mercoledì 21 marzo 2012



Anche a Fano arriva l'Urlo della scuola
Domani, mercoledì 21 marzo, si terrà a Fano un volantinaggio davanti alle scuole di ogni ordine e grado, organizzato da studenti, genitori, docenti e semplici cittadini, per promuovere anche nella nostra città l'iniziativa nazionale del 23 marzo "l'Urlo della Scuola – per una nuova primavera dell'istruzione pubblica", una giornata di mobilitazione generale affinché ci si accorga della condizione di estremo disagio in cui versa l'istruzione pubblica.
Un gesto semplice per un obiettivo semplice: catturare l'attenzione della politica, dell'economia e di ogni cittadino/a per dire loro che la scuola statale è un bene comune.

La giornata è organizzata per richiamare l'attenzione sullo stato di estremo abbandono, disattenzione e impoverimento in cui versa l'istruzione pubblica: la scuola dell'obbligo costretta a finanziarsi attraverso le famiglie in una sorta di privatizzazione strisciante incostituzionale, il personale insegnante e amministrativo ridotti all'osso, un'offerta formativa e un tempo scuola ogni anno più modesti.
L'intenzione è quella di raccogliere le forze più sensibili ai temi dell'istruzione pubblica, per discutere come lanciare una grande campagna per la difesa e il rinnovamento della scuola statale di tutte e tutti, così che possa domani essere ed apparire una scuola all'avanguardia, laica, libera, solidale, come la scuola immaginata dagli articoli 3, 33, 34 della nostra Costituzione.

L'appuntamento a Fano è per venerdì 23 marzo alle ore 18:00 in Piazza Amiani per unire la nostra voce all'urlo forte e appassionato di migliaia di scuole in tutto il Paese.

Perchè nella scuola pubblica è la radice della democrazia, dell'uguaglianza, della giustizia sociale.
Perché la scuola pubblica è un Bene Comune, come l'acqua, l'ambiente, la salute.
Perchè nella scuola di tutti è il futuro delle nuove generazioni e il senso della nostra civiltà.

Un Urlo gentile ma determinato dal mondo dell'Istruzione Pubblica per dire semplicemente ASCOLTATECI perbacco!

Promotori dell'iniziativa del 23 a Fano: Comitato Scuola Bene Comune, Comitato genitori e insegnanti per la difesa della scuola pubblica, la RSM Pesaro e Urbino, il Collettivo Spazio Bianco, la Rete Precari Scuola Marche,...

domenica 18 marzo 2012

Scuola, insegnante di sostegno solo per i bimbi dichiarati dall'Inps invalidi
      
insegnante di sostegnoE' stato stabilita da parte del Miur una nuova modalità volta a certificare ed attestare la disabilità di un alunno ed ottenere l'assegnazione di un'insegnante di sostegno.

I bambini verranno posti nella categoria «invalidi» e questa nuova modalità troverà applicazione per le nuove richieste e per i passaggi da un grado di scuola all'altro. La dirigente scolastica dell'Istituto comprensivo Tommaseo e coordinatrice dei dirigenti Uil, Lorenza Patriarca, ha affermato: «È un risparmio immediato, certo, ma che ben presto si sentirà con conseguenze tristi. Dirigenti e insegnanti hanno accolto le novità con incredulità. La scuola ha sempre parlato di diversa abilità, di certificazione come fase di passaggio verso una vita adeguata alle differenti potenzialità in una visione dinamica del percorso del bambino». Il ragionamento è culturale, ma con riflessi pratici sulla vita dei futuri cittadini. «Un bambino aiutato crescerà meglio. Ma con queste norme, molte famiglie di bambini con difficoltà più leggere rinunceranno alla certificazione per non marchiare il figlio come invalido civile. Così i ritardi leggeri, i problemi relazionali, i disturbi specifici dell’apprendimento, che con il sostegno potrebbero più facilmente essere recuperati, avranno un danno. Anche perché nella scuola non c’è più modo di andare incontro a queste difficoltà: le compresenze nella primaria sono rare, alle medie sono scomparse».

