venerdì 15 giugno 2012

LETTERA APERTA A MARCO ROSSI DORIA “MAESTRO DI STRADA”

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inviata da SIMONETTA SALACONE


LETTERA APERTA A MARCO ROSSI DORIA

“MAESTRO DI STRADA”

ATTUALMENTE SOTTOSEGRETARIO ALL’ISTRUZIONE
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE E DELL’UNIVERSITA’

Carissimo collega

(mi permetto questa confidenza in nome di una professione , quella docente, che anche io ho svolto con passione e che, credo, dia un senso alla tua presenza, oggi, nel Governo dei tecnici)



come ben sai, sulla scuola italiana, sempre più investita da tagli agli organici, alle risorse finanziarie, ai servizi di supporto; afflitta per il prossimo anno scolastico da dimensionamenti che produrranno “iperistituti” con numeri mostruosi di plessi e sezioni staccate; sempre più tormentata dalla precarietà dei docenti; oberata da compiti di amministrazione e gestione impropri, in nome di un’autonomia che, senza risorse, si è ridotta ad un “fai da te” dei poveri…su questa scuola umiliata, offesa, accusata di inefficienza anche quando riesce a dare prestazioni di qualità in situazioni di deserti culturali e sociali….si sta per abbattere di nuovo il tormentone delle prove dell‘INVALSI.

Il Ministero si ostina ad ignorare il disagio e la resistenza che gran parte dei docenti, spesso quella più qualificata e motivata, esprime da anni verso un progetto che l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Scolastico Italiano intende effettuare con prove (per lo più test a risposta chiusa) a cui quest’anno verranno sottoposti, fra il 9 e il 16 maggio, tutti gli alunni delle classi I e V della Primaria, delle classi I della Secondaria di primo grado e delle classi II della Secondaria di secondo grado.

Le prove , come nei precedenti anni scolastici, verranno somministrate con modalità identiche su tutto il territorio nazionale, a prescindere dai contesti socio – culturali, dalla composizione delle classi, dai programmi effettivamente svolti, dai sistemi di valutazione adottati dai Collegi dei docenti e dai Consigli di classe.

La valutazione è tema delicato che non si può affrontare in maniera parziale e senza una interlocuzione continua e approfondita con i docenti che nelle scuole operano .

I Collegi sanno ben distinguere la valutazione formativa, che si svolge lungo tutto il percorso annuale, da quella finale o sommativa.

Sanno che il “valore aggiunto” di una scuola non si misura solo attraverso i risultati ottenuti in termini di abilità da tutti gli alunni, in un certo momento dell’anno, ma anche attraverso i percorsi realizzati per non perdere i soggetti più fragili e attraverso la capacità che i docenti esprimono di leggere i bisogni educativi dei singoli alunni e di sostenerne lo sviluppo complessivo della personalità.

Le “buone” scuole sanno che spetta loro anche il compito di essere luoghi significativi per le esigenze culturali dei territori, soprattutto di quelli più a rischio di povertà e disagio sociale e sanno che devono aprirsi alle proposte e alle richieste di formazione che ne provengono.

Molti Collegi e singoli docenti hanno espresso queste e altre critiche competenti all’impianto della ricerca INVALSI e hanno messo in discussione le finalità che tutta l’operazione sembra volere raggiungere: quella cioè di rilevare il “valore aggiunto” che ogni singola scuola è in grado di realizzare e premiare , su questa base, le scuole migliori.

Si tace, invece, della necessità di intervenire a supportare le situazioni già oggi individuabili come quelle più critiche e che si aggravano proprio per i tagli, l’impoverimento e la marginalizzazione che la Scuola sta subendo nel nostro Paese.

Mi rivolgo a te, che come “maestro di strada” sai quanto sia importante intercettare, attraverso relazioni educative significative e positive, tutti gli alunni, soprattutto quelli più fragili, per formulare alcune semplici domande.

Attraverso i risultati ottenuti nei test INVALSI come si potranno misurare gli esiti educativi di quelle scuole che riescono, spesso con risorse del tutto insufficienti, a motivare alla frequenza anche gli alunni più deprivati, prevenendo abbandoni e ritardi scolastici?

Come si valuteranno quei Collegi che riescono ad integrare alunni migranti da poco arrivati nel nostro Paese, anche senza potere fruire di tempi di docenza aggiuntivi per percorsi individualizzati o per la predisposizione di attività di laboratorio?

Come si potrà evitare che la somministrazione dei test produca frustrazione negli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento, spesso non diagnosticati, ai quali si è soliti dare più tempo e per i quali si creano, nell’attività didattica quotidiana, situazioni non ansiogene affinché affrontino i percorsi di verifica con sufficiente serenità?

Come si potrà salvaguardare, con l’unico strumento “test”, la naturale (e positiva!) divergenza che soprattutto gli alunni più piccoli dimostrano di fronte a domande e problemi posti?

