fonte: USB
Nazionale – martedì, 09 luglio 2013
DALLA CALABRIA ALLA LOMBARDIA:
NON VOGLIAMO ESSERE PRIVATI DI NIENTE!
Vi proponiamo un primo approfondimento sul tema:
Trasformare la scuola in una azienda che opera all'insegna di criteri di mera efficienza e produttività, cambiare il concetto sociale di quello che si intende per istruzione rendendo la conoscenza una merce controllabile, modificabile e flessibile alle esigenze di mercato: questo il progetto dei numerosi tentativi che negli ultimi venti anni hanno messo la pubblica istruzione al centro di interessi economici cospicui volti alla distorsione di patrimonio pubblico verso aziende e soggetti privati o al disfacimento del mandato educativo delle istituzioni scolastiche.
Come operare questa trasformazione?
Le parole chiave sono sempre le stesse: gerarchizzazione, valutazione, competitività, sussidiarietà, modernizzazione, privatizzazione, regionalizzazione.
Lo strumento è quello delle Fondazioni a partecipazione privata.
Prendiamo due esempi da Nord a Sud: la Regione Calabria e la Regione Lombardia hanno da poco annunciato la costituzione dei Poli Tecnico-Professionali (Ptp), una nuova proposta di accordo di rete tra scuole superiori e aziende in cui appare con chiarezza come ci si stia pericolosamente avviando verso una sempre maggiore ingerenza dei privati nelle scuole statali.
Calabria:
nell'incontro organizzato dall'USR Calabria si è discusso del Piano Triennale sui Poli Tecnico-Professionali con proposte quali: la rimodulazione dei curricola per formare i docenti; l'entrata nei consigli di classe di imprese e aziende; la formazione dei dirigenti scolastici; l'impresa come agenzia formativa; la flessibilità e la competenza per l'immissione nel mondo del lavoro. Sul sito della Regione Calabria è stato pubblicato il bando della costituzione dei Ptp che prevede un finanziamento di 13 milioni di euro per favorire la nascita di questi Poli tecnico-professionali nel settore del Turismo e dell'agribusiness. Difficile dimenticare la vertenza dei precari calabresi nel 2009 che davanti ai 7 milioni stanziati dai Fondi Europei per i “progetti” del salva-precari dimostrarono quanto fossero insufficienti per arginare il più grande licenziamento di massa operato nella scuola dal piano Gelmini, che in realtà solo il 30% andava effettivamente ai precari (alcuni sono ancora in attesa del compenso) e soprattutto che i contratti a prestazione d'opera con i quali pretesero di assumere per quei progetti erano una sciagura per i diritti dei lavoratori e per la qualità della scuola. Difficile scordare tutto il piano di ridimensionamento scolastico che ha visto le scuole agrarie statali accorpate e cancellate. Due fatti apparentemente scollegati che ora probabilmente trovano un senso in questi soldi (residui dei fondi europei!) ancora una volta destinati alle aziende.
Lombardia:
l'assessore regionale all'Istruzione Valentina Aprea, con pieno appoggio del Direttore dell'USR De Sanctis, al convegno “A scuola di futuro” ha annunciato l'avvio della costituzione dei Ptp che si uniranno agli istituti tecnici superiori (Its) e agli istituti di istruzione e formazione tecnica superiore (Iefts) per attivare quella che l'assessore definisce “la formazione professionalizzante”. Le aziende, insomma, potranno candidarsi, nel corso dell'estate, per partecipare alla costituzione di reti scuola-imprese delle quali faranno parte indifferentemente gli istituti statali o paritari privati che abbiano da tre anni almeno nel proprio piano dell'offerta formativa un indirizzo di studio riferibile a una specifica area economica.
