lunedì 21 novembre 2011

ATLANTE DELL'INFANZIA A RISCHIO IN ITALIA
SERVIZI PER L'INFANZIA: BENE COMUNE
DIREZIONE DIDATTICA DI PAVONE CANAVESE
materiale sul dimensionamento scolastico
L'avventura della comprensività


Giancarlo Cavinato
Le persone non sono come le piante: una volta recise, non ricrescono. Così pure le esperienze umane significative. Per questo occorre fare estrema attenzione, nel progettare la nuova collocazione in un istituto comprensivo, a non disperdere quanto di positivo è stato fatto in entrambe o in tutte e tre le sedi coinvolte nel passaggio.

Occorre cura, pazienza, dialogo e ascolto reciproco.

Ognuno deve potersi ricollocare nella nuova situazione in rapporto agli altri e ad un contesto più ampio: va sviluppato il senso dell’interdipendenza, della reciprocità, senza rinchiudersi nel proprio recinto. La pedagogia istituzionale francese offre un apporto alla lettura delle aspettative, a ridefinire norme e procedure, ad osservare i processi.

L’apertura agli altri viene agita e dà i suoi frutti se tutti i soggetti si sentono co-protagonisti.
Ognuno deve potersi sentire accolto con le sue debolezze e i suoi punti di forza, deve poter maturare un senso di appartenenza non solo ad una classe, a un gruppo di alunni, a un ordine di scuola, ma leggere in prospettiva il percorso. E’ affascinante pensarsi come parti in causa di un processo che si avvia con i tre anni e prosegue fino ai quattordici. Lo sguardo si proietta oltre il proprio raggio d’azione, alla ricerca di quanto di continuativo e di evolutivo si possa garantire ai soggetti.
Ci sono delle buone domande che ci si possono porre insieme per costruire un linguaggio, uno sfondo istituzionale e narrativo, un terreno comune.

Ad esempio: cosa mi aspetto dagli altri? cosa si aspettano gli altri da me? come garantire un itinerario individuale e di gruppo che assicuri ad ognuno in prospettiva dignità di vita, empowerment, conoscenze valori e orientamenti nella realtà? come e quando riflettere insieme sul cammino che si sta percorrendo? come far conoscere e riconoscere il senso del percorso unitario che si va a delineare?

Il piano dell’offerta formativa, la progettualità, la valutazione, i laboratori, il rapporto con il territorio, la ricerca azione, la costituzione di una comunità di pratiche, la valorizzazione di tutti, vanno reimpostati adattandoli a tempi, ritmi, età, aggancio alle esperienze pregresse.

Serve individuare alcuni temi conduttori.
Ad esempio:
la scuola dell’infanzia è la sede preposta a stimolare, nell’incontro con gli altri e con le forme di rappresentazione dei vissuti, una fuoriuscita progressiva dall’egocentrismo, verso forme di dialogo, di reciprocità, di avvio al pensiero socializzato; ed è, sul piano delle competenze da formare, il luogo di una prima esplorazione di campi di esperienza, di impiego di linguaggi, di esplicitazione del senso soggettivo dell’esperienza;

la scuola primaria può stimolare forme di cooperazione, di co-costruzione di lessico, di regole di vita, di rispondenza agli altri delle proprie azioni; sul piano delle competenze, avvia a una strutturazione della realtà, e dei saperi codificati, per problemi e situazioni autentiche e per mappe di conoscenze via via più ampie;

la scuola secondaria di primo grado forma il senso di cittadinanza, di responsabilità, di impegno personale e collettivo; a tale scopo fornisce strumenti disciplinari via via più raffinati e analitici attingendoli ai corpus delle discipline codificate.
Leggere in questa prospettiva evolutiva il percorso consente ad ognuno di sapere come e dove intervenire; di attivare delle strategie orientative dei soggetti calibrate sulle fasce di età, sui problemi che possono emergere, di rivedere il percorso all’indietro recuperando le parti eventualmente mancanti e di proiettare le proprie proposte nel successivo tratto senza che ciò sia letto come intromissione o costrizione.
Chiedersi assieme cosa significhi a 4, a 5, a 8, a 12 anni ‘saper risolvere problemi’, cercare assieme quali sono le difficoltà e le carenze e gli eventuali rinforzi e aggiramenti per giungere a esiti soddisfacenti, è una forma di co-progettazione che solo in un istituto con insegnanti di ordini di scuola diversi è possibile.

