lunedì 31 gennaio 2011

Scelta di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica




Stanno pervenendo al nostro Comitato numerose segnalazioni

da parte di genitori della scuola primaria, che riguardo la scelta

se avvalersi o non avvalersi dell’irc si sono visti presentare il

mod.E dell’anno scorso che non prevedeva come alternativa

all’Irc le “attività didattiche e formative” ma soltanto “studio

individuale” e “uscita dall’istituto.”

Informiamo i genitori che contro quel modulo era stato a suo

tempo presentato un ricorso al TAR del Lazio e che quest’anno

la circ.min.101 del 30.12.2010, unica per tutti gli ordini e gradi

di scuola, presenta per chi non sceglie l’irc tutte le opzioni previste

dalla normativa vigente anche per la scuola elementare,

comprese le “attività didattiche e formative”, per le quali sono

stanziati appositi fondi nel bilancio dello Stato.

La circ. 101 prevede, oltre al mod.E che riguarda semplicemente

SI o NO all’irc, un mod.F sul quale sono indicate tutte

le possibili opzioni alternative all’IRC , modulo che le scuole sono

tenute a presentare a chi non si avvale, all’atto dell’iscrizione.

Si fa presente a coloro che scelgono un’attività didattica e

formativa che la scuola è tenuta a predisporla, come è tenuta al

rispetto di tutte le altre opzioni.

Ricordiamo che una scuola Media di Padova è stata multata (ben

1500 euro) sulla base di una sentenza del Consiglio di Stato, in

seguito al ricorso di genitori che non avevano ottenuto un’attività

alternativa- come richiesto all’atto dell’iscrizione- ma vedevano la

figlia spostata da una classe all’altra durante l’irc.



Sollecitiamo pertanto genitori e studenti a richiedere alle scuole

i moduli previsti dalla circ.101, prospettando un possibile ricorso

in caso di rifiuto, e a vigilare sull’attuazione delle scelte espresse.

CRIDES-Comitato Nazionale Scuola e Costituzione


www.scuolaecostituzione.it info 349.7865685
Estratto da: CENSIS -- 44° Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese



Processi formativi - (pp. 105 – 176 del volume)
http://www.didaweb.net/fuoriregistro/documenti/censis.doc

L’importanza crescente del contributo finanziario

di famiglie e privati alle scuole italiane

I contributi volontari versati dalle famiglie sono un’entrata sempre più fondamentale per la gestione e la didattica delle scuole statali. In realtà, la richiesta del cosiddetto “contributo volontario” non riguarda la totalità degli istituti scolastici ed è condizionata, oltre che dalla necessità di integrare i fondi a disposizione, da fattori quali il livello scolastico, la collocazione geografica e lo status socio-economico dell’utenza. In base ai primi risultati di una indagine che il Censis sta conducendo al riguardo, da quanto dichiarato finora da un panel di 1.099 dirigenti scolastici, il 53,1% delle scuole statali di ogni ordine e grado, coinvolte nella rilevazione, ha richiesto quest’anno il contributo, ma nel restante 43,5% tale consuetudine non si è ancora diffusa.

La frequenza della richiesta del contributo volontario aumenta al crescere dei livelli scolastici: si va dal 34,7% di scuole dell’infanzia all’85,6% dei licei. Le somme richieste a livello prescolare o di scuola dell’obbligo sono in media di modesta entità (16,4 euro nella scuola dell’infanzia e 19,8 euro nella scuola secondaria di I grado). Nelle scuole di II grado, invece, il contributo medio supera, per tutti gli indirizzi, gli 80 euro pro-capite. Le oscillazioni intorno alla media sono però molto ampie e nelle scuole intervistate si raggiungono anche i 100 euro per scuole dell’infanzia e primarie e i 260 euro dei licei (tab. 5).

Il 25% degli istituti che già richiedono un contributo dichiara di averne dovuto aumentare l’importo rispetto allo scorso anno e solo il 20,6% di dirigenti scolastici ritiene di non aver bisogno di reiterare o introdurre tale modalità di finanziamento nel prossimo anno scolastico (tab. 6).
La risposta delle famiglie alle richieste economiche delle scuole sembra essere di diffusa collaborazione. Ricordando che si tratta di contributi volontari, emerge che aderisce mediamente alla richiesta di contributo l’82,7% dei genitori. L’ampiezza del livello di adesione appare dettato, non solo dalla consuetudine, ma anche da due crescenti esigenze di segno contrapposto: quella di tamponare le carenze di materiali e strumenti per il funzionamento ordinario dell’istituzione e quella di sostenere la qualità e varietà dell’offerta formativa. La destinazione d’uso dei contributi familiari si divide quasi equamente tra queste due esigenze, con una leggera prevalenza (54%) degli interventi a supporto dell’offerta formativa, che comunque riguardano soprattutto l’adeguamento della strumentazione e degli ambienti di studio. Infatti, tali interventi consistono soprattutto in acquisto di materiali didattici (77,2% delle scuole), miglioramento di dotazioni informatiche, laboratori, palestre (58,3%), ma rivestono un peso considerevole (43,1%) anche le finalità di supporto economico agli studenti più indigenti per assicurare la loro partecipazione alle attività didattico-formative.
Il quadro delle diverse tipologie di supporto economico straordinario alle scuole si completa con i finanziamenti provenienti, sotto varie forme, da soggetti privati esterni all’istituto scolastico. Tale fenomeno interessa il 36,4% delle scuole intervistate nel complesso, ma risulta molto più diffuso negli istituti dislocati nelle aree centro-settentrionali del Paese. Il principale canale di reperimento di risorse aggiuntive private è costituito dalle donazioni effettuate da una pluralità di soggetti (46,4% dei casi), cui si aggiungono le piccole donazioni che talvolta le scuole riescono ad ottenere dalle banche che fungono da tesoreria e presso le quali è aperto il conto della scuola. Un fenomeno in crescita è quello del reperimento di risorse grazie ai proventi dovuti all’installazione di macchine distributrici di bevande e alimenti (34,8%), e quello della individuazione di uno sponsor per talune attività o di concessione di spazi pubblicitari (31,8%).


