una Italia che invecchia si riduce sempre di più. Napoli, Caserta, Barletta-Andria-Trani sono infatti le uniche province “verdi” italiane in cui la percentuale dei giovani fino ai 15 anni rimane maggioritaria sugli over 65.

La crisi economica rischia di pesare soprattutto sui bambini e sugli adolescenti, in assenza di misure specifiche di tutela. Del resto, dal 2008 ad oggi, sono proprio le famiglie con minori ad aver pagato il prezzo più alto della grande recessione mondiale: negli ultimi anni la percentuale delle famiglie a basso reddito con 1 minore è aumentata dell’1,8%, e tre volte tanto (5,7%) quella di chi ha 2 o più figli. Questo rileva il secondo Atlante dell'Infanzia (a rischio), diffuso da Save the Children alla vigilia della Giornata dell'Infanzia: oltre 150 pagine e 80 mappe che restituiscono moltissime informazioni sulla condizione di bambini e adolescenti del nostro paese: dalle città e territori in cui vivono, alla povertà minorile, dagli spazi di verde e di gioco disponibili, all'inquinamento urbano, dalla dispersione scolastica alla spesa sociale e servizi per l'infanzia. Quest’anno l’Atlante, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dall’unità d’Italia, include anche un approfondimento sui quasi cento ragazzi garibaldini che parteciparono alla spedizione dei mille, un modo anche per confrontare la “giovane Italia” di allora con quella attuale.

“La qualità della vita dei nostri bambini e ragazzi è mediamente incomparabile con quella del secolo scorso”commenta Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia. “Tuttavia,se non è più la tubercolosi a uccidere, o la guerra, oggi i nostri minori fanno i conti con la povertà, la scarsità di servizi per l’infanzia, le città inquinate, stili di vita insani che conducono all’obesità. Problemi che l’attuale crisi economica rischia di amplificare se non c’è un’inversione di rotta immediata e si pone la tutela dell’infanzia e adolescenza come una priorità delle scelte politiche-economiche di un paese che finora ha sempre investito molto nelle pensioni e molto meno di quanto avviene altrove per aiutare i minori, i giovani e le famiglie con figli.”

La distribuzione della popolazione minorile: dalle città all’hinterland cittadino

Rispetto al 1861 – all’Italia appena unificata – il numero di minori si è mantenuto costante ma è nettamente cambiata la loro incidenza pari, allora, al 39% contro il 16,9% dell’attuale. Il risultato è che l’Italia è diventato il primo paese al mondo in cui gli anziani sono maggioranza e le città sono affollate di over 65 rispetto agli under 18, con le poche eccezioni delle province di Napoli, Caserta, Barletta-Andria-Trani (1). Al polo opposto, come città più vecchie, Trieste e Savona (2). La tendenza tuttavia emergente analizzando la distribuzione della popolazione minorile nei capoluoghi di provincia e nei principali comuni italiani, è il graduale esodo dei minori dai centri storici delle aree metropolitane verso le periferie o i comuni limitrofi, città satellite, hinterland di recente costituzione. E’ il caso di Giugliano in Campania cresciuta esponenzialmente e in gran parte abusivamente negli ultimi vent’anni ai margini di Napoli: qui un abitante su quattro - pari al 25,8% - ha meno di 18 anni, una quota assai maggiore di quella che si registra nel capoluogo limitrofo (21,2%). Ma il discorso vale anche per esempio per Monza e Milano (16,5% di minori contro 14,8%), Prato e Firenze, Modena e Bologna. Il fenomeno è in gran parte dovuto al disagio abitativo delle famiglie giovani con figli, sempre più esposte davanti a un mercato immobiliare bloccato, segnato dall’aumento fuori controllo del prezzo degli affitti, dalla mancanza di un deciso intervento pubblico nel settore abitativo, dalla rinuncia alla pianificazione del territorio. Il paradosso in questo caso è rappresentato dal fatto che un numero sempre maggiore di bambini e di adolescenti finisce per crescere in territori spesso caratterizzati da una riduzione degli standard (urbanistici, ambientali, sociali) e dalla mancanza di servizi per l’infanzia.



I minori di origine straniera

Un gruppo sempre più rilevante ma ancora non adeguatamente tutelato - rileva l’Atlante dell’Infanzia di Save the Children - è quello dei minori di origine straniera: quasi 1 milione di cui 572 mila sono bambini e ragazzi nati in Italia, le cosiddette seconde generazioni. L’Emilia Romagna la regione con la percentuale maggiore di nati da genitori stranieri (23%). Sono di fatto nuovi italiani, ai quali tuttavia una legge molto restrittiva riconosce la cittadinanza e il pieno riconoscimento dei diritti civili solo al compimento del diciottesimo anno (3). Ma è la gestione dell’universo minorile di origine straniera nel suo complesso a destare preoccupazione: un giacimento prezioso che costituisce, sotto vari aspetti, una delle categorie più esposte e meno tutelate. Basti pensare che 1 minore su 2 con il capo famiglia straniero vive oggi in famiglie a basso reddito (4) e che il tasso di bocciati nella scuola secondaria di secondo grado fra gli alunni con cittadinanza non italiana è circa il doppio di quello registrato fra gli studenti italiani



La povertà e la deprivazione fra i minori

In Italia – sottolinea la sezione dell’Atlante dedicata alle “isole dell’infanzia a rischio” - ben il 24,4% dei minori è a rischio povertà (5). E sono 1.876.000 i bambini e ragazzi in povertà relativa, cioè che vivono in famiglie che hanno una capacità di spesa per consumi sotto la media. Sono poi 653 mila i bambini e ragazzi in povertà assoluta (privi dei beni essenziali per il conseguimento di uno standard di vita minimamente accettabile). 2 minori su 3 in povertà relativa, e più di 1 minore su 2 in povertà assoluta, vivono nel Mezzogiorno. In particolare è la Sicilia ad avere la quota più elevata di minori poveri (il 44,2% dei minori), seguita dalla Campania (31,9%) e Basilicata (31,1%) mentre la Lombardia (7,3%), Emilia Romagna (7,5%) e Veneto (8,6%) sono le regioni con la percentuale inferiore di minori in povertà relativa. Per quanto riguarda i bambini in povertà assoluta anch’essi si concentrano nel Sud Italia dove rappresentano il 9,3% di tutta la popolazione minorile. Inoltre il 18,6% di minori italiani versa in condizione di deprivazione materiale (6): nel Nord Est ben il 7% delle famiglie con minori dichiara di aver difficoltà a fare un pasto adeguato almeno ogni 2 giorni e al Sud il 14,7% di famiglie con minori non ha avuto soldi per cure mediche almeno una volta negli ultimi 12 mesi (7).



Città non a misura di bambini

Le città italiane sono sempre meno a misura di bambino. Il tasso di motorizzazione è altissimo dappertutto e fa segnare una media di 3/4 macchine ogni minorenne: a Roma si contano circa 450 mila minori e 1 milione 890 mila macchine, per un tasso di 4,2 macchine per bambino. In cima alla classifica delle città con il tasso di motorizzazione più alto, Aosta (13,5), Cagliari (5,4), Ferrara (5,1), l’Aquila (4,8)

Inoltre procede senza sosta la cementificazione e impermealizzazione del territorio: si stima che ogni giorno venga cementificata una superficie di circa 130 ettari. In testa alla classifica per cementificazione i comuni di Roma e Venezia, seguite da Napoli e Milano (dove la superficie edificata ha già inglobato i due terzi del territorio comunale).