A noi, nel futuro, saper sfruttare tali occasioni, cercando gli agganci, le consonanze e le necessarie integrazioni fra le diverse progettualità preesistenti negli istituti di provenienza. Non è facile, ma si può fare. Françoise Dolto, in ‘Il bambino e la città’ (Armando), ci ricorda che a partire dalla scuola dell’infanzia si possono instaurare atteggiamenti collaborativi che trovano, nell’età per noi centrale, fra i 9 e i 13 anni, la loro massima espansione come competenze di cittadinanza, forme di impegno e responsabilità, apprezzamento del senso del bene comune.

Perchè tale ‘miracolo’ avvenga c’è bisogno di una grande partecipazione delle famiglie e degli enti del territorio, di condivisione e lettura e riconoscimento dei processi, di valutazione sociale.

C’è bisogno di nuovi saperi disciplinari e transdisciplinari, di coinvolgimento di tecnici, operatori di diversi ambiti, di una diversa formazione degli stessi insegnanti: dall’urbanistica all’antropologia, dalla sociologia alla semiotica, dall’astrofisica alla narratologia, dall’estetica alla cibernetica,...

Qualcuno potrebbe gentilmente bussare alla porta dell’onorevole Gelmini e, con calma e pazienza, provare a spiegarle che, come le persone non sono fiori ecc., così le scuole non sono caserme, i docenti bravi non sono quelli di 60 anni fa, che i bambini e i ragazzi non sono come lo era lei quando aveva le treccine e andava a scuola con la baby sitter, che i dirigenti scolastici non sono manager alla Marchionne, che gli istituti comprensivi non nascono per decreto da una sommatoria o da una sottrazione, ma vanno pazientemente preparati con mesi- anni di confronto?

Se no, tutto quanto si è detto più sopra è un’enorme bufala e una pia illusione, e la trasformazione in istituti comprensivi con mille alunni peggiorerà ulteriormente un corpo scolastico già duramente provato

GIORNATA PER I DIRITTTI DELL'INFANZIA

FONTE: SAVE THE CHILDREN
POVERTA' INFANTILE IN ITALIA
Giornata Infanzia: peggiorano le condizioni di vita dei bambini in Italia, e i minori pagano il prezzo più alto della crisi. 1.876.000 vivono in povertà, il 18,6% in condizione di deprivazione materiale. Si allarga la forbice tra Sud e Centro Nord


Sono 10 milioni 229 mila i minori in Italia, pari al 16,9% del totale della popolazione: di essi 1.876.000 vivono in povertà e il 18,6% in condizione di deprivazione materiale. Un pianeta infanzia che in una Italia che invecchia si riduce sempre di più. Napoli, Caserta, Barletta-Andria-Trani sono infatti le uniche province “verdi” italiane in cui la percentuale dei giovani fino ai 15 anni rimane maggioritaria sugli over 65.

La crisi economica rischia di pesare soprattutto sui bambini e sugli adolescenti, in assenza di misure specifiche di tutela. Del resto, dal 2008 ad oggi, sono proprio le famiglie con minori ad aver pagato il prezzo più alto della grande recessione mondiale: negli ultimi anni la percentuale delle famiglie a basso reddito con 1 minore è aumentata dell’1,8%, e tre volte tanto (5,7%) quella di chi ha 2 o più figli. Questo rileva il secondo Atlante dell'Infanzia (a rischio), diffuso da Save the Children alla vigilia della Giornata dell'Infanzia: oltre 150 pagine e 80 mappe che restituiscono moltissime informazioni sulla condizione di bambini e adolescenti del nostro paese: dalle città e territori in cui vivono, alla povertà minorile, dagli spazi di verde e di gioco disponibili, all'inquinamento urbano, dalla dispersione scolastica alla spesa sociale e servizi per l'infanzia. Quest’anno l’Atlante, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dall’unità d’Italia, include anche un approfondimento sui quasi cento ragazzi garibaldini che parteciparono alla spedizione dei mille, un modo anche per confrontare la “giovane Italia” di allora con quella attuale.