FONTE: fuoriregistro

A proposito di classi pollaio

Salvatore Nocera - 27-01-2011

ACCOLTA DAL TAR LAZIO LA CLASS ACTION SULLE " CLASSI POLLAIO" MA LE CLASSI RESTANO SUPERAFFOLLATE
Bisogna rendere meritio al CODACONS per aver ottenuto la prima sentenza sulla class action proposta contro il Ministero dell'Istruzione per le classi superaffollate.

Infatti il CODACONS aveva proposto ricorso ai sensi del decreto legislativo n. 198/09 che, introducendo una novità nel nostro sistema processuale, consente di sottoporre al giudizio della Magistratura l'inefficienza di un'amministrazione in caso di mancato rispetto di standard di qualità individuati in atti generali " non normativi"a tutela degli utenti dei pubblici servizi.

Sono stati proposti due motivi di ricorso : uno per la mancata emanazione del piano di edilizia relativo alle scuole non in regola con le norme riguardanti il numero massimo di alunni per classe di cui al dpr n. 81/09; l'altro sulla mancata approvazione delle norme sull'edilizia scolastica applicative della L.n. 23/96.

Il TAR , con la sentenza n. 00552/2011, ha accolto il primo motivo, rigettando il secondo perché quest'ultimo riguardava la mancata applicazione di un atto normativo generale e, conseguentemente, ha compensato le spese.Ma l'accoglimento del primo motivo è un precedente importante. Infatti il TAR ha riconosciuto che il Ministero dell'Istruzione d'intesa col Ministero dell'Economia avrebbe dovuto emanare il piano generale della riqualificazione dell'edilizia scolastica, indicandone quindi i costi, itempi ed i luoghi, mentre esso si è limitato solo a predisporre un elenco di scuole non in regola per le quali continuavano ad applicarsi solo per il trascorso anno scolastico i tetti massimi del numero di alunni per classe precedenti più bassi di quelli introdotti dal dpr n. 81/09.

Ciò significa che il TAR ha assegnato al Ministero dell'Istruzione un termine di 120 giorni per predisporre il piano, in mancanza del quale si potrà chiedere al TAR l'ottemperanza di tale obbligo, stavolta con condanna a tutte le spese.

Ai fini degli alunni delle classi superaffollate non in regola con le norme sulla sicurezza, purtroppo, data la natura della class action vigente in Italia, per ora non cambia nulla.

Però intanto si è riusciti ad accelerare la procedura per la messa in sicurezza delle scuole non in regola che sono ancora tante; inoltre è evidente la portata politica degli effetti della decisione che accoglie un diffuso malcontento delle famiglie per il superaffollamento delle classi .

Se , come è prevedibile, il Ministero dovesse appellare, qualora la sentenza del Consiglio di Stato, come è da ritenere probabile, dovesse confermare la decisione del TAR, il Ministero che, in forza della nuova normativa, ha dovuto pubblicare sul proprio sito la notizia del ricorso, dovrà pubblicare anche la sentenza definitiva , la quale verrebbe pure trasmessa alla Corte dei conti ed all'organismo sulla valutazione della qualità delle pubbliche amministrazioni.

E' altresì molto importante che il TAR abbia riconosciuto, per la prima volta, la legittimazione processuale di un'associazione di consumatori all'esercizio di questa nuova azione giudiziaria ed abbia dichiarato , in questo caso, immediatamente applicabile la nuova normativa anche in mancanza dell'emanazione dei regolamenti governativi.

E' tuttavia da tener presente che , sulla base della nuova normativa sulla class action, se le singole famiglie volessero ottenere una riduzione del numero degli alunni nelle classi irregolari ed il risarcimento dei danni subiti, dovranno agire individualmente con appositi ricorsi . Infatti la recente normativa si è limitata solo a predisporre strumenti di stimolo all'efficienza dell'Amministrazione e non anche a garantire direttamente i diritti violati dalle omissioni dell'Amministrazione.Diversamente invece stabilisce la normativa americana alla quale la nostra si è solo in parte ispirata.

Pertanto rimangono ancora tutte in vita le lagnanze sollevate da moltissime associazioni, tra cui la F I S H( Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap ) circa l'antipedagogico superaffollamento delle classi in genere ed in particolare di quelle frequentate da alunni con disabilità
FONTE: VIVALSCUOLA


«Con ogni mezzo necessario…» La scuola come bene comune. Riflessioni a margine del libro di Girolamo De Michele

di Alessandro Cartoni

Difficile trovare una definizione esaustiva ad un libro come quello di Girolamo De Michele, La scuola è di tutti, Minimum fax, 2010, ricco di informazioni e dati non addomesticati, ma anche capace di un’interpretazione globale del mondo e dei tempi che stiamo attraversando.
La cosa più evidente è che, pur costituendo un manuale di difesa e di resistenza all’ordine di cose esistenti, il libro non concede nulla al catastrofismo imperante sulle sorti della scuola italiana. Anzi, nell’interpretazione dell’autore, la scuola appare ancora capace di svolgere un’importante funzione di formazione alla cittadinanza, di integrazione e riscatto sociale se solo la si volesse liberare dall’ordine del discorso della “delegittimazione in atto"
La scuola ha, dunque, per De Michele, una centralità sociale costitutiva che spetta a tutto il corpo sociale difendere e promuovere nell’orizzonte di un rilancio di quella funzione di civiltà che solo il sapere nelle società moderne è in grado di svolgere.

