SOTTOSCRIVI L' APPELLO CONTRO LA SCUOLA-QUIZ
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NO ALL'INVALSI, NO AL SISTEMA DI (S)VALUTAZIONE
Dal 7 al 16 maggio prossimi nella scuola italiana, dalle elementari
alle superiori, si ripeterà il distruttivo rito dei quiz-Invalsi,
imposti come presunta misura della qualità del lavoro dei docenti e
degli studenti e come valutazione, velleitaria e strumentale, del
livello di istruzione fornita dai singoli istituti. In strutture
inadeguate e in classi sovraffollate il MIUR (Ministero Istruzione,
Università, Ricerca) cercherà di accelerare ulteriormente il percorso
verso una distruttiva scuola-quiz, in un quadro generale di
progressivo immiserimento dell'istruzione pubblica del nostro paese,
che peserà come un macigno sulle future generazioni. La politica
continua di tagli agli investimenti nella scuola e nell’Università
dell’ultimo ventennio non poteva che determinare la situazione
patologica attuale, che spiana la strada alle "proposte" private. Ma,
mentre si minavano le condizioni strutturali della scuola pubblica, si
è imposta anche nel nostro paese un'idea di scuola tutta schiacciata
sulla presunta “valutazione”, secondo i catastrofici criteri della
scuola-azienda, finalizzata a fornire l’istruzione come se fosse una
qualsiasi merce in compra-vendita.
SOTTOSCRIVI L' APPELLO CONTRO LA SCUOLA-QUIZ
L'utilizzo delle prove a quiz come criterio di giudizio della qualità
dell’insegnamento e della scuola, a partire dalla seconda elementare
fino all'accesso all'università e alla professione docente, ha assunto
ormai nel sistema scolastico e universitario italiano una centralità
impressionante, imposta e acquisita anno dopo anno in un silenzio
sproporzionato a fronte delle trasformazioni profonde e deleterie che
hanno investito la scuola, le discipline e la trasmissione della
cultura.
I quiz standardizzati avviliscono il ruolo dei docenti e della
didattica, abbassando gravemente la qualità della scuola.
L’inserimento di questa tipologia di prova in modo martellante, e
collegato alla valutazione dell'efficacia della scuola, influenza in
modo cruciale l'impostazione quotidiana della didattica, spingendo i
docenti ad abdicare alla loro primaria funzione intellettuale e a
piegarsi all'addestramento ai quiz, provocando la marginalizzazione
delle materie non coinvolte nella valutazione e insieme il degrado
delle discipline interessate: riduzione al problem solving per la
matematica e per l'italiano oscuramento della complessa composizione
scritta a favore della comprensione del testo, del quale non importano
più i messaggi autoriali veicolati o il loro significato storico-
culturale; un brano d'autore diviene un segmento intercambiabile,
avulso dal contesto soggettivo e oggettivo che lo ha prodotto e la sua
fruizione annulla anche la soggettività del lettore-studente, chiamato
a risposte veloci, univoche, piatte e arbitrarie. Impartire un tale
insegnamento significa annullare le soggettività coinvolte nell’atto
pedagogico: ad uno studente privo di pensiero critico corrisponde un
docente trasformato in tabulatore sempre più lontano dall’autonomia
e dalla libertà d’insegnamento.
L'impostazione standardizzata è assolutamente inadeguata a rilevare il
grado di preparazione di uno studente, di un aspirante docente, di un
aspirante studente universitario, né tanto meno è in grado di dare
indicazioni serie sull'efficacia di un docente o di un'istituzione
scolastica; non è pensabile che in base a queste prove, per altro
costosissime, e ai loro risultati sia possibile per un docente, per
una scuola, per il sistema scolastico generale ottenere indicazioni
serie di miglioramento. Come ha detto, brutalmente ma efficacemente,
Luciano Canfora: “Per vedere la maturità di una persona è
necessario che componga un testo di senso compiuto, non che faccia
queste prove irrilevanti dove un cretino che ha una buona memoria
supera i quiz e una persona di cultura che non ricorda un dettaglio
viene esclusa”.
