Al momento il ruolo degli organi collegiali della scuola non ha subito nessun effetto ghigliottina ad opera della legge 107 se non alcune modifiche nella definizione del Piano triennale dell’offerta formativa e nella costituzione del comitato per la valutazione dei docenti cui la legge assegna una nuova funzione di concorrenza nella definizione dei criteri per la valorizzazione del merito.
Dopo l’approvazione della Legge 107 quello che più preoccupa il mondo della scuola sono le numerose deleghe conferite al Governo, come vuoti da riempire, al fine di provvedere al riordino, alla semplificazione e alla codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione. Anche il Testo Unico, D.Lgs. n.297 del 1994, sarà ritoccato e con una scontata prevedibilità è naturale attendersi quindi un riordino degli Organi Collegiali con relativi ruoli e compiti rinnovati.
Secondo quanto leggiamo nel comma 181 della legge 107, il legislatore intende mettere mano ad un’opera di articolazione, rubricazione, integrazione e modifica delle disposizioni di legge; per arginare possibili norme in conflitto con le nuove disposizioni ha pure inserito un vezzoso comma 196 venendo così a sterilizzare le norme e le procedure contenute nei contratti collettivi, contrastanti con quanto previsto dalla presente legge.
Allo stato dell’arte, prima che un’onda anomala spazzi via questo stato di trepidazione creato dalla Buona scuola, le cui parole risuonano adesso come un mantra sociale dagli effetti devastanti, per procedere ad un censimento dei ruoli e delle competenze degli Organi collegiali e poter agire ope legis, è quanto meno essenziale conoscere gli ambiti d’azione entro cui è possibile difendere i ruoli che la legge assegna ancora alla collegialità. Prima che questa possa divenire, viste le deleghe concesse, solo un’usanza passata.
Così è importante scorticare all’interno della legge 107 quel che ancora resta, insomma dell’agire nel rispetto degli organi collegiali e com’è ovvio che sia, separarlo dal ruolo potenziato dei dirigenti scolastici.
Per intenderci nella legge si possono rintracciare molti profili in cui la collegialità perdura attiva ed inalterata. Il legislatore ha messo solo il punto su talune prerogative spettanti unicamente al dirigente scolastico, ma che al momento lasciano il tempo che trovano perché rimangono ancora evidenti spazi di concertazione.
Nel rispetto degli organi collegiali
Il D.P.R. 275 del 1999, regolamento sull’autonomia delle istituzioni scolastiche, definendo il coordinamento delle competenze, stabilisce che “gli organi collegiali della scuola garantiscono l'efficacia dell'autonomia delle istituzioni scolastiche nel quadro delle norme che ne definiscono competenze e composizione”. “Il dirigente scolastico esercita le funzioni di cui al decreto legislativo 6 marzo 1998, n.59, nel rispetto degli organi collegiali”(art.16); lo stesso principio del rispetto verso gli organi di governo della scuola è ribadito nel comma 2 dell’art.25 del D.Lgs. n.165 del 2001, dedicato ai compiti dei dirigenti delle istituzioni scolastiche, dove sta scritto che “nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane”.
Al momento la ratio della legge 107 lascia pressoché immutato il ruolo degli organi collegiali; leggendo l’attuale comma 78, il legislatore ha chiaramente confermato che il dirigente scolastico, per dare piena attuazione all’autonomia scolastica e alla riorganizzazione del sistema di istruzione e garantire un’efficace ed efficiente gestione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali, sia tenuto anche a rispettare le competenze degli organi collegali.
Per primo il comma 2 della legge 107 afferma infatti che sono le istituzioni scolastiche a dover garantire la partecipazione alle decisioni degli organi collegiali; la partecipazione è affermata come principio generale; di conseguenza, per effetto di tale asserzione, le istituzioni scolastiche, intese come espressione di tutte le sue componenti, concorrono alle decisioni, a tutela appunto del principio espresso nel comma 2.