«L’istruzione è non solo un diritto fondamentale – direi addirittura il diritto fondamentale, perché nella società cognitiva in cui viviamo non la qualità della vita, ma la vita stessa è messa in questione dall’analfabetismo strutturale o di ritorno»

Il ruolo del sapere


Quello che dunque è in ballo nel libro di De Michele, quello che costituisce la posta in gioco politica e democratica è proprio il sapere, il suo stato, la sua consistenza, il corollario dei suoi effetti, la sua possibile obsolescenza, preservazione, diminuzione o riconfigurazione nelle attuali condizioni politico-istituzionali. Intorno alla scuola, dunque, non si gioca una partita tra le altre, ma «la» partita fondamentale: «l’istruzione è un bene comune, come l’acqua e l’ambiente perché bene comune – bene del comune, della comunità dell’umano – è il sapere»
Tuttavia questo “bene” è oggi potenzialmente sempre meno sicuro, sempre meno frutto di un contratto sociale e di un consenso collettivo, quindi sempre “meno comune” e sempre meno pubblico.
L’autore ci spiega come si è arrivati a ciò attraverso una serie di analisi storico-politiche che uniscono in modo originale i dati della sociologia della statistica e dell’economia politica. L’educazione (e i modelli educativi) dunque non sono in crisi in quanto tali, come vorrebbero farci credere, ma sono in crisi in quanto la società che li produce è essa stessa in crisi, una crisi che è di valori, di governance, di credibilità.

«L’istituzione educativa si trova di fronte a un bivio: o imparare a giocare il gioco secondo nuove regole, o ripiegare e arroccarsi, dopo aver bruciato i ponti, nel fortino del proprio sapere tradizionale, rifiutando il contatto col nuovo. Richiudersi dentro la grande Muraglia e aspettare l’arrivo dei cosiddetti Barbari»

La sfida della complessità


In ogni caso di fronte all’evoluzione delle società e dell’economia, di fronte alle trasformazioni tecnologiche che modificano radicalmente i connotati del lavoro e della sua funzione, la scuola, e il suo governo, assumono nella società cognitiva che stiamo attraversando, una funzione strategica. Certo alla scuola non possiamo affidare solo compiti di addestramento, come vorrebbe qualcuno, ma anche compiti di socializzazione e formazione del senso critico e della cittadinanza.

«La scuola è una sorta di para istituto professionale che attraverso un apprendistato cognitivo fornisce non solo il sapere ma anche l’officina in cui applicare le conoscenze e le competenze apprese: non lo strumento a produrre valore, ma il valore stesso (…) Al tempo stesso, la scuola svolge tutta una serie di funzioni che la crisi delle istituzioni disciplinari ha reso indispensabili»

La scuola diventa così centro di socializzazione, sostituisce spesso la famiglia, sostiene psicologicamente i ragazzi, diventa autentico operatore sociale, informa sull’attualità e sui suoi “possibili usi”. E’ in questa direzione che De Michele contraddicendo il ministro Gelmini dichiara senza mezzi termini «che la scuola è un ammortizzatore sociale. Svolge un ruolo di supplenza senza il quale l’intera società crollerebbe. E lo svolge a costo zero»

Le sfide del futuro prossimo venturo si giocheranno a partire dal capitale cognitivo e dall’uso che di questo, attraverso la scuola e il suo governo, potrà fare la società. Perché, ci spiega De Michele, o assisteremo a una riqualificazione della scuola pubblica e del suo potere di attrezzare i cittadini, tutti i cittadini, ad affrontare il mondo che li aspetta, oppure assisteremo a una sua graduale «dismissione» che avrà il compito, tra gli altri, di sfornare «un ceto subordinato inadeguato a un ruolo attivo nel mondo del lavoro e della piena cittadinanza».

Le scelte italiane

E’ del tutto chiaro, dunque, che la direzione in cui si sta muovendo la scuola italiana con l’ultima riforma Gelmini, ma non solo, è questa seconda che privatizza, scompone, frammenta il capitale cognitivo e lo dequalifica da risorsa sociale a merce. Negli scenari che De Michele disegna, attraverso l’analisi del progetto OCSE 2001 «Schooling for tomorrow» si percepisce nettamente il quid della scelta italiana fatta di:
a) estensione del modello del mercato,
b) accrescimento del digital divide (separazione tra chi può e chi non può accedere alle nuove tecnologie),
c) situazione di meltdown (catastrofe) dove alla crisi di identità del corpo decente si collega la perdita di forza delle relazioni contrattuali con conseguente implosione del sistema pubblico di istruzione.
"Sul breve periodo questa crisi rafforza il potere delle autorità politiche nazionali, mentre sul lungo periodo la crisi resta senza soluzioni. Il senso della crisi si acuisce nelle aree più depresse, mentre le comunità locali dotate di migliori sistemi educativi “cercano di proteggersi e di estendere la propria autonomia dall’autorità nazionale”. Si intensifica infine l’interesse privato nel mercato dell’istruzione».