Ma soprattutto la standardizzazione del lavoro scolastico e
dell’apprendimento è un obiettivo cruciale nella logica
dell’istruzione-merce e della scuola-azienda. Essa serve a modificare
alla radice il lavoro didattico, imponendo un modello universale di
insegnamento-infarinatura, costringendo il docente a seguire
procedure prestabilite e generalizzabili, modificando alla radice i
testi scolastici. Una volta realizzata la standardizzazione e la
verifica omologata dell’insegnamento, verrebbe meno la stessa
necessità della presenza dei docenti con le attuali professionalità.
Per realizzare e valutare i quiz/test e con essi il rendimento di uno
studente e di un istituto scolastico non serve nemmeno uno specifico
curriculum universitario o di qualità vera: si tratta di un lavoro
subordinato, meccanico e ripetitivo, eseguibile anche da personale a
bassa qualifica, persino non laureato. I/le docenti che si prestano
passivamente a collaborare alla scuola-quiz e al processo di
“invalsizzazione”, contribuiscono fattivamente, coscienti o meno,
alla eutanasia di una professione , oltre che all’immiserimento della
scuola pubblica.
Non a caso, per mettere a punto i sistemi di valutazione
aziendalizzante il MIUR ha coinvolto associazioni della Confindustria,
portatrici di interessi che dovrebbero restare lontani dalla scuola
pubblica e dalle sua finalità: interessi che da anni spingono
affinché la scuola italiana si adegui alle esigenze del sistema
produttivo; poiché per essi la fase attuale ha bisogno di una scuola
che non miri più alla formazione complessiva dei futuri cittadini, ma
che addestri una forza lavoro in possesso di competenze generiche e
flessibili, capaci di adattarsi alla condizione di precarietà endemica
che li aspetta nel mondo del lavoro. Ecco perché i quiz, spesso
demenziali, si rivelano pericolosissimi per la libertà
d’insegnamento, per la trasmissione del nostro patrimonio culturale
alle future generazioni e per la funzione sociale che la scuola
italiana fino ad oggi (anche se con molte lacune) ha svolto.Nei
sistemi anglosassoni la valutazione attraverso i quiz ha provocato un
disastro culturale, così come denunciano migliaia di intellettuali e
docenti di tutti i livelli scolastici USA firmatari in questi ultimi
anni di numerosi appelli contro i test standardizzati, oltre che
promotori di lotte sindacali, culturali e sociali contro i quiz, metro
di giudizio della qualità del lavoro scolastico. L'Italia dovrebbe far
tesoro di quelle esperienze catastrofiche e mettere a frutto un
presunto "ritardo" che invece può rivelarsi salvifico.
Pertanto noi uomini e donne di cultura, noi che lavoriamo nei sistemi
di istruzione ai vari livelli, noi cittadini sensibili alla funzione
decisiva della scuola pubblica nella formazione complessiva dello
studente quale futuro cittadino, dichiariamo la nostra ferma
contrarietà ai test/quiz standardizzati e all’uso dell’Invalsi
come strumento di valutazione dell’istruzione pubblica. E chiediamo
ai docenti, agli studenti e a tutti i cittadini interessati a
difendere e a migliorare la scuola pubblica di aiutarci a fermare la
scuola quiz, il Sistema di (s)valutazione basato sui test Invalsi,
l'uso di indovinelli per imporre una scuola miseria, degradata e
impoverita per lasciare il posto alla scuola privata e alla
mercificazione dell’istruzione e della cultura. Aiutateci ad imporre
al futuro Parlamento di affrontare seriamente la questione della
qualità della scuola e dell’Università pubbliche, invertendo la
tendenza al loro immiserimento e dotandole di massicci finanziamenti,
cancellando nel contempo la pratica dei quiz valutativi dall'attività
didattica e dalle prove concorsuali e/o di accesso a corsi universitari.
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HANNO SOTTOSCRITTO L'APPELLO
ANDREA ADDOBBATI Ricercatore storia moderna Università di Pisa
GIUSEPPE ARAGNO - Storico - Facoltà di Scienze Politiche
"Università Federico II", Napoli
LIA BARELLI Prof.ssa Associata Corso di Laurea in Scienze dell'
architettura e della Città Università La Sapienza di Roma
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