mercoledì 30 ottobre 2013

MACERATA: assemblee aperte. costruiamo una legge regionale per il diritto allo studio

  • Immagine di copertina

    • La nostra Costituzione sancisce il diritto allo studio. Ma in cosa consiste davvero questo diritto?
      Parliamone insieme e costruiamo una proposta di legge da presentare alla regione Marche!

      Gli appuntamenti del mese:
      ► Mercoledì 30 ottobre, ore 15:30, sede della Rete degli Studenti Medi (via Verdi 10, Macerata): Assemblea aperta in cui stabiliremo cosa è per noi il diritto allo studio e quali sono i diritti di base che ci debbono essere garantiti
      ► Venerdì 8 novembre, ore 15:30, sede della Rete degli Studenti Medi (via Verdi 10, Macerata): Assemblea aperta in cui decideremo nello specifico quali sono i livelli minimi che vogliamo ottenere
      ► Venerdì 15 novembre, nel pomeriggio, in giro per il centro di Macerata: flash-mob e volantinaggio per lanciare l'assemblea del 16
      ►SABATO 16 NOVEMBRE, ad ANCONA, nel pomeriggio: ASSEMBLEA REGIONALE a cui parteciperanno studenti da tutte le Marche, in cui ogni provincia porterà le proprie proposte e inizieremo a stendere la proposta di legge.


      Abbiamo un'occasione per farci sentire e cambiare realmente le cose, non sprechiamola: partecipate e aiutateci a portare in regione una proposta che sia la proposta degli studenti, perché è arrivato il momento di prendere in mano il nostro futuro e lottare per l'istruzione a cui abbiamo diritto!
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      Per qualsiasi informazione, inviare un
      messaggio privato alla Rete Studenti Medi Macerata o a Arianna Cardinali

domenica 27 ottobre 2013

che bes pasticcio!

fonte: vivalascuola

Che Bes pasticcio!