Delegittimazione e autoritarismo pedagogico

Ma come è possibile muoversi “culturalmente” nei confronti dei famigerati scenari che abbiamo appena illustrato? Come è possibile provocare la metabolizzazione sociale e culturale di questa pozione agra che ha per sintesi la sparizione del diritto a un’istruzione qualificata e decente per tutti? L’autore di La scuola è di tutti ce lo spiega con analisi efficaci che chi vive nel mondo della scuola non potrà non confrontare col suo quotidiano esistere e quindi riconoscere come vere. Innanzitutto l’orchestrazione di una campagna di delegittimazione (della scuola, degli insegnanti e della cultura scolastica) attraverso la stampa, non solo di regime, che ha creato ad arte una situazione di emergenza sociale atta a destabilizzare certezze e diritti per applicare soluzioni emergenziali e autoritarie.
Con la complicità di alcuni sedicenti giornalisti la scuola italiana è stata ricoperta, mi si permetta, di dire, di merda, anche creativa (poiché del tutto fantastica e senza riscontri seri con la realtà) allo scopo di preparare il campo alle “riforme epocali”. A titolo di esempio si veda la polemica sul grembiulino, sui bidelli più numerosi dei carabinieri, sul bullismo, sulle assunzioni facili, sui fannulloni etc. Ma si sbaglierebbe, ci indica De Michele, a considerare epifenomeni, o amenità, questi interventi il cui scopo era appunto quello di bombardare il fronte prima dell’attacco, e mai metafora bellica si è dimostrata più efficace.
L’autoritarismo pedagogico, per esempio, come prodotto culturale di questo clima di emergenza educativa e culturale è l’antitodo a qualsiasi modello educativo che abbia nella critica e nella crescita della facoltà del giudizio il suo centro focale. Non altro senso hanno gli slogan culturali dell’epoca Gelmini: da quelli sull’Intelligenza Creativa, sul ritorno all’autorità, sul 5 in condotta, sulla preminenza dei contenuti. Una profonda analogia si scopre alla fine tra il catechismo fascista e quello della nostra scuola riformata: poiché

«Ogni sistema scolastico che non contempli tra le proprie finalità la formazione di menti in grado di esercitare con giudizio la critica dello stato di cose esistenti – di avere il coraggio di sapere – è potenzialmente fascista».


Proiettare la nostalgia nel futuro

Non c’è inoltre chi non abbia percepito il clima di crescente illiberalità, l’aria da caserma con l’imprescindibile corollario della fine di ogni collegialità che impera ormai nelle scuole di ogni ordine e grado. Un serpeggiante regime di sospetto e controllo si afferma negli istituti, avallato dai decreti Brunetta sull’aumento delle sanzioni disciplinari per i dipendenti della pubblica Amministrazione. Il fine è quello di farla finita con la democrazia, la discussione e la collegialità, mali supremi di quei regimi nati dall’Illuminismo in cui sparisce la pretesa totalità organica che incarna la volontà generale. Se in effetti la volontà generale nasce dal conflitto, dalla dialettica delle posizioni e dall’incontro scontro tra interessi diversi, allora è chiaro che tornare al ripristino della situazione quo ante è uno degli scopi della riforma Gelmini. Rimettere in uno sforzo “organico” la ruota del tempo all’indietro;
– oppure, che è lo stesso, proiettare la nostalgia nel futuro – è la dimensione da conquistare per adeguare anche i riottosi alla ristrutturazione in atto. E tuttavia:

«Ogni concezione della scuola che rifiuti di attribuire il diritto di critica, o quantomeno di interpellanza, a tutti i soggetti coinvolti nel processo educativo è potenzialmente fascista».

Dentro tale progetto non può non esserci spazio per il ritorno al nozionismo come terreno dei contenuti “certi e sicuri” adeguati a un sapere «da spezzettare analiticamente, e riassumere in catechismi». Anche qui il fine è adeguare il modello educativo a un sapere che non forma che non dà gli strumenti per leggere la realtà, ma fornisce solo un pacchetto di nozioni che si pretende adeguato a una società complessa. E tuttavia: «una scuola che rifiuti di insegnare a imparare e ritorni alla centralità dei contenuti, oltre che profondamente arretrata e inadeguata, è potenzialmente fascista».

In conclusione, quello che si cela dietro le riforme, dietro gli appelli alla responsabilità e alla disponibilità al cambiamento è la demolizione sistematica del sistema di istruzione pubblica conquistato in più di mezzo secolo di battaglie, confronti e vita democratica. Solo se i lavoratori della scuola tutti, ci spiega De Michele, saranno in grado di rapportarsi al mondo della precarietà e alla vita degli altri (di tutti gli altri “dominati”) per fermare la gigantesca ristrutturazione sociale in atto, allora questa deriva potrà essere evitata. Ma bisognerà farlo con ogni mezzo necessario.

http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2011/01/17/vivalascuola-66/
assemblea pubblica sulla scuola FANO-PESARO

martedì 25 gennaio 2011

DA VIVALASCUOLA:
COME INSEGNARE AUSCHWITZ?
http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2011/01/24/vivalascuola-67/
"se ricordare è un dovere e se il riconoscimento del valore politico e civile di tale memoria non può essere un’acquisizione naturale ma il frutto di un’educazione oltre che dell’istruzione, come educare a ricordare? Come insegnare Auschwitz?