Non ti sembra che il test non sia lo strumento più adeguato per riutilizzare in maniera didatticamente proficua l’errore, tanto più quando viene presentato agli alunni come prova unica, da affrontare individualmente e in tempi definiti.? ( Ai nostri alunni di solito diciamo: “Pensaci bene! Prenditi tutto il tempo che ci vuole! Non tirare ad indovinare! “ Poi valuteremo insieme se e dove hai sbagliato!”Addestrandoli all’utilizzo individuale e “a tempo” dei test siamo invece costretti a dire: “Svelto! Rispondi comunque! Hai sempre una probabilità su tre o quattro di azzeccare la risposta giusta! Ognuno pensi a sé!” )



Il test, insomma, non è strumento efficace né per misurare gli aspetti di complessità di una comunità educativa , né per verificare l’effettivo consolidamento di conoscenze e competenze raggiunto da tutti gli alunni, nessuno escluso, pur se nella infinita gamma dei casi singoli .

Il test resta perciò uno strumento parziale di verifica, da utilizzare con parsimonia e insieme ad altre prove e narrazioni di situazioni.

Quindi, i test dell’INVALSI possono essere uno strumento, fra gli altri, messo a disposizione delle scuole, per autovalutarsi e possono contribuire alla valutazione complessiva del sistema di istruzione italiano, purché accompagnati da altre rilevazioni e, soprattutto, contestualizzati.

Difficilmente si potrà ottenere la collaborazione attiva e convinta dei docenti attraverso il rifiuto dell’ascolto delle loro contestazioni (molto più diffuse di quanto il Ministero non avverta!) e attraverso l’imposizione o addirittura le minacce , come sta avvenendo, da parte di alcuni dirigenti scolastici, di denuncia per omissioni di atti d’ufficio dei docenti che non somministreranno le prove nelle forme e nei modi prescritti dalle istruzioni dell’INVALSI.

Il Senato ha acquisito come odg una petizione con migliaia di firme di docenti e genitori che chiede di conservare al percorso INVALSI la caratteristica della ricerca, da realizzarsi, quindi, su di un campione statistico di scuole (come avviene nel resto dell’Europa) e di rendere volontaria l’adesione delle scuole.

Ti prego di voler suggerire al Ministro che tale strada è la più coerente con le finalità che il Ministero ha affidato all’INVALSI e, soprattutto, che questa modalità proverebbe che questa Amministrazione è rispettosa, più di quella precedente, della professionalità e della competenza dei docenti.

Simonetta Salacone
già Dirigente scolastica della Scuola”Iqbal Masih” di Roma







SCUOLA ED ADOZIONE/AFFIDO

FONTE: GENITORI SI DIVENTA
Una carta d'intenti per la scuola


Autore/i: Livia Botta
Data: 06-05-2012
Argomento: Scuola

Ha preso avvio un processo di riflessione e approfondi­mento sfociato in moltepli­ci e importanti iniziative: proposte formative rivolte agli insegnanti e agli ope­ratori dell'adozione, messa a punto di prassi condivise (linee guida, protocolli, va­demecum per insegnanti), sperimentazioni di buone pratiche didattiche e di ac­coglienza. Alcune questio­ni cruciali (dopo quanto tempo dall'arrivo inserire i bambini a scuola e in qua­le classe, come affrontare lo studio della storia perso­nale e la questione della diversità etnica) sono ogget­to di riflessione e dibattito in diverse sedi: dal gruppo di lavoro del MIUR recen­temente costituito alle as­sociazioni di genitori.

C'è da dire, tuttavia, che l'input per queste rifles­sioni è partito soprattutto dalle associazioni di geni­tori e che la scuola, salvo rare e lodevoli eccezioni, ri­sulta ancora impreparata e spesso scarsamente con­sapevole delle specificità e dei bisogni di cui gli alun­ni adottati sono portatori. Inoltre, mentre la rifles­sione sulla scuola dell'in­fanzia e primaria è ormai ricca, più carente è quella sui cicli scolastici successi­vi. Eppure il fatto che oggi tanti bambini arrivino in adozione già grandi, e che dunque vengano inseriti a scuola negli ultimi anni delle elementari o diretta­mente nella scuola media, insieme alla constatazio­ne che alcune comuni pro­blematiche adolescenziali possono presentarsi negli adottati con particolare virulenza, inducono a por­tare rapidamente al centro dell'attenzione anche la scolarizzazione seconda­ria.

E' a partire da questa ana­lisi che dal 2008 ha preso avvio all'interno del nucleo ligure dell'ANSAS (Agen­zia Nazionale di Sviluppo dell'Autonomia Scolastica, ente del Ministero dell'I­struzione che si occupa di ricerca e formazione de­gli insegnanti) il progetto "Adozione e Scuola", con la finalità di diffondere una cultura dell'adozione nelle istituzioni scolastiche del proprio territorio. Il grup­po di progetto iniziale, composto da insegnanti, si è in seguito arricchito con la partecipazione di geni­tori adottivi e operatori dell'adozione (psicologi, assistenti sociali). In que­sti anni ha promosso in­contri di sensibilizzazione e formazione rivolti a do­centi e dirigenti scolastici, iniziative di rete con gli al­tri soggetti che si occupano di adozione sul territorio, il sito Internet www.ado­zionescuola.it, la pubbli­cazione di un Vademecum per insegnanti.