Il susseguirsi, a ogni cambio di ministro, di riforme, circolari, direttive, decreti, distrugge quello che non si è nemmeno finito di costruire. Ogni proclama si ferma allo stadio di annuncio, senza che trovi la strada della realizzazione. Il ministero emette le sue direttive, sempre più approssimative dal punto di vista teorico: compito degli insegnanti realizzarle, senza risorse e senza strumenti. Con aumento di carichi di lavoro e della burocratizzazione. E poiché molti insegnanti prendono sul serio il loro lavoro, soffrono nell’impresa di Sisifo di realizzare quanto lo stesso ministero distruggerà quanto prima. Questo è non solo uno dei motivi del burn out degli insegnanti, ma un ostacolo alla pratica didattica e un danno per gli allievi. E’ quanto è successo quest’anno con i BES: annunciati come una grande rivoluzione, hanno messo in allarme le scuole; poi una circolare annunciata pare ridimensionare l’ennesima “riforma epocale“. In questa puntata di vivalascuola ne parlano, su posizioni diverse, Carlo Avossa, Tullio Carapella e Luisa Formenti.
L’iniziativa del MIUR sui BES: inaccettabile il metodo, pericolosa nel merito
di Tullio Carapella
Tutti noi soffriamo di una malattia, di una malattia di base, per così dire, che è inseparabile da ciò che siamo e che, in un certo modo, fa ciò che siamo, se anzi non è più esatto dire che ciascuno di noi è la propria malattia, per causa sua siamo così poco, così come per causa sua riusciamo a essere tanto.
(José Saramago, L’anno della morte di Ricardo Reis)
Questioni di metodo: mai mettere il carro avanti ai buoi.
Lo scrivo in premessa a scanso di equivoci: quanto partorito dal ministero dell’Istruzione in merito ai “bisogni educativi speciali”, in particolare la Direttiva del dicembre 2012 e la Circolare 8 del marzo 2013, mi suona falso e inutile come i buoni propositi di un bambino in una letterina a babbo natale.
Mi riferisco, in particolare, non ai vistosi limiti, ma proprio a quanto di meglio contengono quei due documenti, cioè ai punti di forza che con tanto entusiasmo sottolineano a più riprese i difensori di questa nuova iniziativa ministeriale. Punti di forza facilmente sintetizzabili, perché risiedono nella volontà di coinvolgere tutto il corpo docente nel cercare risposte ai bisogni di ognuno dei nostri alunni, soprattutto di chi è maggiormente in difficoltà.
Bei propositi, nessuna sostanza.
È un po’ come se il ministero dell’agricoltura avesse emanato un decreto per invitare tutti gli interessati, vigili del fuoco, forestali e, perché no?, anche i contadini, a spegnere gli incendi estivi in meno di cinque minuti, prima che le fiamme si propaghino. Anche in questo caso dovremmo constatare che si tratta di una raccomandazione encomiabile, per poi magari aggiungere che un domani si dovrà pure pensare a comprare i Canadair, o almeno a fornire l’acqua alle pompe, o almeno a sostituire le pompe che nel tempo si sono usurate, o almeno ad evitare di dismetterle, le pompe, per ridurre le spese.
Chiedo venia per la metafora poco ortodossa, ma di questo stiamo parlando: una scuola che affronta ogni giorno nuove emergenze e lo fa con pochi mezzi, oggi molto meno di ieri, e spesso lo fa con scarsa preparazione, che non è un optional, se non vogliamo che ci mettiamo tutti quanti, certo con tanta buona volontà, a soffiare sulle fiamme nella speranza che sia così che si spegne un incendio.
Rispetto a questa obiezione è inaccettabile che si risponda “intanto applica la legge, che domani vedremo di fornirti anche gli strumenti per farlo!”, perché:
- I fini non si raggiungono senza i mezzi. Nemmeno “nel frattempo”. Spesso anzi ribaltare le sequenze di causa ed effetto provoca più danni che benefici. Ne è testimonianza questo grottesco inizio di anno scolastico, nel quale tra i docenti si sono accese discussioni e talvolta scontri per affermare ognuno la propria ardita interpretazione dell’ormai celebre perla ministeriale: le tipologie di Bes “dovranno essere individuate sulla base di ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche”.
Discussioni senza alcuna possibilità di sintesi, perché già solo il dire “ben fondate” con tutta evidenza non vuol dire assolutamente nulla. E se oggi il Ministero intende correre ai ripari, lo farà inevitabilmente ingarbugliando ancor più la matassa e aggiungendo al danno la beffa.
Circola in questi giorni la bozza della Circolare che il Miur sta per partorire, nella quale evidentemente si intende dettagliare meglio cosa sia un Bes e per limitarne l’uso, precisando che l’individuazione del “bisognoso” va fatta necessariamente all’unanimità dal consiglio di classe, in presenza di una diagnosi clinica e di una richiesta da parte dei genitori. Una novità che evidentemente limiterebbe molto il ricorso a questo “nuovo strumento, se non fosse che negli stessi passaggi si dice pure che si può attivare un PDP anche in presenza di “difficoltà non meglio precisate.
È accettabile che in atti ufficiali ci si esprima con tanta superficialità? E qualcuno potrà spiegare al Miur che l’anno scolastico è cominciato da più di un mese? Avremo la forza di indignarci e alterarci almeno un po’ perché prima ci hanno ordinato di “individuare i bes” e oggi, a cose fatte, ci spiegano pure meglio chi sono e come doveva avvenire l’individuazione? Possiamo prendere almeno questo piccolo dettaglio come testimonianza e misura del pressapochismo di chi ci vuole fermi e pronti a combattere al fronte senza schioppo e senza coordinate?
- È inaccettabile perché comunque non ci crediamo più. Non si può rimandare sempre a domani il momento in cui anche il governo sosterrà un impegno normativo (quella sui Bes non è nemmeno legge) e finanziario per dare sostanza ai suoi buoni propositi, perché sappiamo che dalle parti di Viale Trastevere questo domani non viene mai. Il recente passato è pieno di esempi di promesse ministeriali mai mantenute e basterebbe citare i piani di assunzione e i sontuosi stanziamenti per l’edilizia scolastica del ministro Profumo per capire che il difettuccio delle menzogne a buon mercato non dimora solo a destra.
Certo qualcuno potrà notare che la Carrozza appare almeno meno antipatica e, trascurando il fatto che anche nell’ultimo documento di programmazione economica è previsto un taglio di fondi per l’istruzione, si può sottolineare che è già stato approvato un ottimo piano di assunzioni, in particolare per il personale di sostegno.
A ben vedere, però, anche questo è meno confortante di quanto vogliano farci credere e, alla luce delle esperienze recenti, è tutto da dimostrare che venga attuato. Il DL 104 dello scorso settembre prevede infatti che tra il 2013 e il 2015 siano immessi in ruolo 26.684 docenti di sostegno (si aggiungerebbero ai 63.384 attuali). Si tratta quindi di circa 9.000 docenti all’anno, non pochi, ma nemmeno tantissimi, considerando che ai 63.000 andranno sottratti i tanti docenti di sostegno che decidono ogni anno di passare su posto comune, oppure vanno in pensione o, ahimè, a volte ci lasciano prima.
Per questo primo anno, era prevista la tranche più piccola di immissioni: 4447 docenti da assumere entro il 7 ottobre che, a quanto pare, è già passato una settimana fa, ed invano…
Seguendo il vecchio adagio di Totò, però, non si può non sottolineare che ancora una volta “è la somma che fa il totale”, cioè che le due cifre sopra richiamate danno in totale 90.000,  la cifra che (dal 2006/2007) il ministero dell’Istruzione (e con esso quello delle Finanze) ritiene che non debba essere superata, malgrado negli ultimi sette anni sia cresciuto il numero di studenti con disabilità certificate. Per questa ragione, ogni anno di più, gli Uffici Scolastici hanno dovuto inseguire emergenze, tappare falle con coperte comunque corte, deliberare ad anno scolastico iniziato nuove assegnazioni di sostegno in deroga e questo ha fatto sì che i dati più recenti indichino che in Italia lavorano sul sostegno più di 101.000 docenti e che malgrado ciò è lontano l’obiettivo del rapporto medio di 1 insegnante ogni due studenti con disabilità.
Allora quando la ministra Carrozza afferma che si vogliono stabilizzare “tutti” i docenti di sostegno arrivando a 90.000 (sempre che intanto il tempo si fermi per i “vecchi” 63.000), non può che suonare un campanello d’allarme. Che fine farebbero gli altri 11.000? Vuoi vedere che ha ragione Scataglini quando afferma che la normativa sui Bes sarà anche uno strumento in grado di togliere, certo a piccoli passi, il sostegno ai ragazzi con “funzionamento intellettivo limite” /FIL), vale a dire a chi ha una disabilità non grave?
Addentrandoci appena un po’ nel merito: BES, DA, DSA, FIL… chi parla male pensa male e può fare danni.
Se pure per un attimo provassimo a far finta che le questioni di metodo non sono dirimenti e che vale la pena per un attimo addentrarsi nei meandri delle due letterine di natale, non potremmo che constatare che queste suscitano molti più dubbi che certezze. Le domande che vengono dalle scuole, infatti, sono tante e restano inevase.
L’Ufficio scolastico lombardo, ad esempio, ha confezionato un ottimo lavoro di sintesi di quelle, spesso davvero interessanti, che vengono dagli insegnanti, chiaramente senza sentire il dovere di fornire alcuna risposta.
Io ne rilancio per brevità solo un paio, che non hanno certo la pretesa di essere espressione di tutto il vasto universo di dubbi che la normativa sui Bes ha suscitato, ma che sono un piccolo spaccato degli equivoci che questa questione ha generato. Nemmeno io darò risposte esaustive, non lo farei nemmeno se le avessi, perché dobbiamo pretendere che la matassa la sbrogli chi l’ha creata, se è in grado.
La vera categoria “nuova” è quella dei BES?
La stragrande maggioranza dei docenti crede che i Bes siano una categoria nuova, che si somma a quelle già “normate” (alunni con disabilità con la 104 del ’92, disturbi dell’apprendimento con la 170 del 2010), ma i “ben informati” sanno che non è esattamente così. La categoria dei Bes, infatti, non si somma a quelle DA (o DVA, vale a dire degli alunni con disabilità) e DSA, ma le “ingloba“. Come appare evidente dalla Circolare di marzo e dalla modulistica prodotta da diversi uffici scolastici a partire dal mese di giugno, sotto la sigla BES si includono tre grandi categorie: le due “già note” (disabilità e disturbi evolutivi specifici) più una terza, quella dello svantaggio (socio-economico e/o linguistico/culturale).
La vera novità è proprio relativa a quest’ultima categoria: per la prima volta si chiede ai consigli di classe di predisporre un piano personalizzato per chi vive in una situazione di generico “disagio“, tutto da interpretare. L’individuazione e la programmazione per i disagiati è dunque la vera novità. Bes è invece il contenitore che intende includere questi e “i bisogni” che la legislazione precedente ci chiedeva già di soddisfare.
Anche questa potrebbe rivelarsi una questione non di dettaglio. Se è vero infatti che “tutta la comunità educante” interviene ed è responsabile del soddisfacimento dei Bisogni Educativi Speciali (leggi: tutti i docenti sono di sostegno per i Bes) e se di pari passo è vero che anche gli alunni con disabilità sono Bes, allora non può che derivarne che anche per alunne e alunni con disabilità dovrà essere l’intero consiglio di classe a farsi carico della programmazione individualizzata.
In sé l’idea che tutti i colleghi si attivino pare molto bella finanche a me, se non fosse che il “tutti sono di sostegno” è stato usato per portare avanti l’idea che non occorre più il docente di sostegno specializzato, almeno da due o tre anni, cioè da quando un illuminante documento di Fondazione Agnelli, Caritas e Treellle (Comunione e Liberazione) l’ha proposto forse per la prima volta in modo esplicito.
Certo non assisteremo dall’oggi al domani alla cancellazione del sostegno, ma vale la pena sin da subito suonare un campanello d’allarme, soprattutto per il pericolo che alunne e alunni con disabilità non gravi vengano con poca grazia a partire da oggi calati nel calderone dei disagiati, o, come già accennato, si trasformino i FIL con sostegno nella categoria dei FIL senza sostegno (essendo previsti per i Funzionamenti Intellettivi Limite entrambe le opzioni).
Approccio medico o politico?
Concludo con qualche considerazione su un quesito che mi affascina e forse mi preoccupa più di ogni altro: il concetto di BES è tratto dalla scienza medica? [-----]

