“L’educazione è il valore meno materiale che esista, ma il più decisivo per l’avvenire di un popolo, in quanto è la sua forza spirituale, e per questo è soggiogata da coloro che pretendono di vendere il Paese… Sì, continuiamo a resistere, perché non possiamo permettere che l’educazione di trasformi in un privilegio” (Ernesto Sábato, Prima della fine)
sabato 28 dicembre 2013
mercoledì 18 dicembre 2013
martedì 17 dicembre 2013
marche: riconoscimento "bandiera della pace"
RICONOSCIMENTO "BANDIERA DELLA PACE"
L'Università per la Pace, l'Assemblea Legislativa delle Marche e
l'Ufficio Scolastico Regionale ISTITUISCONO - in occasione della
Giornata regionale della pace del 12 dicembe 2013 - il riconoscimento
"BANDIERA DELLA PACE".
Il riconoscimento, ideato dal consigliere
dell'Università per la pace Dott. Nazzareno Quinzi, viene assegnato alla
Scuole di ogni ordine e grado che si sono particolarmente distinte nel
promuovere progetti in favore dell'Educazione
alla Pace, della Solidarietà e della Cooperazione internazionale ed in
favore dei Diritti fondamentali dei popoli, come recita l'Art. 1 della
Legge Regionale n 9/2002.
La Bandiera della Pace viene assegnata
ogni anno in occasione della Giornata Regionale per la Pace. I colori
dell'arcobaleno che compongono la Bandiera della Pace simboleggiano
l'eterna ricerca dell'uomo dell'Unità nella diversità.
RICONOSCIMENTO "BANDIERA DELLA PACE"
L'Università per la Pace, l'Assemblea Legislativa delle Marche e l'Ufficio Scolastico Regionale ISTITUISCONO - in occasione della Giornata regionale della pace del 12 dicembe 2013 - il riconoscimento "BANDIERA DELLA PACE".
Il riconoscimento, ideato dal consigliere dell'Università per la pace Dott. Nazzareno Quinzi, viene assegnato alla Scuole di ogni ordine e grado che si sono particolarmente distinte nel promuovere progetti in favore dell'Educazione alla Pace, della Solidarietà e della Cooperazione internazionale ed in favore dei Diritti fondamentali dei popoli, come recita l'Art. 1 della Legge Regionale n 9/2002.
La Bandiera della Pace viene assegnata ogni anno in occasione della Giornata Regionale per la Pace. I colori dell'arcobaleno che compongono la Bandiera della Pace simboleggiano l'eterna ricerca dell'uomo dell'Unità nella diversità.
L'Università per la Pace, l'Assemblea Legislativa delle Marche e l'Ufficio Scolastico Regionale ISTITUISCONO - in occasione della Giornata regionale della pace del 12 dicembe 2013 - il riconoscimento "BANDIERA DELLA PACE".
Il riconoscimento, ideato dal consigliere dell'Università per la pace Dott. Nazzareno Quinzi, viene assegnato alla Scuole di ogni ordine e grado che si sono particolarmente distinte nel promuovere progetti in favore dell'Educazione alla Pace, della Solidarietà e della Cooperazione internazionale ed in favore dei Diritti fondamentali dei popoli, come recita l'Art. 1 della Legge Regionale n 9/2002.
La Bandiera della Pace viene assegnata ogni anno in occasione della Giornata Regionale per la Pace. I colori dell'arcobaleno che compongono la Bandiera della Pace simboleggiano l'eterna ricerca dell'uomo dell'Unità nella diversità.
giovedì 12 dicembre 2013
edilizia scolastica: quando la scuola diventa un pericolo
fonte: comune.info
Quando il 22 novembre un migliaio di studenti è sceso in piazza a Cagliari per protestare, tra le altre motivazioni, contro le politiche di austerità, il caro trasporti e la situazione disastrosa degli edifici scolastici, l’accoglienza è stata da una parte quella dei manganelli della polizia che hanno causato 4 feriti tra i ragazzi minorenni, dall’altra quella del paternalismo di chi ha valutato la manifestazione solo “un modo per saltare le lezioni”.