Le istituzioni scolastiche intervengono in molte materie indicate nella legge e rinvenibili nei vari commi:
- effettuano la programmazione triennale dell’offerta formativa (comma 2) e le proprie scelte in merito agli insegnamenti e alle attività curricolari, extracurricolari, educative e organizzative e individuano il proprio fabbisogno di attrezzature e di infrastrutture materiali, nonché di posti dell’organico dell’autonomia (comma 6);
- individuano il fabbisogno di posti dell'organico dell'autonomia, in relazione all'offerta formativa che intendono realizzare, nel rispetto del monte orario degli insegnamenti e tenuto conto della quota di autonomia dei curricoli e degli spazi di flessibilità, nonché in riferimento a iniziative di potenziamento dell'offerta formativa e delle attività progettuali, per il raggiungimento degli obiettivi formativi (comma 7)
- predispongono il piano triennale dell'offerta formativa (comma 12) con la partecipazione di tutte le componenti dell’istituzione scolastica (comma 14), salvo quindi seppur modificato per certi aspetti il ruolo del consiglio di istituto ;
- possono promuovere nei periodi di sospensione dell'attività didattica, insieme agli enti locali, anche in collaborazione con le famiglie interessate e con le realtà associative del territorio e del terzo settore, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, attività educative, ricreative, culturali, artistiche e sportive da svolgere presso gli edifici scolastici (comma 22);
-promuovono, all’interno dei piani triennali dell’offerta formativa azioni coerenti con le finalità e i principi e gli strumenti previsti nel Piano nazionale per la scuola digitale di cui al comma 56 e i cui obiettivi da perseguire sono indicati nel comma 58.
In questi casi ed altri, poiché trattasi di materie ricadenti negli ambiti di competenza delle istituzioni scolastiche, quand’anche non sia espressamente detto, ogni intenzionalità e azione in tal senso, richiede legittimamente l’intervento degli organi collegiali. La comunità scolastica con tutte le sue componenti svolge ancora un ruolo “partecipativo” e ai sensi del comma 78, il dirigente scolastico, per dare piena attuazione all’autonomia scolastica e alla riorganizzazione del sistema di istruzione agisce nel “rispetto delle competenze degli organi collegiali”.
L’unico riferimento esplicito alla concertazione è dato nel comma 29 della legge 107: “il dirigente scolastico, di concerto con gli organi collegiali, può individuare percorsi formativi e iniziative diretti all'orientamento e a garantire un maggiore coinvolgimento degli studenti nonché la valorizzazione del merito scolastico e dei talenti. A tale fine, nel rispetto dell'autonomia delle scuole e di quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 1° febbraio 2001, n. 44, possono essere utilizzati anche finanziamenti esterni”.
Perché in questo caso il legislatore esprime chiaramente che sia necessaria una concertazione con gli organi collegiali proprio in questi ambiti? Forse perché c’è di mezzo l’utilizzo di finanziamenti esterni e le scelte operate in sinergia con gli organi collegiali si tradurrebbero in un atto di trasparenza dell’azione della Pubblica Amministrazione ? O semplicemente perché trattatasi di una défaillance terminologica?
Nuovo ruolo assegnato agli organi collegiali nella definizione del PTOF
Punto cruciale della mutata funzione degli organi collegiali si coglie precisamente nell’elaborazione del Piano triennale dell’offerta formativa (PTOF). La legge 107 introduce che :“ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il piano triennale dell'offerta formativa”(comma 1, art.3).
A rimodulare la costituzione del vecchio piano dell’offerta formativa è il comma 14 che novella l’articolo 3 dell’antesignano D.P.R. 275 del 1999;
il comma 14 regola chi sono gli attori che concorrono alla determinazione del Piano: “il piano è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di gestione e di amministrazione definiti dal dirigente scolastico. Il piano è approvato dal consiglio d'istituto”. Precedentemente era il consiglio di istituto a definire gli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione.
Secondo questa nuova prospettiva avanzata nella legge 107, prima che il collegio docenti elabori il Piano è necessario che il dirigente scolastico espliciti gli indirizzi per le attività della scuola e le scelte di gestione e di amministrazione, che non sono più generali come nel precedente articolo. Non si può dunque omettere che la definizione degli indirizzi e delle scelte di gestione del dirigente scolastico siano un punto cruciale da cui partire per l’elaborazione del Piano e che tale disposizione, imponga solo successivamente il passaggio deliberante nei due organi collegiali: collegio dei docenti e consiglio di istituto. A quest’ultimo organo è stata ridotta la funzione di organo di indirizzo anche se rimane vigente quanto indicato nel comma 6 del D.Lgs. n.165 del 2001: “il dirigente presenta periodicamente al consiglio di circolo o al consiglio di istituto motivata relazione sulla direzione e il coordinamento dell'attività formativa, organizzativa e amministrativa al fine di garantire la più ampia informazione e un efficace raccordo per l'esercizio delle competenze degli organi della istituzione scolastica”.