Ed è un problema pedagogico anche nel senso più specifico del termine, dato che l’articolo 2 della legge invita a momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado… Di ogni ordine e grado. Questa specificazione, sebbene credo per il Parlamento e le Università italiane non rappresenti molto di più che una formula da Gazzetta Ufficiale, pone ogni educatore che decida di lavorare sulla memoria, di fronte a un compito da far tremare i polsi: accompagnare l’infanzia oltre i cancelli di Auschwitz." (LUIGI MONTI)

domenica 23 gennaio 2011










MATERIALE DA RETESCUOLE

Quello che segue è il volantino con cui come Retescuole invitiamo i Consigli di Circolo e di Istituto a non definire nessun criterio e a richiedere con determinazione l'autorizzazione di tutte l classi a tempo pieno richieste. Il volantino può essere liberamente modificato, logo e nome di Retescuole cancellati e sostituiti, ecc. I materiali e le iniziative resistenti non hanno padrone:

 
Puoi scrivere la mozione che vuoi da presentare in Collegio Docenti contro la sperimentazione del merito che i Collegi Docenti del milanese e di Cagliari dovranno votare. Ne circolano di varie tipologie, tutte buone. Come Retescuole te ne suggeriamo una semplice e immediata:

 
Quello che segue è il volantino di Retescuole contro la sperimentazione sul merito. Puoi cambiare logo, intestazione, contenuto, quello che vuoi, basta che sia contro la sperimentazione:

Istruzione: Istat, spesa Italia sotto media eurozona

Agenzia Asca - 20-01-2011

Roma, 20 gen - La spesa per l'istruzione in Italia e' al di sotto della media degli altri paesi dell'Ue16, inferiore anche quella per la protezione sociale mentre risulta leggermente superiore quella per la Difesa e l'Ordine Pubblico. E' quanto emerge dall'analisi ''Spesa delle amministrazioni pubbliche per funzione'' messa a punto dall'Istat, in cui viene elaborato un confronto tra l'Italia e gli altri paesi dell'Europa a 16 (Eurozona) sulla distribuzione percentuale della spesa nella media del periodo 2000-2008.
In particolare, si legge nella ricerca, i dati sulla distribuzione percentuale della spesa per funzione, nella media del periodo 2000-2008, mostrano che, per la funzione dei Servizi generali dell'Amministrazione pubblica (che comprende al suo interno la spesa per gli oneri sul debito pubblico) i paesi con un elevato debito pubblico, quali Belgio, Italia, Grecia e Cipro, presentano una piu' alta percentuale di spesa rispetto alla media Ue.
La percentuale media di spesa per la Difesa e l'Ordine pubblico e sicurezza si attesta, nel periodo e per l'insieme dei 16 paesi, intorno al 6,3 per cento del totale. L'Italia, con il 6,7 per cento, si colloca in una posizione leggermente superiore alla media, come anche la Slovacchia, con oltre il 10 per cento; inferiori alla media risultano, invece, le spese di paesi quali Austria e Lussemburgo (rispettivamente 4,7 per cento e 3 per cento del totale).
La spesa per l'Istruzione in Italia (9,7 per cento) e' al di sotto della quota media degli altri paesi dell'UE16 (10,4 per cento); percentuali inferiori di spesa per l'istruzione si riscontrano in Grecia (6,6 per cento), Germania (8,7 per cento) e Slovacchia (9,5 per cento), mentre Cipro, con il 16,7 per cento e il Portogallo (15,2 per cento) sono i paesi con la percentuale piu' alta.
Infine, alla spesa per la protezione sociale l'Italia, come la maggior parte degli altri paesi, destina la quota piu' rilevante della propria spesa pubblica complessiva (37,5 per cento). Tale quota e' comunque inferiore a quella UE16 (40,1 per cento). La Germania, con quasi il 46 per cento, e' il paese con la percentuale piu' alta destinata a tale funzione, mentre in posizione opposta si trova Cipro, con il 22,6 per cento.

sabato 22 gennaio 2011

Accolta la class action del Codacons, ricorso contro le aule in cui ilnumero degli alunni supera i 35-40

ROMA - Entro 120 giorni il ministero dell'Istruzione e il ministero

dell'Economia doranno emanare il Piano generale di edilizia scolastica.

L'ordine arriva dal Tar del Lazio che ha accolto una class action proposta

dal Codacons contro le cosiddette 'classi-pollaiò, ovvero quelle aule

scolastiche nelle quali il numero di alunni, attorno ai 35-40, supera i

limiti fissati dalla legge.
«RISARCIMENTI» - «Ora il ministro Gelmini dovrà emettere un piano in grado

di rendere sicure le aule scolastiche ed evitare il formarsi di classi da 35

o 40 alunni ciascuna». Lo dichiara il presidente del Codacons, Carlo Rienzi.

«Se non lo farà saremo costretti a chiedere la nomina di un commissario ad

acta che si sostituisca al ministro ed ottemperi a quanto disposto dal Tar.

Grazie a questa sentenza, inoltre, docenti e famiglie i cui figli sono stati

costretti a studiare in aule pollaio, potranno chiedere un risarcimento fino

a 2.500 euro in relazione al danno esistenziale subito», conclude Rienzi.