“Contro le scuole che crollano” era uno degli slogan di chiamata della manifestazione: una settimana esatta dopo nel Liceo Classico Dettori di Cagliari è crollato un soffitto. Nella scuola nota per aver visto sui suoi banchi il fondatore del Pci Antonio Gramsci e per essere una delle più “prestigiose” del capoluogo, il bilancio è di 3 feriti, e nessuno ha potuto fare a meno di ritornare con la memoria al crollo, in tutto simile a questo, avvenuto nel 2008 nel Liceo Darwin di Rivoli, che causò la morte dello studente Vito Scafidi, mentre un suo compagno da allora è costretto su una sedia a rotelle. Un mese fa sono stati condannati in appello per disastro, omicidio e lesioni colpose tre funzionari della Provincia di Torino e i tre professori responsabili della sicurezza dell’istituto.
Ma se si dovesse veramente scavare tra i responsabili delle condizioni imbarazzanti in cui si trova l’edilizia scolastica la lista sarebbe ben più lunga. Solo un quarto delle scuole statali italiane è in regola con le certificazioni di sicurezza, una scuola su dieci presenta lesioni strutturali, una su cinque distacchi di intonaco, in una su quattro sono presenti muffe e infiltrazioni. I provvedimenti legati al Patto di stabilità e alla spending review, ma ancor prima i tagli sui servizi pubblici, scuola e sanità in primis, e sulle opere di tutela del territorio – come è emerso drammaticamente in questi giorni – attuati da tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi decenni, iniziano a presentare il conto.
Le risorse che dovrebbero essere impiegate per mitigare i pericoli del dissesto idrogeologico e rimettere in sesto le scuole dove i nostri figli vanno a scuola ogni giorno pensando di essere al sicuro, vengono destinate invece a inutili grandi opere che hanno la sola funzione di arricchire tutto un sottobosco di piccoli e grandi speculatori. Esempio classico è quello della TAV, ma restando in Sardegna possiamo citare le opere per il G8 della Maddalena, con tutta la loro scia di malaffare, la costruzione di quattro nuove carceri, le spese militari che non conoscono crisi e che permettono al Ministero della Difesa di fare profitto attraverso l’affitto dei poligoni sardi alle industrie belliche di tutto il mondo.
Che le politiche di austerità applicate in Europa identifichino nell’istruzione pubblica una delle loro prime vittime sacrificali è evidente, come testimonia la chiusura dell’Università di Atene, la più antica università della Grecia che conta più di 50mila studenti e che lo scorso 23 settembre ha dovuto sospendere ogni attività a causa dei tagli perché – come recita un comunicato del Senato accademico – «l’insistenza del ministero in scelte che minano direttamente l’istruzione superiore delle nuove generazioni in Grecia, che sono la sostanziale speranza per superare la crisi sociale e finanziaria nei prossimi anni, non può in nessun modo essere accettata». Ancora, è notizia recente che i sindacati baschi, in lotta contro la nuova riforma dell’istruzione LOMCE, stanno avanzando l’ipotesi di una scuola indipendente che si svincoli dalle maglie del Governo Rajoy, appiattito sulla dottrina dell’austerity.
Insomma, lungi dal voler solo “saltare la scuola”, gli studenti hanno tutti i motivi per non accettare passivamente il degrado della scuola pubblica e lo scenario di un futuro senza speranze che le istituzioni hanno preparato per loro, e mentre in molti starnazzano sulla necessità di ribellarsi, loro provano a farlo, anche semplicemente andando a chiedere conto a quel palazzo regionale che un anno fa stanziava per l’edilizia scolastica cinque milioni di euro, oggi ridotti ad appena 380mila destinati esclusivamente a lavori di ristrutturazione urgenti e indifferibili. Il Liceo Dettori non vi rientrava, ma oggi è stato dichiarato inagibile.