E rilevante in molte città italiane è l’inquinamento dell’aria: Ancona (140 giornate), Torino (131) e Siracusa (116) spiccano per il maggior numero di giorni di superamento del valore limite di particolato (PM10), polveri sospese nell'aria che penetrano nelle vie respiratorie causando problemi cardio-polmonari e asma. Matera e Nuoro invece le più virtuose con 1 solo giorno di sforamento del limite.

E varia è la disponibilità di luoghi – giardini pubblici, campi, prati, strade - dove i bambini possano giocare: nel Nord e al Centro più di 2 bambini su 3 giocano nei giardini pubblici. Al Sud, dove l’offerta di verde attrezzato è sensibilmente ridotta, la fruizione dei giardini pubblici scende al 16% e una quota maggiore di bambini gioca sulla strada (il 12,2%). Da segnalare il “caso” Campania dove appena 1 bambino su 100 gioca nei prati (in Veneto il 20%) e meno di 3 ogni 100 sulle strade.

Accanto a questi luoghi deputati naturalmente allo svago e al divertimento, aumenta la frequenza da parte dei ragazzi fra gli 11 e i 17 anni dei centri commerciali: 1 ragazzo su 5 dichiara di andarvi almeno una volta a settimana.



In aumento l’obesità infantile

L’Atlante si sofferma anche sulle condizioni di salute e sugli stili di vita dei minori italiani rilevando come - grazie a un’alimentazione abbondante e a stili di vita diversi - rachitismo e gracilità siano problemi ormai relegati ai libri di storia ma, in compenso, ha fatto la sua comparsa l’obesità: si stimano in 1 milione e 100.000 i bambini sovrappeso, di cui quasi 400 mila obesi. In base a una ricerca di CCM-Istituto Superiore di Sanità del 2010, è la Campania la regione con la più alta percentuale di bambini obesi (20,6% nella fascia di età della terza elementare), seguita da Calabria (15,4%) e Puglia (13,6%) a fronte del 9,2% della media nazionale.



La dispersione scolastica

E un altro indicatore importante della condizione dell’infanzia nel nostro paese è quello relativo alla frequenza e dispersione scolastica. Colpisce, a riguardo, il dato relativo ai cosiddetti early school leavers, giovani tra i 16 e i 24 anni che hanno conseguito soltanto l’attestato di scuola secondaria di I grado e che non prendono parte ad alcuna attività di formazione: si stima che siano 1 milione. In termini percentuali si va dal 12,1% del Friuli Venezia Giulia alla percentuale più alta della Sicilia (26%), seguita da Sardegna (23,9%), Puglia (23,4%), Campania (23%) e da alcune regioni del Nord come la Provincia di Bolzano (22,5%) e la Valle D’Aosta (21,2%).

E tra i fenomeni di dispersione si segnala la fuoriuscita dal percorso scolastico degli iscritti al primo anno delle scuole secondarie di II grado (licei, tecnici, professionali, eccetera): il 12,3%, più di 1 su 10 degli studenti, interrompe la frequenza e non si iscrive all’anno successivo. I territori in cui il rapporto tra esclusione sociale e fallimento formativo emerge in maniera più drammatica sembrano essere quelli delle aree metropolitane del Sud: le zone di Napoli, Caserta, Palermo, Bari, Taranto, Cagliari, Reggio Calabria, Catania registrano abbandono scolastico in età molto precoce e percentuali di mancata iscrizione e marcata dispersione molto elevate negli istituti professionali e tecnici. Da questo punto di vista, la scuola italiana non appare in grado da sola di promuovere la mobilità sociale e l’emancipazione dei ragazzi appartenenti alle fasce più deboli della popolazione



Risorse e servizi per l’infanzia - per esempio asili nido - tra tagli e differenze territoriali

“Il quadro dell’infanzia che emerge dall’Atlante e dalle sue numerose mappe, non può non preoccuparci soprattutto laddove si vanno ad analizzare le risorse e le misure messe in campo a tutti i livelli in favore dei bambini e degli adolescenti presenti sul suolo italiano”, prosegue il Direttore Generale Save the Children Italia.

Per quanto riguarda per esempio i finanziamenti e le risorse economiche il futuro non appare confortante: L’analisi territoriale degli interventi e delle risorse poste in essere dalle amministrazioni pubbliche, nazionali, regionali e comunali, rivela un vero e proprio puzzle, un quadro di interventi frammentato e lacunoso, segnato dalla totale di assenza di indirizzi e pratiche comuni, destinato a peggiorare drammaticamente in un prossimo futuro se si considera, ad esempio, che il Fondo sociale nazionale pari a 1 miliardo di euro nel 2007 sarà ridotto a 45 milioni nel 2013. Rispetto poi ai servizi, posti in essere, emergono grandi differenze da regione a regione. Basta guardare per esempio agli asili nido: in cima alla classifica l’ Emilia Romagna dei cui nidi usufruiscono il 29,5% dei bimbi tra 0 e 2 anni, l’Umbria (27,7%), Valle D’Aosta (25,4%) a cui fanno da contraltare la Campania – in fondo alla lista con il 2,7% dei bambini presi in carico dai nidi pubblici, o la Calabria, con il 3,5%.



“L’Italia della spesa e dei servizi per l’infanzia colpisce per le differenze fra regione e regione e anche i tanti sprechi e inefficienze. Un dato per tutti è quello dei fondi europei che rischiamo di rimandare indietro a Bruxelles. Con un calcolo un po’ grossolano, abbiamo stimato che basterebbe il 7% dei 29 miliardi di euro ancora non impegnati per creare 100.000 nuovi posti in asilo nido o strutture educative per l’infanzia nel Sud”, commenta ancora Valerio Neri. “In questo quadro la crisi economica non può essere addotta come giustificazione ma anzi deve essere un incentivo a investire sull’infanzia una volta per tutte se vogliamo che oltre la crisi ci sia un futuro per il nostro paese, cioè per le giovani generazioni. Questo significa una serie di misure e provvedimenti urgenti e fondamentali.



Quella che registriamo è piuttosto una rimozione della questione infanzia e adolescenza in Italia. A dimostrazione il fatto che non abbiamo allo stato alcun provvedimento organico in atto per fare fronte alla questione della povertà minorile, per combattere la dispersione scolastica, per un intervento forte a favore dei minori che crescono al Sud, per costruire una rete nazionale di servizi per la prima infanzia. C’è, è vero, un nuovo Piano infanzia varato nel 2010, con contenuti importanti. Ma è solo sulla carta: privo com’è di risorse finanziarie, di obiettivi di avanzamento e di sistemi di monitoraggio. Un’ulteriore questione”, prosegue Neri, “è la mancanza di dati e conoscenze aggiornate su una serie di problematiche rilevanti relative all’infanzia in Italia, come per esempio l’abuso, le violenze”. Temi che vengono in rilievo da una delle mappe dell’Atlante realizzata in collaborazione con l’Ansa che riporta le parole/notizie più ricorrenti nei notiziari dell’agenzia con riferimento all’infanzia e ai minori.

