martedì 25 ottobre 2011

DIBATTITO NEL PESARESE: SCUOLA PUBBLICA/PRIVATA
FONTE: COMITATO GENITORI DEL PESARESE



FONTE: CRONACHE MACERATESI

La riorganizzazione scolastica deve essere guidata dagli istituti comprensivi

Quarta puntata della rubrica "Il grande quaderno"


martedì 25 ottobre 2011 - Ore 13:36 di Maria Luisa Lasca

A Macerata e provincia è assai vivo il dibattito sulle modalità di accorpamento tra le scuole che non fanno attualmente parte di istituti comprensivi:
3 medie (Macerata, Recanati, Civitanova Marche) e 10 direzioni didattiche (Civitanova Marche (3), Corridonia, Macerata (2), Matelica, Recanati (2), San Severino). L’operazione è resa ancora più complessa in quanto con una nota recente (7 ottobre) il MIUR ha chiarito che il dimensionamento deve coinvolgere anche gli istituti comprensivi già in funzione. Nella città di Macerata il piano comunale prevedeva inizialmente fra la scuola media e le due direzioni didattiche due aggregazioni, ora diventate una.

Contestualmente sono rimodulati i due istituti comprensivi  esistenti, con acquisizione di nuovi plessi, affinché a tutti sia garantito il numero di mille alunni. Il MIUR ha anche diffuso, con la stessa nota, un prospetto con il
numero ottimale di istituti comprensivi da istituire per ciascuna provincia. Per la provincia di Macerata è previsto che le istituzioni scolastiche della scuola di base,dopo la riorganizzazione, da 42 unità scendano a 36 istituti comprensivi.

Non sappiamo se avrà rapida attuazione il piano di riorganizzazione scolastica previsto dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che all’art. 19, comma 4, recita: “Per garantire un processo di continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall’anno scolastico 2011- 2012 la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregati in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti comprensivi per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno 1000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche”.

Sette regioni (Toscana, Emilia, Marche, Puglia, Liguria, Sicilia, Basilicata) hanno deciso di sollevare davanti alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 4 e 5 della legge 15 luglio 2011, n. 111, in riferimento all’art. 117, comma 3, della Costituzione.

L’ANCI, attraverso la commissione istruzione e scuola, aveva già dichiarato la propria contrarietà rispetto ai
nuovi parametri dimensionali e comunque ne aveva chiesto il rinvio al nuovo anno scolastico. Ci sono le perplessità dei sindacati che a fronte del progetto pedagogico ritenuto valido vogliono tempi e modi distesi,
senza pressioni dall’amministrazione
(la nota del MIUR del 7 ottobre, in cui si sollecitano gli uffici scolastici regionali affinché spingano le regioni e
gli enti locali a predisporre i piani di dimensionamento della rete scolastica entro il 31 dicembre, ribadisce
che la norma sul dimensionamento risponde a finalità di contenimento della spesa e al raggiungimento
dell’obiettivo della stabilizzazione della finanza pubblica). A tale proposito è imminente un incontro al MIUR di tutte le organizzazioni sindacali della dirigenza e del comparto scuola, per un confronto sulla costituzione
degli istituti comprensivi.

È stata presentata un’interpellanza parlamentare urgente sul dimensionamento della rete scolastica in cui si richiede pertanto al Ministro se non ritenga opportuno, considerata la mancanza dei tempi necessari per
la corretta applicazione della norma data l’oggettiva complessità e la delicatezza del percorso di ridefinizione dei piani regionali di dimensionamento della rete scolastica, rinviare i tempi di applicazione della norma stessa.

Gli istituti comprensivi, cioè un’unica dirigenza per scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado, furono istituiti ai sensi della legge 97/1994 (nuove disposizioni sulle zone montane).
Fu la risposta a un’emergenza, a favore di piccoli territori, un laboratorio,sostenuto da forti motivazioni pedagogico-didattiche, per rendere effettiva lacontinuità nella scuola dell’obbligo. Successivamente essi diventarono più numerosi per scelte collegiali di progetti sperimentali, che alla soluzione organizzativa univano una forte ambizione pedagogica, di una scuola di base in continuità, sostenuta da un curricolo verticale. In una terza fase, con il D.P.R. n. 233/1998, fu previsto il dimensionamento in comprensivi, per creare i numeri per conferire l’autonomia amministrativa, organizzativa e didattica alle scuole.