(Fonte: Ansa)

giovedì 20 gennaio 2011


fascicolo sulle iscrizioni FLC-CGIL

http://1.flcgil.stgy.it/files/pdf/20110114/fascicolo-flc-cgil-iscrizioni-anno-scolastico-2011-2012-gennaio-2011.pdf

FONTE: REPUBBLICA.IT

Addio al tempo pieno nelle scuole
alle medie resiste una classe su cinque

http://www.repubblica.it/scuola/2011/01/13/news/tempo_pieno_crolla-11162534/?ref=HREC2-1

Crollo dopo i tagli della Gelmini: in due anni la scuola media ha perso 14mila cattedre anche se cio sono 33mila alunni in più. E i genitori protestano. Lazio, Marche ed Emilia-Romagna le Regioni più colpite. Al top Basilicata, Sardegna e Calabria di SALVO INTRAVAIA

Circolare Iscrizioni 2011: alcune riflessioni e qualche consiglio

http://comitatoscuolapubblica.wordpress.com/2011/01/09/circolare-iscrizioni-2011-alcune-riflessioni-e-qualche-consiglio/ 
Attenzione ai moduli di iscrizione alla scuola primaria: NON ESPRIMETE ALTRE OPZIONI OLTRE ALLA VOSTRA SCELTA SUL MODELLO ORARIO. Attenzione anche per chi non si avvale dell’insegnamento della Religione Cattolica
Come ogni anno è stata pubblicata dal MIUR la circolare (n° 101 del 30 dicembre 2010) che fissa i criteri per le iscrizioni alle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo e secondo grado.
Il termine per la presentazione delle domande, per tutti gli ordini di scuola (con la sola eccezione dei Corsi per adulti), scade il 12 febbraio 2011.
Nelle sue 22 pagine questa circolare riafferma, purtroppo, il criterio di ‘razionalizzazione’ che ha guidato il riordino della scuola italiana negli ultimi 2 anni scolastici.
In particolare:
Per tutti gli ordini di scuola, prima dell’inizio delle iscrizioni, poiché si prevedono domande di iscrizione in eccedenza, le scuole dovranno procedere alla definizione di criteri di precedenza nella ammissione mediante una delibera del consiglio di circolo/istituto che va resa pubblica (pag.9).
Riteniamo importante per i genitori e per gli insegnanti (soprattutto quelli presenti nei consigli di circolo/istituto) porre attenzione al fatto che tali criteri non presentino alcun profilo discriminatorio; ricordiamo che le delibere dei consigli di circolo/istituto non sono soggette a nessun tipo di controllo gerarchico, ma possono essere impugnate solamente di fronte al TAR.
Nella scuola dell’infanzia o Materna (pag.3) viene sottolineata la ridotta capacità delle scuole statali di accogliere nuovi bambini indipendentemente dai moduli  orari scelti e l’istituzione di “.. nuove scuole e di nuove sezioni avviene in collaborazione con gli enti territoriali, assicurando la coordinata partecipazione delle scuole statali e delle scuole paritarie”.

Per la scuola primaria o Elementare l’opzione del tempo pieno e delle 30 ore settimanali “.. è subordinata all’esistenza delle risorse di organico e alla disponibilità di adeguati servizi…” e il “..modello di 24 ore settimanali si rende possibile solo in presenza di un numero di domande che consenta la formazione di una classe” (pag.4).
Tutto questo a dispetto del continuo decremento delle nascite.
La scuola secondaria di primo grado o Media vede le stesse limitazioni dei precedenti ordini di scuola (pag.4); il tempo scuola a 30, 36 e 40 ore (tempo prolungato)  ”… è subordinato all’esistenza delle risorse di organico e alla disponibilità di adeguati servizi….”
Per i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) (pag.7) la loro effettiva disponibilità viene demandata alle Regioni e alle singole istituzione scolastiche.
Nella scuola secondaria di secondo grado o Superiore, come negli altri ordini si scuola, si prevedono, nonostante i tagli operati, difficoltà nell’accoglimento delle domande (pag.9) “… Le domande di iscrizione sono accolte entro il limite massimo dei posti complessivamente disponibili nella singola istituzione scolastica…”.
Per il terzo anno consecutivo, le indicazioni contenute (ma soprattutto la modulistica ad esse connessa!) cercano di indirizzare i genitori in modo subdolo e non coerente con la normativa attualmente vigente.
Segnaliamo comunque che, per quel che riguarda la modulistica, è la stessa circolare n. 101 che recita: “I citati modelli, ferme restando le informazioni sopra riportate, potranno essere contestualizzati a cura delle singole istituzioni scolastiche autonome (pag. 8)”
1. Il modulo d’iscrizione alla scuola primaria
Cosa c’è che non va
La circolare n.101 indica per la scuola primaria (pag.8) che “Ogni singola istituzione scolastica, all’atto dell’iscrizione, mette a disposizione delle famiglie il proprio Piano dell’offerta formativa (P.O.F.) recante le articolazioni e le scansioni dell’orario settimanale delle lezioni e delle attività (inclusa l’eventuale distribuzione dei rientri pomeridiani) e la disponibilità dei servizi di mensa, secondo quanto previsto dal Regolamento (art. 4). All’atto dell’iscrizione, i genitori esprimono le proprie opzioni rispetto alle possibili articolazioni dell’orario settimanale, che, in base all’art. 4 del Regolamento, è così strutturato: 24; 27; fino a 30; 40 ore (tempo pieno).
L’allegato scheda B “Domanda di iscrizione alla scuola primaria” prevede però che il genitore “indichi in ordine di preferenza (da 1- prima scelta – a 4)” il modello orario.
E i modelli orari previsti dalla scheda sono 4: 24, 27, fino a 30 ore, 40 ore per il tempo pieno.
Si costruisce così la premessa di una vera mistificazione: in tal modo qualsiasi sia il modello orario che sarà effettivamente erogato dalla scuola, apparirà come “opzione del genitore”!