L'ultima realizzazione è una Carta d'Intenti per la scuola elaborata dalle in­segnanti che partecipano al corso di formazione di quest'anno, con la collabo­razione di genitori adottivi e operatori dell'adozione. Si tratta di un documento in due versioni: una per la scuola dell'infanzia e pri­maria, l'altra per la scuola secondaria di 1° e 2° grado. Può essere consultato sul nostro sito.
La carta individua le "at­tenzioni" che le scuole sensibili alla realtà dell'a­dozione e dell'affido do­vrebbero mettere in atto nei confronti degli alunni e delle loro famiglie, sia sot­to l'aspetto organizzativo che per quanto riguarda la componente relazionale e didattica.

Un aspetto ritenuto prio­ritario è l'istituzione della figura di un docente re­ferente che possa fare da cerniera tra scuola, fami­glia e servizi e che, grazie alla competenza più appro­fondita sulle peculiarità dell'adozione, possa essere punto di riferimento per i colleghi che hanno alunni adottati nelle loro classi. Altri punti cardine riguar­dano i tempi e le modalità del primo inserimento sco­lastico dei bambini adotta­ti; l'opportunità di far rife­rimento, nello svolgimento delle normali attività di­dattiche, ai diversi modelli di famiglia presenti nella realtà odierna, e di presta­re particolare attenzione, nel momento della costru­zione dei primi concetti temporali, a proporre atti­vità che possano includere le storie personali di tutti gli alunni; la necessità di programmare percorsi di­dattici personalizzati se necessario.

Ma con quale scopo è sta­ta realizzata questa carta d'intenti? La finalità del gruppo che l'ha prodotta è farne un'occasione di sensi­bilizzazione del personale scolastico alle problemati­che adottive. L'intenzione è di presentarla alle scuole del territorio, per verificare quante e quali la sentano a tal punto in sintonia con la propria cultura educativa da farla propria, quante ne colgano anche solo al­cune parti per assumerle nel loro progetto di scuola. Ogni istituzione scolastica elabora un proprio Piano dell'Offerta Formativa nel quale illustra il proprio progetto didattico, di cui i contenuti della carta d'in­tenti potrebbero entrare a far parte.

Conoscere a priori in che misura una scuola sia con­sapevole delle specificità e criticità dell'adozione e che attenzione sia pronta a prestare al percorso scola­stico di bambini e ragazzi adottati potrebbe rappre­sentare per i genitori un ancoraggio importante, sia nel primo contatto con la scuola dei loro figli che nel prosieguo del loro percorso scolastico.

CARTA D'INTENTI
PER SCUOLE DELL'INFANZIA E PRIMARIE
La scuola xxx, consapevole che la presenza di alunni adottati o in affido familiare è un dato struttu­rale che riguarda l'intero sistema scolastico, s'impegna a:

•Curare la sensibilizzazione dei docenti alle problematiche dell'a­dozione e dell'affido familiare, promuovendo appositi momenti formativi e/o segnalando le pro­poste provenienti da agenzie esterne;
_ Istituire la figura di un docente referente (o componente di una commissione specifica: acco­glienza, integrazione, ecc.), con competenze sulle problematiche dell'adozione, che si faccia carico di:
•Promuovere e facilitare i contat­ti scuola-famiglia, offrendo nella fase di prima accoglienza un ser­vizio informativo completo sulla scuola (POF, struttura scolastica, conoscenza di alcuni docenti e del mediatore linguistico-intercul­turale);
•Organizzare e gestire, al momen­to dell'iscrizione, un colloquio conoscitivo con i genitori, senza forzature, riguardante paese di provenienza del bambino, percor­so scolastico pregresso, livello di conoscenza della lingua italiana, caratteristiche della personalità e predisposizioni;
•Supportare i docenti della classe nella realizzazione di eventuali percorsi didattici personalizzati;
•Essere interlocutore nel rapporto con i soggetti (servizi, enti, asso­ciazioni) che si occupano di ado­zione e affido sul territorio;
•Monitorare l'andamento dell'inse­rimento e del percorso formativo durante l'anno;
•Curare il passaggio d'informazio­ni sull'alunno tra i diversi gradi di scuola;
•Avere una chiara conoscenza di chi e quanti sono gli alunni adot­tati o in affido presenti a scuola.
I docenti, consapevoli che le dif­ferenze sono una risorsa e che l'inclusione va sostenuta, s'impe­gnano a:
•Proporre attività per sensibilizzare le classi all'accoglienza e alla va­lorizzazione di ogni individualità;
•Facilitare la comunicazione con un ascolto attivo e creare un buon clima di classe in cui ciascun bam­bino possa sentirsi a proprio agio;
•Ampliare in entrambi gli ordini di scuola l'area del gioco e dell'e­spressione corporea per favorire processi di socializzazione ed espressività;
•Fare attenzione nella scelta dei libri di testo e delle letture (narra­tiva, fiabe tradizionali e moderne, ecc.) al modello di famiglia veico­lato e al linguaggio utilizzato;
•Creare occasioni, alla portata dei piccoli discenti e con le opportune mediazioni didattiche, per parlare delle diverse tipologie di famiglia esistenti nella società odierna, ri­ferendosi a un concetto di famiglia come legame affettivo e relaziona­le;
•Favorire la partecipazione a labo­ratori a classi aperte, con regole "morbide" e uso flessibile degli spazi.