“La qualità della vita dei nostri bambini e ragazzi è mediamente incomparabile con quella del secolo scorso”commenta Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia. “Tuttavia,se non è più la tubercolosi a uccidere, o la guerra, oggi i nostri minori fanno i conti con la povertà, la scarsità di servizi per l’infanzia, le città inquinate, stili di vita insani che conducono all’obesità. Problemi che l’attuale crisi economica rischia di amplificare se non c’è un’inversione di rotta immediata e si pone la tutela dell’infanzia e adolescenza come una priorità delle scelte politiche-economiche di un paese che finora ha sempre investito molto nelle pensioni e molto meno di quanto avviene altrove per aiutare i minori, i giovani e le famiglie con figli.”

La distribuzione della popolazione minorile: dalle città all’hinterland cittadino

Rispetto al 1861 – all’Italia appena unificata – il numero di minori si è mantenuto costante ma è nettamente cambiata la loro incidenza pari, allora, al 39% contro il 16,9% dell’attuale. Il risultato è che l’Italia è diventato il primo paese al mondo in cui gli anziani sono maggioranza e le città sono affollate di over 65 rispetto agli under 18, con le poche eccezioni delle province di Napoli, Caserta, Barletta-Andria-Trani (1). Al polo opposto, come città più vecchie, Trieste e Savona (2). La tendenza tuttavia emergente analizzando la distribuzione della popolazione minorile nei capoluoghi di provincia e nei principali comuni italiani, è il graduale esodo dei minori dai centri storici delle aree metropolitane verso le periferie o i comuni limitrofi, città satellite, hinterland di recente costituzione. E’ il caso di Giugliano in Campania cresciuta esponenzialmente e in gran parte abusivamente negli ultimi vent’anni ai margini di Napoli: qui un abitante su quattro - pari al 25,8% - ha meno di 18 anni, una quota assai maggiore di quella che si registra nel capoluogo limitrofo (21,2%). Ma il discorso vale anche per esempio per Monza e Milano (16,5% di minori contro 14,8%), Prato e Firenze, Modena e Bologna. Il fenomeno è in gran parte dovuto al disagio abitativo delle famiglie giovani con figli, sempre più esposte davanti a un mercato immobiliare bloccato, segnato dall’aumento fuori controllo del prezzo degli affitti, dalla mancanza di un deciso intervento pubblico nel settore abitativo, dalla rinuncia alla pianificazione del territorio. Il paradosso in questo caso è rappresentato dal fatto che un numero sempre maggiore di bambini e di adolescenti finisce per crescere in territori spesso caratterizzati da una riduzione degli standard (urbanistici, ambientali, sociali) e dalla mancanza di servizi per l’infanzia.



I minori di origine straniera

Un gruppo sempre più rilevante ma ancora non adeguatamente tutelato - rileva l’Atlante dell’Infanzia di Save the Children - è quello dei minori di origine straniera: quasi 1 milione di cui 572 mila sono bambini e ragazzi nati in Italia, le cosiddette seconde generazioni. L’Emilia Romagna la regione con la percentuale maggiore di nati da genitori stranieri (23%). Sono di fatto nuovi italiani, ai quali tuttavia una legge molto restrittiva riconosce la cittadinanza e il pieno riconoscimento dei diritti civili solo al compimento del diciottesimo anno (3). Ma è la gestione dell’universo minorile di origine straniera nel suo complesso a destare preoccupazione: un giacimento prezioso che costituisce, sotto vari aspetti, una delle categorie più esposte e meno tutelate. Basti pensare che 1 minore su 2 con il capo famiglia straniero vive oggi in famiglie a basso reddito (4) e che il tasso di bocciati nella scuola secondaria di secondo grado fra gli alunni con cittadinanza non italiana è circa il doppio di quello registrato fra gli studenti italiani