Fonte: Arrexini, portale di informazione dai territori in movimento. Titolo originale: Scuole pericolanti, la priorità invertita tra sicurezza e profitto
Quando la scuola diventa un pericolo
Da Cagliari all’Europa i tagli ai fondi destinati alla scuola cominciano a presentare il conto. Tra le principali vittime l’edilizia scolastica e, naturalmente, la sicurezza di bambini e insegnanti. Solo un quarto delle scuole statali italiane è in regola con le certificazioni di sicurezza, una scuola su dieci presenta lesioni strutturali, una su cinque distacchi di intonaco, in una su quattro sono presenti muffe e infiltrazioni
di Arrèxini*Quando il 22 novembre un migliaio di studenti è sceso in piazza a Cagliari per protestare, tra le altre motivazioni, contro le politiche di austerità, il caro trasporti e la situazione disastrosa degli edifici scolastici, l’accoglienza è stata da una parte quella dei manganelli della polizia che hanno causato 4 feriti tra i ragazzi minorenni, dall’altra quella del paternalismo di chi ha valutato la manifestazione solo “un modo per saltare le lezioni”.
“Contro le scuole che crollano” era uno degli slogan di chiamata della manifestazione: una settimana esatta dopo nel Liceo Classico Dettori di Cagliari è crollato un soffitto. Nella scuola nota per aver visto sui suoi banchi il fondatore del Pci Antonio Gramsci e per essere una delle più “prestigiose” del capoluogo, il bilancio è di 3 feriti, e nessuno ha potuto fare a meno di ritornare con la memoria al crollo, in tutto simile a questo, avvenuto nel 2008 nel Liceo Darwin di Rivoli, che causò la morte dello studente Vito Scafidi, mentre un suo compagno da allora è costretto su una sedia a rotelle. Un mese fa sono stati condannati in appello per disastro, omicidio e lesioni colpose tre funzionari della Provincia di Torino e i tre professori responsabili della sicurezza dell’istituto.
Ma se si dovesse veramente scavare tra i responsabili delle condizioni imbarazzanti in cui si trova l’edilizia scolastica la lista sarebbe ben più lunga. Solo un quarto delle scuole statali italiane è in regola con le certificazioni di sicurezza, una scuola su dieci presenta lesioni strutturali, una su cinque distacchi di intonaco, in una su quattro sono presenti muffe e infiltrazioni. I provvedimenti legati al Patto di stabilità e alla spending review, ma ancor prima i tagli sui servizi pubblici, scuola e sanità in primis, e sulle opere di tutela del territorio – come è emerso drammaticamente in questi giorni – attuati da tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi decenni, iniziano a presentare il conto.
Le risorse che dovrebbero essere impiegate per mitigare i pericoli del dissesto idrogeologico e rimettere in sesto le scuole dove i nostri figli vanno a scuola ogni giorno pensando di essere al sicuro, vengono destinate invece a inutili grandi opere che hanno la sola funzione di arricchire tutto un sottobosco di piccoli e grandi speculatori. Esempio classico è quello della TAV, ma restando in Sardegna possiamo citare le opere per il G8 della Maddalena, con tutta la loro scia di malaffare, la costruzione di quattro nuove carceri, le spese militari che non conoscono crisi e che permettono al Ministero della Difesa di fare profitto attraverso l’affitto dei poligoni sardi alle industrie belliche di tutto il mondo.
Che le politiche di austerità applicate in Europa identifichino nell’istruzione pubblica una delle loro prime vittime sacrificali è evidente, come testimonia la chiusura dell’Università di Atene, la più antica università della Grecia che conta più di 50mila studenti e che lo scorso 23 settembre ha dovuto sospendere ogni attività a causa dei tagli perché – come recita un comunicato del Senato accademico – «l’insistenza del ministero in scelte che minano direttamente l’istruzione superiore delle nuove generazioni in Grecia, che sono la sostanziale speranza per superare la crisi sociale e finanziaria nei prossimi anni, non può in nessun modo essere accettata». Ancora, è notizia recente che i sindacati baschi, in lotta contro la nuova riforma dell’istruzione LOMCE, stanno avanzando l’ipotesi di una scuola indipendente che si svincoli dalle maglie del Governo Rajoy, appiattito sulla dottrina dell’austerity.
Insomma, lungi dal voler solo “saltare la scuola”, gli studenti hanno tutti i motivi per non accettare passivamente il degrado della scuola pubblica e lo scenario di un futuro senza speranze che le istituzioni hanno preparato per loro, e mentre in molti starnazzano sulla necessità di ribellarsi, loro provano a farlo, anche semplicemente andando a chiedere conto a quel palazzo regionale che un anno fa stanziava per l’edilizia scolastica cinque milioni di euro, oggi ridotti ad appena 380mila destinati esclusivamente a lavori di ristrutturazione urgenti e indifferibili. Il Liceo Dettori non vi rientrava, ma oggi è stato dichiarato inagibile.