venerdì 25 ottobre 2013

la rivolta dei presidi contro i tagli all'istruzione

fonte: repubblica.it

La rivolta dei presidi contro i tagli all’istruzione

L'allarme dei dirigenti: “A rischio i laboratori, ferme le attività extradidattiche”. Non ci sono fondi per pagare gli insegnanti. Il mondo della scuola rimane a terra
Le attività extra didattiche, dal teatro alla musica, dai corsi di educazione sessuale allo sport, per i bambini che non hanno la possibilità di fare nuoto o calcio in altro modo, sono per ora congelate alle elementari e medie del Pilastro e della Bolognina. Non ci sono fondi per pagare gli insegnanti. Al professionale Majorana di San Lazzaro a fatica sono state rinnovate cinque macchine per il disegno tecnico: troppo poco per classi di almeno 28 studenti. Alle Aldini sono state aperte due sale cinematografiche per portare gli studenti a vedere un film, accompagnati dal bidello, quando manca il professore: non bastano i soldi per pagare i supplenti. Al tecnico Belluzzi sono ancora aperti i cantieri del postterremoto. Per non parlare dei registri elettronici: in tanti istituti di base si va ancora di carta e penna.

Il mondo della scuola a terra. Sono solo esempi, tanti piccoli casi che coinvolgono un po’ tutte le realtà scolastiche. Nonostante il cambio di passo del governo sugli organici, il mondo della scuola rimane a terra, vittima dei tagli e della mancanza di certezze sulle (poche) risorse. Cresce l’esasperazione degli insegnanti. Ed è rivolta dei presidi, pronti a incontrare il ministro Carrozza annunciato a Bologna a fine ottobre: "Siamo in difficoltà soprattutto perché ad oggi non sappiamo ancora su quante risorse potremo contare, anzi si parla di un ulteriore taglio, così è a rischio l’autonomia delle scuole", denuncia Giuseppe Pedrielli, presidente di AsaBo, l’associazione scuole di Bologna: "Vogliamo incontrare il ministro per dirglielo".

Nuovi tagli ai fondi. Sono i soldi per il fondo di istituto (Fis), già tagliato lo scorso anno dal 29% al 40% per pagare, su accordo sindacale (tranne Cgil), gli scatti di anzianità dei docenti. Ora è probabile una nuova sforbiciata del 25-30%. "Insostenibile", tuonano in coro i presidi. "È impensabile programmare le attività senza sapere di quante risorse potrai disporre, tutto è affidato alla buona volontà dei docenti, io lo chiamo volontariato a rischio: fai le attività e non sai se e quando sarai pagato", osserva Mario Maria Nanni, preside dell’Ic 21. "Dà fastidio l’incertezza sui fondi e un loro ulteriore taglio porterebbe a una scuola tutta uguale, ridotta all’osso", mette in guardia Alessandra Francucci preside del liceo Sabin.

Scatta la mobilitazione. La protesta degli insegnanti è già partita all’istituto comprensivo 11, con una chiamata alla mobilitazione di tutti i docenti bolognesi. Protesta "sacrosanta", sostiene il preside Sergio Pagani. Nelle sue scuole, al Pilastro, il fondo di istituto è passato da 85mila a 49mila euro lordi in due anni. "Abbiamo fatto partire i progetti per gli stranieri e i disabili tutelando i più deboli. Ma il resto è congelato. E a fatica abbiamo trovato fondi per lo sportello psicologico. Non si può andare avanti così. Stupisce che questa difficoltà non faccia clamore", aggiunge. Il calo delle risorse, anche da parte di enti locali e fondazioni, ha peggiorato le cose e aperto la discussione tra

i presidi. Che fare: aprire la strada ai privati, chiedere più soldi ai genitori? Pagani difende la scuola pubblica pagata dallo Stato. "Chiedo dieci euro all’anno alle famiglie per l’assicurazione, mi rifiuto di chiedere di più. E non vado a chiedere l’elemosina ai privati". Il suo è un grido di allarme: "Con questi tagli di fatto si va nella direzione di azzerare l’autonomia degli istituti e di privatizzare la scuola pubblica".

domenica 20 ottobre 2013

Pensieri di maestra, all'inizio dell'anno scolastico

fonte: retescuole
Stella , stellina, la notte si avvicina....mah ! Forse la notte nelle nostre scuole è arrivata già da un pezzo.

A settembre mi sono trasferita in una scuola primaria della periferia sud est di Milano; ho chiesto di trasferirmi qui perchè questa scuola è piuttosto vicina a casa mia e ha quella dimensione multietnica nella quale mi piace vivere e lavorare.

Provengo da una scuola della periferia sud , con caratteristiche simili, pensavo.
In parte è così ma la“mia” scuola attuale sta lentamente scivolando nella situazione di scuola-ghetto. La percentuale di alunni di provenienza straniera è altissima e varia : sudamericani, rumeni, albanesi, filippini, cinesi, egiziani, marocchini e ultimamente sta diventando consistente la presenza di bambine e bambini rom. Le famiglie italiane diminuiscono a vista d'occhio, spaventate dalle difficoltà.

Le difficoltà...certo che ci sono! A proposito di bisogni educativi, avremmo bisogno di ben altre risorse...e il taglio al Fondo d'Istituto ci penalizza molto.

La “mia” classe (sono maestra prevalente e non per scelta ) è composta da17 bambine e bambine teneri, un po' monelli, molto simpatici.
Reduce da una classe di 25 ho pensato: che meraviglia!
Poi ho capito che con quattro bambini “segnalati” in classe e la coesistenza di almeno cinque livelli nell'apprendimento della lingua italiana , forse proprio una meraviglia non è. Non avendo nessun'ora di compresenza, poche ore di supporto per gli alunni non italofoni e un orario “infelice”riuscirò ad essere incisiva nella mia azione educativa?