Ai genitori diciamo quindi: attenzione!!!
Come comportarsi per non farsi gabbare
Se l’istituto presso cui avete deciso di iscrivere vostro figlio/a vi presenta questa tipologia di modulo, date solo ed esclusivamente la preferenza per la scelta di orario che ritenete più opportuna, ma non barrate tutte le caselle, né tanto meno date ordini di preferenza; vi invitiamo inoltre a scegliere modelli attenti alla qualità, che tendano ad attestarsi sulle 40 ore settimanali (con due insegnanti per classe) e sulle 30 ore (prevedendo un limite al numero massimo di insegnanti che operano in ciascuna classe); che evitino forme di prevalenza, suscettibili di tradursi in disparità tra classi di uno stesso istituto, che prevedano un utilizzo pedagogicamente fondato della compresenza.
2. il modulo relativo alle scelte per gli alunni che non si avvalgono della religione cattolica
Finalmente, dopo due anni in cui i moduli presentati erano (guarda tu il caso…) incompleti e difformi dal testo della circolare, questa volta il modello F – “Modulo integrativo per le scelte degli alunni che non si avvalgono dell’IRC” presenta tutte le opzioni possibili:
A)   ATTIVITÀ DIDATTICHE E FORMATIVE
B)    ATTIVITÀ DI STUDIO E/O DI RICERCA INDIVIDUALI CON ASSISTENZA DI PERSONALE DOCENTE
C)    LIBERA ATTIVITÀ DI STUDIO E/O DI RICERCA INDIVIDUALI SENZA ASSISTENZA DI PERSONALE DOCENTE
D)   NON FREQUENZA DELLA SCUOLA NELLE ORE DI INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA.
La normativa tuttora vigente in materia (Legge 121 del 25/03/1985 art. 9 punto 2, C.M. 316 del 28/10/1987) così recita:
Gli alunni non avvalentisi dell’insegnamento della religione cattolica – previa richiesta del genitore o di chi esercita la potestà o richiesta personale degli alunni stessi, se frequentanti la scuola secondaria superiore – hanno il diritto di scegliere tra le attività didattiche e formative ed una pluralità di opportunità qualificabili come studio o attività individuali da svolgersi con l’assistenza di docenti a ciò appositamente incaricati e nell’ambito dei locali scolastici.
Per lo svolgimento delle attività didattiche e formative previste per gli alunni non avvalentisi, i collegi dei docenti debbono formulare precisi programmi. Relativamente alle esigenze connesse con lo svolgimento dello studio o delle attività individuali per gli alunni che ne facciano richiesta, il Dirigente Scolastico deve sottoporre all’esame ed alle deliberazioni degli organi collegiali la necessità di attrezzare spazi, ove possibile, nonché organizzare servizi, assicurando idonea assistenza agli alunni quale preciso obbligo dell’istituzione scolastica. Non si esclude la possibilità che gli studenti stessi segnalino propri bisogni formativi, nonché le modalità di intervento della scuola.
Si raccomanda anche che, nel quadro delle possibilità offerte dalla normativa vigente, lo svolgimento delle attività educative si debba realizzare avendo ogni cura affinché i bambini non avvertano alcuna forma di disagio psicologico e relazionale per le differenti scelte operate dai genitori.”
Pertanto, in base a tali disposizioni (non ce ne sono state altre successive e pertanto del tutto in vigore) e alla giurisprudenza in materia, tutte le scuole debbono garantire l’attività alternativa all’insegnamento della religione cattolica nell’ambito della gamma di proposte offerte alle famiglie al momento dell’iscrizione.
Nel caso in cui non si riesca più a garantire questa attività con l’utilizzo delle risorse interne, non ci si deve “arrangiare in un qualche modo”, ma si deve nominare un supplente. Infatti, sempre nelle suddetta CM n. 316 si dice che: “Allo scopo di assicurare l’effettivo svolgimento delle predette attività si potrà, tuttavia, procedere all’assunzione di supplenti nella misura in cui non si renda possibile provvedere con l’utilizzazione del personale già in servizio.”
Ricordiamo inoltre che, negli ultimi 12 mesi, sono intervenute due importanti novità:
1)     con sentenza del 30 Luglio 2010 il tribunale di Padova ha stabilito che l’ora alternativa è un diritto, e ogni scuola è obbligata a garantirla.
2)     Dopo un minuzioso lavoro sviluppato dai Comitati che sul territorio nazionale agiscono a difesa della scuola pubblica, i vari Uffici scolastici Regionali hanno pubblicato indicazioni operative atte a permettere alle singole istituzioni scolastiche di nominare personale ad hoc per garantire l’attuazione delle attività alternative alla religione cattolica con pagamento a carico degli Uffici Provinciali del Tesoro che hanno fondi specificamente previsti per questo (vedi, ad esempio, la nota dell’USR del Veneto  MIUR/AOODRVE/UFF.III/10978/C7 del 14 settembre 2010). 
Non c’è mancanza di risorse che tenga! Va garantito il diritto allo studio di tutti e pari opportunità formative!!!
Come comportarsi per non farsi gabbare
Verificate che:
a) nel P.O.F. della scuola siano esplicitamente previste tutte le possibilità dovute a chi non si avvale dell’insegnamento della religione cattolica;
b) nel modello F integrativo per le scelte degli alunni che non si avvalgono dell’IRC che vi verrà sottoposto vi siano tutte e quattro le possibili opzioni previste, in particolare quella che riguarda le attività didattiche e formative.
Se così non fosse, allegate una dichiarazione integrativa da voi redatta che chieda esplicitamente l’attivazione di tale possibilità, citando la normativa vigente (Legge 121 del 25/03/1985 art. 9 punto 2, C.M. 316 del 28/10/1987); assicuratevi che questa richiesta venga protocollata insieme alla vostra domanda d’iscrizione!!!