Ecco cosa è cambiato: «In passato bastava la certificazione dell’Asl, ora è necessaria l’integrazione della commissione con il medico Inps. La legge prevede un primo passaggio dal medico di base che, se riconosce la necessità, invia per via telematica la richiesta di visita. E qui ci è stato segnalato un primo problema, che abbiamo sottoposto alla Regione: ci sono medici di base – e le norme lo consentono – che chiedono 60 euro».
Una volta giunto a casa, il genitore avrà l'onere di confermare, tramite l'invio di un'altra richiesta: «Se non è in grado, e molti non lo sono, dovrà farsi assistere da un patronato. Solo quando ricevere anche la seconda richiesta l’Inps fissa la visita. Purtroppo, possono passare mesi. Il rischio è che i tempi non coincidano assolutamente con quelli della programmazione della scuola. Per questo dall’Ufficio Scolastico Regionale e dagli Uffici Territoriali c’è massima attenzione. A Torino abbiamo già fatto incontri con le 5 Asl e anche a livello regionale si cercano soluzioni».
sito www.scuolaecostituzione.it

L'8 per mille per le scuole
Apprendiamo che in questi giorni alla Camera è stato approvato un o.d.g. proposto dal PD riguardo la ripartizione della quota dell'8 per mille dell'IRPEF destinata allo Stato. L'0.d.g., già anticipato alcuni mesi fa, chiede la modifica della legge 222 del 1985 sull'8 per mille per consentire ai contribuenti di "indicare esplicitamente la scuola pubblica come destinataria di una quota fiscale dell'8 per mille...."per la sicurezza e l'adeguamento funzionale degli edifici scolastici".

Ribadiamo il nostro dissenso.

La legge citata riguarda la devoluzione dell'8 per mille dell'IRPEF, originariamente a favore della Chiesa cattolica, in seguito rivendicata anche da altre confessioni religiose, e allo Stato per determinate finalità. Per quanto riguarda lo Stato, è improprio parlare di "devoluzione", in quanto lo Stato è il "destinatario naturale" dell'intero gettito dell'imposta sul reddito... comunque, chi non sceglie di devolvere quella quota alla Chiesa o agli altri soggetti titolati, l'affida al governo al quale la legge citata attribuisce la facoltà di utilizzarla "fuori bilancio" per scopi umanitari, assistenziali ,culturali...

Si tratta di un provvedimento nato in coda al Nuovo Concordato per garantire alla Chiesa un sostentamento del clero non più previsto dal Nuovo Concordato. Ne è derivata una normativa - come è noto- del tutto truffaldina in quanto la ripartizione delle quote di coloro che nulla hanno espresso avviene sulla base del maggior numero di scelte espresse (quelle a favore della Chiesa cattolica, vista la grande pubblicità messa in atto) anziché "restare" al naturale destinatario delle imposte, lo Stato.

Basta questa procedura per far sì che un partito democratico e laico, come il PD afferma di essere, prenda le distanze da una simile legge di cui andrebbe piuttosto chiesta l'abrogazione! Ma ancor più grave è chiedere di affidare ad una simile legge interventi relativi all'istituzione scolastica, funzione precipua e indelegabile della Repubblica.

La scuola dello Stato ( e non solo "pubblica" come recita l'o.d.g. comprendendo in questa dicitura anche le scuole private-paritarie i cui edifici da mettere in sicurezza riguardano i proprietari privati e non lo Stato!), la scuola dello Stato -ribadiamo- è non un servizio, ma funzione precipua dello Stato e i fondi per metterla in sicurezza devono essere strutturali , non certo affidati al gettito capriccioso di quote variabili, soggette alla libera scelta dei contribuenti.

mercoledì 14 marzo 2012

martedì 13 marzo 2012

 
COMUNICATO STAMPA.


Il Comitato per la Promozione e Difesa della Scuola Pubblica di Recanati organizza una serie di tre conferenze sulla valutazione nella scuola.
A partire da un’analisi dei processi d’apprendimento (a cura di Paola Nicolini, il 23 marzo)  si procederà ad approfondire modi e finalità della valutazione scolastica ( a cura di Bianca Maria Ventura, il 13 aprile), per concludere l’excursus sulle prove INVALSI e le valutazioni di sistema (a cura di Norma Stramucci, il 19 aprile).
La questione della valutazione ha visto di recente una svolta legislativa molto importante che ha portato al recupero di modelli propri di qualche decennio fa (il voto espresso in numeri, centralità del voto di condotta). Inoltre le prove INVALSI si sono affacciate in ogni ordine di scuola, qualche volta turbando i sogni di studenti, docenti e dirigenti non risultando sempre chiaro quale sarà l’uso dei dati acquisiti e quale la finalità della valutazione di sistema.
Gli incontri serviranno a chiarire e discutere questi ed altri aspetti, in uno dei settori più caldi e strategici della infinita riforma della scuola italiana.