Accade, così, che dalle casse della regione Lombardia escano 20 milioni di euro per il finanziamento dei Ptp e il sostegno economico ai corsi di questa formazione in quanto, secondo l'assessore Aprea, le aziende sarebbero da considerarsi all'interno di questo progetto come dei “luoghi formativi di apprendimento in situazione”. All'implementazione dei servizi di placement ed orientamento degli istituti scolastici di secondo grado contribuirà, invece, il Programma “FIxO Scuola e Università”, finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e realizzato da Italia Lavoro S.p.A. Si tratta di un progetto ispirato dai principi contenuti nell'Agenda 2020 dell'Unione Europea, la strategia europea per la crescita che pensa all'integrazione tra formazione, percorsi di studio e sistema produttivo come al processo più adeguato alla riduzione dei tempi di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Per questo progetto vengono messi a disposizione quest'anno fondi pari a 1.320.000 euro per le imprese e i datori di lavoro privati che presenteranno richiesta di contributo per la stipula di contratti di apprendistato di alta formazione e ricerca.
La strategia prevede un rapporto strutturato tra Regioni e sistema scolastico-universitario. Infatti la Regione Lombardia integrerà il finanziamento con 450.000 euro ai quali si aggiungeranno anche 600.000 euro per la realizzazione di tirocini formativi e di orientamento extracurriculari.
Se gli interessi economici dei poteri forti e delle lobbies politiche vogliono rendere la scuola statale il luogo in cui imparare a produrre, consumare e obbedire il compito formativo ad essa assegnato, in un acuirsi sempre maggiore delle disuguaglianze sociali, sarà unicamente quello di “assicurare l'accesso all'apprendistato di quelli che non costituiranno mai un mercato redditizio e la cui esclusione dalla società in generale si accentuerà nella stessa misura per cui altri continueranno a progredire”
In linea con quanto dichiarato dall'OCSE per cui l'apprendimento va concepito come continuo (una sorta di apprendistato a vita) in quanto deve accompagnare il lavoratore per tutta la sua vita (long life learning) in modo da renderlo flessibile e quindi adattabile alle richieste del mercato, l'istruzione viene ad assumere un mandato completamente differente da quello avuto dal secondo dopoguerra ad oggi: “dare la priorità allo sviluppo delle competenze professionali e sociali per un migliore adattamento dei lavoratori ai cambiamenti nel mercato del lavoro”. Nella versione riletta in Italia di questo processo fanno parte i percorsi formativi professionali (finanziati dalle Regioni e gestiti da Enti in mano di Sindacati o parrocchie varie) qualora fallita l'azienda, cassaintegrazione e licenziamenti si abbattono sempre solo sui lavoratori.
In questo modo si cerca di introdurre nelle scuole statali gli interessi aziendalisti in funzione dei quali successivamente declinare l'offerta formativa.
Il dettame costituzionale, invece, assegna alle nostre scuole statali il compito di costruire conoscenza disinteressata e sapere critico.
La scuola-azienda che avvia al lavoro “sfruttato” è orientata alla produzione di specifiche capacità personali che rendano l'individuo operativo, in tempi brevi, con un bagaglio esclusivo di competenze necessarie a questa o quella azienda. In questo quadro lo studente diventerà sempre più un cliente-consumatore di materiali tecnologici attraverso i quali sarà chiamato a partecipare a un sistema educativo “modernizzato”. Non a caso negli ultimi anni abbiamo assistito a un aumento massiccio degli investimenti in strumentazioni tecnologiche e informatiche – la cui utilità in ambito pedagogico è ancora tutta da dimostrare – mentre gli investimenti in termini di risorse umane continuano a rientrare nelle voci dei tagli alla spesa pubblica.
La formazione, dunque, è diventata una merce: non bastano i fallimenti e la crisi generale provocata dalla gestione privata delle imprese negli altri settori, stanno “esportando” lo stesso modello a finanziamento pubblico/gestione privata anche nell'istruzione e nella formazione.
In nome del tasso di disoccupazione sempre crescente nel nostro paese – che certamente non è figlio della mancanza di lavoratori qualificati come dimostra il dato degli oltre 25% lavoratori “overeducated” che in Italia svolgono mansioni sottodimensionate rispetto al proprio percorso formativo – si tenta di adattare l'insegnamento ai bisogni del mercato imposti dal sistema economico capitalista e, quindi, per sua natura flessibile, instabile e competitivo.