Fonte: Arrexini, portale di informazione dai territori in movimento. Titolo originale: Scuole pericolanti, la priorità invertita tra sicurezza e profitto
ridiamo i BES alla didattica
fonte: vivalascuola
Una direttiva nel dicembre 2012, una circolare nel marzo 2013, una nota del giugno 2013, una nota di chiarimento il 22 novembre 2013: in 11 mesi il Miur è tornato 4 volte sul tema per annunciare, chiarire, chiarire i chiarimenti. L’unica cosa chiara è che la “rivoluzione” dei BES (Bisogni Educativi Speciali) si è sgonfiata. Succede spesso in Italia con le rivoluzioni annunciate. Il Miur tranquillizza le scuole: con i BES non cambia nulla, continuate a fare quello che avete sempre fatto. Tutto come prima? No: si è messa in moto una “strategia della gradualità” rivolta: a giustificare un nuovo taglio di insegnanti di sostegno, come appare evidente dalle anticipazioni sulla spending rewiew; e a deprimere la didattica, come mostra Alain Goussot nell’intervista rilasciata a Marina Boscaino che proponiamo in questa puntata di vivalascuola.
I BES alla luce della pedagogia
Intervista di Marina Boscaino ad Alain Goussot
Vivalascuola. Ridiamo i BES alla didattica
Pubblicato su da vivalascuola
Una direttiva nel dicembre 2012, una circolare nel marzo 2013, una nota del giugno 2013, una nota di chiarimento il 22 novembre 2013: in 11 mesi il Miur è tornato 4 volte sul tema per annunciare, chiarire, chiarire i chiarimenti. L’unica cosa chiara è che la “rivoluzione” dei BES (Bisogni Educativi Speciali) si è sgonfiata. Succede spesso in Italia con le rivoluzioni annunciate. Il Miur tranquillizza le scuole: con i BES non cambia nulla, continuate a fare quello che avete sempre fatto. Tutto come prima? No: si è messa in moto una “strategia della gradualità” rivolta: a giustificare un nuovo taglio di insegnanti di sostegno, come appare evidente dalle anticipazioni sulla spending rewiew; e a deprimere la didattica, come mostra Alain Goussot nell’intervista rilasciata a Marina Boscaino che proponiamo in questa puntata di vivalascuola.
I BES alla luce della pedagogia
Intervista di Marina Boscaino ad Alain Goussot
lunedì 2 dicembre 2013
perchè il teatro a scuola?
fonte: comune.info
Diritti applicati e negati, sotto i cieli di tutto il mondo. Al diavolo le ingiustizie, la paura, l’ignoranza, la segregazione, la fame, la difficoltà di accesso alle cure mediche, all’istruzione, al cibo ed all’acqua. Sono i bambini a gridarlo. Il 20 novembre, in occasione della Giornata internazionale per i diritti dei bambini” presso l’associazione Diavolo Rosso, le classi seconda C e seconda D della scuola elementare Rio Crosio con i loro insegnanti hanno preso parte al recital “Sotto il cielo di Palestina”.
I bambini hanno presentato al folto pubblico la sintesi delle loro riflessioni e delle attività svolte in classe nelle settimane scorse. Sono stati scelti il diritto a sentrirsi sicuri, alla famiglia, all’acqua e al cibo, alla salute, al gioco, alla casa, riflettendo sulla differenza del significato che ognuno di questi diritti assume a seconda del luogo in cui si è nati. Cosa può voler dire avere bisogno di cure mediche in Europa oppure in Etiopia? Quali possono essere le paure di un bimbo astigiano o quelle di uno che ha vissuto a Mostar durante il conflitto in ex Yugoslavia?