Nei confronti degli alunni adottati o in affido presenti in classe, gli insegnanti s'impegnano a:
•Iniziare da subito la collaborazio­ne con la famiglia, mantenendola nel tempo e mostrando disponibi­lità per colloqui non rigidamente cadenzati dal calendario scolasti­co, per conoscere a fondo la situa­zione del bambino, senza forzatu­re e atteggiamenti invadenti e, in itinere, per definire e aggiustare il percorso formativo;
•Mantenere in classe un atteggia­mento equilibrato, evitando sia di sovraesporre gli alunni adottati o in affido (con attenzioni eccessive, richieste dirette di parlare della loro storia, ecc.), sia di dimenti­carne la specificità (proponendo attività e argomenti che implicita­mente li escludano);
•Creare occasioni in cui gli alunni adottati o in affido si sentano in­clusi e, se lo desiderano, possano parlare di sé e della propria cul­tura d'origine o rappresentare la propria storia attraverso il disegno o altre attività espressive, anche con l'aiuto dei mediatori linguisti­co-interculturali e/o dei genitori;

•Affrontare in modo diverso dal consueto la prima costruzione dei concetti temporali, evitando di pro­porre attività quali la prima foto, il certificato di nascita, l'albero ge­nealogico, da sostituire con pro­poste che raggiungano gli stessi obiettivi rispettando e valorizzan­do la storia personale di ciascuno;

•Se necessario, predisporre per­corsi didattici personalizzati ca­librati sulle esigenze di appren­dimento degli alunni, nei limiti di quanto previsto dalla normativa.

Per il primo inserimento e l'acco­glienza nella scuola dell'infanzia e primaria di bambini/e adottati/e internazionalmente, la scuola s'impegna a:
•Valutare attentamente il percorso scolastico pregresso e le informa­zioni fornite dai genitori per indivi­duare la classe di frequenza ap­propriata, prendendo a riferimento le indicazioni della cm 24/06;

•Prestare attenzione, nella scelta della classe, a evitare la concen­trazione di specificità diverse e particolarmente problematiche;

•Consentire inserimenti non im­mediati e/o una riduzione iniziale dell'orario scolastico per privile­giare il consolidamento dei legami familiari;

•Dare al bambino la possibilità di familiarizzare con il nuovo am­biente tramite visite alla scuola e incontri con compagni e insegnan­ti in momenti preliminari all'effetti­va frequenza;

•Ricorrere ai mediatori linguistico-interculturali per conoscere il con­testo linguistico, culturale, scola­stico, i modelli educativi, le moda­lità di comportamento e relazionali del paese d'origine del bambino, le criticità che potrebbero presen­tarsi nel nuovo contesto, oltre che per facilitare linguisticamente l'in­serimento se necessario;

•Predisporre percorsi didattici per­sonalizzati calibrati sulle esigenze di apprendimento degli alunni, nei limiti di quanto previsto dalla nor­mativa (dpr 275/99, dl 59/04, cm 24/06);

•Garantire azioni di insegnamento intensivo utili a promuovere una buona competenza dell'italiano come lingua di studio;

•Monitorare, riconoscere esplici­tamente e gratificare i progressi nell'apprendimento e le compe­tenze possedute o acquisite;

•Collaborare con i servizi che se­guono la famiglia nel post-ado­zione (legge 476/98), in particolar modo nei casi più complessi.

CARTA D'INTENTI
PER SCUOLE SECONDARIE DI I° E II° GRADO
La scuola xxx, consapevole che la presenza di alunni adottati o in affido familiare è un dato struttu­rale che riguarda l'intero sistema scolastico, s'impegna a:

•Curare la sensibilizzazione dei docenti alle problematiche dell'a­dozione e dell'affido familiare, promuovendo appositi momenti formativi e/o segnalando tem­pestivamente le proposte prove­nienti da agenzie esterne;

•Istituire la figura di un docente re­ferente, che:

•Abbia conoscenza di chi e quanti sono gli alunni adottati o in affido presenti a scuola;

•Conosca e tenga i contatti con i soggetti (istituzioni, servizi socio-sanitari, agenzie educative, me­diatori linguistici-interculturali, ecc.) che a diverso titolo si occu­pano di adozione e affido sul ter­ritorio;

•Faccia da tramite se necessario tra famiglie e consigli di classe;

•Supporti i docenti che hanno alunni adottati o in affido nelle loro classi segnalando le risor­se disponibili (materiali didattici, opportunità di formazione e/o di consulenza, ecc.);

•Curi il passaggio d'informazioni sull'alunno tra i diversi gradi di scuola.

I docenti, indipendentemente dalla presenza o meno di alunni adottati o in affido nelle loro clas­si, s'impegnano a:
•Fare attenzione, nella scelta dei libri di testo, ai modelli di famiglia presentati e al linguaggio utilizza­to, scegliendo i testi più aperti ai diversi modi di "fare famiglia" e al pluralismo culturale di oggi;

•Prestare attenzione, nella scelta delle letture e degli argomenti di studio, alle situazioni familiari de­gli alunni, evitando proposte che potrebbero mettere a disagio o escludere implicitamente qualcu­no;

•Proporre attività per sensibilizza­re le classi all'accoglienza, alla valorizzazione delle diversità, all'inclusione;

•Proporre argomenti di studio (a carattere linguistico, storico, so­ciale, geografico, giuridico, eco­nomico) che facciano riferimento ai diversi modelli familiari presenti nella società odierna, alle forme d'interdipendenza e mobilità delle persone a livello mondiale, alla convivenza e ibridazione delle culture.