Una quarta fase è l’attuale, con una accelerazione voluta dal governo, per scopi di risparmio. Perciò è sorto
un movimento istituzionale contrario all’applicazione della norma. Si chiede il tempo per fare gli accorpamenti
più idonei, per territori omogenei, con valutazione delle migliori soluzioni per la comunità locale interessata.

Occorre la condivisione di proposte che siano corrette nelle procedure e rispondenti alle esigenze di funzionalità e qualità del sistema scolastico. Il valore aggiunto che un istituto comprensivo porta in sé non
può essere sminuito da soluzioni affrettate. Le finalità di questa organizzazione scolastica sono valide, il
modo attraverso cui ci si deve arrivare è da rivedere. Il modo ancor m’offende, direbbe Dante.

Uno splendido racconto parla di un bambino di nove anni, Egoruska, che lascia la casa nativa per andare a frequentare il ginnasio in città. Durante il viaggio gli ambienti naturali che variano, le persone incontrate, concorrono a formare il bambino per il futuro che l’aspetta. È La steppa, scritto nel 1888 da Anton P. Cechov (Racconti, BUR).
Oggi un istituto comprensivo può rappresentare un percorso di crescita. In esso si intraprende un viaggio
che porta lontano, non nel territorio fisico, ma in quello della conoscenza, e docenti e studenti affrontano
insieme l’avventura, concretizzata in forti situazioni di apprendimento e di socializzazione. Insieme vivono il
progetto unitario di continuità e comunicazione tra i vari ordini di scuole, che rappresenta il cuore di ogni
istituto comprensivo.

Il modello culturale e didattico, le esperienze di più di quindici anni di funzionamento degli istituti comprensivi
devono guidare la nuova fase di riorganizzazione: operatori scolastici, genitori, studenti, hanno cose da dire, perciò lasciamo aperta la pagina del Grande Quaderno, per dare loro voce.

domenica 23 ottobre 2011

ARTICOLO SUI CONTRIBUTI VOLONTARI DEI GENITORI

FONTE: A RIVISTA DELL'ISTRUZIONE
GENITORI COME REVISORI DEI CONTI?
Cinzia Olivieri

Problemi irrisolti e nuovi problemiDon  Milani affermava: “La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde”. Sebbene la dispersione resti a tutt’oggi un fenomeno preoccupante (1) e insoluto,sembra prevalere invece l’apprensione per un diverso problema della scuola:

“i soldi che perde”. Così la pubblicazione, in maggio, del Massimario dei rilievi ispettivi più significativi formulati nel corso dell´esercizio 2010 dalla Ragioneria generale dello Stato (2) riporta l’attenzione dei media su due tematiche molto discusse: contributi ‘volontari’ e residui attivi (3).

Il documento evidenzia infatti che gli ispettori hanno rilevato in numerosi casi “l´indebito accollo alle famiglie degli alunni di contributi dovuti in forma obbligatoria dagli istituti” in violazione della legge 296/2006, comma 622 e del d.lgs. 226/2005, artt. 28, comma 1 e 30, comma 2, che modificano il periodo di obbligatorietà dell’istruzione ribadendo il principio della gratuità.

Non sembrano pubblicati analoghi dati per gli anni precedenti al 2010 ma, poiché la questione è ormai annosa, sarebbe interessante sapere se esistono rilievi pregressi di identico contenuto o se quelli attuali costituiscono l’effetto delle recenti polemiche sollevate in merito proprio dai genitori.

La querelle sui contributi volontari

Si è ripetutamente dibattuto sull’argomento, approfondendone anche l’aspetto normativo (4).

1) G. Mereghetti, Cosa fanno i prof per limitare la fuga dalle classi?, 25 maggio 2011, http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione.

2) Massimario dei rilievi ispettivi anno 2010, in:
http://www.rgs.mef.gov.it.

3) Ragioneria di Stato: “Illegittimo chiedere contributi alle famiglie” in: http://www.ilmessaggero.it/. e http://www.orizzontescuola.it/.

4) C. Olivieri, Contributo scolastico: obblighi,trasparenza, buone pratiche e opportunità,

[CONTINUA]

venerdì 21 ottobre 2011

Anche il TAR delle Marche decreta: no alle «classi pollaio»
Pubblicato da comitatonogelmini su 18 ottobre 2011
da sito superando.it

18 ottobre 2011

E lo fa – dato quanto mai interessante – ponendo in primo piano proprio la presenza di studenti con disabilità. Il ricorso era stato presentato da quattro coppie di genitori, sostenuti da numerose altre famiglie, dopo che l’Ufficio Scolastico Regionale aveva rifiutato a un Istituto Comprensivo di Senigallia la richiesta di formare una prima classe in più, ciò che aveva portato a cinque classi di ventinove e trenta alunni, quattro delle quali con alunni disabili.