“L’Italia è ricca di esperienze di eccellenza per la promozione dei diritti dei minori”, commenta Raffaela Milano, Responsabile Programmi Italia-Europa Save the Children. “Oggi queste esperienze vivono una condizione di estrema difficoltà e solitudine, dal momento che la questione infanzia è sostanzialmente scomparsa dall’agenda istituzionale. Il compito di Save the Children, con il suo programma Italia, è dare voce anche a questa Italia, valorizzando e mettendo in rete queste competenze che rappresentano un patrimonio che l’Italia non può lasciare morire. L’Atlante sarà la nostra agenda di lavoro”.
http://risorse.savethechildren.it/files/comunicazione/Ufficio%20Stampa/SAVE%20-%20AtlanteInfanziaNov11BDopPag.pdf
 
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sabato 5 novembre 2011

Classi-pollaio, ultimatum del Tar


FONTE: REPUBBLICA.IT
"Il ministero presenti il piano"Un'ordinanza del Tribunale, che ha accolto il ricorso del Codacons, intima a viale Trastevere di consegnare entro dieci giorni il progetto di riqualificazione dell'edilizia scolastica. Se il termine non sarà rispettato, scatterà la sanzione

di SALVO INTRAVAIA
Sulle classi-pollaio la Gelmini rischia di essere commissariata. E non sarebbe la prima volta: accadde anche con le graduatorie ad esaurimento e il governo, successivamente, fu costretto ad adeguarsi. Questa volta, è il Codacons a mettere alle strette il ministro dell'Istruzione. Se entro dieci giorni non farà pervenire al Tar Lazio il Piano di riqualificazione dell'edilizia scolastica, il giudice amministrativo, quasi certamente, farà scattare la sanzione che colpisce le amministrazioni pubbliche che non hanno dato seguito ad una sentenza dei giudici.
Linee guida dei pediatri per una scuola a misura di bambino
FONTE: UNACREPAINCOMUNE
La Regione Abruzzo in occasione del Piano Straordinario per la messa in sicurezza delle scuole, ha chiesto alla Sip - Società Italiana di Pediatria, di redigere un documento contenente indicazioni per ricostruire gli edifici scolastici colpiti dal sisma del 2009.
Le linee guida sono state redatte integrando la normativa esistente con i più recenti studi scientifici che hanno messo in luce l’impatto prodotto dalle sollecitazioni ambientali - luce, colori, rumori, qualità dell’aria, non solo sulla salute, ma anche sul benessere psicologico. Studi questi, di cui gran parte dell’edilizia scolastica non tiene ancora conto, considerato che il 54% degli edifici è stato costruito tra il 1900 e il 1965 e che spesso si tratta di edifici nati con altre finalità.

ECCO LE LINEE GUIDA SIP PER LA SCUOLA A MISURA DI BAMBINO

CONTESTO URBANO

Gli edifici scolastici devono essere raggiungibili con mezzi pubblici, in bicicletta o a piedi in condizioni di massima sicurezza, possibilmente senza attraversamenti di linee di traffico, tranviario e ferroviario. Le scuole non dovrebbero essere situate inoltre nelle adiacenze di arterie cittadine a grande scorrimento, ferrovie, aeroporti a traffico intenso.
INQUINAMENTO

Necessaria una distanza di sicurezza da linee dell’alta e media tensione, cabine di trasformazione e sottostazioni elettriche o da industrie dalle quali possono provenire esalazioni nocive. Va anche misurata la concentrazione di radon, al fine di prevedere adeguate misure di minimizzazione in relazione ai livelli di intensità.

AREE VERDI

Ogni scuola, ma soprattutto quelle dell’infanzia, dovrebbe avere uno spazio esterno recintato ad uso esclusivo dei bambini. Gli spazi all’aperto devono costituire una grossa risorsa per l’insegnamento, l’osservazione, la creatività e la socializzazione del bambino, attraverso un vero e proprio “progetto verde” arricchito da piante autoctone, officinali e aromatiche. Da evitare invece alcune piante potenzialmente pericolose, come biancospino, oleandro, camelia.

COLORI E PARETI

Se l’ambiente è spento nel colore e disadorno, grigio, determina sentimenti di indifferenza, estraneità e disagio. Un uso corretto dei colori favorisce benessere e armonia. Alle materne e alle elementari meglio usare salmone chiaro, giallo tenue e caldo, giallo arancione pallido e color pesca per ridurre nervosismo e ansia; beige, verde chiaro, verde pallido e verde-azzurro alle medie e superiori per aumentare la concentrazione. La parete dietro la cattedra deve essere di un colore diverso dalle altre per attirare lo sguardo sul docente.

AMPIEZZA DEGLI SPAZI

Mentre divampa la polemica sulle cosiddette “classi pollaio” il documento suggerisce gli spazi adeguati per le necessità dei bambini: l’ampiezza minima per alunno (che comprende tutti gli spazi a sua disposizione nella scuola) è di 25 mq per la scuola materna, compresa tra 18,33 e 22,71 per la scuola elementare, tra 27 e 21 per la media. Per le dimensioni delle aule viene suggerito il parametro di 1,80 mq per alunno.

ARCHITETTURA E ARREDO

No a lunghi corridoi con tutte le classi affacciate su un lato, meglio spazi interconnessi. No a sedie e banchi riciclati o spaiati, perché altezze e grandezze scoordinate provocano scoliosi e disattenzione. Sì invece a materiali ecocompatibili. Gli spazi per l’insegnamento specializzato (laboratori musicali, linguistici ecc) devono essere previsti a parte e organizzati per accogliere le attrezzature e gli arredi necessari per ogni attività.

ECO-SCUOLA

In ogni classe devono essere presenti contenitori per la raccolta differenziata per educare i cittadini di domani. All’interno della scuola deve essere promosso il risparmio idrico, mediante monitoraggio dei consumi e strumenti come miscelatori e interruttori automatici. Per ridurre l’impatto dei rumori servono pareti e pavimenti in materiali fonoassorbenti, alle finestre doppi vetri. Vanno sempre valutate le possibilità di utilizzo di energia alternativa.

