Un piano che uccide il rapporto alunno-docente - n.15 ottobre 2014
del Comitato Scuola Pubblica di Siena
DAL DIARIO DI UNA MAESTRA
“Io
voglio una riforma che mi parli di schiere di bambini che cantano,
passeggiano, che scoprono insieme la vita, la sua matematica e la sua
poesia, la sua musica, i suoi abitanti fragili e meno fragili. Una
riforma che liberi dal monitoraggio e dai quiz continui, che mi dia
tempi e strumenti, spazi da frequentare ed abitare, senza i “lacciuoli”
delle circolari e dell'orrendo registro elettronico, che fa attendere i
miei alunni gli toglie il mio sguardo. Voglio una riforma che ridia
fiato alla fantasia, all'individualità e ai tempi di ciascun bambino,
che non mi costringa a diventare una burocrate perfetta....”
Ci
sembra che in questo brano “vero” di diario siano condensate tutte le
motivazioni che ci portano a respingere il piano Renzi che, con un
linguaggio roboante e populista, pretende di dettare le linee guida del
nuovo modello di scuola pubblica, stravolgendone l'impianto
costituzionale e democratico, con una parificazione tra scuole statali e
scuole private.
In
tutto il piano, gli assenti - e non a caso - sono gli studenti: bambini
e adolescenti che dovrebbero stare al centro della “buona scuola”, nel
rispetto della loro personalità in crescita.
Siamo
a un bivio cruciale ed epocale: si tratta di scegliere tra la scuola
disegnata dalla Costituzione, accessibile a tutti ed inclusiva, e una
“scuola azienda” dove le scelte didattiche e la relazioni educative
saranno piegate principalmente a logiche produttive che porteranno, anzi
stanno già portando, ad una discriminazione degli alunni in base alla
classe sociale e alla capacità di seguire i ritmi artificiali imposti.
Le
scelte didattiche sono inevitabilmente condizionate quando gli
insegnanti sanno che ogni momento della giornata scolastica, controllata
dall'alto, assume un valore numerico da registrare immediatamente,
mentre la vera azione didattica sta nella flessibilità del rapporto
delicatissimo fra alunno ed insegnante, nel capire l'evolvere continuo
di questo rapporto, non quantificabile con un test Invalsi o con un
voto.
Il
lavoro dell'insegnante sta proprio nell'entrare in contatto con questo
mondo di menti pensanti e non, come tuona il piano Renzi, di “produttori
digitali”. Immersi in una rete tecnologica e valutativa rischiano, se
non conformi al modello prestabilito, di perdere per sempre fiducia in
se stessi e amore per la conoscenza non premiata. E tutti : alunni,
insegnanti e scuole, sotto la cappa della competitività indotta dalla
ricerca di una buona valutazione che si tradurrà in finanziamenti
pubblici e sopratutto privati....
Il
piano Renzi infatti, si auspica di “attrarre sulla scuola molte risorse
private” e di fornire maggiori risorse pubbliche alle scuole private.
Siccome
le valutazioni e i finanziamenti saranno trasparenti, nessuno si è
posto il problema dalla parte delle famiglie, che naturalmente
cercheranno di accaparrarsi le scuole e gli insegnanti più accreditati. E
chi riuscirà a occupare i posti migliori e con quali mezzi? La risposta
è ovvia.
Pensare
che esiste già una proposta di legge di iniziativa popolare (LIP)
presentata per la prima volta alla camera nel 2006, che persegue i
principi costituzionali del pluralismo culturale, dell'unicità e del
valore della scuola statale, della laicità e che va in direzione
nettamente contraria al piano Renzi. Una legge regolarmente presentata
in Parlamento a fronte di un documento che sa di marketing mediatico e propagandistico, a cui gli insegnanti devono rispondere online, attraverso un questionario .
Ritorniamo al diario della nostra maestra...
“La
riforma renziana è un inno alla velocità, al digitale, alle discipline
utili per entrare nel mondo del lavoro in una continua ansia di
prestazione, in un'esasperata misurazione di competenze e di
apprendimenti strutturati tramite esercizi e verifiche.
Per
noi, invece, la priorità è una riforma che sappia stimolare la ricerca
costante di un metodo che ha come obiettivo la trasmissione dell'amore e
dell'interesse per la conoscenza e la profondità di sguardo che
consente lo sviluppo di una capacità critica. Non una scuola che, in
base alla riforma Renzi–Giannini, si preoccupa soltanto di far correre
cavalli addestrati per dare lustro a qualcuno e valutati secondo “il
merito”. Io non comprendo come si faccia ad appassionarsi ad una riforma
tarata su un continuo valutare, prima di aver capito cosa significhi
EDUCARE OGGI per far fronte alla dispersione, questa sì drammatica,
delle esigenze degli alunni.
Io
so che per dare strumenti culturali a un ragazzo affinché si costruisca
solide basi per ragionare sul mondo e sul futuro della sua vita, ci
vuole un insegnante umile, collaborativo, consapevole che i suoi alunni
vanno, oggi più di ieri, stimolati a fare esperienza di terra, di aria,
di fuoco, di acqua, con le mani, con i cinque sensi, a descrivere ciò
che fanno, guidati dall'attenzione costante dell'adulto che dovrebbe,
per avere vero merito, dedicarsi soltanto ad ascoltarli, ad appuntarsi
regressi e progressi, ad accoglierli.”.
Tratto dal Granello di Sabbia di Ottobre 2014: "La Buona ScuolAzienda", scaricabile QUI
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