E ancora: sentire nostalgia dei genitori mentre i nostri piccoli sono al campeggio è molto diverso dal vivere la lontananza di papà, magari incarcerato per motivi politici o religiosi. Aver fame da noi è spesso l’appetito per non aver ancora fatto merenda, altrove invece… I bambini insomma si sono con delicatezza inseriti nella performance “Vittorio Arrigoni: un vivo!” di Sara, Giulia, e Veronica del “Cubo” di Chieri con un contributo recitativo che ha offerto spunti e messaggi compresinsbili sia dai piccoli che dai grandi. Lo sfrozo è stato far sì che i freschi genuini interventi dei bimbi non risultassero stucchevoli o riduttivi, ma semi di speranza.
Grande cura è stata posta all’allestimento affinchè il dolore delle situazioni non soverchiassero o offuscassero i sogni dei piccoli che crescono, senza per questo nascondere loro i problemi che graffiano le vite di tanti, troppi, loro coetanei nati “nel posto sbagliato”. Non è mai troppo presto per capire come va il mondo… ecco quindi i piccoli della seconda D e seconda C della Rio Crosio, insieme ai più “grandi” della ex quinta C (Ilaria, Fabio, Alessio, Alberto e Federico), mettere in scena, a cominciare dalle testimonianze e dalle parole da Gaza di Vik Arrigoni, il raffronto tra diritti applicati o negati in occidente, in zone di conflitto, in paesi del sud del mondo.
Non c’è dubbio: fare teatro a scuola offre ai bambini strumenti preziosi e unici per esprimersi, per sperimentare nuove identità provvisorie, per arrivare ad essere individui solidali, felici, attenti al prossimo, aperti al mondo, desiderosi di conoscere “la magia della vita”.
* maestro di scuola elementare ad Asti
Che il teatro a scuola offra ai bambini e alle bambini strumenti preziosi per esprimersi è cosa nota. Ma quando sul palco arrivano le parole di Vittorio Arrigoni allora il teatro diventa uno straordinario laboratorio per ragionare di diritti, per scoprire storie e punti di vista che non sono sui libri, per gridare speranza e fraternità.
di Giampaolo Monaca*Diritti applicati e negati, sotto i cieli di tutto il mondo. Al diavolo le ingiustizie, la paura, l’ignoranza, la segregazione, la fame, la difficoltà di accesso alle cure mediche, all’istruzione, al cibo ed all’acqua. Sono i bambini a gridarlo. Il 20 novembre, in occasione della Giornata internazionale per i diritti dei bambini” presso l’associazione Diavolo Rosso, le classi seconda C e seconda D della scuola elementare Rio Crosio con i loro insegnanti hanno preso parte al recital “Sotto il cielo di Palestina”.
I bambini hanno presentato al folto pubblico la sintesi delle loro riflessioni e delle attività svolte in classe nelle settimane scorse. Sono stati scelti il diritto a sentrirsi sicuri, alla famiglia, all’acqua e al cibo, alla salute, al gioco, alla casa, riflettendo sulla differenza del significato che ognuno di questi diritti assume a seconda del luogo in cui si è nati. Cosa può voler dire avere bisogno di cure mediche in Europa oppure in Etiopia? Quali possono essere le paure di un bimbo astigiano o quelle di uno che ha vissuto a Mostar durante il conflitto in ex Yugoslavia?
E ancora: sentire nostalgia dei genitori mentre i nostri piccoli sono al campeggio è molto diverso dal vivere la lontananza di papà, magari incarcerato per motivi politici o religiosi. Aver fame da noi è spesso l’appetito per non aver ancora fatto merenda, altrove invece… I bambini insomma si sono con delicatezza inseriti nella performance “Vittorio Arrigoni: un vivo!” di Sara, Giulia, e Veronica del “Cubo” di Chieri con un contributo recitativo che ha offerto spunti e messaggi compresinsbili sia dai piccoli che dai grandi. Lo sfrozo è stato far sì che i freschi genuini interventi dei bimbi non risultassero stucchevoli o riduttivi, ma semi di speranza.