TEMPERATURA

Devono essere adottate soluzioni e impianti di riscaldamento/condizionamento che consentano di mantenere la temperatura tra i 18-20 gradi in inverno con umidità del 30-50% e 20-22 gradi in estate, con umidità del 30-60%, evitando fenomeni di condensa e muffa

DOCUMENTO COMPLETO

DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO: PROVINCIA MACERATA




DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO: RECANATI

martedì 25 ottobre 2011

DIBATTITO NEL PESARESE: SCUOLA PUBBLICA/PRIVATA
FONTE: COMITATO GENITORI DEL PESARESE



FONTE: CRONACHE MACERATESI

La riorganizzazione scolastica deve essere guidata dagli istituti comprensivi

Quarta puntata della rubrica "Il grande quaderno"


martedì 25 ottobre 2011 - Ore 13:36 di Maria Luisa Lasca

A Macerata e provincia è assai vivo il dibattito sulle modalità di accorpamento tra le scuole che non fanno attualmente parte di istituti comprensivi:
3 medie (Macerata, Recanati, Civitanova Marche) e 10 direzioni didattiche (Civitanova Marche (3), Corridonia, Macerata (2), Matelica, Recanati (2), San Severino). L’operazione è resa ancora più complessa in quanto con una nota recente (7 ottobre) il MIUR ha chiarito che il dimensionamento deve coinvolgere anche gli istituti comprensivi già in funzione. Nella città di Macerata il piano comunale prevedeva inizialmente fra la scuola media e le due direzioni didattiche due aggregazioni, ora diventate una.

Contestualmente sono rimodulati i due istituti comprensivi  esistenti, con acquisizione di nuovi plessi, affinché a tutti sia garantito il numero di mille alunni. Il MIUR ha anche diffuso, con la stessa nota, un prospetto con il
numero ottimale di istituti comprensivi da istituire per ciascuna provincia. Per la provincia di Macerata è previsto che le istituzioni scolastiche della scuola di base,dopo la riorganizzazione, da 42 unità scendano a 36 istituti comprensivi.

Non sappiamo se avrà rapida attuazione il piano di riorganizzazione scolastica previsto dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che all’art. 19, comma 4, recita: “Per garantire un processo di continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall’anno scolastico 2011- 2012 la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregati in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti comprensivi per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno 1000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche”.

Sette regioni (Toscana, Emilia, Marche, Puglia, Liguria, Sicilia, Basilicata) hanno deciso di sollevare davanti alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 4 e 5 della legge 15 luglio 2011, n. 111, in riferimento all’art. 117, comma 3, della Costituzione.

L’ANCI, attraverso la commissione istruzione e scuola, aveva già dichiarato la propria contrarietà rispetto ai
nuovi parametri dimensionali e comunque ne aveva chiesto il rinvio al nuovo anno scolastico. Ci sono le perplessità dei sindacati che a fronte del progetto pedagogico ritenuto valido vogliono tempi e modi distesi,
senza pressioni dall’amministrazione
(la nota del MIUR del 7 ottobre, in cui si sollecitano gli uffici scolastici regionali affinché spingano le regioni e
gli enti locali a predisporre i piani di dimensionamento della rete scolastica entro il 31 dicembre, ribadisce
che la norma sul dimensionamento risponde a finalità di contenimento della spesa e al raggiungimento
dell’obiettivo della stabilizzazione della finanza pubblica). A tale proposito è imminente un incontro al MIUR di tutte le organizzazioni sindacali della dirigenza e del comparto scuola, per un confronto sulla costituzione
degli istituti comprensivi.

È stata presentata un’interpellanza parlamentare urgente sul dimensionamento della rete scolastica in cui si richiede pertanto al Ministro se non ritenga opportuno, considerata la mancanza dei tempi necessari per
la corretta applicazione della norma data l’oggettiva complessità e la delicatezza del percorso di ridefinizione dei piani regionali di dimensionamento della rete scolastica, rinviare i tempi di applicazione della norma stessa.

Gli istituti comprensivi, cioè un’unica dirigenza per scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado, furono istituiti ai sensi della legge 97/1994 (nuove disposizioni sulle zone montane).
Fu la risposta a un’emergenza, a favore di piccoli territori, un laboratorio,sostenuto da forti motivazioni pedagogico-didattiche, per rendere effettiva lacontinuità nella scuola dell’obbligo. Successivamente essi diventarono più numerosi per scelte collegiali di progetti sperimentali, che alla soluzione organizzativa univano una forte ambizione pedagogica, di una scuola di base in continuità, sostenuta da un curricolo verticale. In una terza fase, con il D.P.R. n. 233/1998, fu previsto il dimensionamento in comprensivi, per creare i numeri per conferire l’autonomia amministrativa, organizzativa e didattica alle scuole.

Una quarta fase è l’attuale, con una accelerazione voluta dal governo, per scopi di risparmio. Perciò è sorto
un movimento istituzionale contrario all’applicazione della norma. Si chiede il tempo per fare gli accorpamenti
più idonei, per territori omogenei, con valutazione delle migliori soluzioni per la comunità locale interessata.

Occorre la condivisione di proposte che siano corrette nelle procedure e rispondenti alle esigenze di funzionalità e qualità del sistema scolastico. Il valore aggiunto che un istituto comprensivo porta in sé non
può essere sminuito da soluzioni affrettate. Le finalità di questa organizzazione scolastica sono valide, il
modo attraverso cui ci si deve arrivare è da rivedere. Il modo ancor m’offende, direbbe Dante.

Uno splendido racconto parla di un bambino di nove anni, Egoruska, che lascia la casa nativa per andare a frequentare il ginnasio in città. Durante il viaggio gli ambienti naturali che variano, le persone incontrate, concorrono a formare il bambino per il futuro che l’aspetta. È La steppa, scritto nel 1888 da Anton P. Cechov (Racconti, BUR).
Oggi un istituto comprensivo può rappresentare un percorso di crescita. In esso si intraprende un viaggio
che porta lontano, non nel territorio fisico, ma in quello della conoscenza, e docenti e studenti affrontano
insieme l’avventura, concretizzata in forti situazioni di apprendimento e di socializzazione. Insieme vivono il
progetto unitario di continuità e comunicazione tra i vari ordini di scuole, che rappresenta il cuore di ogni
istituto comprensivo.

Il modello culturale e didattico, le esperienze di più di quindici anni di funzionamento degli istituti comprensivi
devono guidare la nuova fase di riorganizzazione: operatori scolastici, genitori, studenti, hanno cose da dire, perciò lasciamo aperta la pagina del Grande Quaderno, per dare loro voce.

domenica 23 ottobre 2011

ARTICOLO SUI CONTRIBUTI VOLONTARI DEI GENITORI

FONTE: A RIVISTA DELL'ISTRUZIONE
GENITORI COME REVISORI DEI CONTI?
Cinzia Olivieri

Problemi irrisolti e nuovi problemiDon  Milani affermava: “La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde”. Sebbene la dispersione resti a tutt’oggi un fenomeno preoccupante (1) e insoluto,sembra prevalere invece l’apprensione per un diverso problema della scuola:

“i soldi che perde”. Così la pubblicazione, in maggio, del Massimario dei rilievi ispettivi più significativi formulati nel corso dell´esercizio 2010 dalla Ragioneria generale dello Stato (2) riporta l’attenzione dei media su due tematiche molto discusse: contributi ‘volontari’ e residui attivi (3).

Il documento evidenzia infatti che gli ispettori hanno rilevato in numerosi casi “l´indebito accollo alle famiglie degli alunni di contributi dovuti in forma obbligatoria dagli istituti” in violazione della legge 296/2006, comma 622 e del d.lgs. 226/2005, artt. 28, comma 1 e 30, comma 2, che modificano il periodo di obbligatorietà dell’istruzione ribadendo il principio della gratuità.