Nei confronti degli alunni adottati o in affido presenti in classe, gli insegnanti s'impegnano a:

•Mantenere un atteggiamento equilibrato, evitando sia di sovra­esporli (con attenzioni eccessive, richieste dirette di parlare della loro storia, ecc.), sia di dimentica­re la loro specificità (proponendo attività e argomenti che implicita­mente li escludano);

•Creare occasioni in cui si sentano inclusi e, se lo desiderano, pos­sano parlare di sé (ad es. riferen­dosi al concetto di famiglia come legame affettivo e relazionale; stimolando la scrittura autobio­grafica; sottolineando le pluriap­partenenze culturali che caratte­rizzano la nostra società, ecc.), anche con l'aiuto dei mediatori linguistici-interculturali e con pro­getti mirati;

•Sostenere il loro senso di appar­tenenza alla classe e lo sviluppo dell'autostima, utilizzando rinforzi positivi;

•Mantenere una stretta collabora­zione con la famiglia per la defi­nizione e il monitoraggio del per­corso formativo;

•Se necessario, introdurre ele­menti di flessibilità e personaliz­zazione nel piano educativo, nei limiti di quanto consentito dalla normativa vigente e curando la trasmissione delle informazioni al ciclo di studi successivo.

Nel caso di primo inserimento nella scuola secondaria di ragaz­zi adottati internazionalmente, la scuola s'impegna a:



•Preparare l'inserimento tramite contatti preventivi con la famiglia, per raccogliere informazioni sulla scolarità pregressa e sugli aspetti personali che i genitori ritengono utili a una comprensione dei com­portamenti del figlio e al buon in­serimento scolastico;

•Ricorrere ai mediatori linguistici-interculturali per conoscere il contesto linguistico, culturale, scolastico, i modelli educativi, le modalità di comportamento e relazionali del paese d'origine dell'alunno, le criticità che po­trebbero presentarsi nel nuovo contesto, oltre che per facilitare linguisticamente l'inserimento se necessario;

•Valutare attentamente il percorso scolastico pregresso e le informa­zioni fornite dai genitori per indivi­duare la classe di frequenza ap­propriata, prendendo a riferimen­to le indicazioni della cm 24/06;

•Prestare attenzione, nella scelta della classe, a evitare la concen­trazione di specificità diverse e particolarmente problematiche;

•Consentire inserimenti non im­mediati e/o una riduzione iniziale dell'orario scolastico per privile­giare il consolidamento dei lega­mi familiari;

•Dare all'alunno la possibilità di fa­miliarizzare con il nuovo ambien­te tramite visite alla scuola e in­contri con compagni e insegnanti in momenti preliminari all'effettiva frequenza;

•Garantire azioni d'insegnamento intensivo utili a promuovere una buona competenza dell'italiano come lingua di studio;

•Nel caso di alunni con una ca­rente scolarizzazione pregressa, predisporre un contratto di corre­sponsabilità tra famiglia, alunno e scuola, da verificare periodi­camente, per guidare il graduale processo di adeguamento alle routines scolastiche;

•Predisporre percorsi didattici per­sonalizzati calibrati sulle esigen­ze di apprendimento degli alunni, nei limiti di quanto previsto dalla normativa vigente (dpr 275/99, dl 59/04, cm 24/06);

•Monitorare, riconoscere esplici­tamente e gratificare i progressi nell'apprendimento e le compe­tenze possedute o acquisite;

•Collaborare con i servizi che se­guono la famiglia nel post-ado­zione (legge 476/98), in particolar modo nei casi più complessi.

fonags sul dimensionamento scolastico

12/06/2012


Dopo la sentenza della Corte Costituzionale ripensare insieme modalità e tempi. Una nota delle associazioni genitori raccolte nel Fonags presso il Miur,



Nei giorni scorsi, la sentenza della Corte Costituzionale n. 147/2012 sui ricorsi presentati da molte regioni ha dichiarato l’incostituzionalità di parte della legge concernente il dimensionamento della rete scolastica, soprattutto in riferimento all’obbligo di realizzare istituti comprensivi di almeno 1.000 alunni.Le associazioni dei genitori maggiormente rappresentative, riunite nel Fonags (Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola) presso il Miur, esprimono, di seguito, alcune considerazioni.

La norma sul dimensionamento della rete scolastica era già stata, a suo tempo, oggetto di preoccupazione da parte dei genitori, soprattutto per i disagio prevedibile nel caso di zone geografiche particolari (isole, montagna, ecc.) e per l’unione di numerosi plessi al fine di realizzare un unico istituto, con le conseguenti complicazioni di tipo gestionale, organizzativo, relazionale.

L’applicazione della norma, in seguito, ha visto la quasi completa esclusione, da parte delle Regioni e degli Uffici scolastici regionali, di ogni forma di ascolto e consultazione dei genitori, degli operatori, dell’utenza in generale.

Ed ora giunge, in una situazione già complessa, la sentenza della Corte.

