INVALSI
dal MANIFESTO 5 MAGGIO 2010di Alessandra Fava
L'Istituto: «Privacy rispettata»,ma nessuno ha avvertito le famiglie dei bambini. Un test classista e razzista
Un questionario dell'Invalsi indagherà sulla vita privata degli alunni. A totale insaputa deigenitori, nel silenzio dei dirigenti scolastici e degli insegnanti, giovedì in tutte le scuoleelementari e medie italiane parte una schedatura razziale e sociale: insieme a test dimatematica e italiano dotati di un codice alfanumerico che permette di risalire al singolostudente, i minori saranno chiamati a compilare anche un questionario con informazionilegate alla vita privata e familiare. Si tratta di una rilevazione statistica promossadall'Invalsi, (l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e diformazione, sotto il controllo del ministero dell'Istruzione), già tentata negli scorsi anni amacchia di leopardo ed estesa invece ora a tutti gli alunni delle seconde e quinteelementari e prime e terze medie, per un totale di circa un milione e 700 mila studenti, 88mila classi in 9.700 scuole, con supervisori in 2.800 scuole. Spesa complessiva 6 milioni e600mila euro.Mentre i sindacati confederali tacciono, i COBAS e alcuni osservatori sull'istruzionecontestano i test per diversi motivi: primo, non sono obbligatori visto che non esiste unadirettiva ministeriale che li definisca tale, ma sono stati imposti dall'alto ai dirigenti con unacircolare di un dirigente dell'Invalsi. Secondo, quei test serviranno a decidere lo stipendiodegli insegnanti, schedare la gente, soprattutto contare la popolazione immigrata ecomunque segnano la fine di una scuola universale, prevista dalla nostra Costituzione.Per ora i fini ultimi della ricerca sono nebulosi. Sul sito dell'Invalsi apprendiamo che il 6maggio 2010 si svolgerà la prova di italiano e l'11 quella di matematica nelle seconde equinte elementari e che il 13 maggio si faranno in prima media. Poi a giugno, abbinatoall'esame di terza media ci sarà anche un test per i ragazzi del terzo anno. Il prossimoanno scolastico l'esperimento sarà allargato alla seconda superiore e in seguito magarialla quinta. Quindi in futuro l'apprendimento di uno scolaro italiano verrà monitorato seivolte.I primi aspetti preoccupanti sono relativi alla privacy. In uno dei moduli consegnato in unaclasse, recapitato ai genitori e reperito dal manifesto, una direzione scolastica dice cheintende «raccogliere informazioni, non rilevate all'atto della prima iscrizione, che servono alivello statistico» e che i dati saranno conservati secondo le norme della privacy. I moduliprevedono che oltre a nome, cognome, classe e sezione dell'alunno i genitori scrivanoluogo di nascita dello studente, della madre e del padre, se lo studente non è nato in Italiaindicare l'età di arrivo in Italia, la frequentazione dell'asilo nido e della scuola dell'infanzia epoi titolo di studio del padre, della madre e professione del padre e della madre. Ildirigente di quella scuola a un genitore sospettoso ha risposto: «Ho preparato io il moduloe l'ho immesso in rete per i colleghi di altre scuole. L'uso sarà strettamente interno».Bugia: i moduli saranno abbinati ai test Invalsi fatti dall'alunno. «Siccome negli anni scorsisecondo le ricerche Invalsi le scuole del Sud erano più brave di quelle del Nord perché gliinsegnanti avevano fatto copiare, dallo scorso anno hanno deciso di rilevare anche lacondizione sociale ed economica delle famiglie - spiega Serena Tusini dei COBAS Scuolatoscani - i questionari sono tutt'altro che anonimi perché le domande fatte ai genitoriportano nome, cognome, classe del figlio e i test e il questionario allo studente ha deicodici alfanumerici con i quali si può risalire al singolo alunno».I dirigenti scolastici si sono allineati al sapienziometro e in rete si trovano anche dellesimulazioni per le prove Invalsi. Anzi in alcune classi hanno già fatto delle prove. Undirettore piemontese sostiene che «servirà a capire come vanno gli studenti di una certascuola e se il loro grado d'istruzione è correlato col livello sociale della famiglia. Poiacquisiamo dati nuovi, ad esempio da quanti anni è in Italia uno straniero. Magariserviranno a ripartire meglio i fondi, oggi distribuiti solo con la logica di 8 euro all'anno astudente. Insomma non c'è niente di male nei numeri». Peccato che chiedano anche: haiun allarme in casa? «Il loro progetto è il Grande fratello e il controllo del rendimentoscolastico - dice Gianluca