Recanati, 16.03.2012

Comitato per la Promozione e Difesa della Scuola Pubblica



INIZIATIVA A RECANATI SULLA VALUTAZIONE

domenica 11 marzo 2012

FONTE: COORD. GENITORI INSEGNANTI DON ORIONE
vinto il ricorso legale collettivo per le ore di sostegno agli alunni diversamente abili



Lo scorso 5 marzo 2012 il TAR del Lazio ha depositato la [sentenza n. 1176] con la quale ha riconosciuto il diritto al rapporto 1 alunno diversamente abile / 1 insegnante di sostegno.

Il ricorso è stato promosso e organizzato dal Coordinamento Scuole Elementari di Roma. Vi hanno partecipato 13 famiglie ai cui figli, frequentanti la scuola dell'infanzia (ex materna) o la scuola primaria (ex elementare), non era stato assegnato dal Ministero dell’Istruzione il numero delle ore di sostegno di cui avrebbero avuto diritto secondo la Diagnosi Funzionale redatta dalle ASL.
Questo ricorso è di fondamentale importanza poiché è il primo ricorso collettivo che viene effettuato e vinto presso il TAR del Lazio.
L’esito positivo non riguarda solamente le 13 famiglie ricorrenti, ma assume una valenza sociale e di civiltà del Paese in linea con i principi di uguaglianza sanciti dalla nostra Costituzione.
Infatti, il riconoscimento di un numero adeguato delle ore di sostegno, secondo la diagnosi funzionale, al fine di garantire il diritto all’istruzione per gli alunni diversamente abili, viene nella stragrande maggioranza dei casi disatteso dal Ministero dell’Istruzione che come noto, fa cassa anche sulla pelle dei nostri figli disabili [per leggere i numerosi post dedicati dal ns blog all’argomento clicca qui].


Il sito del Coordinamento Scuole Elementari di Roma: [clicca qui]
l'urlo della scuola: iniziative a pesaro, fano e recanati.

domenica 4 marzo 2012

FONTE: COORD. GENITORI ED INSEGNANTI IC DON ORIONE

chi assiste a scuola i ragazzi disabili (di franco buccino)


La scuola ha chiamato la nonna di Luca, un ragazzo disabile, perché il nipote se l’è fatta addosso. La signora si precipita a scuola con l’occorrente, anche se salviette e ricambio stanno sempre nella cartella del nipote. Lo pulisce e lo cambia sotto gli occhi dell’assistente materiale, che sta lì in piedi, a braccia conserte, con uno sguardo tra severo e accigliato. L’assistente si rivolge alla signora facendole notare che è quasi mezzogiorno e le chiede se si porta via il nipote. E no - sbotta la nonna - c’è ancora un’ora e mezza di scuola; vengo a prenderlo alla fine delle lezioni. Mentre va via, già si pente per quello scatto. Sia chiaro, la signora ha energia e risorse per mettere in riga assistente materiale, insegnanti e preside. Teme per suo nipote. Non che lo maltrattino, ma che lo prendano in antipatia. A pensare, dice, che il mattino il papà lo obbliga a stare seduto sul water anche per un’ora. Proprio per evitare quell’inconveniente e soprattutto l’umiliazione al figlio. Insomma, tornando battagliera, chiede quali siano i compiti dell’assistente materiale. Una bella domanda. Che però dovrebbe essere preceduta da un’altra. Qual è il diritto allo studio dei ragazzi diversamente abili nel nostro paese.



Per principio occorre parlar bene della scuola pubblica, compresi quanti in essa lavorano, perché da anni è troppo maltrattata dai governanti, perché molti scaricano su di essa le proprie responsabilità e perché gli operatori fanno spesso più del loro dovere. Ma in situazioni come questa, una scuola diventa indifendibile: e con essa il dirigente, gli insegnanti, i bidelli e l’assistente materiale. Ci sono scuole, neanche poi in numero così insignificante, per le quali l’handicappato è merce preziosa quando si formano le classi, le cattedre e i posti, ma poi diventa un peso, un fastidio, perfino un elemento negativo per “l’appetibilità” sul territorio. Per avere più ore di sostegno alcune scuole sono pronte a fare carte false, salvo poi ad affidare agli insegnanti di sostegno i disabili perché li portino in qualche auletta o in giro per la scuola, purché fuori dalla classe. Gli insegnanti di sostegno, in gran numero precari, sono in genere preparati e formati, soprattutto da questa relazione speciale con i disabili e il loro mondo; ma purtroppo l’Amministrazione scolastica tenta di inquinare tale categoria con le riconversioni coatte di insegnanti in esubero, allettandoli con poche ore di corso e la prospettiva di una sede più stabile e vicino casa.