Tutte le norme dettate principalmente dalla necessità di ridurre la spesa non sono più accettabili. Non siamo pregiudizialmente contrari agli istituti comprensivi, già esistenti in Italia da molti anni, ma li accogliamo se previsti in una progettualità di tipo pedagogico ed organizzativo: risparmi e virtuosità sono necessari, senza dubbio, ma sono possibili e realizzabili, evidentemente, sono se condivisi e co-decisi in modo ampio.

Ora, come associazioni dei genitori, abbiamo il dovere di evidenziare la confusione e il disagio che, ad anno scolastico concluso, attraversa le famiglie, incerte sull’organizzazione delle scuole che accoglieranno i figli fra pochi mesi, con le prevedibili conseguenze relative agli organici e alle dirigenze.

Chiediamo al Ministero dell’Istruzione di decidere presto e di farlo insieme alle Regioni. Le associazioni dei genitori sono disponibili a partecipare ad un eventuale tavolo di confronto, anche in riferimento ad una eventuale moratoria (totale o parziale) nell’applicazione dei provvedimenti di dimensionamento della rete scolastica.
Le associazioni dei genitori aderenti al Fonags

AGe, AGeSC, CGD, Faes, Moige


fonags

cgd sul dimensionamento scolastico

lunedì 11 giugno 2012


inviata da anna fassel [icdo-nogelmini.blogspot.com/]

Per fortuna, questa volta, la reazione al pacchetto di proposte sul Merito del Ministro Profumo è stata tempestiva e molto ben articolata nelle argomentazioni e, soprattutto, è parsa provenire da molteplici e diverse direzioni: dal mondo della pedagogia e della didattica, dal mondo della politica, dalle OOSS.

Della proposta che domani verrà portata al Consiglio dei Ministri sono state criticate la forma, il decreto legge, che impedisce l’apertura di un ampio e serio dibattito nel Paese e in Parlamento, il contenuto e l’ideologia di sfondo, quella di una scuola e di un’università condizionate dalla competizione e dal mercato del lavoro e, soprattutto per la scuola, divergenti dalle finalità di inclusione e di promozione della cultura della cittadinanza previste dalla Costituzione, la povertà delle risorse messe in campo, a fronte dei feroci tagli operati dal Governo Berlusconi, che tanto male hanno arrecato e stanno continuando ad arrecare alla scuola della Repubblica, la scuola di tutti.

Vorrei aggiungere un punto di vista squisitamente professionale, da docente, poiché si ha l’impressione che chi amministra la scuola in realtà ne conosca molto poco la realtà e i meccanismi di funzionamento.

“Merito” non è una parola di destra.Ogni docente competente sa che deve riuscire a far emergere e a valorizzare in ogni alunno il meglio delle proprie attitudini e capacità, a partire dal bagaglio di esperienze che ciascuno ha fatto e continua a fare all’esterno della scuola.

Ed è qui che si gioca la differenza fra i diversi soggetti, che non deve essere né appiattita, né negata, ma che non deve alimentare le disuguaglianze dei destini futuri della vita lavorativa e dell’inclusione sociale.
Ma è anche qui, purtroppo, che si gioca l’incapacità della scuola di vincere sulle condizioni sfavorevoli di partenza di molti alunni, così che la scuola stessa, anziché diventare un fattore di promozione per tutti, rischia di diventare strumento di ratifica delle disuguaglianze e dei destini, già tracciati dei soggetti più sfavoriti.Povertà economiche e culturali delle famiglie e delle realtà sociali da cui si proviene, limiti oggettivi del patrimonio linguistico e delle esperienze extrascolastiche, angustia di spazi fisici in cui si è costretti a vivere … tutti questi fattori, fortemente condizionanti del successo scolastico di ciascun alunno devono essere affrontati in modo molto precoce, perché non si consolidino e non divengano limiti irreversibili al libero sviluppo delle potenzialità di ciascuno.

Per questo sono fondamentali gli investimenti nei nidi, nella scuola dell’infanzia, nei percorsi di sostegno alla genitorialità, nella prevenzione sanitaria e nell’educazione alla salute, così come sono centrali le politiche di sostegno economico alle famiglie che vivono precarietà lavorativa e disagio economico, situazioni di cui i bambini e gli adolescenti diventano termometri sensibilissimi e di cui portano a scuola sofferenze e incertezze che spesso si traducono in disattenzione, fughe dall’impegno scolastico, talvolta in rabbia e antagonismo controproducente verso le istituzioni tutte.Diventa essenziale investire di più nel diritto allo studio, nell’edilizia scolastica, nelle aule attrezzate, nei laboratori, nei sussidi didattici, negli spazi esterni alle scuole.Vivere in ambienti gradevoli, attrezzati ed esteticamente curati è fondamentale per chi, a casa, non ha spazi propri di vita, perché magari condivide 60 mq con genitori, fratelli, spesso anche nonni.