Con l’Ordinanza n. 603/11, depositata il 14 ottobre, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) delle Marche ha disposto la sospensione dei provvedimenti che avevano costretto una scuola di Senigallia (Ancona), esattamente l’Istituto Comprensivo Marchetti, a formare classi di 29 e 30 alunni.

La scuola stessa aveva richiesto invano la costituzione di un’ulteriore classe, negata però dall’Amministrazione Scolastica, nonostante le proteste dei genitori e le ripetute richieste da parte del Marchetti all’Ufficio Scolastico Regionale.

Il provvedimento, per altro, risulta ancor più interessante, dal momento che la concessione della misura cautelare è stata disposta, stabilendo testualmente che «il ricorso presenta numerosi profili di fondatezza, soprattutto in relazione alla presenza di studenti disabili».

«In effetti – come si legge in una nota del Gruppo Solidarietà – un primo criterio normativo, ai fini della formazione delle classi, è costituito dal rispetto del parametro risultante dal rapporto alunni/superficie (Decreto Ministeriale del 18 dicembre 1975, richiamato dall’articolo 5, comma 3 della Legge 23/96) e dalle Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica, previste nel Decreto del Ministero dell’Interno del 26 agosto 1992. Un ulteriore criterio è fornito proprio con riferimento alla presenza di alunni con disabilità (articolo 5, comma 1 del Decreto del Presidente della Repubblica – DPR 81/09, in combinato disposto con l’articolo 10 del Decreto Ministeriale 331/98 e articolo 12 della Legge 104/92), per cui vanno rispettati precisi limiti - 25 alunni per classe, 20 in presenza di un alunno con handicap grave – che nel caso di specie risultavano ampiamente superati».

Il ricorso è stato presentato all’inizio dell’anno scolastico dallo Studio Legale Lucchetti e Associati di Ancona, per conto di quattro coppie di genitori di alunni con problemi di disabilità, iscritti all’Istituto Marchetti di Senigallia ed è stato anche direttamente sostenuto da più di cinquanta altri genitori, con un intervento cosiddetto ad adiuvandum. Con 141 iscritti, il Ministero aveva assegnato al Marchetti un organico sufficiente soltanto per la costituzione di cinque prime classi, di cui quattro avevano al proprio interno delle persone con disabilità. Ora, in
esecuzione del provvedimento del TAR delle Marche, potrà essere formata la sesta classe.
«Accogliendo le osservazioni dei ricorrenti – sottolinea Elena Daniele dello Studio Legale Lucchetti - i Giudici hanno assicurato la salvaguardia della qualità dell’insegnamento e dell’offerta educativa per tutti gli studenti,riconoscendo che la situazione di sovraffollamento può creare confusione edisorientamento in particolare negli alunni con disabilità, rischiando cosìdi vanificare il diritto all’istruzione, loro garantito dalla Legge 104/92».

mercoledì 19 ottobre 2011

FONTE: L'ESPRESSO

Dimezzate, quando va bene, le ore di sostegno per i ragazzi con problemi anche gravi. Dal nord al sud, i racconti sono sempre quelli. E alla fine  l'unica risorsa è sempre e solo la famiglia

Una lotta solitaria per il diritto allo studio del proprio figlio disabile. L'anno scolastico per Margherita Basso è cominciato così. Il piccolo G. ha otto anni, è affetto da una grave paralisi cerebrale, soffre di epilessia, non parla e mangia a fatica. La scuola italiana gli assegna un'insegnante di sostegno per 11 ore alla settimana.




Margherita non ci sta: «Non lascio il mio bambino a scuola da solo, rimango con lui. Non potrei, è vero, ma finché le cose non cambieranno continuerò a farlo». L'anno scorso G. era seguito, per 22 ore settimanali, da un'insegnante a tempo determinato con nomina annuale. Da settembre oltre al dimezzamento delle ore c'è stato il cambio della cattedra. Siamo a Palermo, nel quartiere Montepellegrino. «Tre insegnanti di sostegno non bastano per un istituto che conta cinque disabili gravi – aggiunge Margherita – speriamo in nuove nomine del Provveditorato ma intanto io e un'altra mamma ci stiamo muovendo per fare ricorso al TAR».