Mentre esploro gli armadi della classe alla ricerca di materiali, trovo uno scatolone. Incuriosita, lo apro. Sono le prove Invalsi. Subito mi chiedo come sia possibile proporre prove standard in situazioni così diversificate . E come avranno reagito queste bambine e questi bambini di fronte ad una proposta così ostile anche nella modalità di somministrazione ( si , somministrazione, come per una medicina, e amara per giunta!)
E a cosa diavolo saranno servite? Forse che le risorse economiche destinate alle prove non avrebbero potuto essere impiegate in modo più adeguato, sempre pensando ai bisogni educativi? La direttiva ministeriale sui BES, introduce una terza categoria, quella dello svantaggio (socio-economico e/o linguistico/culturale). Ma queste bambini e bambini non hanno bisogni educativi speciali, hanno, come tutti , bisogni educativi. Hanno bisogno di tempo, di cura, di pari opportunità!

In cerca di conforto, approfittando di un buco d'orario, decido di visitare una nota libreria specializzata di Milano. Ma vengo invece presa dallo sconforto : il materiale per la scuole è diminuito rispetto al passato. Nello scaffale dei libri per l'insegnamento della lingua2 poche proposte, tanti fascicoli per allenare alle prove sopracitate ed altri eserciziari sempre con riferimento a queste. Nello spazio per l'insegnamento della musica poco materiale e per giunta datato....Dunque anche le proposte editoriali esprimono ormai un'idea di scuola meritocratica e manageriale, lontana dalla psicologia del bambino.
Stella stellina...la notte è arrivata....ma dovrà pur passare questa nottata...

La metodologia “Pedagogia dei Genitori”: teoria e prassi per un patto tra genitori e professionisti

fonte: forum sulla non autosufficenza

La risorsa famiglia e il nuovo welfare


Politiche sociali per tempi di crisi
Viviamo in tempi un po’ malandati, afferma Andrea Canevaro, in cui le derive sociali sembrano ingovernabili. Il vento della crisi – non solo economica – ma anche di paradigmi e di idee non è mai stato così sferzante. Occorrono nuove indicazioni teorico pratiche. Pierpaolo Donati richiama la necessità di de-mercificare il welfare, ripensarlo in termini riflessivi e relazionali. Occorre rivedere schemi basati sul controllo dei processi sociali tramite strumenti numerici, statistici, quantitativi, e proporre nuovi approcci per evidenziare risorse quali la soggettività e la cultura delle persone. Per affrontare i processi di disuguaglianza e povertà occorre accettare e ampliare la pluralizzazione dei punti di vista, mettersi dalla parte degli altri, riflettere su di sé e la propria formazione di operatore sociale, dare un ruolo più attivo alle persone e alla società civile, promuovere la partecipazione. L’etica del riconoscimento porta a proporre la consapevolezza dell’altro, a metter in campo le sue forze e le sue capacità. Tra cittadini e professionisti occorre creare reciprocità culturale basata sulla riflessività e l’individuazione delle competenze. I cittadini sono più consapevoli delle loro capacità e sanno programmare la propria vita meglio di un tempo. Anche le persone socialmente escluse attivano nuove forme di riflessività nell’usare i servizi e il lavoro sociale secondo modalità creative di lifeplanning.

Nuovi indicatori per riscoprire risorse
Cresce la consapevolezza di dover partire dalle risorse umane e relazionali. Nella società della crisi si avverte la necessità di realizzare un nuovo welfare più sganciato dal consumismo6, dalla monetarizzazione dell’assistenza, più fondato sulle potenzialità umane. Partire dalle risorse che esistono in tutti, ricercarle, evidenziarle, valorizzarle. È l’approccio alle capacità dell’economista Amartya Sen e della filosofa Martha Nussbaum, fatto proprio da organismi internazionali come lo United Nations Development Programme. Significa valorizzare nuovi approcci che tengano conto della cultura delle persone e delle loro risposte sui problemi che affrontano.

Prendere in carico la conoscenza che hanno di loro stessi e del loro ambito di vita. Creare alleanze per scelte effettuate paritariamente tra cittadini e professionisti, consapevoli questi ultimi del valore del sapere dell’esperienza che ogni persona possiede, complementare al sapere della scienza. È impostare nuovi criteri che guidino le politiche sociali. Assumere come indicatore il Benessere Equo e Solidale (BES), attualmente proposto dall’Istat, e non solo il Prodotto Interno Lordo (PIL). Ricchezza è anche il capitale sociale: le relazioni tra i cittadini, le reti di prossimità, la coesione, la capacità di integrazione, la solidarietà intergenerazionale, ecc. Un’economia basata sul PIL tende a mercificare tutto e ad annientare i rapporti interpersonali.

La prospettiva relazionale interviene per aprire la possibilità di passare ad un’economia basata anche sullo scambio non mercantile dei beni. Ciò si realizza solo se il criterio per effettuare lo scambio diventa quello della reciproca valorizzazione degli attori sociali. Questa svolta è l’unica in grado di riscoprire le relazioni umane, orientandole al bene comune9. Anche l’Ocse stabilisce il Better Life Index, Indice di una vita migliore, tra i cui parametri prevede L’Impegno civico, L’equilibrio tra vita personale e professionale, Il senso di comunità, ecc. I nuovi approcci delle scienze sociali evidenziano l’importanza di identificare i beni comuni, quelli materiali e quelli immateriali, tra questi ultimi il più importante è l’educazione dell’uomo, scoprire la funzione della famiglia e della genitorialità come primo ambito formativo. È necessario per le scienze sociali non solo misurare ma identificare le risorse, suscitarle, diventare Cercatori d’oro.

L'ARTICOLO DI RIZIERO ZUCCHI E AUGUSTA MOLETTO PROSEGUE NEL PDF ALLEGATO: COMPLETA LA LETTURA!

