fonte: gruppo solidarietà
diGaetano De Luca
, Servizio Legale LEDHA
(Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità).
«La tutela antidiscriminatoria – scrive Gaetano De Luca – costituisce l’unico strumento giuridico che
consente di difendere e garantire un reale ed effettivo processo di inclusione e di partecipazione, proprio
in quanto partendo dall’oggettiva diversità che contraddistingue la condizione di disabilità di un alunno,
impone un trattamento disuguale per compensare la situazione di oggettivo svantaggio»
Le recenti Ordinanze dei Tribunali che hanno riconosciuto una
condotta discriminatoria
nell’inadeguata e insufficiente assegnazione di
ore di sostegno
hanno stimolato un
interessante dibattito e sollevato delle perplessità sul rischio di compromettere e pregiudicare i
princìpi dell’inclusione scolastica
[nell’elenco qui a fianco, alcuni testi da noi pubblicati, che
hanno anch’essi dato vita a tale dibattito, N.d.R.]
. Con questa riflessione, vorrei cercare di
evidenziare come questi provvedimenti della Magistratura costituiscano in realtà degli
importantissimi e preziosi precedenti
in quanto danno concreta attuazione al nuovo
approccio giuridico-culturale alla disabilità introdotto dalla
Convenzione ONU
sui Diritti delle
Persone con Disabilità.
La
prima perplessità
che è stata sollevata riguarda il rischio che il ricorso alla Magistratura
per ottenere maggiori ore di sostegno possa consolidare di fatto la tendenza in atto a delegare
il processo di inclusione scolastica ai soli insegnanti di sostegno. Sulla base di questi rischi, si
ritiene pertanto inopportuno puntare tutto sui ricorsi.
In relazione a questa prima critica, credo che alla luce dell’attuale situazione (docenti
curricolari non formati sulla disabilità e classi numerose), la scelta dei genitori di intraprendere
la via giudiziaria costituisca una
via forzata e necessaria.
Nel caso in cui rinunciassero infatti
a rivolgersi alla Magistratura, i loro figli rischierebbero di frequentare la scuola con un orario
ridotto oppure rimarrebbero in classe senza quella risorsa didattica specializzata e quindi
sostanzialmente parcheggiati e isolati dal resto della classe.
È indiscutibile che un reale processo di inclusione si verifichi solo quando si effettuano
esperienze e si attivano apprendimenti insieme agli altri, quando si condividono obiettivi e
strategie di lavoro, sedendo gli uni accanto agli altri. Dall’altra parte, però, non si può
dimenticare che alcuni bambini – per poter stare in classe insieme agli altri – hanno oggi
bisogno in ogni caso di un
supporto finalizzato
a far loro superare la barriera costituita non
tanto o non solo dalla propria condizione personale, ma prima di tutto dal
contesto sociale,
ambientale, culturale e relazionale
, che fa fatica a capire e ad interagire con bambini e
ragazzi che convivono con una menomazione.
Data per altro l’attuale impostazione e organizzazione della scuola italiana, credo
probabilmente che nemmeno un corpo di insegnanti curricolari adeguatamente formati sulle
questioni dell’inclusione scolastica e sulla didattica speciale sarebbe ugualmente sufficiente a
garantire un reale ed effettivo processo di inclusione, che richiede non solo insegnanti
competenti, ma anche
vere e proprie figure di supporto personalizzate
sulla base delle
specifiche esigenze delle diverse disabilità.
Infatti, se da una parte è vero che è l’intera comunità scolastica a dover essere coinvolta nel
processo in questione (e non solo una figura professionale specifica), non si può comunque
disconoscere la
specificità del ruolo e della funzione
svolta dall’insegnante di sostegno, che
è quella di supportare l’intero Consiglio di Classe nel prendersi in carico il progetto educativo
individualizzato dell’alunno con disabilità.
L’insegnante di sostegno non è l’insegnante “personalizzato” dell’alunno con disabilità, a lui
assegnato in via esclusiva. Si tratta invece di un insegnante assegnato all’intera classe. Ma non
si deve dimenticare che si tratta di una figura strumentale alla realizzazione di un diritto di
titolarità dello stesso alunno con disabilità, quello all’inclusione scolastica. L’insegnante di
sostegno, infatti, deve
aiutare i docenti della classe
a individuare le modalità più adeguate
per rendere più facile a questi alunni l’approccio allo studio delle diverse materie.
In altre parole, l’insegnante di sostegno è una figura professionale di tutta la classe, ma
assegnato
con lo specifico obiettivo
di consentire a un alunno con disabilità la realizzazione
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