Il percorso scolastico dei bambini stranieri adottati
Autore/i: Adriana Molin e Silvia AndrichData: 15-12-2012
Argomento: Scuola
Il percorso scolastico dei bambini stranieri adottati
di Adriana Molin e Silvia Andrich
Non è una novità che i bambini stranieri adottati presentano in misura maggiore degli altri difficoltà di apprendimento, talvolta così marcate e severe da rientrare nel Disturbo Specifico di Apprendimento. La storia personale dei bambini adottati, le loro caratteristiche e l'appartenenza a culture diverse, spesso lontane da quella di accoglienza, contribuiscono a generare una condizione di vulnerabilità di cui tenere conto nel percorso scolastico, condizione di vulnerabilità che si complica quando l'adozione è tardiva.
Mentre è intuitivo comprendere quanto può incidere nello sviluppo del bambino la sua storia personale di sofferenza, più sfuggente è la comprensione che l'appartenenza contemporanea a due culture richiede una rielaborazione profonda della propria identità: italiana per cognome e talvolta nome, straniera per lingua nativa, tratti somatici. E' già stato ricordato in altri lavori che Cecilia Edelstein (2010) parla di "migrazione invisibile" per i bambini adottati-stranieri che, di fatto, hanno un'identità mista in quanto non sono italiani, ma neppure stranieri. I bambini adottati-stranieri, infatti, portano nella nuova famiglia un mondo culturale destinato a celarsi per aprirsi su quello della famiglia adottante, che diventa così una famiglia multiculturale, nella quale a volte prevale una gerarchia etnica senza averne però piena consapevolezza. Ciò accade soprattutto nelle adozioni tardive, mentre in quelle precoci spesso sono gli stessi bambini che sentono il bisogno di dimenticare il passato e la lingua nativa per meglio assimilarsi alla nuova famiglia e al contesto scolastico, nonostante lineamenti e tratti somatici differenti rammentino la lontana provenienza. Senza dubbio oggi ci sono maggiore sensibilità e rispetto per le culture di cui sono portatori i bambini adottati. Stanno comparendo pratiche sociali nelle famiglie adottive che dimostrano questa dimensione e che introducono nella vita quotidiana aspetti della cultura di origine dei figli adottati (es. frequenza di corsi della lingua nativa del bambino, cucina, arte, ecc.). Questa tendenza rappresenta, secondo Jacobson (2008) che l'ha studiata negli USA, il nuovo standard delle adozioni internazionali che si fondano, appunto, sul principio della continuità tra il pre e post adozione, recuperando quindi passato e cultura di provenienza per riallacciarli al presente e al futuro.
Per intuire il peso che il parlare una lingua diversa e l'appartenere a culture con visioni del mondo diverse possono avere sulla scolarizzazione, ricordiamo brevemente che anche il solo fatto di essere bambini stranieri aumenta le probabilità di incontrare difficoltà di apprendimento a scuola. Molti sono gli studi che esaminando il rendimento scolastico dei bambini figli di immigrati (anche di seconda generazione) rilevano nello svantaggio linguistico la causa principale delle loro difficoltà. Tali difficoltà solitamente non si manifestano a livello di lettura strumentale o matematica, ma prevalentemente a livello di comprensione del testo scritto, quando i bambini devono confrontarsi con testi di tipo informativo-disciplinare complessi a tutti i livelli, da quello lessicale a quello sintattico e argomentativo. Il quadro è complesso e non omogeneo, naturalmente, ma evidenzia ancora una volta la situazione di particolare vulnerabilità dei bambini stranieri adottati, fragilità riscontrata in molti studi anche a livello internazionale. Da una ricerca italiana, condotta dall'Università di Padova (2009), è emerso che i bambini adottati stranieri mostravano in misura maggiore di altri gruppi fin dalla classe prima primaria difficoltà nell'apprendimento e problemi di autoregolazione, difficoltà diffuse che si mantenevano anche a livello di scuola secondaria di primo grado.