lunedì 14 ottobre 2013

la scuola vent'anni dopo

fonte vivalascuola

Vivalascuola. Vent’anni dopo


Ci avviamo al tramonto del ventennio berlusconiano, allora è il tempo di domandarci: come si è trasformata la scuola italiana in questo periodo? Quali sono state le parole più usate? Quali sono state le continuità? E discontinuità, ce ne sono state? O c’è qualche filo rosso che attraversa il periodo? Ci riflette Giovanna Lo Presti con uno sguardo che abbraccia l’inizio e la fine del ventennio. Con qualche sorpresa. O forse no.
La tragicommedia della scuola italiana nel ventennio berlusconiano
di Giovanna Lo Presti
Da D’Onofrio a Carrozza
Certo non siamo come Ireneo Funes, Funes el memorioso, quel personaggio borgesiano dotato di una prodigiosa e analitica memoria. A Ireneo non sfugge nessun particolare del mondo che lo circonda ed è in grado di ricordare tutto ciò che gli accade, anche nei particolari – e per sempre. La sua straordinaria memoria lo condanna all’isolamento, all’inazione, all’incapacità di formulare idee generali:
Non solo gli era difficile comprendere come il simbolo generico “cane” potesse designare un così vasto assortimento di individui diversi per dimensioni e per forma; ma anche l’infastidiva il fatto che il cane delle tre e quattordici (visto di profilo) avesse lo stesso nome del cane delle tre e un quarto (visto di fronte)”.
Eppure anche la preoccupante mancanza di memoria che caratterizza i nostri tempi rischia di portare alle stesse conseguenze: alla incapacità di formulare giudizi generali che guidino ad una azione conseguente. Se non fosse così, in questi vent’anni noiosi e distruttivi dal punto di vista sociale, i rigurgiti di rabbia sarebbero stati sempre più frequenti e forse si sarebbero trasformati in una protesta attiva e capace di costruire un argine al dilagare del neoliberismo, che io mi rifiuto di definire “pensiero”, in quanto nient’altro è che una grezza dottrina, dominata dalla rapacità e dall’egoismo.
A parziale dimostrazione di questa tesi – e cioè che la smemoratezza sta alla base dell’acquiescenza che ha caratterizzato l’ultimo ventennio – porterò un unico e parziale esempio, costituito dal confronto tra le dichiarazioni del primo ministro della (pubblica) Istruzione dell’era berlusconiana (D’Onofrio) e l’ultimo (Carrozza). Ancorché l’ultimo ministro provenga dalle fila del principale partito di opposizione alle truppe berlusconiane, non possiamo dimenticare che il governo attuale è un ibrido, una avvilente contaminazione tra centro-destra e centro-sinistra – e quindi definire Carrozza l’ultimo ministro dell’era berlusconiana sarà (lo vogliamo dimostrare) soltanto una piccola forzatura.
Consolidamento della matrice di classe
Era il 1994 e Francesco D’Onofrio diventava Ministro della Pubblica Istruzione: avrebbe mantenuto la carica dal 10 maggio 1994 al 17 gennaio 1995. Mesi pochi, parole molte. Vediamo: obbligo a sedici anni e istruzione più unitaria. Afferma D’Onofrio:
Quello che tengo a sottolineare è che cade il muro di Berlino che separa i due tipi d’istruzione. Cade la barriera divisoria tra licei ed istituti, crolla la separazione culturale e giuridica tra diverse scuole. Grazie ad una nuova flessibilità si potrà passare più facilmente da un tipo d’insegnamento all’ altro”.
Caspita, una vera rivoluzione! Vent’anni dopo, di innalzamento dell’obbligo e di barriera divisoria tra licei ed istituti tecnici e professionali nelle linee programmatiche del ministro Carrozza non c’è traccia. Il cammino rabdomantico che l’innalzamento dell’obbligo a 16 anni ha percorso ha prodotto, come unica “novità”, il trionfo del compromesso al ribasso e dell’ipocrisia: perciò l’assolvimento dell’obbligo può avvenire, dopo i 15 anni di età, anche attraverso la stipula di un contratto di apprendistato (1).
Per approdare a questo punto, abbiamo dovuto attraversare le secche di Moratti, che aveva creato la fantasiosa espressione del “diritto-dovere” alla formazione e all’istruzione e abbiamo sopportato fastidiose prese di posizione (false come Giuda) volte a sostenere che il sapere “pratico” dell’apprendista è equivalente al sapere teorico offerto dalla scuola tradizionale.
Per smontare l’equivalenza tra formazione professionale e scuola superiore è sufficiente rilevare il numero di figli di genitori laureati iscritti ai corsi di formazione professionale. Oggi – ce lo confermano le indagini più recenti sull’argomento – ai licei vanno i figli delle famiglie abbienti e ai tecnici e ai professionali tutti gli altri, che, evidentemente, progenie di vil gente meccanica, non sono “portati” allo studio.
Tocchiamo così uno dei punti centrali e più preoccupanti che hanno caratterizzato nell’ultimo ventennio la scuola italiana: e cioè il consolidamento della matrice di classe della scuola nel suo complesso. [-------]

venerdì 11 ottobre 2013

MATELICA: protesta dei genitori all'IPSIA per classi pollaio

fonte: croncahe maceratesi
Classe pollaio al professionale

Genitori sul piede di guerra

MATELICA - Protesta delle madri degli alunni "Stanno in 34 in una classe pensata per 25"

giovedì 10 ottobre 2013 - Ore 20:49 -


L’Ipssia di Matelica

di Monia Orazi

In diverse ore di lezione si contano ben 34 persone all’interno della classe prima indirizzo meccanica dell’istituto professionale di stato “Don Enrico Pocognoni” di Matelica. Trenta sono gli alunni che da poco hanno iniziato a frequentare il primo anno delle superiori, tre gli insegnanti di sostegno che seguono tre ragazzi svantaggiati, più il docente dell’ora: stanno all’interno di un edificio nuovissimo di proprietà della Provincia, consegnato appena tre anni fa, ma le cui aule sono progettate per ospitare al massimo 25 alunni. Un gruppo di madri si è riunito martedì scorso con il preside Francesco Mezzanotte, per discutere delle possibili soluzioni. Non ci stanno al fatto che i loro figli frequentino le lezioni in modo disagiato. “All’interno della classe manca lo spazio, si fa lezione con le finestre aperte per evitare che manchi l’aria e per chi sta nelle ultime file diventa difficilissimo seguire le lezioni – spiega una delle madri – noi chiediamo che questa classe sia sdoppiata, per permettere ai nostri figli di frequentare meglio le lezioni”. La legge prevede almeno un metro quadrato e 96 centimetri per alunno, per poter garantire quanto previsto dalle norme di sicurezza, che in questo caso diventa difficile rispettare. Il problema si ripropone anche nelle ore di laboratorio professionale, è impossibile portare gli alunni della prima classe, perchè sono troppi e nell’aula non c’è lo spazio richiesto per utilizzare il tornio in piena sicurezza. Così le lezioni restano teoriche. Il dirigente scolastico Francesco Mezzanotte ha chiesto all’ufficio scolastico provinciale, su sollecitazione dei genitori, di poter sdoppiare la classe, ma è giunta una risposta negativa da parte del dirigente Luca Galeazzi, in quanto la normativa prevede che nel caso di iscrizioni superiori ai parametri di legge del dpr 81 del 2009, i presidi non accettino nuove iscrizioni. La legge Gelmini prevede che le prime classi si possano formare con un numero minimo di 27 iscritti, sino ai 35, al superamento della quale si può chiedere lo sdoppiamento, sono previste alcune situazioni di deroga. “Dopo la formazione dell’organico d’istituto avvenuta a luglio, sono giunti altri trasferimenti da altri istituti – spiega il dirigente scolastico – non ho rifiutato le nuove iscrizioni, come previsto dalla normativa, per garantire il diritto allo studio ed evitare così la dispersione scolastica”. Il dirigente ha incontrato i genitori, che promettono azioni di protesta per garantire il diritto dei loro figli a seguire in modo ottimale le lezioni. L’anno scorso la sede Ipsia Ercole Rosa di San Severino si ritrovò con una terza classe sovraffollata con 36 studenti, sempre dell’indirizzo meccanico, in questo caso grazie alla protesta dei genitori e all’interessamento del sindaco Cesare Martini si tornò alla situazione precedente di due classi distinte. Anche a Camerino, il sindaco Dario Conti, l’assessore Enrico Pupilli e l’allora preside dell’istituto tecnico Antinori Maurizio Cavallaro, si batterono nel settembre di due anni fa per una classe “pollaio” con ben 36 alunni, che poi fu sdoppiata.



giovedì 10 ottobre 2013

scuola e alunni con disabilità. VADEMECUM E INFO IMPORTANTI.