Non sembrano pubblicati analoghi dati per gli anni precedenti al 2010 ma, poiché la questione è ormai annosa, sarebbe interessante sapere se esistono rilievi pregressi di identico contenuto o se quelli attuali costituiscono l’effetto delle recenti polemiche sollevate in merito proprio dai genitori.

La querelle sui contributi volontari

Si è ripetutamente dibattuto sull’argomento, approfondendone anche l’aspetto normativo (4).

1) G. Mereghetti, Cosa fanno i prof per limitare la fuga dalle classi?, 25 maggio 2011, http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione.

2) Massimario dei rilievi ispettivi anno 2010, in:
http://www.rgs.mef.gov.it.

3) Ragioneria di Stato: “Illegittimo chiedere contributi alle famiglie” in: http://www.ilmessaggero.it/. e http://www.orizzontescuola.it/.

4) C. Olivieri, Contributo scolastico: obblighi,trasparenza, buone pratiche e opportunità,

[CONTINUA]

venerdì 21 ottobre 2011

Anche il TAR delle Marche decreta: no alle «classi pollaio»
Pubblicato da comitatonogelmini su 18 ottobre 2011
da sito superando.it

18 ottobre 2011

E lo fa – dato quanto mai interessante – ponendo in primo piano proprio la presenza di studenti con disabilità. Il ricorso era stato presentato da quattro coppie di genitori, sostenuti da numerose altre famiglie, dopo che l’Ufficio Scolastico Regionale aveva rifiutato a un Istituto Comprensivo di Senigallia la richiesta di formare una prima classe in più, ciò che aveva portato a cinque classi di ventinove e trenta alunni, quattro delle quali con alunni disabili.

Con l’Ordinanza n. 603/11, depositata il 14 ottobre, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) delle Marche ha disposto la sospensione dei provvedimenti che avevano costretto una scuola di Senigallia (Ancona), esattamente l’Istituto Comprensivo Marchetti, a formare classi di 29 e 30 alunni.

La scuola stessa aveva richiesto invano la costituzione di un’ulteriore classe, negata però dall’Amministrazione Scolastica, nonostante le proteste dei genitori e le ripetute richieste da parte del Marchetti all’Ufficio Scolastico Regionale.

Il provvedimento, per altro, risulta ancor più interessante, dal momento che la concessione della misura cautelare è stata disposta, stabilendo testualmente che «il ricorso presenta numerosi profili di fondatezza, soprattutto in relazione alla presenza di studenti disabili».

«In effetti – come si legge in una nota del Gruppo Solidarietà – un primo criterio normativo, ai fini della formazione delle classi, è costituito dal rispetto del parametro risultante dal rapporto alunni/superficie (Decreto Ministeriale del 18 dicembre 1975, richiamato dall’articolo 5, comma 3 della Legge 23/96) e dalle Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica, previste nel Decreto del Ministero dell’Interno del 26 agosto 1992. Un ulteriore criterio è fornito proprio con riferimento alla presenza di alunni con disabilità (articolo 5, comma 1 del Decreto del Presidente della Repubblica – DPR 81/09, in combinato disposto con l’articolo 10 del Decreto Ministeriale 331/98 e articolo 12 della Legge 104/92), per cui vanno rispettati precisi limiti - 25 alunni per classe, 20 in presenza di un alunno con handicap grave – che nel caso di specie risultavano ampiamente superati».

Il ricorso è stato presentato all’inizio dell’anno scolastico dallo Studio Legale Lucchetti e Associati di Ancona, per conto di quattro coppie di genitori di alunni con problemi di disabilità, iscritti all’Istituto Marchetti di Senigallia ed è stato anche direttamente sostenuto da più di cinquanta altri genitori, con un intervento cosiddetto ad adiuvandum. Con 141 iscritti, il Ministero aveva assegnato al Marchetti un organico sufficiente soltanto per la costituzione di cinque prime classi, di cui quattro avevano al proprio interno delle persone con disabilità. Ora, in
esecuzione del provvedimento del TAR delle Marche, potrà essere formata la sesta classe.
«Accogliendo le osservazioni dei ricorrenti – sottolinea Elena Daniele dello Studio Legale Lucchetti - i Giudici hanno assicurato la salvaguardia della qualità dell’insegnamento e dell’offerta educativa per tutti gli studenti,riconoscendo che la situazione di sovraffollamento può creare confusione edisorientamento in particolare negli alunni con disabilità, rischiando cosìdi vanificare il diritto all’istruzione, loro garantito dalla Legge 104/92».

mercoledì 19 ottobre 2011

FONTE: L'ESPRESSO

Dimezzate, quando va bene, le ore di sostegno per i ragazzi con problemi anche gravi. Dal nord al sud, i racconti sono sempre quelli. E alla fine  l'unica risorsa è sempre e solo la famiglia

Una lotta solitaria per il diritto allo studio del proprio figlio disabile. L'anno scolastico per Margherita Basso è cominciato così. Il piccolo G. ha otto anni, è affetto da una grave paralisi cerebrale, soffre di epilessia, non parla e mangia a fatica. La scuola italiana gli assegna un'insegnante di sostegno per 11 ore alla settimana.




Margherita non ci sta: «Non lascio il mio bambino a scuola da solo, rimango con lui. Non potrei, è vero, ma finché le cose non cambieranno continuerò a farlo». L'anno scorso G. era seguito, per 22 ore settimanali, da un'insegnante a tempo determinato con nomina annuale. Da settembre oltre al dimezzamento delle ore c'è stato il cambio della cattedra. Siamo a Palermo, nel quartiere Montepellegrino. «Tre insegnanti di sostegno non bastano per un istituto che conta cinque disabili gravi – aggiunge Margherita – speriamo in nuove nomine del Provveditorato ma intanto io e un'altra mamma ci stiamo muovendo per fare ricorso al TAR».



Allontanare il mostro della solitudine non è facile («Non mi sono mai iscritta a un'associazione, qui le cose vanno a rilento»), ma su Facebook la giovane donna si avvicina a realtà che sono distanti dalla sua soltanto per la posizione sulla cartina geografica.

Nella ricca Lombardia le cose infatti non vanno diversamente: lo scorso novembre, assistite da "Avvocati per niente" e appoggiate da Ledha, 17 famiglie di Milano hanno avviato e vinto la prima causa antidiscriminatoria collettiva in Italia. «La sentenza esecutiva era stata pronunciata in gennaio – racconta un genitore – ma il MIUR ha fatto ricorso sostenendo che i nostri figli non fossero stati discriminati. Quel ricorso il ministero l'ha perso ma le cattedre sono state attivate ad aprile, quando l'anno scolastico era ormai quasi finito. E il mio bambino, così come altri, quest'anno avrà ancora un'insegnante diversa».
Sicurezza, qualità e comfort degli edifici scolastici


Presentato il IX Rapporto di Cittadinanzattiva su “Sicurezza, qualità e comfort degli edifici scolastici”

Se c’è un luogo in cui sarebbe meglio che i nostri figli non entrassero sono le aule. Malmesse, degradate, e negli anni sempre più sovraffollate, le aule scolastiche sono da bocciare senza appello: i numerosi distacchi di intonaco (rilevati nel 18% delle classi), la presenza di altri segni di fatiscenza (30%), le finestre rotte (23%), l’assenza di tapparelle o persiane (56%), i pavimenti sconnessi (21%), banchi e sedie rotte (rispettivamente nel 13% e nel18% dei casi), la presenza di barriere architettoniche (9%), sono tra i principali elementi di pericolo. Il 28% degli edifici scolastici, inoltre, è del tutto fuorilegge, perchè privo delle certificazioni e dei requisiti di base previsti dalla legge sulla sicurezza (81/08, ex 626/96).