Gabrielli del Centro studi per la scuola pubblica, un think thankculturale nato nel 2000 dai COBAS che aggrega genitori e insegnanti non solo deisindacati di base - vogliono la schedatura totale di ogni bambino e famiglia». Com'è facileleggere sul sito Invalsi, lo scorso anno allo studente di seconda elementare si chiedeva:quanti libri hai in casa? Con chi vivi? Hai una camera tua? Studi con delle enciclopedie indvd? «Vogliono seguire un alunno dalle elementari alle superiori e misurare la produttivitàcon un modello toyotista - commenta ancora Tusini dei Cobas toscani - questo distruggeràla scuola italiana che finora non è stata massificata ma rivolta alle necessità del singolo».Il Centro studi per la scuola pubblica intanto diffonde in rete un documento prodotto perInvalsi a dicembre da Daniele Checchi, Andrea Ichino e Giorgio Vittadini, dal titolo Unsistema di misurazione degli apprendimenti per la valutazione delle scuole: finalità easpetti metodologici (vedi http://www.invalsi.it/snv0809/documenti/INVALSI_2008.pdf.),dove si parla espressamente di «disegnare un sistema di incentivazione che premi i singolioperatori della scuola in funzione del conseguimento di obiettivi relativi agli studenti» eparallelamente di agire su «a) Reclutamento e rimozione dei presidi sulla base dellaperformance ottenuta. b) Reclutamento e rimozione degli insegnanti» fino in casi estremi«all'accorpamento o alla chiusura della scuola».Più chiaro di così.L'ultima questione è che il sistema statistico prevede anche aggiustamenti tra Nord e Sudper riparametrare dati sospetti di falsificazioni. Per cui anche il sistema di ricerca nonsembra dei più affidabili. Garantirà però di avere molte informazioni sensibili sullapopolazione scolastica immigrata.Morale: «Noi sosteniamo che i colleghi si devono riappropriare delle proprie competenze.E se sono così abbruttiti da non potersi opporre allora chiediamo ai genitori di tenere i figlia casa il 6 e il 11 maggio per le elementari e il 13 per le medie», conclude Giua.di Benedetto VecchiQuestionari per onorare differenze di classeIn una classe scolastica esiste un equilibrio delicato la cui cura è delegata alle e agliinsegnanti. È rappresentato da quel milieu di giovani donne e giovani uomini in formazioneprovenienti da storie familiari diverse e da condizioni sociali diverse. Quando la scuola eradi classe le cose andavano diversamente. Ad esempio, in un saggio dello studiosofrancese Pierre Bourdieu era stato documentato, alla metà degli anni Sessanta delNovecento, come la scuola non facesse altro che riprodurre quelle differenze di classe chea parole diceva di voler ignorare. Dopo il Sessantotto, molte cose sono cambiate nellascuola. Da allora le classi scolastiche sono state spesso formate creando appunto unmilieu sociale che la scuola doveva ignorare in nome di una eguaglianza e in nome di unobiettivo da raggiungere: garantire a tutti l'accesso alla conoscenza.Non che la scuola italiana sia diventata il migliore dei mondi possibili. Una mancatariqualificazione delle modalità di insegnamento, una certa diffidenza verso l'adozione diuna pedagogia che rompessero lo schema gerarchico che vede una cattedra in posizionerialzata rispetto a una platea necessariamente silente e a braccia conserte hanno spessoimpedito che la scuola potesse diventare un luogo dove le differenze di classe non fosseroun ostacolo a un insegnamento di qualità. Ma quando i governi nazionali hannoconsiderato la scuola e la formazione come costi da ridurre, tutte le contraddizioni dellascuola di massa hanno raggiunto l'acme.Così, ciò che il Sessantotto aveva cacciato dalla porta sta lentamente ritornando dallafinestra. Si moltiplicano i segnali - dal pagamento delle mense ai criteri di accesso allascuola - di questo cambio di rotta. E non sono pochi oramai i distretti scolastici chemettono dei gatepeeker che scoraggiano l'iscrizione in una scuola perché le differenze direddito delle famiglie possono costituire un problema. Questionari tanto più odiosi perchégià nel recente passato uno screening sulle condizione sociali era già contemplato,soltanto che era compito delle o degli insegnanti farne tesoro affinché eventuali differenzenon fossero fonte di tensione e di disequilibrio nelle classi.La proposta di affiancare alla prove Invalsi, cioè test che devono fornire dati rilevantisull'acquisizione di conoscenze da parte degli studenti, anche questionari sulle lorocondizioni sociali ha il sapore amaro