perché ho scelto la scuola pubblica (a margine della questione imi-faes)
L'opinione di Guido
Maffioli “Perché ho scelta la scuola pubblica” pubblicata da Z3XMilano.
La lettera fa seguito
alla questione IMI-FAES che ha stimolato alcune
riflessioni di carattere generale sulla scelta di scuola pubblica o
privata.
rassegna stampa:
- da Z3XMilano del 30
ott 2012 [leggi]
- dal Corriere della
Sera dell’11 nov 2012 [leggi]
note:
- le scuole FAES
(famiglia e scuola) sono scuole paritarie non statali (non aderiscono alle
associazioni di scuole cattoliche) omogenee (solo maschili/femminili) di
ispirazione cristiana il cui modello si ispira alle intuizioni educative di
Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei
- l'IMI, Istituto
Maria Immacolata, è una scuola cattolica paritaria, in via Amadeo, che chiude e
cede l'attività alla FAES che ne crea un istituto solo femminile
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Sono papà di tre figli
in età scolare, i miei figli frequentano le scuole pubbliche in zona 3 e io
penso sia la scelta più valida: quanto successo all'IMI, ed il dibattito che ne
è conseguito, me lo conferma ulteriormente. E non perché la scuola pubblica sia
tutta rose e fiori, ma è un tipo di scuola in cui mi aspetto di trovare e
ho diritto di chiedere tre cose fondamentali, che la scuola privata non
potrà mai dare compiutamente ai miei figli e che ritengo irrinunciabili: un
ambiente relazionale plurale e inclusivo, una didattica responsabile e
dinamica, una gestione indipendente e trasparente.
1) In una classe
di Scuola Pubblica non c'è selezione di reddito, culto, sesso, lingua e
stato fisico. Significa che i miei figli esercitano la loro capacità di
relazione con tutti, femmine e maschi, ricchi e poveri, figli di italiani e
figli di migranti, cristiani, agnostici, musulmani, figli di coniugati,
separati, figli senza genitori, .... E' una grande risorsa di conoscenza e di
apertura di mente e di cuore. E' alla base di un'educazione alla cittadinanza in
una realtà urbana complessa come Milano.
Solo la rigidità dei bacini d'utenza (per intenderci, scuole "di centro" / scuola "di periferia") può impoverire questa realtà plurale (e questo andrebbe - a mio avviso - gestito da amministratori e urbanisti, per evitarlo o limitarlo.) La classe è una situazione sociale dove si creano occasioni infinite di vivere in prima persona i principi della solidarietà in tutti gli aspetti, anche nei momenti difficili. Per i miei figli è un insegnamento insostituibile, che trovo valido anche come credente, ben più di molti catechismi.
Richiede adattamento da parte di maestre e professoresse (non me ne vogliano i colleghi maschi ma vista la loro presenza minoritaria uso il femminile anche per loro...per una volta!). Devono adattare il passo della classe a chi è meno dotato sulle intelligenze più tipicamente scolastiche. Ma è uno svantaggio didattico, spesso temporaneo, che è ampiamente superato dall'arricchimento di relazioni e di stimoli vissuto con i propri coetanei. E, nella mia esperienza, almeno nella scuola primaria, realizza un ambiente sereno.
Solo la rigidità dei bacini d'utenza (per intenderci, scuole "di centro" / scuola "di periferia") può impoverire questa realtà plurale (e questo andrebbe - a mio avviso - gestito da amministratori e urbanisti, per evitarlo o limitarlo.) La classe è una situazione sociale dove si creano occasioni infinite di vivere in prima persona i principi della solidarietà in tutti gli aspetti, anche nei momenti difficili. Per i miei figli è un insegnamento insostituibile, che trovo valido anche come credente, ben più di molti catechismi.
Richiede adattamento da parte di maestre e professoresse (non me ne vogliano i colleghi maschi ma vista la loro presenza minoritaria uso il femminile anche per loro...per una volta!). Devono adattare il passo della classe a chi è meno dotato sulle intelligenze più tipicamente scolastiche. Ma è uno svantaggio didattico, spesso temporaneo, che è ampiamente superato dall'arricchimento di relazioni e di stimoli vissuto con i propri coetanei. E, nella mia esperienza, almeno nella scuola primaria, realizza un ambiente sereno.
2) I docenti non
sono vincolati ad un metodo predeterminato. Questo non significa che lavorino a
caso né che non trasmettano i valori etici. Anzi. Significa però che hanno il
diritto e il dovere di assumersi la piena responsabilità delle loro scelte
didattiche, non sono sotto l'influenza di chi li paga. E possono quindi
adattarsi alla realtà dei bambini e dei ragazzi e mettere in campo le loro
competenze o correggere le loro carenze. Possono evolvere: se un sistema non è
efficace lo possono cambiare, possono usare lo spirito critico e interagire con
i colleghi e con le famiglie. E possono valutare l'apprendimento e la crescita
degli alunni in modo indipendente, perché le famiglie non sono i "committenti"
della loro opera. Bocciature o promozioni non dipendono dalla gestione delle
risorse economiche della scuola.
3) La gestione
economica della scuola è indipendente da gruppi o poteri. E' povera e impoverita
dalle scelte irresponsabili di tagli che da decenni si susseguono. Ma, almeno in
linea teorica, è trasparente perché gestita collegialmente in organismi di
rappresentanza democratica, e nessuna componente ha ruolo per decidere il
destino dei corsi o di intere classi sulla base di scelte unilaterali o su
valutazioni di convenienza economica.
Il fatto che, nel caso del passaggio IMI/FAES, la permanenza o meno degli studenti sia oggetto di contrattazione mi suona davvero aberrante.
Questa riflessione mi fa anche essere fortemente contrario all'ingresso di interessi privati nelle scuole pubbliche. La didattica della scuola pubblica deve potersi mantenere indipendente da qualsiasi interesse economico.
Questi tre valori
cruciali della Scuola Pubblica,
pluralità-responsabilità- indipendenza, forse non interessano ai
genitori che hanno scelto IMI o FAES, ma - confido - sarà quello che troveranno
i loro figli se dovranno trasferirsi nelle scuole pubbliche di
zona.
Guido Maffioli
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