Un po' di normativa:
I Poli Tecnologici sono possibili dall'art. 52 della legge 35/2012 in cui “sono adottate linee guida per conseguire i seguenti obiettivi, a sostegno dello sviluppo delle filiere produttive del territorio e dell'occupazione dei giovani” attraverso: la costruzione di una offerta coordinata, a livello territoriale, tra i percorsi degli istituti tecnici, degli istituti professionali e di quelli di istruzione e formazione professionale di competenza delle regioni; favorire la costituzione dei poli tecnico-professionali (legge n. 40/2007); la promozione di percorsi in apprendistato (art. 3 decreto legislativo n. 167/2011). Stando all'art. 11 del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 25/01/2008- l'ultimo atto dell'ex ministro Fioroni che istituisce le Fondazioni private degli ITS- questi interventi sono attivabili solo se precedentemente adottati nei piani territoriali triennali di esclusiva competenza delle Regioni.
Il 26 settembre 2013 un altro passaggio importante è stata la definizione delle Linee Guida stipulate tra Stato, Regioni e Autonomie Locali per il Decreto attuativo dell'art.52 della legge 35 del 2012 “per consolidare e sviluppare i rapporti tra istituti tecnici, istituti professionali, centri di formazione professionale e imprese, con la definizione della “mappa” per collegare filiere formative e filiere produttive, la costituzione dei Poli tecnico-professionali a livello provinciale e il potenziamento dell’autonomia e del ruolo degli Istituti tecnici Superiori (I.T.S.).”
In fuga dai processi di democratizzazione degli studi tutti i paesi europei si stanno impegnando in una forte deregolamentazione per rendere i sistemi educativi sempre più autonomi, collegati con il territorio di riferimento e, quindi, sempre più decentrati, questo all'apparenza. A decidere in realtà sono i processi economici internazionali decisi dalla Troika -Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Unione Europea- a determinare la direzione dei flussi dei finanziamenti.
Che poi i politici nostrani non sappiano neanche spenderli quando arrivano “per la troppa corruzione” è cosa italiana!
Luogo di nascita, sesso e ceto sociale tornano ad essere i fattori determinanti dello sviluppo di ogni singolo essere umano.
Rifiutiamo con forza questo modello aziendalista introdotto da un falso principio di sussidiarietà per cui lo Stato, che reperisce le risorse economiche per l'acquisto di caccia bombardieri F-35 piuttosto che investire nella scuola statale, trova nell'intervento delle Regioni una sorta di supplenza al proprio mandato costituzionale secondo il quale dovrebbe, invece, garantire ai cittadini su tutto il territorio nazionale una comune istruzione culturale a prescindere dal luogo di residenza.
Rifiutiamo come educatori, lavoratori e cittadini l'idea che la scuola statale possa essere trattata come strumento funzionale esclusivamente alla formazione dei lavoratori di domani costretti a un ingresso precoce nel mondo del lavoro da minorenni apprendisti non retribuiti e sfruttati ancora prima di concludere il proprio percorso di istruzione culturale.
alla presenza dell'assessore regionale Caligiuri e e della sottosegretaria all'istruzione Ugolini (Link)
Adult learning and Technology in OECD Countries, OECD Proceedings, Paris1996 citato in Nico Hirtt, Mercificazione dell'educazione.
Pour une Europe de la connaissance, COMMISSION DES COMMUNAUTES EUROPEENNES
Bruxelles, le 12.11.1997 COM(97) 563 final
- Files allegati:
- PoliTecnologici USB ( 122 K, pdf, 09.07.13)
- Notizie correlate:
- Decreto Lavoro 26 giugno 2013 Scheda sulla Scuola e l'Istruzione: Altri 12,6 milioni tolti alla Scuola Pubblica Statale a favore del privato e dei “controllori” dell'INVALSI e dell'INDIRE - 28-06-13 17:24