Allontanare il mostro della solitudine non è facile («Non mi sono mai iscritta a un'associazione, qui le cose vanno a rilento»), ma su Facebook la giovane donna si avvicina a realtà che sono distanti dalla sua soltanto per la posizione sulla cartina geografica.

Nella ricca Lombardia le cose infatti non vanno diversamente: lo scorso novembre, assistite da "Avvocati per niente" e appoggiate da Ledha, 17 famiglie di Milano hanno avviato e vinto la prima causa antidiscriminatoria collettiva in Italia. «La sentenza esecutiva era stata pronunciata in gennaio – racconta un genitore – ma il MIUR ha fatto ricorso sostenendo che i nostri figli non fossero stati discriminati. Quel ricorso il ministero l'ha perso ma le cattedre sono state attivate ad aprile, quando l'anno scolastico era ormai quasi finito. E il mio bambino, così come altri, quest'anno avrà ancora un'insegnante diversa».
Sicurezza, qualità e comfort degli edifici scolastici


Presentato il IX Rapporto di Cittadinanzattiva su “Sicurezza, qualità e comfort degli edifici scolastici”

Se c’è un luogo in cui sarebbe meglio che i nostri figli non entrassero sono le aule. Malmesse, degradate, e negli anni sempre più sovraffollate, le aule scolastiche sono da bocciare senza appello: i numerosi distacchi di intonaco (rilevati nel 18% delle classi), la presenza di altri segni di fatiscenza (30%), le finestre rotte (23%), l’assenza di tapparelle o persiane (56%), i pavimenti sconnessi (21%), banchi e sedie rotte (rispettivamente nel 13% e nel18% dei casi), la presenza di barriere architettoniche (9%), sono tra i principali elementi di pericolo. Il 28% degli edifici scolastici, inoltre, è del tutto fuorilegge, perchè privo delle certificazioni e dei requisiti di base previsti dalla legge sulla sicurezza (81/08, ex 626/96).

A dirlo il IX Rapporto “Sicurezza, qualità e comfort degli edifici scolastici”, presentato oggi a Roma da Cittadinanzattiva. Il Rapporto nasce dall’indagine su 88 scuole appartenenti a 13 Province di 12 Regioni: Piemonte, Lombardia, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.

A questi dati si aggiunge l’aumento del numero di studenti per aula che non fa che aggravare la situazione. Dal Rapporto emerge che le classi con più di 30 alunni sono 21 su un totale di 1234, ossia l’1,7%.


Il Ministero dell’Istruzione ha dichiarato che, quest’anno, il numero di classi oltre i parametri stabiliti è pari a circa lo 0,6% delle aule. In percentuale il dato non colpisce più di tanto, ma trasformato in valore assoluto su circa 370.000 aule quelle con più di 30 alunni ammonterebbero a 2.220, per un totale dunque di oltre 66mila studenti!

In tante scuole gli alunni sono stipati in aula come sardine, con effetti deleteri sulla vivibilità, sulla didattica ed anche sulla sicurezza. Come emerge da questa indagine, infatti, l’88% delle aule non ha porte antipanico e le scale di sicurezza risultano assenti, in tutto o in parte, nel 22% delle scuole a più piani. Ci preoccupa, dunque, quello che potrebbe accadere se da queste scuole fosse necessario uscire in fretta in caso di emergenza.

SENZA CERTIFICAZIONI, SENZA MANUTENZIONE: LA SICUREZZA NON ABITA A SCUOLA

Distacchi di intonaco, mancanza di certificazioni, scarsa manutenzione. Gli edifici scolastici sono in pessimo stato.

Partiamo dalle certificazioni: meno di 1 scuola su 2 fra quelle monitorate possiede il certificato di agibilità statica (41%). A rendere più grave la situazione il fatto che il 42% delle scuole del campione si trova in zona sismica e che lo stato della manutenzione lasci piuttosto a desiderare. La percentuale è quasi la stessa nel caso della certificazione igienico- sanitaria, presente solo nel 40% dei casi.