All’inizio delle lezioni, se non c’è l’assistente materiale, per i ragazzi più gravi neanche comincia l’anno scolastico. Manifestazioni e scioperi delle cooperative, con il sostegno di genitori e insegnanti, in genere portano alla stipula della convenzione. Poi, spesso, escono tutte le contraddizioni. Le persone, a volte, non sono tagliate per quel compito dell’assistenza materiale. Persone che si sono messe per sbarcare il lunario, ma poi ritengono umiliante quell’attività; più spesso persone “sprecate” in quella mansione. Magari hanno diplomi e lauree; si sono inseriti nella cooperativa per fare, che so, i sociologi o gli psicologi. Hanno un occhio rivolto alle aziende partecipate del comune che di tanto in tanto, miracolosamente, assorbono e stabilizzano qualcuno. S’interessano dei ragazzi diversamente abili loro affidati, ma sono negati per la mera assistenza materiale. In entrambi i casi, e non sono rari, il problema ritorna ai familiari dei disabili. I quali, come la stragrande maggioranza dei genitori, anche i più agguerriti e rivoluzionari, diventano moderati e prudenti nei contati con la scuola dei loro figli. Loro magari con qualche ragione in più.

Sull’integrazione dei ragazzi disabili la scuola si gioca la sua reputazione, e l’intero paese il grado di civiltà. Se pure, per assurdo, si dovessero fare altri tagli nell’istruzione, chiediamo di lasciare in pace i ragazzi disabili. E le scuole, nella programmazione e organizzazione delle loro attività, li tengano in grande considerazione. Parafrasando il celebre Quintiliano, potremmo dire: ”Si deve ai fanciulli disabili il massimo rispetto”. E magari anche alle loro nonne.

La scuola ha chiamato la nonna di Luca, un ragazzo disabile, perché il nipote se l’è fatta addosso. La signora si precipita a scuola con l’occorrente, anche se salviette e ricambio stanno sempre nella cartella del nipote. Lo pulisce e lo cambia sotto gli occhi dell’assistente materiale, che sta lì in piedi, a braccia conserte, con uno sguardo tra severo e accigliato. L’assistente si rivolge alla signora facendole notare che è quasi mezzogiorno e le chiede se si porta via il nipote. E no - sbotta la nonna - c’è ancora un’ora e mezza di scuola; vengo a prenderlo alla fine delle lezioni. Mentre va via, già si pente per quello scatto. Sia chiaro, la signora ha energia e risorse per mettere in riga assistente materiale, insegnanti e preside. Teme per suo nipote. Non che lo maltrattino, ma che lo prendano in antipatia. A pensare, dice, che il mattino il papà lo obbliga a stare seduto sul water anche per un’ora. Proprio per evitare quell’inconveniente e soprattutto l’umiliazione al figlio. Insomma, tornando battagliera, chiede quali siano i compiti dell’assistente materiale. Una bella domanda. Che però dovrebbe essere preceduta da un’altra. Qual è il diritto allo studio dei ragazzi diversamente abili nel nostro paese.

Per principio occorre parlar bene della scuola pubblica, compresi quanti in essa lavorano, perché da anni è troppo maltrattata dai governanti, perché molti scaricano su di essa le proprie responsabilità e perché gli operatori fanno spesso più del loro dovere. Ma in situazioni come questa, una scuola diventa indifendibile: e con essa il dirigente, gli insegnanti, i bidelli e l’assistente materiale. Ci sono scuole, neanche poi in numero così insignificante, per le quali l’handicappato è merce preziosa quando si formano le classi, le cattedre e i posti, ma poi diventa un peso, un fastidio, perfino un elemento negativo per “l’appetibilità” sul territorio. Per avere più ore di sostegno alcune scuole sono pronte a fare carte false, salvo poi ad affidare agli insegnanti di sostegno i disabili perché li portino in qualche auletta o in giro per la scuola, purché fuori dalla classe. Gli insegnanti di sostegno, in gran numero precari, sono in genere preparati e formati, soprattutto da questa relazione speciale con i disabili e il loro mondo; ma purtroppo l’Amministrazione scolastica tenta di inquinare tale categoria con le riconversioni coatte di insegnanti in esubero, allettandoli con poche ore di corso e la prospettiva di una sede più stabile e vicino casa.