di quella controriforma culturale che orienta semprepiù l'attuale operato del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Gli effetticollaterali di tale operazione potrebbero essere deflagranti, visto che oramai ogni distrettoscolastico, ogni università, ogni centro di ricerca, di fronte alla continua riduzione difinanziamenti pubblici, si muovono in una direzione che certo non prevede interventiulteriori a quelli svolti di routine.Con l'aggravante che viene stabilito un legame tra apprendimento e condizione sociale.Proprio quel legame che la scuola di massa si era promessa di sciogliere a favore di uninsegnamento di qualità per tutti.INTERVISTA di Cinzia Gubbini - ROMAFiorella Farinelli, esperta di educazione e didattica:«La scuola non deve ignorare le differenze ma intervenire per cambiarle».«Ma la valutazione è utile. In Italia però le scuole in difficoltà rimagono sole»Fiorella Farinelli è un'esperta di scuola e educazione, per anni ha lavorato al ministerodell'Istruzione. A lei chiediamo l'utilità di una valutazione come quella dell'Invalsi.Cosa ne pensa?Tenere sotto controllo i risultati dell'apprendimento nella scuola è utilissimo. Questodovrebbe essere il fine della valutazione. Mi preoccupa però che l'Invalsi in Italia non èancora in grado, perché ha poche risorse professionali ed economiche, di sviluppare unsistema di valutazione come quelli che funzionano abbastanza bene in altri paesi europei,dove oltre a registrare i risultati dell'apprendimento si riesce a misurare anche imiglioramenti rispetto ai livelli di ingresso. Sappiamo che le scuole che operano i contestisociali difficili si misurano con delle condizioni non di intelligenza, ma con problemi diapprendimento che possono essere maggiori. E' questo il punto: bisognerebbe misurarequello che in termini tecnici chiamano il «valore aggiunto».Quali sono gli elementi di una buona valutazione?Una buona valutazione non deve limitarsi a fare una fotografia, ma riuscire a fare il film:dai risultati di ingresso, ai risultati intermedi, ai risultati finali. Secondo: deve servire acapire il perché alcune scuole anche nello stesso contesto territoriale e sociale hannorisultati migliori di altre. Nei sistemi di valutazione evoluti non ci si limita al test: una voltaraccolto il risultato le scuole in difficoltà vengono affiancate da esperti, tecnici, chefavoriscono l'autovalutazione e la riflessione fra insegnanti, che sono dei professionisti, perpoter migliorare il modo in cui si insegna. Questo è l'obiettivo finale della valutazione, nonla sanzione. Ora, il problema è che in Italia non abbiamo niente di tutto questo.I test Invalsi sono percepiti da una parte degli insegnanti come una minaccia:potrebbero essere utilizzati per differenziare gli stipendi in base ai risultati, senzatenere conto del contesto. Cosa ne pensa?Ci sono due cose da dire: la prima è che sicuramente un clima di demonizzazione degliinsegnanti e dei lavoratori pubblici non aiuta: se si vuole il miglioramento dei servizi edell'educazione bisogna essere in grado di affrontare i problemi in modo positivo. Peròbisogna anche dire che non è neanche corretto giustificare i cattivi o scadenti risultati diuna scuola dicendo: siccome lì ci sono gli stranieri, siccome lì ci sono i figli di chi ha unbasso livello di istruzione allora i risultati sono scadenti. Perché la scuola ha il compito dimigliorare i risultati, non di dare per scontato che i figli della povera gente avranno scarsirisultati in termini di apprendimento. Io credo, però, che negli ultimi dieci anni sia cambiatol'atteggiamento degli insegnanti: oggi c'è un clima più favorevole alla valutazione esterna.Ovviamente gli insegnanti vogliono sapere quale sia lo scopo, e non vogliono esserelasciati soli con i loro problemi.E' corretto secondo lei rilevare l'estrazione sociale degli studenti? Non si rischia dievidenziare in modo eccessivo le differenze sociali tra gli alunni?Io credo che dentro una classe tutti sappiano che ci sono figli di laureati e figli di personeche hanno la licenza media. Il problema è che se io voglio capire se Giovanni è entratocon un livello di apprendimento basso e poi voglio verificare se in seguito ha avuto unmiglioramento, ho bisogno della sua fotografia. Il compito della scuola non è ignorare ledifferenze, ma di capire se ci sono delle difficoltà e cambiarle in positivo: è questa lapersonalizzazione della didattica.
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