La povertà e la deprivazione fra i minori

In Italia – sottolinea la sezione dell’Atlante dedicata alle “isole dell’infanzia a rischio” - ben il 24,4% dei minori è a rischio povertà (5). E sono 1.876.000 i bambini e ragazzi in povertà relativa, cioè che vivono in famiglie che hanno una capacità di spesa per consumi sotto la media. Sono poi 653 mila i bambini e ragazzi in povertà assoluta (privi dei beni essenziali per il conseguimento di uno standard di vita minimamente accettabile). 2 minori su 3 in povertà relativa, e più di 1 minore su 2 in povertà assoluta, vivono nel Mezzogiorno. In particolare è la Sicilia ad avere la quota più elevata di minori poveri (il 44,2% dei minori), seguita dalla Campania (31,9%) e Basilicata (31,1%) mentre la Lombardia (7,3%), Emilia Romagna (7,5%) e Veneto (8,6%) sono le regioni con la percentuale inferiore di minori in povertà relativa. Per quanto riguarda i bambini in povertà assoluta anch’essi si concentrano nel Sud Italia dove rappresentano il 9,3% di tutta la popolazione minorile. Inoltre il 18,6% di minori italiani versa in condizione di deprivazione materiale (6): nel Nord Est ben il 7% delle famiglie con minori dichiara di aver difficoltà a fare un pasto adeguato almeno ogni 2 giorni e al Sud il 14,7% di famiglie con minori non ha avuto soldi per cure mediche almeno una volta negli ultimi 12 mesi (7).



Città non a misura di bambini

Le città italiane sono sempre meno a misura di bambino. Il tasso di motorizzazione è altissimo dappertutto e fa segnare una media di 3/4 macchine ogni minorenne: a Roma si contano circa 450 mila minori e 1 milione 890 mila macchine, per un tasso di 4,2 macchine per bambino. In cima alla classifica delle città con il tasso di motorizzazione più alto, Aosta (13,5), Cagliari (5,4), Ferrara (5,1), l’Aquila (4,8)

Inoltre procede senza sosta la cementificazione e impermealizzazione del territorio: si stima che ogni giorno venga cementificata una superficie di circa 130 ettari. In testa alla classifica per cementificazione i comuni di Roma e Venezia, seguite da Napoli e Milano (dove la superficie edificata ha già inglobato i due terzi del territorio comunale).

E rilevante in molte città italiane è l’inquinamento dell’aria: Ancona (140 giornate), Torino (131) e Siracusa (116) spiccano per il maggior numero di giorni di superamento del valore limite di particolato (PM10), polveri sospese nell'aria che penetrano nelle vie respiratorie causando problemi cardio-polmonari e asma. Matera e Nuoro invece le più virtuose con 1 solo giorno di sforamento del limite.

E varia è la disponibilità di luoghi – giardini pubblici, campi, prati, strade - dove i bambini possano giocare: nel Nord e al Centro più di 2 bambini su 3 giocano nei giardini pubblici. Al Sud, dove l’offerta di verde attrezzato è sensibilmente ridotta, la fruizione dei giardini pubblici scende al 16% e una quota maggiore di bambini gioca sulla strada (il 12,2%). Da segnalare il “caso” Campania dove appena 1 bambino su 100 gioca nei prati (in Veneto il 20%) e meno di 3 ogni 100 sulle strade.

Accanto a questi luoghi deputati naturalmente allo svago e al divertimento, aumenta la frequenza da parte dei ragazzi fra gli 11 e i 17 anni dei centri commerciali: 1 ragazzo su 5 dichiara di andarvi almeno una volta a settimana.