A dirlo il IX Rapporto “Sicurezza, qualità e comfort degli edifici scolastici”, presentato oggi a Roma da Cittadinanzattiva. Il Rapporto nasce dall’indagine su 88 scuole appartenenti a 13 Province di 12 Regioni: Piemonte, Lombardia, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.

A questi dati si aggiunge l’aumento del numero di studenti per aula che non fa che aggravare la situazione. Dal Rapporto emerge che le classi con più di 30 alunni sono 21 su un totale di 1234, ossia l’1,7%.


Il Ministero dell’Istruzione ha dichiarato che, quest’anno, il numero di classi oltre i parametri stabiliti è pari a circa lo 0,6% delle aule. In percentuale il dato non colpisce più di tanto, ma trasformato in valore assoluto su circa 370.000 aule quelle con più di 30 alunni ammonterebbero a 2.220, per un totale dunque di oltre 66mila studenti!

In tante scuole gli alunni sono stipati in aula come sardine, con effetti deleteri sulla vivibilità, sulla didattica ed anche sulla sicurezza. Come emerge da questa indagine, infatti, l’88% delle aule non ha porte antipanico e le scale di sicurezza risultano assenti, in tutto o in parte, nel 22% delle scuole a più piani. Ci preoccupa, dunque, quello che potrebbe accadere se da queste scuole fosse necessario uscire in fretta in caso di emergenza.

SENZA CERTIFICAZIONI, SENZA MANUTENZIONE: LA SICUREZZA NON ABITA A SCUOLA

Distacchi di intonaco, mancanza di certificazioni, scarsa manutenzione. Gli edifici scolastici sono in pessimo stato.

Partiamo dalle certificazioni: meno di 1 scuola su 2 fra quelle monitorate possiede il certificato di agibilità statica (41%). A rendere più grave la situazione il fatto che il 42% delle scuole del campione si trova in zona sismica e che lo stato della manutenzione lasci piuttosto a desiderare. La percentuale è quasi la stessa nel caso della certificazione igienico- sanitaria, presente solo nel 40% dei casi.

Il dato più grave è quello relativo alla certificazione di prevenzione incendi: ne è provvista soltanto poco più di una scuola su 4 (28%). Sulla base dei dati del Ministero, emerge che Calabria e Lazio sono i due fanalini di coda nel possesso delle certificazioni: nel Lazio solo il 25% delle scuole possiede il certificato di agibilità statica, il 16,7% quello di agibilità igienico-sanitaria, il 22,2% quello di prevenzione incendi. In Calabria ad essere in regola con la certificazione di agibilità statica è il 35,1% delle scuole; con la certificazione igienico-sanitaria il 33,9% e con quella di prevenzione incendi solo il 10,4%.

Ritornando ai dati del IX Rapporto di Cittadinanzattiva, in ben 17 scuole sono state rilevate lesioni strutturali. I distacchi di intonaco interessano invece principalmente corridoi ed ingressi (24%), aule e laboratori scientifici (18%), palestre e segreterie (17%), mense e sale professori (15%), bagni (13%), aule computer e biblioteche (5%).

L’indagine sottolinea, inoltre, il deficit di manutenzione (34% delle scuole) e la necessità di interventi manutentivi ordinari (89% dei casi) e di manutenzione straordinaria (31%). Questa situazione è determinata anche dall’età avanzata degli edifici scolastici: il 70% del nostro campione risale a prima del 1974. La percentuale nazionale supera il 50%.

La situazione si aggrava ulteriormente perché gli enti proprietari non riescono ad intervenire in tempi accettabili. I Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione intervistati hanno risposto che, in caso di richiesta di interventi urgenti, una volta su tre l’Ente proprietario non è mai intervenuto.
POCA TUTELA PER GLI ALUNNI DISABILI

L’insicurezza delle scuole si ripercuote sugli alunni disabili, come più volte hanno affermato ad alta voce le associazioni dei portatori di handicap.

Alcuni dati del IX Rapporto: su 29.128 studenti, 545 sono disabili. Il numero degli insegnanti di sostegno è pari a 270 su un totale di 3.248 docenti, con un rapporto tra alunni disabili ed insegnanti pari al 2,1 al Nord, 2,7 al Centro e 1,5 al Sud ed isole, sostanzialmente in linea con i dati del Ministero che, per il 2010, indicano un rapporto di 2,21 al Nord Ovest, 2,09 nel Nord Est, 2,23 al Centro, 1,79 al Sud e 1,76 nelle Isole.

Nel 13% delle scuole esaminate da Cittadinanzattiva, esistono barriere architettoniche che rendono impossibile lo spostamento dei disabili in vari luoghi dell’edificio: i cortili (17%), le palestre (15%), l’ingresso (13%), seguiti dai laboratori scientifici, le mense, le segreterie, le aule degli studenti ed i bagni, tutti con il 9%. Chiudono la classifica le aule computer (4%), la sala professori e la biblioteca con il 3%. Soltanto l’11% delle scuole dispone di un’apposita entrata priva di ostacoli. Gli edifici situati a piano terra sono l’8% dei casi; quelle che dispongono di ascensore sono il 61% ma nel 7% dei casi l’ascensore non è funzionante.

TAGLIO AI BILANCI? BAGNI SEMPRE PIÙ SPORCHI

La circolare emanata dal MIUR nel dicembre 2009 (n. 9537) continua a provocare grossi problemi sul pagamento delle supplenze, il regolare svolgimento degli esami, l’acquisto della cancelleria, e ha comportato anche una riduzione del 25% delle spese per personale addetto alle pulizie delle scuole.

Inoltre, il taglio del bilancio di ciascuna scuola incide in modo consistente sull’acquisto di prodotti come il sapone, gli asciugamani, la carta igienica che già prima della Circolare erano assenti in gran parte delle scuole.

Particolarmente deficitaria la situazione dei bagni, al vertice della hit degli ambienti più sporchi: nel 32% manca la carta igienica, nel 42% è assente il sapone, il 63% è sprovvisto di asciugamani.

LE PALESTRE, COSÌ POCHE, COSÌ MAL MESSE

Come ogni anno, registriamo dati negativi sul tema delle palestre. Ben 31 scuole sulle 88 monitorate, dunque il 35%, non dispone di una propria palestra.