Il dato più grave è quello relativo alla certificazione di prevenzione incendi: ne è provvista soltanto poco più di una scuola su 4 (28%). Sulla base dei dati del Ministero, emerge che Calabria e Lazio sono i due fanalini di coda nel possesso delle certificazioni: nel Lazio solo il 25% delle scuole possiede il certificato di agibilità statica, il 16,7% quello di agibilità igienico-sanitaria, il 22,2% quello di prevenzione incendi. In Calabria ad essere in regola con la certificazione di agibilità statica è il 35,1% delle scuole; con la certificazione igienico-sanitaria il 33,9% e con quella di prevenzione incendi solo il 10,4%.

Ritornando ai dati del IX Rapporto di Cittadinanzattiva, in ben 17 scuole sono state rilevate lesioni strutturali. I distacchi di intonaco interessano invece principalmente corridoi ed ingressi (24%), aule e laboratori scientifici (18%), palestre e segreterie (17%), mense e sale professori (15%), bagni (13%), aule computer e biblioteche (5%).

L’indagine sottolinea, inoltre, il deficit di manutenzione (34% delle scuole) e la necessità di interventi manutentivi ordinari (89% dei casi) e di manutenzione straordinaria (31%). Questa situazione è determinata anche dall’età avanzata degli edifici scolastici: il 70% del nostro campione risale a prima del 1974. La percentuale nazionale supera il 50%.

La situazione si aggrava ulteriormente perché gli enti proprietari non riescono ad intervenire in tempi accettabili. I Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione intervistati hanno risposto che, in caso di richiesta di interventi urgenti, una volta su tre l’Ente proprietario non è mai intervenuto.
POCA TUTELA PER GLI ALUNNI DISABILI

L’insicurezza delle scuole si ripercuote sugli alunni disabili, come più volte hanno affermato ad alta voce le associazioni dei portatori di handicap.

Alcuni dati del IX Rapporto: su 29.128 studenti, 545 sono disabili. Il numero degli insegnanti di sostegno è pari a 270 su un totale di 3.248 docenti, con un rapporto tra alunni disabili ed insegnanti pari al 2,1 al Nord, 2,7 al Centro e 1,5 al Sud ed isole, sostanzialmente in linea con i dati del Ministero che, per il 2010, indicano un rapporto di 2,21 al Nord Ovest, 2,09 nel Nord Est, 2,23 al Centro, 1,79 al Sud e 1,76 nelle Isole.

Nel 13% delle scuole esaminate da Cittadinanzattiva, esistono barriere architettoniche che rendono impossibile lo spostamento dei disabili in vari luoghi dell’edificio: i cortili (17%), le palestre (15%), l’ingresso (13%), seguiti dai laboratori scientifici, le mense, le segreterie, le aule degli studenti ed i bagni, tutti con il 9%. Chiudono la classifica le aule computer (4%), la sala professori e la biblioteca con il 3%. Soltanto l’11% delle scuole dispone di un’apposita entrata priva di ostacoli. Gli edifici situati a piano terra sono l’8% dei casi; quelle che dispongono di ascensore sono il 61% ma nel 7% dei casi l’ascensore non è funzionante.

TAGLIO AI BILANCI? BAGNI SEMPRE PIÙ SPORCHI

La circolare emanata dal MIUR nel dicembre 2009 (n. 9537) continua a provocare grossi problemi sul pagamento delle supplenze, il regolare svolgimento degli esami, l’acquisto della cancelleria, e ha comportato anche una riduzione del 25% delle spese per personale addetto alle pulizie delle scuole.

Inoltre, il taglio del bilancio di ciascuna scuola incide in modo consistente sull’acquisto di prodotti come il sapone, gli asciugamani, la carta igienica che già prima della Circolare erano assenti in gran parte delle scuole.

Particolarmente deficitaria la situazione dei bagni, al vertice della hit degli ambienti più sporchi: nel 32% manca la carta igienica, nel 42% è assente il sapone, il 63% è sprovvisto di asciugamani.

LE PALESTRE, COSÌ POCHE, COSÌ MAL MESSE

Come ogni anno, registriamo dati negativi sul tema delle palestre. Ben 31 scuole sulle 88 monitorate, dunque il 35%, non dispone di una propria palestra.

Laddove presenti all’interno dell’edificio scolastico, le palestre rivelano condizioni di insicurezza e invivibilità: segni di fatiscenza (22%), mancanza della cassetta di pronto soccorso (sempre nel 22% dei casi), distacchi di intonaco (17%), attrezzature danneggiate o altre fonti di pericolo (16%).
Il 10% delle scuole è stato interessato da episodi di criminalità nei pressi dell’edificio, il 5% addirittura al proprio interno; l’8% da fenomeni di bullismo e il 39% da atti vandalici. Questi dati ci sono stati forniti dal Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione o dal Dirigente Scolastico e dunque immaginiamo che ben più elevato sarà il numero di episodi dovuti a comportamenti violenti di diversa gravità che si consumano spesso di nascosto o che vengono occultati e minimizzati.