In aumento l’obesità infantile

L’Atlante si sofferma anche sulle condizioni di salute e sugli stili di vita dei minori italiani rilevando come - grazie a un’alimentazione abbondante e a stili di vita diversi - rachitismo e gracilità siano problemi ormai relegati ai libri di storia ma, in compenso, ha fatto la sua comparsa l’obesità: si stimano in 1 milione e 100.000 i bambini sovrappeso, di cui quasi 400 mila obesi. In base a una ricerca di CCM-Istituto Superiore di Sanità del 2010, è la Campania la regione con la più alta percentuale di bambini obesi (20,6% nella fascia di età della terza elementare), seguita da Calabria (15,4%) e Puglia (13,6%) a fronte del 9,2% della media nazionale.



La dispersione scolastica

E un altro indicatore importante della condizione dell’infanzia nel nostro paese è quello relativo alla frequenza e dispersione scolastica. Colpisce, a riguardo, il dato relativo ai cosiddetti early school leavers, giovani tra i 16 e i 24 anni che hanno conseguito soltanto l’attestato di scuola secondaria di I grado e che non prendono parte ad alcuna attività di formazione: si stima che siano 1 milione. In termini percentuali si va dal 12,1% del Friuli Venezia Giulia alla percentuale più alta della Sicilia (26%), seguita da Sardegna (23,9%), Puglia (23,4%), Campania (23%) e da alcune regioni del Nord come la Provincia di Bolzano (22,5%) e la Valle D’Aosta (21,2%).

E tra i fenomeni di dispersione si segnala la fuoriuscita dal percorso scolastico degli iscritti al primo anno delle scuole secondarie di II grado (licei, tecnici, professionali, eccetera): il 12,3%, più di 1 su 10 degli studenti, interrompe la frequenza e non si iscrive all’anno successivo. I territori in cui il rapporto tra esclusione sociale e fallimento formativo emerge in maniera più drammatica sembrano essere quelli delle aree metropolitane del Sud: le zone di Napoli, Caserta, Palermo, Bari, Taranto, Cagliari, Reggio Calabria, Catania registrano abbandono scolastico in età molto precoce e percentuali di mancata iscrizione e marcata dispersione molto elevate negli istituti professionali e tecnici. Da questo punto di vista, la scuola italiana non appare in grado da sola di promuovere la mobilità sociale e l’emancipazione dei ragazzi appartenenti alle fasce più deboli della popolazione



Risorse e servizi per l’infanzia - per esempio asili nido - tra tagli e differenze territoriali

“Il quadro dell’infanzia che emerge dall’Atlante e dalle sue numerose mappe, non può non preoccuparci soprattutto laddove si vanno ad analizzare le risorse e le misure messe in campo a tutti i livelli in favore dei bambini e degli adolescenti presenti sul suolo italiano”, prosegue il Direttore Generale Save the Children Italia.

Per quanto riguarda per esempio i finanziamenti e le risorse economiche il futuro non appare confortante: L’analisi territoriale degli interventi e delle risorse poste in essere dalle amministrazioni pubbliche, nazionali, regionali e comunali, rivela un vero e proprio puzzle, un quadro di interventi frammentato e lacunoso, segnato dalla totale di assenza di indirizzi e pratiche comuni, destinato a peggiorare drammaticamente in un prossimo futuro se si considera, ad esempio, che il Fondo sociale nazionale pari a 1 miliardo di euro nel 2007 sarà ridotto a 45 milioni nel 2013. Rispetto poi ai servizi, posti in essere, emergono grandi differenze da regione a regione. Basta guardare per esempio agli asili nido: in cima alla classifica l’ Emilia Romagna dei cui nidi usufruiscono il 29,5% dei bimbi tra 0 e 2 anni, l’Umbria (27,7%), Valle D’Aosta (25,4%) a cui fanno da contraltare la Campania – in fondo alla lista con il 2,7% dei bambini presi in carico dai nidi pubblici, o la Calabria, con il 3,5%.



“L’Italia della spesa e dei servizi per l’infanzia colpisce per le differenze fra regione e regione e anche i tanti sprechi e inefficienze. Un dato per tutti è quello dei fondi europei che rischiamo di rimandare indietro a Bruxelles. Con un calcolo un po’ grossolano, abbiamo stimato che basterebbe il 7% dei 29 miliardi di euro ancora non impegnati per creare 100.000 nuovi posti in asilo nido o strutture educative per l’infanzia nel Sud”, commenta ancora Valerio Neri. “In questo quadro la crisi economica non può essere addotta come giustificazione ma anzi deve essere un incentivo a investire sull’infanzia una volta per tutte se vogliamo che oltre la crisi ci sia un futuro per il nostro paese, cioè per le giovani generazioni. Questo significa una serie di misure e provvedimenti urgenti e fondamentali.