All’inizio delle lezioni, se non c’è l’assistente materiale, per i ragazzi più gravi neanche comincia l’anno scolastico. Manifestazioni e scioperi delle cooperative, con il sostegno di genitori e insegnanti, in genere portano alla stipula della convenzione. Poi, spesso, escono tutte le contraddizioni. Le persone, a volte, non sono tagliate per quel compito dell’assistenza materiale. Persone che si sono messe per sbarcare il lunario, ma poi ritengono umiliante quell’attività; più spesso persone “sprecate” in quella mansione. Magari hanno diplomi e lauree; si sono inseriti nella cooperativa per fare, che so, i sociologi o gli psicologi. Hanno un occhio rivolto alle aziende partecipate del comune che di tanto in tanto, miracolosamente, assorbono e stabilizzano qualcuno. S’interessano dei ragazzi diversamente abili loro affidati, ma sono negati per la mera assistenza materiale. In entrambi i casi, e non sono rari, il problema ritorna ai familiari dei disabili. I quali, come la stragrande maggioranza dei genitori, anche i più agguerriti e rivoluzionari, diventano moderati e prudenti nei contati con la scuola dei loro figli. Loro magari con qualche ragione in più.

Sull’integrazione dei ragazzi disabili la scuola si gioca la sua reputazione, e l’intero paese il grado di civiltà. Se pure, per assurdo, si dovessero fare altri tagli nell’istruzione, chiediamo di lasciare in pace i ragazzi disabili. E le scuole, nella programmazione e organizzazione delle loro attività, li tengano in grande considerazione. Parafrasando il celebre Quintiliano, potremmo dire: ”Si deve ai fanciulli disabili il massimo rispetto”. E magari anche alle loro nonne.

Franco Buccino

Repubblica ed. Napoli - 24 febbraio 2012
L FENOMENO di MARIO REGGIO


L'obbligo scolastico che non regge: Ogni anno centomila addii alle aule

L'Istituto "Virgilio" di Scampia, a Napoli

La legge lo prevede fino a 16 anni d'età. Ma nei primi due anni delle superiori, il 18,8% lascia. Ma è un dato statistico, in certe zone è molto più basso, in altre drammaticamente più alto. A Belluno riguarda solo 27 studenti, a Napoli circa 60 mila. La lotta titanica di docenti e genitori

NAPOLI - Il venti per cento non ce la fa a rispettare l'obbligo scolastico. In parole povere centomila ragazze e ragazzi, che ogni anno si lasciano alle spalle la terza media, si trasformano in "fantasmi". Non ce la fanno a seguire il corso di studi fino a 16 anni. Per fortuna il fenomeno della dispersione scolastica si è ridotto con il passare degli anni alle elementari, dove la media degli abbandoni non supera l'uno per cento, mentre nella scuola primaria, un tempo la scuola media unificata, la percentuale nazionale si è fermata a quota tre. Ma attenzione, si parla sempre di medie statistiche, quindi in molte Regioni come Sardegna, Campania, Puglia o Sicilia e, soprattutto, in alcune province i numeri sono drammaticamente più alti.
Comunque, il fenomeno dell'abbandono scolastico esplode nei primi due anni delle scuole superiori. L'ultima indagine dell'Istat, pubblicata un mese fa e relativa al 2010, parla di una media nazionale di abbandoni al 18.8 per cento. Non molti sanno, però, che l'indagine dell'Istat si riferisce solo alle scuole superiori statali.
Poco o nulla si conosce della dispersione scolastica negli istituti di formazione professionale gestiti dalle Regioni. E' quindi certo che la percentuale di giovani che spariscono dal panorama scolastico è molto più alta.
Cosa possono fare le scuole per recuperare le decine di migliaia di giovani che sono fuggiti o che frequentano saltuariamente oppure che lasciano dopo una bocciatura? La legge traccia un percorso preciso. La scuola deve convocare i genitori e spiegare loro che stanno commettendo un reato. Se la situazione non si sblocca parte la segnalazione ai servizi sociali del Comune che dovrebbero tentare il recupero dello studente. Se il tentativo fallisce scatta la denuncia al Tribunale dei minori. Tutto chiaro. Ma non sempre è facile, anzi a volte impossibile. Basta un esempio. A Belluno le segnalazioni di mancato rispetto dell'obbligo scolastico sono 27. A Napoli 60 mila. Nel capoluogo campano, che assieme all'hinterland ha raggiunto il livello monstre di 3 milioni e mezzo di residenti, sarebbe necessario un piano Marshall. Servizi sociali centuplicati, strutture scolastiche all'avanguardia, investimenti robusti nella scuola. Invece per far fronte al disastro si sono mobilitati migliaia di insegnanti, decine di migliaia di genitori, per rendere la scuola un luogo che attrae, educa, coinvolge. Una lotta titanica in un territorio dove la gente convive con la povertà crescente, la paura e la rassegnazione. Ma l'emergenza non riguarda solo Napoli. Basti pensare che nella periferia orientale di Verona la dispersione scolastica ha toccato il 30 per cento, mentre a Reggio Calabria ha ormai raggiunto il 38 per cento.