FONTE: GRUSOL
SCUOLA E ALUNNI CON DISABILITA'


Scuola e alunni con disabilità
 
 
 
 
 

Marche, istruzione professionale Nasce il coordinamento dei docenti

fonte: corriere adriatico

Marche, istruzione professionale Nasce il coordinamento dei docenti

Marche, un coordinamento 
di docenti del Professionale
ANCONA - L'istruzione professionale all'angolo a causa di riforme e tagli.

Per invertire questa tendenza e richiamare l’attenzione sull’importanza strategica dell’istruzione professionale , si è costituito nei giorni scorsi ad Ancona il “Coordinamento Marche degli insegnati dell’istruzione professionale”. Obiettivo del Coordinamento è quello di aprire una vertenza nei confronti della Regione Marche e del Miur.

Al Ministero dell’Istruzione si chiede che vengano restituite centralità e peso adeguato alle discipline laboratoriali e tecniche e, nel riconoscimento della particolare vulnerabilità dell’utenza, sia limitato considerevolmente il numero degli alunni per classe, che attualmente può raggiungere e persino superare le 30 unità.

Alla Regione Marche si chiede un adeguato apporto di risorse finanziarie (oggi più scarse di quelle riservate dalla stessa Istituzione agli enti privati di formazione) per incrementare, nell’ambito del percorsi triennali di qualifica, gli organici dei docenti di laboratorio e per ammodernare e potenziare i laboratori scolastici.

Il Coordinamento ha stilato una lettera aperta rivolta alle istituzioni, al sistema produttivo ed all’intera comunità regionale sulla quale sarà aperta una raccolta di adesioni nell’ambito di tutti gli istituti della regione.

Per perseguire gli obiettivi prefissati saranno inoltre promossi dal Coordinamento nelle Marche: incontri con istituzioni, associazioni di categoria ed organizzazioni sindacali, azioni informative ed iniziative di lotta.
Mercoledì 9 Ottobre 2013

bologna: adozione e scuola

Il CARE al seminario sulla scuola a Bologna 17/10/2013

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La Provincia di Bologna ha organizzato un Convegno dal titolo "Oggi tema: l'adozione. Essere con, essere per il benessere scolastico degli studenti" che si terrà  giovedì 17 ottobre 2013 (orario 9.00 - 14.00) a Bologna presso la Fiera sala A, terza torre.
Il seminario è rivolto ai dirigenti scolastici, agli insegnanti di ogni ordine e grado, agli operatori delle équipe centralizzate, agli operatori degli EA, ai giudici dei Tribunali per i minori, coordinatori pedagogici neuropsichiatri infantili, associazioni di famiglie adottive e affidatarie.  
L’inserimento scolastico è un passaggio evolutivo  importante per tutti i bambini, lo è in maniera  significativa anche per i bambini adottati che  nella maggioranza dei casi si trovano ad un certo  punto della loro vita a frequentare una nuova classe, conoscere nuovi compagni, in una scuola diversa rispetto a quella dove hanno iniziato i primi processi di socializzazione e di apprendimento (anche linguistico nel caso di bambini provenienti da altri Paesi e giunti in Italia tramite adozione internazionale).
Il Il modello di intervento proposto dalla Regione, che sta alla base della organizzazione di questo seminario, suggerisce l’utilità di un lavoro di rete con le famiglie, gli insegnanti, gli operatori dell’ équipe adozione e degli enti autorizzati alle adozioni internazionali, per stabilire insieme i modi e i tempi per accompagnare adeguatamente il loro inserimento scolastico. A scuola si giocano fattori importanti per il benessere, l’auto-stima, e l’ integrazione sociale dei bambini . Si tratta di aspetti importanti nell’evoluzione e nella crescita di tutti i bambini, e rilevanti nel raggiungimento di una serena identità adottiva. Il seminario è un’occasione per riflettere insieme a tutti i protagonisti sull’apprendimento e il benessere dei bambini adottati.
Anna Guerrieri, vicepresidente del Coordinamento CARE, introdurrà i lavori con l'intervento “Le famiglie adottive e la scuola: il dialogo e il confronto".   Seguiranno gli interventi di Luigi Fadiga, Rosa Rosnati, Stefano Giusberti e Monica Nobile.
Nella seconda parte del Convegno Marco Bosco, del Coordinamento CARE e rappresentante delle associazioni familiari adottive e affidatarie della Regione Emilia Romagna, parteciperà alla sezione "Quattro domande a quattro interlocutori significativi poste e commentate da Graziella Favaro"
La partecipazione è libera e gratuita.



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domenica 6 ottobre 2013

dimensionamento scolastico

Dimensionamento scolastico: la FLC chiede al MIUR un confronto urgente sul DL 104/2013

Il decreto va emendato se si vuole dare certezze e stabilità alle scuole e alle famiglie.

27/09/2013
Pubblichiamo di seguito la lettera inviata al MIUR dal segretario generale della FLC per chiedere alla Ministra Carrozza un confronto urgente sul tema del dimensionamento scolastico.
Come noto il DL 104/2013 all’art. 12 affida positivamente alla Conferenza Unificata Stato-Regioni il compito di definire i criteri per individuare le istituzioni scolastiche a cui assegnare dirigenti scolastici e DSGA. Desta però preoccupazione il fatto che il decreto non preveda parametri certi (media alunni per istituto) per il dimensionamento delle scuole e questo potrebbe determinare gli stessi problemi che hanno impedito nel recente passato di trovare una soluzione positiva alla questione. La FLC su questo tema ha elaborato una propria proposta improntata a criteri di flessibilità e gradualità. Sulla base di questa impostazione presenterà specifici emendamenti al fine di ottenere i necessari cambiamenti al DL 104/2013.
_____________________
Roma, 26 settembre 2013