In generale molta letteratura, sia nazionale che internazionale, conferma che sono più probabili le difficoltà scolastiche, a volte diffuse a più aree di apprendimento, i problemi di motivazione allo studio e di comportamento a fronte di uno sviluppo cognitivo nella norma. E' come se, nonostante gli sforzi profusi, fosse faticoso cogliere in questi bambini/ragazzi le loro potenzialità, la creatività che si esplica talvolta al di fuori dalla scuola. E' una costante questa discrepanza tra potenzialità cognitive e risultati scolastici nei bambini stranieri adottati, come è una costante la rilevazione che, nonostante le difficoltà, l'adattamento sociale è soddisfacente.
di Adriana Molin e Silvia Andrich
Non è una novità che i bambini stranieri adottati presentano in misura maggiore degli altri difficoltà di apprendimento, talvolta così marcate e severe da rientrare nel Disturbo Specifico di Apprendimento. La storia personale dei bambini adottati, le loro caratteristiche e l'appartenenza a culture diverse, spesso lontane da quella di accoglienza, contribuiscono a generare una condizione di vulnerabilità di cui tenere conto nel percorso scolastico, condizione di vulnerabilità che si complica quando l'adozione è tardiva.
Mentre è intuitivo comprendere quanto può incidere nello sviluppo del bambino la sua storia personale di sofferenza, più sfuggente è la comprensione che l'appartenenza contemporanea a due culture richiede una rielaborazione profonda della propria identità: italiana per cognome e talvolta nome, straniera per lingua nativa, tratti somatici. E' già stato ricordato in altri lavori che Cecilia Edelstein (2010) parla di "migrazione invisibile" per i bambini adottati-stranieri che, di fatto, hanno un'identità mista in quanto non sono italiani, ma neppure stranieri. I bambini adottati-stranieri, infatti, portano nella nuova famiglia un mondo culturale destinato a celarsi per aprirsi su quello della famiglia adottante, che diventa così una famiglia multiculturale, nella quale a volte prevale una gerarchia etnica senza averne però piena consapevolezza. Ciò accade soprattutto nelle adozioni tardive, mentre in quelle precoci spesso sono gli stessi bambini che sentono il bisogno di dimenticare il passato e la lingua nativa per meglio assimilarsi alla nuova famiglia e al contesto scolastico, nonostante lineamenti e tratti somatici differenti rammentino la lontana provenienza. Senza dubbio oggi ci sono maggiore sensibilità e rispetto per le culture di cui sono portatori i bambini adottati. Stanno comparendo pratiche sociali nelle famiglie adottive che dimostrano questa dimensione e che introducono nella vita quotidiana aspetti della cultura di origine dei figli adottati (es. frequenza di corsi della lingua nativa del bambino, cucina, arte, ecc.). Questa tendenza rappresenta, secondo Jacobson (2008) che l'ha studiata negli USA, il nuovo standard delle adozioni internazionali che si fondano, appunto, sul principio della continuità tra il pre e post adozione, recuperando quindi passato e cultura di provenienza per riallacciarli al presente e al futuro.
Per intuire il peso che il parlare una lingua diversa e l'appartenere a culture con visioni del mondo diverse possono avere sulla scolarizzazione, ricordiamo brevemente che anche il solo fatto di essere bambini stranieri aumenta le probabilità di incontrare difficoltà di apprendimento a scuola. Molti sono gli studi che esaminando il rendimento scolastico dei bambini figli di immigrati (anche di seconda generazione) rilevano nello svantaggio linguistico la causa principale delle loro difficoltà. Tali difficoltà solitamente non si manifestano a livello di lettura strumentale o matematica, ma prevalentemente a livello di comprensione del testo scritto, quando i bambini devono confrontarsi con testi di tipo informativo-disciplinare complessi a tutti i livelli, da quello lessicale a quello sintattico e argomentativo. Il quadro è complesso e non omogeneo, naturalmente, ma evidenzia ancora una volta la situazione di particolare vulnerabilità dei bambini stranieri adottati, fragilità riscontrata in molti studi anche a livello internazionale. Da una ricerca italiana, condotta dall'Università di Padova (2009), è emerso che i bambini adottati stranieri mostravano in misura maggiore di altri gruppi fin dalla classe prima primaria difficoltà nell'apprendimento e problemi di autoregolazione, difficoltà diffuse che si mantenevano anche a livello di scuola secondaria di primo grado.
In generale molta letteratura, sia nazionale che internazionale, conferma che sono più probabili le difficoltà scolastiche, a volte diffuse a più aree di apprendimento, i problemi di motivazione allo studio e di comportamento a fronte di uno sviluppo cognitivo nella norma. E' come se, nonostante gli sforzi profusi, fosse faticoso cogliere in questi bambini/ragazzi le loro potenzialità, la creatività che si esplica talvolta al di fuori dalla scuola. E' una costante questa discrepanza tra potenzialità cognitive e risultati scolastici nei bambini stranieri adottati, come è una costante la rilevazione che, nonostante le difficoltà, l'adattamento sociale è soddisfacente.
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