(Ricordo ancora con fastidio un’assistente sociale, la quale durante un GLH per un bambino con disabilità , insisteva nel pretendere che quell’alunno non dormisse con la nonna e avesse i suoi spazi per fare i compiti in silenzio, senza rendersi conto che quel nucleo familiare, composto dai genitori, da altri due fratellini e dalla nonna, viveva in due stanze e, ogni sera, spostando tavoli, trasformava i divani in letti e faceva fronte, grazie alla pensione dell’anziana, alla disoccupazione forzata del papà!)
Ma anche poter conoscere, attraverso campi scuola e visite guidate paesaggi e ambienti diversi è importante per aprire orizzonti meno angusti rispetto a quelli in cui quotidianamente molti alunni socialmente sfavoriti sono costretti a vivere.
Ci sono alunni di grandi città che non hanno mai visitato i centri storici, le ricchezze artistiche, i musei, le cattedrali, i palazzi delle loro città e che trascorrono le domeniche presso i centri commerciali, vere nuove “basiliche” delle nostre tristi e sterminate periferie urbane.Ci sono sempre più alunni che non hanno mai viaggiato, che non vanno i n vacanza e non conoscono ambienti diversi da quelli in cui sono nati e cresciuti: veramente si pensa che le loro esperienze possano essere confrontate con quelli di bambini e adolescenti di altri ceti sociali? Il tempo pieno, i campi scuola, le visite guidate, gli scambi culturali, i progetti Comenius….sono percorsi che le scuole hanno utilizzano per ovviare alle povertà di esperienze di molti alunni, ma le risorse delle famiglie e degli Enti Locali sono sempre più ridotte e costringono spesso a rinunciare a interventi giudicati troppo costosi e non più compatibili con l’essenzialità dei servizi da offrire alle scuole.Il Ministro Profumo parla di risultati raggiunti, ma anche di considerare le situazioni di partenza. Allora, però, le scuole non dovranno essere costrette a segnalare come meritevoli gli alunni del “ 100 e lode”, ma quelli che avranno effettuato i percorsi più ampi fra le situazioni di partenza e i risultati ottenuti. Allora, però, non il voto finale né i soli crediti formativi formulati in termini di voto, ma la documentazione o, meglio ancora, la narrazione di tali percorsi dovrebbe essere alla base di eventuali segnalazioni di “merito”.

Ci sono, poi, due altre osservazioni che vorrei porre all’attenzione del Ministro.Una riguarda il fatto che l’eccellenza, nella scuola e nell’università si raggiunge lavorando insieme agli altri e che i prodotti scolastici e della ricerca sono spesso prodotti collettivi, il cui valore aggiunto risiede proprio nell’essere il risultato dell’impegno diversificato di tanti.
Il merito che la buona scuola deve saper promuovere è quello che ciascuno deve, consapevolmente, offrire per raggiungere uno scopo comune. Solo così il merito di alcuni può trascinare il gruppo e l’intera classe.
Ma allora perché si deve premiare uno solo fra gli artefici del risultato?La buona scuola è luogo in cui si apprende insieme, senza competere fra compagni.

La competizione vera, quella utile, va rivolta verso le difficoltà che si incontrano sulla strada della ricerca, verso i nodi “duri” del confronto con i problemi da risolvere o con gli aspetti della realtà che si devono affrontare e il successo consiste nella capacità di trovare insieme una soluzione, di arrivare ad un prodotto di qualità, di scoprire strade non ancora percorse per rispondere a problemi seri della società (ma anche della micro-società classe! dove i problemi possono andare dal compito reale di costruire una quinta teatrale, al trovare testi classici di corredo alla ricerca storica, dal tradurre in prodotto informatico i risultati di una ricerca scientifica al costruire un plastico secondo un progetto stilato insieme, dall’inventare strumenti di osservazione della natura o del comportamento degli uccelli in giardino, all’impostare una guida turistica per i compagni che verranno in visita nelle nostre città da altri Paesi, dal trovare un algoritmo efficace ed economico per risolvere un problema di matematica, all’impostare un sistema di riciclaggio dei rifiuti organici della mensa scolastica….. )

La competizione più apprezzabile è quella che ogni soggetto deve poi ingaggiare con se stesso, con le proprie pigrizie e con i propri presunti limiti. “Conosciti, ragazzo, scopri il meglio che c’è in te e mettilo a disposizione della comunità che, così, ti aiuterà a realizzarti e, contemporaneamente, ti restituirà la parte migliore di te, riconoscendosi in te e nelle tue doti “

I migliori insegnanti sanno valorizzare l’apporto che ciascun alunno, a partire dalle proprie caratteristiche di intelligenza e di abilità sa portare alla realizzazione di un compito comune e declinano in questa modalità collaborativa le eccellenze di ciascun alunno.Con un sistema di premi e crediti, fra l’altro, è molto difficile valorizzare le eccellenze e le doti particolari di alcuni, poiché queste attengono a campi specifici di abilità e saperi e non si distendono, spesso, sull’intero arco della competenze scolasticamente accertabili (per essere più chiari, non sempre l’alunno geniale in musica è anche quello che se la cava in maniera ottimale in latino e quello particolarmente versato in matematica o in geometria può essere dislessico o avere problemi con l’espressione linguistica, quello molto lento nelle risposte a domande chiuse è, magari, un genio nel pensiero “lento” della filosofia e quello che si distrae durante le spiegazioni di lingua o matematica e guarda il volo di una mosca, sta, forse, vagando sulla divergenza di pensiero che ne potrà fare un futuro cultore di scrittura letteraria o un appassionato ricercatore in entomologia!)