Al Ministro per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca
Prof.ssa Maria Chiara Carrozza
Alla Conferenza delle Regioni
Oggetto: dimensionamento della rete scolastica e DL 104/2013. Richiesta incontro
Il DL 104 del 12 9 2013 si occupa all’art 12 del dimensionamento della rete scolastica devolvendo, positivamente, alla Conferenza Unificata Stato-Regioni e Province Autonome il compito di individuare i criteri in base ai quali alle Istituzioni Scolastiche saranno assegnati un Dirigente scolastico e un Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi..
Preoccupa tuttavia che nella norma citata non si indichino criteri generali rispetto al numero medio di alunni su cui pure una recente provvisoria intesa aveva fornito ragionevoli punti di approdo.
La preoccupazione deriva dall’indicazione del Decreto in cui si fa riferimento al fatto che detta operazione deve avvenire “senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica”; e ciò in assenza di precisa indicazione su quale sia l’onere finanziario invalicabile. Questione quest’ultima che determinò l’interruzione della interlocuzione fra Stato e Regioni. Quale sia la posizione della FLC CGIL si evince dal dettagliato documento che essa licenziò nel settembre del 2012 e che, per conoscenza, alleghiamo. Ribadiamo che i criteri da individuare debbano essere improntati alla flessibilità e alla gradualità e debbano perciò consentire la formazione di Istituti al di sotto dei parametri individuati soprattutto nelle situazioni ad alta dispersione scolastica e ad alta diffusione del fenomeno criminale.
Crediamo sia utile un confronto urgente su questa materia e chiediamo pertanto un incontro di merito, ritenendo utile e funzionale ad una buona gestione di questa tormentata e intricata vicenda del dimensionamento ottimale il protagonismo delle rappresentanze sociali dei lavoratori della scuola.
In attesa di riscontro cogliamo l’occasione per porgere cordiali saluti.
Il Segretario generale FLC CGIL
Domenico Pantaleo
Allegatidocumento flc sul dimensionamento scolastico settembre 2013

FERMO: il mondo dell'infanzia


mario lodi: un metodo di insegnamento

fonte: coord. don orione

mario lodi: un metodo di insegnamento

"Mario Lodi: un metodo di insegnamento" fa parte di una serie d’inchieste condotte da Vittorio De Seta nel 1979 sul mondo della scuola in Italia.
Il filmato si concentra sull`esperienza di Mario Lodi, maestro elementare in una frazione del comune di Piadena, tra le città di Mantova e Cremona. 
Per metterne a fuoco i principi didattici, le parole dell’insegnante, sono alternate alle riprese effettuate in una IV elementare della scuola. 
L`apprendimento, secondo Lodi, parte dal bambino, dal suo mondo, da ciò che conosce e gli è caro, quindi è necessario associare, qualsiasi materia, con la vita di tutti i giorni.
Fondamentale è inoltre, per Lodi, la conoscenza del bambino perché non c’è processo educativo che sia avulso dalla realtà familiare. 


IL FILMATO (dal sito Rai Scuola):  [clicca qui]

venerdì 4 ottobre 2013

DISPERSIONE SCOLASTICA

fonte: integra.it 


 Attualità : Istruzione: la dispersione scolastica colpisce maggiormente gli studenti stranieri
(18/09/13)
L’Italia è uno dei paesi europei meno virtuosi per quanto riguarda l’abbandono scolastico. Nel 2012 gli studenti tra i 18 e i 20 anni che hanno abbandonato gli studi sono stati 758mila. I più colpiti sono gli stranieri. Questo è quanto emerge dal focus ‘La dispersione scolastica’, realizzato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

ll fenomeno delle dispersione scolastica, nel nostro paese, interessa maggiormente le regioni meridionali, con punte del 25,8% in Sardegna, del 25% in Sicilia e del 21,8% in Campania, e riguarda soprattutto gli studenti stranieri. E' infatti dello 0,49 il tasso di abbandono degli stranieri nella scuola secondaria di I grado, tasso che scende allo 0,17% negli alunni con cittadinanza italiana. Più preoccupante la situazione nella scuola secondaria di II grado dove gli alunni stranieri ‘a rischio di abbandono’ sono pari al 2,42% degli iscritti, contro l’1,16% degli alunni stranieri.

La presenza degli alunni stranieri in Italia è un fenomeno in crescita, attualmente gli alunni con cittadinanza non italiana sono il 9,5% nella scuola secondaria di I grado e il 6,6%nella scuola secondaria di II grado.

Gli stranieri che abbandonano la scuola provengono soprattutto da: Libia (4,2%), Eritrea (3,2%), Taiwan(6,9%) e dalla Georgia(5,6%).