Laddove presenti all’interno dell’edificio scolastico, le palestre rivelano condizioni di insicurezza e invivibilità: segni di fatiscenza (22%), mancanza della cassetta di pronto soccorso (sempre nel 22% dei casi), distacchi di intonaco (17%), attrezzature danneggiate o altre fonti di pericolo (16%).
Il 10% delle scuole è stato interessato da episodi di criminalità nei pressi dell’edificio, il 5% addirittura al proprio interno; l’8% da fenomeni di bullismo e il 39% da atti vandalici. Questi dati ci sono stati forniti dal Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione o dal Dirigente Scolastico e dunque immaginiamo che ben più elevato sarà il numero di episodi dovuti a comportamenti violenti di diversa gravità che si consumano spesso di nascosto o che vengono occultati e minimizzati.


Alcuni dati, correlati a questo, fanno riflettere: è vero che il 90% delle scuole monitorate adotta sistemi di vigilanza all’ingresso dell’edificio, ma oltre la metà (60%) non adotta lo strumento più semplice che è quello di chiudere i cancelli anche durante l’orario scolastico.

Il numero degli incidenti a scuola è in aumento rispetto allo scorso anno, come denunciano i dati INAIL: nel 2010 hanno coinvolto 98.429 studenti, (nel 2009 erano 92.060) e 14.735 insegnanti (nel 2009 erano 14.239).

Anche dal IX Rapporto di Cittadinanzattiva emergono dati allarmanti: i Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione di 55 scuole hanno segnalato 445 incidenti, di cui 396 accorsi a studenti. Tra le cause più importanti, in ordine di frequenza: le cadute durante le attività sportive, le cadute accidentali, malori improvvisi o legati a patologie, le cattive condizioni di arredi e mobili, le cattive condizioni degli infissi, l’uso improprio o scorretto delle attrezzature.

A proposito di incidenti, l’indagine rivela, tra l’altro, che le scuole non sempre sono attrezzate per rispondere alla prima emergenza: il 24% dei laboratori scientifici e il 22% delle palestre è sprovvisto delle elementari cassette di pronto soccorso.

OK LA PREVENZIONE, DA ESTENDERE ANCHE ALLE FAMIGLIE

É uno dei dati migliori del Rapporto 2011. Le prove di evacuazione vengono realizzate con regolarità nel 95% dei casi, un dato in costante aumento rispetto agli anni precedenti.

Le attività di prevenzione, tuttavia, vanno estese alle famiglie coinvolgendole nella conoscenza e nella formazione rispetto ai rischi (naturali e non) presenti sul proprio territorio. Infatti, dall’indagine risulta ancora assai limitato il coinvolgimento delle famiglie nei diversi percorsi riguardanti la sicurezza: solo nel 44% dei casi la scuola, per esempio, fornisce informazioni sulle procedure di sicurezza e di primo soccorso.

Per questo si è scelto di dedicare la IX Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole (25 novembre 2011) ai “Genitori a scuola di sicurezza”. Oltre alle attività di informazione e formazione sul tema della sicurezza, con la Giornata del prossimo 25 novembre si punterà a coinvolgere anche le famiglie.



COSA CHIEDIAMO: ANAGRAFE, REGOLAMENTO ATTUATIVO DELLA LEGGE, FONDI

Anagrafe subito. L’Anagrafe dell’edilizia scolastica va resa nota subito. Senza una completa e aggiornata mappatura dello stato degli edifici scolastici italiani, è impossibile passare dall’emergenza ad una vera programmazione degli interventi.

Regolamento attuativo della legge 81/08. Va rimesso mano ad un regolamento attuativo della legge 81/08, che prenda in considerazione quegli aspetti della legge che non tengono conto delle peculiarità degli ambienti scolastici, non considerabili alla stessa stregua degli altri ambienti lavorativi. In particolare, il regolamento attuativo dovrebbe indicare con chiarezza, competenze, obblighi, funzioni e responsabilità dei diversi soggetti coinvolti in materia di sicurezza scolastica; inserire l’obbligo, per l’ente/soggetto proprietario, di aggiornare in maniera costante i dati relativi alle condizioni strutturali e non degli edifici scolastici; individuare un referente degli studenti per la sicurezza; omologare gli studenti ai lavoratori non soltanto quando si fanno ”uso di laboratori, attrezzature di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici ivi comprese le apparecchiature fornite di video terminali”, al fine di garantirne adeguata tutela nel caso di incidenti a scuola.

Fondi. E’ urgente definire l’effettiva entità dei finanziamenti necessari per l’edilizia scolastica ed occorre dare organicità e stabilità nel tempo ai finanziamenti stessi attraverso un piano quinquennale basato, anzitutto ma non esclusivamente, sui fondi ordinari. Innazitutto vanno utilizzati quelli già disponibili (circa 420 milioni di euro dei Fondi FAS, circa 220 milioni di euro dei Fondi strutturali Europei).

Chiediamo inoltre, in nome della autonomia scolastica, l’affido dei fondi e delle funzioni legati alla manutenzione ordinaria, direttamente alle scuole. Crediamo, infine, che l’apertura ai soggetti privati, senza una deriva verso la vecchia proposta del Governo di creare una ‘Scuola Spa’, sia un terreno nuovo, sul quale occorre sperimentare, alla ricerca di soluzioni innovative.

Fonte: Cittadinanzattiva, 20/09/2011
Otto per mille alla scuola pubblica, governo battuto alla Camera



ROMA - Il Governo è stato battuto per 23 voti nell'aula della Camera su un ordine del giorno del Pd, che impegna il Governo a indicare la scuola pubblica come destinataria di una quota dell'8 per mille devoluto allo Stato. Il testo, su cui c'era parere contrario del governo, è passato con 247 sì e 223 no. La notizia ha registrato subito il plauso del sindacato scuola della Cgil e degli atei, mentre ha innescato una polemica tra esponenti del Governo e Lega da una parte e Udc dall'altra. L'ordine del giorno approvato impegna l'esecutivo a "modificare la legge" sull'8 per mille (222/85) "al fine di consentire ai cittadini di indicare esplicitamente la 'scuola pubblica' come destinataria di una quota fiscale dell'otto per mille da utilizzare d'intesa con enti locali per la sicurezza e l'adeguamento funzionale degli edifici e a pubblicare ogni anno un rapporto dettagliato circa l'erogazione delle risorse e lo stato degli interventi realizzati". Ed è proprio sulla definizione di "scuola pubblica" che si è innescata la polemica politica. Poco prima del voto, il governo si era più volte rimesso all'Aula per evitare di andare sotto. "Il governo non ha i numeri per sostenere le sue politiche o per contrastare le proposte dell'opposizione - ha subito dichiarato Antonino Russo, il deputato del Pd autore dell'ordine del giorno - la nostra proposta prevede non un aggravio di spesa ma la possibilità per i contribuenti italiani di poter indicare nell'8 per mille, attribuibile allo Stato, anche l'opzione della scuola pubblica e in particolare l'edilizia scolastica.