Intendo, da insegnante, rivendicare lo spettro amplissimo delle doti e capacità che dobbiamo essere in grado di scovare nei nostri alunni e di saper valorizzare, al di là di premi e dei riconoscimenti di merito che troppo spesso servono a ratificare il conformismo e le logiche di successo socialmente riconosciute.

Infine, e non ultimo, fra i motivi che non mi fanno affatto apprezzare le proposte del Ministro c’è il vero e proprio “imbroglio” per cui da anni, mentre si lesinano risorse alla scuola e la si marginalizza davanti all’opinione pubblica, si esce mediaticamente e con proposte che la riportano sulle prime pagine dei giornali, senza, però interloquire con chi a scuola vive ed opera: i docenti e le docenti.

Tutti pronti, Ministro, politici, sottosegretari, giornalisti a dare lezioni a chi quotidianamente le lezioni le affronta veramente e conosce il nocciolo duro dei problemi: la necessità di motivare gli alunni allo studio, alla fatica dell’apprendere, ma anche alla gioia della scoperta e del lavoro comune, del “gioco con gli oggetti del sapere”, libero da scopi di utile immediato.Anche in luoghi (e sono la maggioranza, abbiatene finalmente conscienza) dove tutto gioca a sfavore: povertà, ignoranza e criminalità diffusa.

La scuola è anche emozioni, trasmissione di valori per cui battersi e in cui riconoscersi come collettività, spazio per il confronto di idee e luogo in cui costruire un progetto di societàpiù giusta, in cui esercitare la propria voglia di cambiare, sfidando angustie e meschine aspettative di successo personale: è la scuola che lavora con le associazioni come “Libera”, che si batte contro la mafia, che si appassiona nell’ascolto degli ultimi testimoni della Resistenza e che si commuove davanti alla Storia, con la S maiuscola che è fatta di grandi maestri , che hanno pagato anche con la vita il loro impegno per cambiare la società.

La buona scuola deve impastare pensiero ed emozioni, trasmissione dei saperi e costruzione di nuovi saperi ed essere capace di promuovere progetti individuali insieme a speranze collettive.

Per questa scuola servono investimenti, professionalità arricchite, rinnovamento vero dei curricola e della formazione docente (non solo tagli agli orari, ai laboratori, alle sperimentazioni), collegamento con la ricerca, per uscire dalla solitudine e dall’angustia delle difficoltà della sopravvivenza quotidiane.Servono nuove indicazioni programmatiche, revisione dei contenuti disciplinari che si aprano ad orizzonti europei e mondiali, formazione e aggiornamento costanti perché gli insegnanti sappiano rinnovare le proprie conoscenze disciplinari e didattiche.
Servono ascolto e sostegno sociale, ma anche attenzione e a valorizzazione dei risultati che spesso docenti, studenti, genitori che ancora collaborano con entusiasmo alla vita delle comunità educanti raggiungono, nonostante situazioni di partenza veramente insostenibili.

Questo è il “merito” delle scuole, dei docenti, degli studenti , che vorremmo fosse riconosciuto, promosso, reso visibile, ampliato e diffuso in ogni parte del nostro territorio nazionale non quello, orridamente premiale e antistorico oltre che antieducativo, del “miglior studente”. In base a cosa e definito da chi?
Questo ci aspettiamo dal Governo e dalle forze politiche, come anche da un opinione pubblica e da media attenti, preparati, umili e accorti nel lanciare crociate su cose delicatissime e specifiche come i processi educativi di una nazione.
Più attenzione concreta, più attenzione alla ricerca, più “merito per poterne dire”, meno spot pubblicitari, meno mercato, più cura vera per la la crescita armonica e completa in tutte le dimensioni dello sviluppo dei nostri bambini, adolescenti, giovani.

Simonetta Salacone
già Dirigente scolastica della Scuola”Iqbal Masih si Roma”

SICUREZZA A SCUOLA: 10 DOMANDE DA RIVOLGERE AI DIRIGENTI SCOLASTICI

sabato 9 giugno 2012

FONTE: RETESCUOLE

La Corte Costituzionale boccia le norme che impongono di accorpare istituti scolastici sotto i mille allievi previste dalla manovra finanziaria varata nel luglio 2011.
 La Consulta ha dichiarato illegittima la norma, in quanto si tratta di una materia di competenza regionale.

Con la sentenza n.147 depositata oggi, i giudici delle leggi hanno dichiarato illegittimo l'articolo 19, comma 4, della manovra, che prevedeva «l'obbligatoria ed immediata costituzione di istituti comprensivi, mediante l'aggregazione della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche costituite separatamente», e la definizione della «soglia numerica di mille alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per acquisire l'autonomia»; soglia ridotta a 500 per le scuole situate nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.

«L'aggregazione negli istituti comprensivi, unitamente alla fissazione della soglia rigida di mille alunni - scrive la Consulta - conduce al risultato di ridurre le strutture amministrative scolastiche ed il personale operante all'interno delle medesime, con evidenti obiettivi di risparmio, ma, in tal modo, essa si risolve in un intervento di dettaglio, da parte dello Stato, in una sfera che, viceversa, deve rimanere affidata alla competenza regionale».

7 giugno

martagatti