Quella che registriamo è piuttosto una rimozione della questione infanzia e adolescenza in Italia. A dimostrazione il fatto che non abbiamo allo stato alcun provvedimento organico in atto per fare fronte alla questione della povertà minorile, per combattere la dispersione scolastica, per un intervento forte a favore dei minori che crescono al Sud, per costruire una rete nazionale di servizi per la prima infanzia. C’è, è vero, un nuovo Piano infanzia varato nel 2010, con contenuti importanti. Ma è solo sulla carta: privo com’è di risorse finanziarie, di obiettivi di avanzamento e di sistemi di monitoraggio. Un’ulteriore questione”, prosegue Neri, “è la mancanza di dati e conoscenze aggiornate su una serie di problematiche rilevanti relative all’infanzia in Italia, come per esempio l’abuso, le violenze”. Temi che vengono in rilievo da una delle mappe dell’Atlante realizzata in collaborazione con l’Ansa che riporta le parole/notizie più ricorrenti nei notiziari dell’agenzia con riferimento all’infanzia e ai minori.

“L’Italia è ricca di esperienze di eccellenza per la promozione dei diritti dei minori”, commenta Raffaela Milano, Responsabile Programmi Italia-Europa Save the Children. “Oggi queste esperienze vivono una condizione di estrema difficoltà e solitudine, dal momento che la questione infanzia è sostanzialmente scomparsa dall’agenda istituzionale. Il compito di Save the Children, con il suo programma Italia, è dare voce anche a questa Italia, valorizzando e mettendo in rete queste competenze che rappresentano un patrimonio che l’Italia non può lasciare morire. L’Atlante sarà la nostra agenda di lavoro”.
http://risorse.savethechildren.it/files/comunicazione/Ufficio%20Stampa/SAVE%20-%20AtlanteInfanziaNov11BDopPag.pdf
 
http://risorse.savethechildren.it/files/comunicazione/Ufficio%20Stampa/Mappe%20per%20media%20e%20cover.zip

sabato 5 novembre 2011

Classi-pollaio, ultimatum del Tar


FONTE: REPUBBLICA.IT
"Il ministero presenti il piano"Un'ordinanza del Tribunale, che ha accolto il ricorso del Codacons, intima a viale Trastevere di consegnare entro dieci giorni il progetto di riqualificazione dell'edilizia scolastica. Se il termine non sarà rispettato, scatterà la sanzione

di SALVO INTRAVAIA
Sulle classi-pollaio la Gelmini rischia di essere commissariata. E non sarebbe la prima volta: accadde anche con le graduatorie ad esaurimento e il governo, successivamente, fu costretto ad adeguarsi. Questa volta, è il Codacons a mettere alle strette il ministro dell'Istruzione. Se entro dieci giorni non farà pervenire al Tar Lazio il Piano di riqualificazione dell'edilizia scolastica, il giudice amministrativo, quasi certamente, farà scattare la sanzione che colpisce le amministrazioni pubbliche che non hanno dato seguito ad una sentenza dei giudici.
Linee guida dei pediatri per una scuola a misura di bambino
FONTE: UNACREPAINCOMUNE
La Regione Abruzzo in occasione del Piano Straordinario per la messa in sicurezza delle scuole, ha chiesto alla Sip - Società Italiana di Pediatria, di redigere un documento contenente indicazioni per ricostruire gli edifici scolastici colpiti dal sisma del 2009.
Le linee guida sono state redatte integrando la normativa esistente con i più recenti studi scientifici che hanno messo in luce l’impatto prodotto dalle sollecitazioni ambientali - luce, colori, rumori, qualità dell’aria, non solo sulla salute, ma anche sul benessere psicologico. Studi questi, di cui gran parte dell’edilizia scolastica non tiene ancora conto, considerato che il 54% degli edifici è stato costruito tra il 1900 e il 1965 e che spesso si tratta di edifici nati con altre finalità.