Non si passi dunque all’elaborazione del Piano senza le determinazioni dirigenziali che costituiscono il punto di partenza e i confini entro cui l’organo deputato alla redazione potrà operare. Il dirigente non è il solo a scegliere e a determinare l’offerta formativa, ma più in generale sono “le istituzioni scolastiche” ad effettuare “le proprie scelte in merito agli insegnamenti e alle attività curricolari, extracurricolari, educative e organizzative” (comma 6) e ad individuare “il fabbisogno di posti dell’organico dell’autonomia, in relazione all’offerta formativa che intendono realizzare” (comma 7).
Le istituzioni scolastiche decidono sull’offerta formativa, sulle iniziative di potenziamento e sulle attività progettuali che si propongono di attuare, ma individuano altresì le risorse umane e strumentali necessarie alla realizzazione del piano, espresse nell’organico dell’autonomia. Si intende che queste scelte siano il frutto di una concorrenza collegiale, benché al dirigente scolastico spetti definire gli indirizzi. Così, d’impatto, si ha come l’impressione che nella sostanza i poteri dirigenziali siano contemperati da quella che si potrebbe definire potestà delle istituzioni scolastiche. In sintesi, in certi ambiti della legge nessuna diminutio dei poteri della collegialità.
Nuovo assetto del Comitato per la valutazione dei docenti, comma 129 della legge 107
Rispetto al collegio dei docenti e al consiglio di istituto, nel comitato per la valutazione si assiste invece ad un nuovo assetto nella costituzione formale dell’organo che si vede anche attribuito un ruolo nella definizione dei criteri, ai fini della valorizzazione del merito; il comitato li individua esaurendo lì la sua funzione di garante.
L’art.11 del D.Lgs. 297 del 1994, novellato dal comma 129 della legge 107, vede l’entrata nel comitato di nuove figure provenienti non esclusivamente dal collegio dei docenti ma da altre componenti della comunità scolastica. L’organo, oltre ai due membri individuati nel collegio dei docenti, si arricchisce di un membro del consiglio di istituto, di due rappresentanti dei genitori, per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione, un rappresentante degli studenti e un rappresentante dei genitori, per il secondo ciclo di istruzione, scelti dal consiglio di istituto; infine da un componente esterno individuato dall'ufficio scolastico regionale tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici.
Come già anticipato, ai membri del comitato spetta adesso l’onere di individuare i criteri per la valorizzazione dei docenti sulla base di determinate indicazioni fornite nello stesso art.11. Si tratta però di un ambito d’azione ridotto poiché l’organo è coinvolto solo nella fase decisoria della definizione dei criteri, attribuendo il legislatore al solo dirigente scolastico, la primazia di assegnare annualmente al personale docente un bonus per la valorizzazione del merito (comma 127).
Nella nuova regia del comitato, ai fini del superamento del periodo di formazione e di prova, per il personale docente ed educativo, l’organo collegiale è chiamato ad esprimere il proprio parere con una componente ridotta ossia senza genitori e studenti, ma con la presenza del dirigente scolastico, che lo presiede e con la rappresentanza dei docenti e l’integrazione del docente cui sono affidate le funzioni di tutor; la valutazione è di competenza del dirigente scolastico, ma lo stesso è tenuto a sentire il comitato.
Al contrario il comitato opera con la presenza di tutte le componenti per la valutazione del servizio di cui all’art.448 del D.Lgs. 297 del 1994, previa relazione del dirigente scolastico; nel caso di valutazione del servizio di un docente componente del comitato, ai lavori non partecipa l'interessato e il consiglio di istituto provvede all'individuazione di un sostituto. Il comitato esercita altresì le competenze per la riabilitazione del personale docente, di cui all'articolo 501 del decreto di cui sopra.
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