Scaricate l’opuscolo riassuntivo e diffondetelo ai genitori che devono iscrivere i loro bambini

Difendiamo i nostri diritti!!!

Comitato Genitori ed Insegnanti per la Scuola Pubblica di Padova
E’ TEMPO DI ISCRIZIONI

La Circolare Ministeriale n. 101 del 30 dicembre 2010 fissa al 12 febbraio 2011 il termine per la presentazione delle domande di iscrizione alle classi prime delle scuole di ogni ordine e grado, per l’anno scolastico 2011/12.

Scegliere la scuola per il proprio figlio non è mai stato semplice. Adesso lo è ancora di più, se si considera che le recenti riforme presuppongono una scuola pubblica ulteriormente impoverita (meno operatori scolastici, meno tempo scuola, meno finanziamenti).

SCUOLA DELL’INFANZIA


“Posso iscrivere il mio bambino che compie 3 anni entro il 30 aprile 2010?”

Si, però nella scuola dell’infanzia aumentano gli alunni per sezione e diminuisce il personale. Come saranno garantite le necessità di base dei bambini più piccoli: sicurezza, igiene, assistenza al pasto e al riposo, cura educativa?

L’anticipo rende più difficile e meno sicuro il lavoro degli insegnanti e meno qualificata l’esperienza dei bambini.
Indicazioni ai Genitori:

- optare per l’orario ordinario delle attività didattiche per 40 ORE settimanali.

SCUOLA PRIMARIA

“Posso iscrivere mio figlio che compie 6 anni entro il 30 aprile 2006?”
Si, però anche nella scuola primaria aumentano gli alunni per classe e ci sarà un’unica maestra che non potrà differenziare l’azione didattica in funzione dei bisogni dei bambini, come avveniva per i moduli e per l’originario modello del tempo pieno, A quell’età la differenza, anche di pochi mesi, è rilevante.
Indicazioni ai Genitori:

- non barrare tutte le opzioni, né tanto meno dare ordini di preferenza;


- scegliere soltanto le 40 ORE o le 30 ORE;


- escludere le 24 o 27 ore, in quanto modelli didattici estremamente poveri di opportunità.

SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADO


Sono diminuite le ore di lezione, mentre la diminuzione degli insegnanti (ivi inclusi quelli di sostegno) e l’abolizione delle compresenze, così come avviene anche nella scuola primaria, impedisce l’attuazione di interventi didattici di recupero, di sostegno e di arricchimento dell’offerta formativa.
Indicazioni ai Genitori:
- optare per il tempo prolungato a 40 o a 36 ORE settimanali di lezione.

SCUOLA SECONDARIA DI 2° GRADO


La nuova scuola superiore è il frutto di tagli drastici alle risorse umane e finanziarie, con conseguente riduzione delle ore settimanali di lezione in tutte le sue articolazioni.
Inoltre, l’aumento generalizzato del numero di studenti per classe e la diminuzione degli insegnanti (ivi inclusi quelli di sostegno) compromettono gravemente la possibilità di mettere in atto interventi di recupero e sostegno per i più svantaggiati.
Indicazioni ai Genitori:

- l’istruzione è compito della Scuola. Se vuoi investire sul futuro di tuo figlio, iscrivilo a una scuola secondaria superiore (liceo – istituto tecnico - istituto professionale).


PER I GENITORI E GLI STUDENTI CHE NON SI AVVALGONO DELL’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA

- evitare assolutamente di operare l’assurda scelta relativa alla libera attività di studio e/o ricerca individuali senza assistenza di personale docente;

- a quanti scelgono attività didattiche e formative alternative all’IRC o attività di studio individuali con l’assistenza di personale docente la scuola deve garantire l’assegnazione degli insegnanti per lo svolgimento delle suddette attività. In caso contrario, l’amministrazione scolastica è passibile di denuncia per interruzione di pubblico servizio. Inoltre, ai bambini non avvalentisi deve essere evitata ogni forma di discriminazione o di disagio psicologico e relazionale per le differenti scelte operate dai genitori. Pertanto, le scuole devono prevedere nel loro Piano dell’Offerta Formativa la programmazione di attività alternative all’IRC, da presentare ai Genitori all’atto dell’iscrizione.

Per quanto riguarda, infine, l’assegnazione dei docenti di attività alternative (e, per analogia, di quelli assistenti allo studio individuale), le scuole sono tenute a provvedere alla relativa nomina, attingendo alle risorse finanziarie gestite dalle Direzioni Provinciali del Tesoro per conto dell’amministrazione scolastica, con l’apposito Capitolo di Spesa “Spese per l’insegnamento di religione cattolica e per le attività didattiche e formative alternative all’IRC”.
cogedeliguria@libero.it