ECCO LE LINEE GUIDA SIP PER LA SCUOLA A MISURA DI BAMBINO

CONTESTO URBANO

Gli edifici scolastici devono essere raggiungibili con mezzi pubblici, in bicicletta o a piedi in condizioni di massima sicurezza, possibilmente senza attraversamenti di linee di traffico, tranviario e ferroviario. Le scuole non dovrebbero essere situate inoltre nelle adiacenze di arterie cittadine a grande scorrimento, ferrovie, aeroporti a traffico intenso.
INQUINAMENTO

Necessaria una distanza di sicurezza da linee dell’alta e media tensione, cabine di trasformazione e sottostazioni elettriche o da industrie dalle quali possono provenire esalazioni nocive. Va anche misurata la concentrazione di radon, al fine di prevedere adeguate misure di minimizzazione in relazione ai livelli di intensità.

AREE VERDI

Ogni scuola, ma soprattutto quelle dell’infanzia, dovrebbe avere uno spazio esterno recintato ad uso esclusivo dei bambini. Gli spazi all’aperto devono costituire una grossa risorsa per l’insegnamento, l’osservazione, la creatività e la socializzazione del bambino, attraverso un vero e proprio “progetto verde” arricchito da piante autoctone, officinali e aromatiche. Da evitare invece alcune piante potenzialmente pericolose, come biancospino, oleandro, camelia.

COLORI E PARETI

Se l’ambiente è spento nel colore e disadorno, grigio, determina sentimenti di indifferenza, estraneità e disagio. Un uso corretto dei colori favorisce benessere e armonia. Alle materne e alle elementari meglio usare salmone chiaro, giallo tenue e caldo, giallo arancione pallido e color pesca per ridurre nervosismo e ansia; beige, verde chiaro, verde pallido e verde-azzurro alle medie e superiori per aumentare la concentrazione. La parete dietro la cattedra deve essere di un colore diverso dalle altre per attirare lo sguardo sul docente.

AMPIEZZA DEGLI SPAZI

Mentre divampa la polemica sulle cosiddette “classi pollaio” il documento suggerisce gli spazi adeguati per le necessità dei bambini: l’ampiezza minima per alunno (che comprende tutti gli spazi a sua disposizione nella scuola) è di 25 mq per la scuola materna, compresa tra 18,33 e 22,71 per la scuola elementare, tra 27 e 21 per la media. Per le dimensioni delle aule viene suggerito il parametro di 1,80 mq per alunno.

ARCHITETTURA E ARREDO

No a lunghi corridoi con tutte le classi affacciate su un lato, meglio spazi interconnessi. No a sedie e banchi riciclati o spaiati, perché altezze e grandezze scoordinate provocano scoliosi e disattenzione. Sì invece a materiali ecocompatibili. Gli spazi per l’insegnamento specializzato (laboratori musicali, linguistici ecc) devono essere previsti a parte e organizzati per accogliere le attrezzature e gli arredi necessari per ogni attività.

ECO-SCUOLA

In ogni classe devono essere presenti contenitori per la raccolta differenziata per educare i cittadini di domani. All’interno della scuola deve essere promosso il risparmio idrico, mediante monitoraggio dei consumi e strumenti come miscelatori e interruttori automatici. Per ridurre l’impatto dei rumori servono pareti e pavimenti in materiali fonoassorbenti, alle finestre doppi vetri. Vanno sempre valutate le possibilità di utilizzo di energia alternativa.

TEMPERATURA

Devono essere adottate soluzioni e impianti di riscaldamento/condizionamento che consentano di mantenere la temperatura tra i 18-20 gradi in inverno con umidità del 30-50% e 20-22 gradi in estate, con umidità del 30-60%, evitando fenomeni di condensa e muffa

DOCUMENTO COMPLETO

DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO: PROVINCIA MACERATA




DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO: RECANATI