La dispersione scolastica

mamme all'università

fonte: comune.info

Mamme all’università

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Mentre in Germania, la maternità è tutelata all’Università tramite aiuti speciali, in Italia molte ragazze devono abbandonare i banchi per la carriera di mamma.
Riflettiamo un secondo sulla nostra carriera universitaria: quante ragazze in gravidanza o con i passeggini avete visto frequentare i corsi? Personalemente, a Padova, nemmeno una. Ma quando mi sono trovata in Erasmus a Berlino, ero quotidianamente stupita del numero di pancione e bimbi gironzolanti tra i corridoi. Prima di arrivare al tema centrale, vorrei almeno aprire una piccola parentesi sugli uffici che permettono tutto ciò e sono chiamati Uffici per l’Ugualianza di Genere, i quali sono presenti per legge in tutte le università tedesche.
I Frauenbeauftragte sono coloro che garantiscono la parità nelle università berlinesi e sono gli unici responsabili per l’attuazione della parità, sviluppando piani per la promozione femminile in vista dell’eliminazione delle disegualianze. Si occupano primcipalemente della promozione e messa in partica di una una serie di strumenti di controllo, iniziative e opportunità a sostegno di studentesse e lavoratrici; così l’obiettivo primario diventa di più ampio respiro e mira al cambiamento culturale e strutturale di tutti i dipartimenti universitari. Ma anche della risoluzione di conflitti, le molestie sessuali e le discriminazioni a causa del sesso, i casi di mobbing e stalking e le azioni per la conciliazione tra famiglia, lavoro.
Tutte le strutture scolastiche devono per legge, includere nel proprio bilancio e statuto questo uffico. Una delle università più grandi, la Freie Universität, si avvale da molto tempo di questo ufficio – dal novembre del 1981- e tuttora sprona affinchè rappresentanti femminili siano presenti in tutte le organizzazioni e le strutture universitarie.
Anche la Humbolt – ex università sovietica – offre consulenza e svolge un continuo monitoraggio su tutte le commissimi affinchè si rispetti la parità. Ma è nel campo della conciliazione tra famiglia-studio e lavoro, che gli uffici di genere, negli ultimi dieci anni, destinanto il maggior sforzo, avviando una serie di iniziative pilota come i Centri di Supporto Famigliare. Ci sono strumenti offerti dalle università per permettere a lavoratrici, docenti e studentesse di poter conciliare meglio la vita universitaria con la famiglia e la maternità.
I servizi offerti aiutano le donne a trovare una trada personale in cui si bilancino i diversi aspetti della vita permettendo così ad ogni iscritta di completare gli studi o di svolgere in modo adeguato il proprio lavoro. Alle studentesse madri o future madri è permesso di pianificare gli studi: ognuna di esse è seguita da un tutor che aiuta la programmazione di questi “piani speciali mamma oriented” scegliendo seminari ed esami da sostenere. Oltre a ciò, offrono servizi gratuiti e supporto legale-finanziario in tematiche come congedi familiarei, benefici per i figli e creano un ambiente adatto ad rientro lavorativo dopo la gravidanza.
Putroppo, anche Berlino e tutta la Germania, non si scostano dal problema di mancata flessibilità che coinvolge tutti i paesi europei e che rende molto difficilie qualsiasi tentativo di concliazione.
Spinti da questo problema, i centri si impegnanto ad aiutare praticamente le donne a conciliare le più diverse esigenze. Ad esempio, dal 2010 la Humbold si avvale di una serie di aule riservate alle madri ed i figli che vogliono allontanarsi dai chiassosi corridoi universitari, dove poter far riposare i bambini, cambiarli ed adattarli in un ambiente tranquillo. L’aiuto è esteso anche a tutto il corpo docenti che per necessità devono frequentare corsi e conferenze e che non possono portare con se la prole e anche al personale che lavora all’internno elle strutture.
Più sviluppato è il centro di assistenza della Freie che da sempre è considerata un’università family-friendly; l’ufficio esiste dal 2007 ed è punto di sostegno per tutte le donne…
Partendo dal presupposto che sia uomini che donne debbano partecipare in modo equo alle cure famigliari, l’università permette a tutti gli iscritti – uomini e donne – di poter migliorare questi processi conciliativi tramite azioni orientate verso la flessibilità come il part-time. Ad entrambi i genitori è riconosciuto inoltre il diritto di richiedere i congedi parentali previsti dalla Mutterschutzgesetz e poter quindi assentarsi dal lavoro per un anno o parteciparvi per un massimo di trenta ore settimanali. È inoltre riconosciuta la possibilità, senza nessuna riduzione di paga, di recarsi agli usuali controlli medici che sono possibili solo nelle ore lavorative.
Le studentesse madri, sono circa il sei percento dei trentacinque mila studenti iscritti a questa università, sono assistite dal i centro affinchè sia ottimizzata la conciliazione tra impegni universitari e cura della prole.
L’università assicura a tutti condizioni di studio che siano più possibili family-orientated rendendo facile la pianificazione dello studio ad esempio, riconoscendo la possibilità di apprendimento tramite internet. Gli studenti godono di vantaggi e riduzioni finanziarie e possono usufruire di stanze riservate alla cura dei bambini e persino un Kita, ovvero asilo, all’interno della struttura universitaria. Tutti i bambini mangiano gratuitamente della mensa universitaria che dedica menù biologici riservati alle loro esigenze.
E’ riconosciuta la possibilità di prolungare i corsi di studi per un semestre aggiuntivo perdendo però alcune agevolazioni come il semester-ticket, una sorta di badge che ti permette di avere numerose riduzioni e i mezzi di trasporto berlinesi completamente gratuiti. Inoltre le madri-studentesse godono di preferenze per le iscrizioni a seminari e corsi a numero chiuso; normalmente vi è l’obbligo di presenza all’85% delle lezioni possono concordate con i propri referenti per la pianificazione degli studi, assenze programmate e la possibilità di lavorare da casa.
La struttura garantisce l’asilo interno alla struttura che accoglie a rotazione più di duecento bambini di lavoratrici o iscritte all’università; l’orario di apertura generalmente va dalle 7,30 di mattina alle 6 di sera escludendo il week-end.
Ora, è vero che è più semplice guardare chi sta peggio di noi per consolarci… ma qualche volta copiare qualche iniziativa di chi sta meglio…non ci farebbe male no?!
Ammirabili sono le iniziative, putroppo ancora limitate, di aziende che includono delle proprie strutture asili per le dipendenti. Ma a livello universitario, putroppo siamo ancora parecchio indietro. In uno stato in cui si voglia almeno aiutare la maternità e la formazione, queste buone pratiche sarebbere uno grosso aiuto non solo per gli studenti ma tutti coloro che ruotano attorno al sistema universitario.

MACERATA: seminario di formazione" adozione, affido e accoglienza a scuola"


mercoledì 2 ottobre 2013

"Incontrarsi a scuola in classi con bambini adottati. Buone pratiche di inclusione"


Pubblicato in data 24/mag/2012
Speciale dedicato ai bambini adottati a scuola, realizzato in occasione del convegno di Levane: "Incontrarsi a scuola in classi con bambini adottati. Buone pratiche di inclusione" (16 maggio

senigallia: (dipendenze) Incontri-dibattito su: “Figli minori di tossicodipendenti”

(dipendenze) Incontri-dibattito su: “Figli minori di tossicodipendenti”

Senigallia, 9,16 e 23 Ottobre incontri/dibattito su: “Figli minori di tossicodipendenti”
Negli ultimi tempi si è determinato, per via del fisiologico incremento di alcuni utenti già da tempo in carico ai Servizi, un aumento delle nascite all’interno di nuclei familiari in cui uno o entrambi i genitori sono affetti da dipendenza     patologica.
La complessità clinica rappresentata da queste nuove famiglie comporta che gli interventi sanitari dei DDP devono declinarsi tenendo in considerazione le nuove esigenze trattamentali. Si impongono pertanto interventi preventivi e riabilitativi sempre più integrati tra Istituzioni diverse con competenze specifiche per la tutela dei minori e per il sostegno alla genitorialità (Ambiti sociali territoriali, Enti Comunali, Tribunali dei Minori ed U.O.Sanitarie che si occupano dell’Età Evolutiva).
Le emergenze cliniche e quelle giuridiche si intrecciano e si compenetrano: Istituzioni preposte ad organizzare     percorsi di tutela dei Minori e quelle deputate ad effettuare azioni di cura ed assistenza sono fortemente sfidate in questo ambito complesso a predisporre interventi adeguati, articolati ed efficaci, attraverso percorsi interistituzionali volti a garantire una sinergia di pratiche condivise.
Le giornate sono finalizzate a promuovere luoghi di confronto dei linguaggi interpretativi ed operativi. Si auspica la costruzione, tra le Istituzioni coinvolte, di modelli concettuali ed operativi condivisi utili ad interpretare e ad affrontare congiuntamente i fenomeni descritti attraverso l’ integrazione delle azioni interistituzionali
Per  iscrizione ed informazioni  071 79092340 dalle ore 11,30 alle 13,30 – Fax 071  79092338
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