Alcuni dati, correlati a questo, fanno riflettere: è vero che il 90% delle scuole monitorate adotta sistemi di vigilanza all’ingresso dell’edificio, ma oltre la metà (60%) non adotta lo strumento più semplice che è quello di chiudere i cancelli anche durante l’orario scolastico.

Il numero degli incidenti a scuola è in aumento rispetto allo scorso anno, come denunciano i dati INAIL: nel 2010 hanno coinvolto 98.429 studenti, (nel 2009 erano 92.060) e 14.735 insegnanti (nel 2009 erano 14.239).

Anche dal IX Rapporto di Cittadinanzattiva emergono dati allarmanti: i Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione di 55 scuole hanno segnalato 445 incidenti, di cui 396 accorsi a studenti. Tra le cause più importanti, in ordine di frequenza: le cadute durante le attività sportive, le cadute accidentali, malori improvvisi o legati a patologie, le cattive condizioni di arredi e mobili, le cattive condizioni degli infissi, l’uso improprio o scorretto delle attrezzature.

A proposito di incidenti, l’indagine rivela, tra l’altro, che le scuole non sempre sono attrezzate per rispondere alla prima emergenza: il 24% dei laboratori scientifici e il 22% delle palestre è sprovvisto delle elementari cassette di pronto soccorso.

OK LA PREVENZIONE, DA ESTENDERE ANCHE ALLE FAMIGLIE

É uno dei dati migliori del Rapporto 2011. Le prove di evacuazione vengono realizzate con regolarità nel 95% dei casi, un dato in costante aumento rispetto agli anni precedenti.

Le attività di prevenzione, tuttavia, vanno estese alle famiglie coinvolgendole nella conoscenza e nella formazione rispetto ai rischi (naturali e non) presenti sul proprio territorio. Infatti, dall’indagine risulta ancora assai limitato il coinvolgimento delle famiglie nei diversi percorsi riguardanti la sicurezza: solo nel 44% dei casi la scuola, per esempio, fornisce informazioni sulle procedure di sicurezza e di primo soccorso.

Per questo si è scelto di dedicare la IX Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole (25 novembre 2011) ai “Genitori a scuola di sicurezza”. Oltre alle attività di informazione e formazione sul tema della sicurezza, con la Giornata del prossimo 25 novembre si punterà a coinvolgere anche le famiglie.



COSA CHIEDIAMO: ANAGRAFE, REGOLAMENTO ATTUATIVO DELLA LEGGE, FONDI

Anagrafe subito. L’Anagrafe dell’edilizia scolastica va resa nota subito. Senza una completa e aggiornata mappatura dello stato degli edifici scolastici italiani, è impossibile passare dall’emergenza ad una vera programmazione degli interventi.

Regolamento attuativo della legge 81/08. Va rimesso mano ad un regolamento attuativo della legge 81/08, che prenda in considerazione quegli aspetti della legge che non tengono conto delle peculiarità degli ambienti scolastici, non considerabili alla stessa stregua degli altri ambienti lavorativi. In particolare, il regolamento attuativo dovrebbe indicare con chiarezza, competenze, obblighi, funzioni e responsabilità dei diversi soggetti coinvolti in materia di sicurezza scolastica; inserire l’obbligo, per l’ente/soggetto proprietario, di aggiornare in maniera costante i dati relativi alle condizioni strutturali e non degli edifici scolastici; individuare un referente degli studenti per la sicurezza; omologare gli studenti ai lavoratori non soltanto quando si fanno ”uso di laboratori, attrezzature di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici ivi comprese le apparecchiature fornite di video terminali”, al fine di garantirne adeguata tutela nel caso di incidenti a scuola.

Fondi. E’ urgente definire l’effettiva entità dei finanziamenti necessari per l’edilizia scolastica ed occorre dare organicità e stabilità nel tempo ai finanziamenti stessi attraverso un piano quinquennale basato, anzitutto ma non esclusivamente, sui fondi ordinari. Innazitutto vanno utilizzati quelli già disponibili (circa 420 milioni di euro dei Fondi FAS, circa 220 milioni di euro dei Fondi strutturali Europei).

