A 15 anni già a lavoro invece che in classe.
Grave passo indietro sull’obbligo scolastico
(dal settimanale ARCIREPORT 1/2010)
Al lavoro a 15 anni: è di pochi giorni fa
l’approvazione dell’emendamento
della commissione Lavoro della
Camera secondo cui l’apprendistato potrà
valere a tutti gli effetti come assolvimento
dell’obbligo di istruzione. Gli studenti meno
volenterosi potrebbero uscire dalle aule
scolastiche un anno prima dell’attuale
obbligo scolastico fissato a 16 anni, lavorando
con un contratto di apprendistato
che comprende attività di formazione.
L’obiettivo della norma, secondo il
Governo, sarebbe quello di combattere la
dispersione scolastica, cioè l’abbandono,
da parte degli studenti, delle attività scolastiche
e formative. Per il ministro del Lavoro
e delle politiche sociali Maurizio Sacconi
«si parla di 120mila giovani tra i 14 e i 16
anni che, superata la scuola media, non
lavorano o lavorano in nero. Non si tratta di
anticipare l’età di lavoro, ma di consentire
il recupero di un giovanissimo demotivato
a seguire gli altri percorsi educativi, attraverso
una più efficace modalità di apprendimento
in un contesto lavorativo».
In Europa solo Romania e Bulgaria sono
messe peggio dell’Italia. La dispersione più
alta è al Sud, ma anche nel ricco e avanzato
Nord - Ovest il 5% dei giovani tra i 14
e i 17 anni sono già fuori dal sistema formativo.
Un no secco alla proposta viene
però dal mondo della scuola e delle istituzioni
locali che si occupano di istruzione,
che considerano l’abbassamento a 15 anni
dell’età minima per l’ingresso nel mondo
del lavoro controcorrente rispetto alle tendenze
europee e inutile alla necessità del
mercato del lavoro, esemplificativo della
scarsa considerazione che il Governo
assegna alla formazione culturale.
L’Unione europea ha infatti raccomandato
di aumentare la permanenza a scuola e
investire sull’istruzione per ridurre la dispersione
scolastica. Nel 2003 una comunicazione
della Commissione europea
considerava ‘imperativo categorico’ l’investimento
efficiente nell’istruzione e nella
formazione. Nel 2000 il Consiglio europeo
di Lisbona fissava per la Ue l’obiettivo strategico
di diventare entro il 2010 «l’economia
basata sulla conoscenza più competitiva
e dinamica del mondo, in grado di realizzare
una crescita economica sostenibile
con nuovi e migliori posti di lavoro e una
maggiore coesione sociale».
Il Consiglio europeo ha ribadito che «il
futuro dell’economia e della società europea
dipenderà dalle abilità dei suoi cittadini
e che queste a loro volta richiedono un
aggiornamento continuativo caratteristico
delle società basate sulla conoscenza».
Perfino l’ultimo Rapporto sulla formazione
in Italia voluto dal ministro del Welfare ribadisce
l’importanza di una formazione adeguata,
ponendo l’obiettivo di un’Italia in cui
i lavoratori a bassa qualifica dovranno
scendere dal 30% di oggi al 18% nel 2020.
Dubbi anche sulla messa in pratica: secondo
l’ultimo rapporto Isfol, gli apprendisti in
formazione minorenni sono oggi poco più
di 6mila, tutti nel Centro Nord.
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