Ora ci auguriamo che il governo sia consequenziale e rispetti la volontà del Parlamento". "E' un primo, importante risultato" ha commentato a caldo Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil, spiegando che si tratta di "un primo importante passo perché ribalta le politiche dei tagli finora seguite da questo governo e riapre la strada, invece, alla necessità di investire nel settore della scuola". Esultano gli atei, che esprimono "apprezzamento per l'intento di introdurre una scelta più laica di quelle attualmente disponibili: atei e agnostici, al momento della dichiarazioni di redditi, possono soltanto scegliere tra alcune confessioni religiose e lo Stato, il quale poi storna gran parte dei fondi a sua disposizione a favore della Chiesa cattolica". Secondo il segretario dell'Uaar Raffaele Carcano, "questo rischio c'é anche scegliendo a favore della scuola pubblica, perché si tende, incongruamente, a considerare sotto tale definizione anche le scuole paritarie cattoliche".



La sconfitta dell'esecutivo è stata così spiegata dal sottosegretario Carlo Giovanardi: "il Governo non poteva accettare un ordine del giorno con il quale si chiede di inserire la ristrutturazione delle sole 'scuole pubbliche' utilizzando i fondi dell'8 per mille". Secondo Giovanardi, infatti, nell'attuale sistema di istruzione per scuole pubbliche si intendono solo quelle statali, oppure quelle regionali, provinciali e comunali, mentre "le scuole non statali private sono quelle gestite da privati laici o religiosi, comprese quelle paritarie". Insomma, le paritarie sarebbero esclude dal beneficio. Non è vero, replica il Pd, le scuole paritarie sono comprese. e la pensa così anche Rocco Buttiglione, dell'Udc (che ha votato a favore dell'odg): "a partire dalla riforma Berlinguer tutta la scuola è pubblica perché integrata nel sistema scolastico nazionale, sia quella di Stato sia quella paritaria". Ma la Lega punta il dito contro i centristi: "Oggi, per trenta denari, l'Udc ha venduto la scuola cattolica e paritaria con un provvedimento contrario ai principi di uguaglianza e sussidiarietà" hanno commentato i deputati Massimo Polledri, Paola Goisis e Gianluca Pini

martedì 20 settembre 2011

FONTE: http://www.profduepuntozero.it/

pubblicata da Alessandro D'Avenia il giorno domenica 11 settembre 2011 alle ore 15.44


LA SCUOLA DELLE NUVOLE



Che cosa avrei voluto sentirmi dire il primo giorno di scuola dai miei professori o cosa vorrei che mi dicessero se tornassi studente?

Il racconto delle vacanze? No. Quelle dei miei compagni? No. Saprei già tutto. Devi studiare? Sarà difficile? Bisognerà impegnarsi di più? No, no grazie. Lo so. Per questo sto qui, e poi dall'orecchio dei doveri non ci sento. Ditemi qualcosa di diverso, di nuovo, perché io non cominci ad annoiarmi da subito, ma mi venga almeno un po' voglia di cominciarlo quest'anno scolastico. Dall'orecchio della passione ci sento benissimo.

Dimostratemi che vale la pena stare qui per un anno intero ad ascoltarvi. Ditemi per favore che tutto questo c'entra con la vita di tutti i giorni, che mi aiuterà a capire meglio il mondo e me stesso, che insomma ne vale la pena di stare qua. Dimostratemi, soprattutto con le vostre vite, che lo sforzo che devo fare potrebbe riempire la mia vita come riempie la vostra. Avete dedicato studi, sforzi e sogni per insegnarmi la vostra materia, adesso dimostratemi che è tutto vero, che voi siete i mediatori di qualcosa di desiderabile e indispensabile, che voi possedete e volete regalarmi. Dimostratemi che perdete il sonno per insegnare quelle cose che - dite - valgono i miei sforzi. Voglio guardarli bene i vostri occhi e se non brillano mi annoierò, ve lo dico prima, e farò altro. Non potete mentirmi. Se non ci credete voi, perché dovrei farlo io? E non mi parlate dei vostri stipendi, del sindacato, della Gelmini, delle vostre beghe familiari e sentimentali, dei vostri fallimenti e delle vostre ossessioni. No. Parlatemi di quanto amate la forza del sole che brucia da 5 miliardi di anni e trasforma il suo idrogeno in luce, vita, energia. Ditemi come accade questo miracolo che durerà almeno altri 5 miliardi di anni. Ditemi perché la luna mi dà sempre la stessa faccia e insegnatemi a interrogarla come il pastore errante di Leopardi. Ditemi come è possibile che la rosa abbia i petali disposti secondo una proporzione divina infallibile e perché il cuore è un muscolo che batte involontariamente e come fa l'occhio a trasformare la luce in immagini.

Ci sono così tante cose in questo mondo che non so e che voi potreste spiegarmi, con gli occhi che vi brillano, perché solo lo stupore conosce.

E ditemi il mistero dell'uomo, ditemi come hanno fatto i Greci a costruire i loro templi che ti sembra di essere a colloquio con gli dei, e come hanno fatto i Romani a unire bellezza e utilità come nessun altro. E ditemi il segreto dell'uomo che crea bellezza e costringe tutti a migliorarsi al solo respirarla. Ditemi come ha fatto Leonardo, come ha fatto Dante, come ha fatto Magellano. Ditemi il segreto di Einstein, di Gaudì e di Mozart. Se lo sapete ditemelo.

Ditemi come faccio a decidere che farci della mia vita, se non conosco quelle degli altri? Ditemi come fare a trovare la mia storia, se non ho un briciolo di passione per quelle che hanno lasciato il segno? Ditemi per cosa posso giocarmi la mia vita. Anzi no, non me lo dite, voglio deciderlo io, voi fatemi vedere il ventaglio di possibilità. Aiutatemi a scovare i miei talenti, le mie passioni e i miei sogni. E ricordatevi che ci riuscirete solo se li avete anche voi i vostri sogni, progetti, passioni. Altrimenti come farò a credervi? E ricordatemi che la mia vita è una vita irripetibile, fatta per la grandezza, e aiutatemi a non accontentarmi di consumare piccoli piaceri reali e virtuali, che sul momento mi soddisfano, ma sotto sotto sotto mi annoiano.

Sfidatemi, mettete alla prova le mie qualità migliori, segnatevele su un registro, oltre a quei voti che poi rimangono sempre gli stessi. Aiutatemi a non illudermi, a non vivere di sogni campati in aria, ma allo stesso tempo insegnatemi a sognare e ad acquisire la pazienza per realizzarli quei sogni, facendoli diventare progetti.
Insegnatemi a ragionare, perché non prenda le mie idee dai luoghi comuni, dal pensiero dominante, dal pensiero non pensato. Aiutatemi a essere libero. Ricordatemi l'unità del sapere e non mi raccontate l'unità d'Italia, ma siate uniti voi dello stesso consiglio di classe: non parlate male l'uno dell'altro, vi prego. E ricordatemelo quanto è bello questo Paese, parlatemene, fatemi venire voglia di scoprire tutto quello che nasconde prima ancora di desiderare una vacanza a Miami. Insegnatemi i luoghi prima dei non luoghi.

E per favore, un ultimo favore, tenete ben chiuso il cinismo nel girone dei traditori. Non nascondetemi le battaglie, ma rendetemi forte per poterle affrontare e non avvelenate le mie speranze, prima ancora che io le abbia concepite.

Per questo, un giorno, vi ricorderò.