Chiediamo inoltre, in nome della autonomia scolastica, l’affido dei fondi e delle funzioni legati alla manutenzione ordinaria, direttamente alle scuole. Crediamo, infine, che l’apertura ai soggetti privati, senza una deriva verso la vecchia proposta del Governo di creare una ‘Scuola Spa’, sia un terreno nuovo, sul quale occorre sperimentare, alla ricerca di soluzioni innovative.

Fonte: Cittadinanzattiva, 20/09/2011
Otto per mille alla scuola pubblica, governo battuto alla Camera



ROMA - Il Governo è stato battuto per 23 voti nell'aula della Camera su un ordine del giorno del Pd, che impegna il Governo a indicare la scuola pubblica come destinataria di una quota dell'8 per mille devoluto allo Stato. Il testo, su cui c'era parere contrario del governo, è passato con 247 sì e 223 no. La notizia ha registrato subito il plauso del sindacato scuola della Cgil e degli atei, mentre ha innescato una polemica tra esponenti del Governo e Lega da una parte e Udc dall'altra. L'ordine del giorno approvato impegna l'esecutivo a "modificare la legge" sull'8 per mille (222/85) "al fine di consentire ai cittadini di indicare esplicitamente la 'scuola pubblica' come destinataria di una quota fiscale dell'otto per mille da utilizzare d'intesa con enti locali per la sicurezza e l'adeguamento funzionale degli edifici e a pubblicare ogni anno un rapporto dettagliato circa l'erogazione delle risorse e lo stato degli interventi realizzati". Ed è proprio sulla definizione di "scuola pubblica" che si è innescata la polemica politica. Poco prima del voto, il governo si era più volte rimesso all'Aula per evitare di andare sotto. "Il governo non ha i numeri per sostenere le sue politiche o per contrastare le proposte dell'opposizione - ha subito dichiarato Antonino Russo, il deputato del Pd autore dell'ordine del giorno - la nostra proposta prevede non un aggravio di spesa ma la possibilità per i contribuenti italiani di poter indicare nell'8 per mille, attribuibile allo Stato, anche l'opzione della scuola pubblica e in particolare l'edilizia scolastica.




Ora ci auguriamo che il governo sia consequenziale e rispetti la volontà del Parlamento". "E' un primo, importante risultato" ha commentato a caldo Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil, spiegando che si tratta di "un primo importante passo perché ribalta le politiche dei tagli finora seguite da questo governo e riapre la strada, invece, alla necessità di investire nel settore della scuola". Esultano gli atei, che esprimono "apprezzamento per l'intento di introdurre una scelta più laica di quelle attualmente disponibili: atei e agnostici, al momento della dichiarazioni di redditi, possono soltanto scegliere tra alcune confessioni religiose e lo Stato, il quale poi storna gran parte dei fondi a sua disposizione a favore della Chiesa cattolica". Secondo il segretario dell'Uaar Raffaele Carcano, "questo rischio c'é anche scegliendo a favore della scuola pubblica, perché si tende, incongruamente, a considerare sotto tale definizione anche le scuole paritarie cattoliche".



La sconfitta dell'esecutivo è stata così spiegata dal sottosegretario Carlo Giovanardi: "il Governo non poteva accettare un ordine del giorno con il quale si chiede di inserire la ristrutturazione delle sole 'scuole pubbliche' utilizzando i fondi dell'8 per mille". Secondo Giovanardi, infatti, nell'attuale sistema di istruzione per scuole pubbliche si intendono solo quelle statali, oppure quelle regionali, provinciali e comunali, mentre "le scuole non statali private sono quelle gestite da privati laici o religiosi, comprese quelle paritarie". Insomma, le paritarie sarebbero esclude dal beneficio. Non è vero, replica il Pd, le scuole paritarie sono comprese. e la pensa così anche Rocco Buttiglione, dell'Udc (che ha votato a favore dell'odg): "a partire dalla riforma Berlinguer tutta la scuola è pubblica perché integrata nel sistema scolastico nazionale, sia quella di Stato sia quella paritaria". Ma la Lega punta il dito contro i centristi: "Oggi, per trenta denari, l'Udc ha venduto la scuola cattolica e paritaria con un provvedimento contrario ai principi di uguaglianza e sussidiarietà" hanno commentato i deputati Massimo Polledri, Paola Goisis e Gianluca Pini