Grande cura è stata posta all’allestimento affinchè il dolore delle situazioni non soverchiassero o offuscassero i sogni dei piccoli che crescono, senza per questo nascondere loro i problemi che graffiano le vite di tanti, troppi, loro coetanei nati “nel posto sbagliato”. Non è mai troppo presto per capire come va il mondo… ecco quindi i piccoli della seconda D e seconda C della Rio Crosio, insieme ai più “grandi” della ex quinta C (Ilaria, Fabio, Alessio, Alberto e Federico), mettere in scena, a cominciare dalle testimonianze e dalle parole da Gaza di Vik Arrigoni, il raffronto tra diritti applicati o negati in occidente, in zone di conflitto, in paesi del sud del mondo.
Non c’è dubbio: fare teatro a scuola offre ai bambini strumenti preziosi e unici per esprimersi, per sperimentare nuove identità provvisorie, per arrivare ad essere individui solidali, felici, attenti al prossimo, aperti al mondo, desiderosi di conoscere “la magia della vita”.
* maestro di scuola elementare ad Asti
BES: LO STATO DELL'ARTE
fonte: fp-cgil
Il MIUR ha emanato il 22 novembre scorso una nuova circolare di chiarimento in merito agli interventi per gli alunni con Bisogni Educativi Speciali.
La questione da mesi sta agitando la vita delle scuole poiché non è
stata affrontata con la necessaria chiarezza da parte del MIUR e, a
cascata, da parte delle articolazioni periferiche dell’amministrazione.
Si sono così determinate incertezze e conflitti nelle scuole.
La direttiva ministeriale del 12 dicembre 2012 "Strumenti di intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica" ha introdotto l’area dei Bisogni Educativi Speciali, che ricomprende “tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale."
La direttiva non è stata preceduta da alcun tipo di confronto con le organizzazioni sindacali.
E’ seguita poi la circolare ministeriale 8 del 6 marzo 2013 che doveva attuare la direttiva stessa. Tale circolare, per i suoi contenuti invasivi dell’autonomia scolastica, per la burocratizzazione di tutta le gestione dei bisogni educativi speciali, per l’aumento del carico di lavoro di docenti e ATA, oltre che per alcune improvvide interpretazioni estensive e una serie di rigide prescrizioni è stata contestata dalle scuole. La FLC, anche unitariamente con altre organizzazioni sindacali, ha rappresentato tali critiche e ottenuto l’apertura di un tavolo di confronto, i cui esiti si sono concretizzati nella nota ministeriale 1551 del 27 giugno 2013. Nonostante la nota avesse eliminato il termine prescrittivo per la presentazione del Piano annuale per l’inclusività (PAI) e stabilito che l’A.S. 2013/2014 dovesse essere utilizzato per sperimentare e monitorare procedure, metodologie e pratiche anche organizzative, alcuni USR hanno provato a forzare la mano avendo come riferimento la circolare 8/2013.
L’ulteriore intervento della FLC CGIL e di altre organizzazioni sindacali ha contribuito a determinare le condizioni per l’uscita della nuova circolare nella quale riteniamo di poter ravvisare alcuni elementi che migliorano il quadro precedente, in particolare:
Peraltro nella società odierna si riscontra un aumento esponenziale dei BES. Per fronteggiarlo, come giustamente viene raccomandato nelle Indicazioni nazionali per il curriculo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo, si deve ricorrere alla "normale" programmazione didattica. Ma la programmazione per poter adeguatamente affrontare esigenze così complesse, richiede innovazione e sperimentazione e ciò è senz’altro nelle corde della sapienza didattica, organizzativa e pedagogica dei docenti nonché nella loro disponibilità alla formazione in servizio. Ciò che invece drammaticamente manca, sono le risorse. Risorse necessarie sia per attuare un piano di accompagnamento adeguato che la sperimentazione. Ancora una volta si scarica sulle spalle delle scuole, del personale docente, ATA e dei dirigenti scolastici il peso delle “innovazioni”.
In ogni caso per noi resta inteso che, essendo l'anno in corso di carattere sperimentale come sottolinea la stessa Circolare, rimane in capo alle scuole la prerogativa di fare a meno di istituire, a conclusione dell'anno scolastico e per l'anno scolastico successivo, gli organismi suggeriti dalle Circolari ministeriali. Strumenti (PDP, PAI) e organi (GLI) possono essere ritenuti non adatti e certamente assorbili nella normalità degli strumenti e degli organismi che supportano l'ordinario lavoro didattico che saprà ben affrontare la tematica dello svantaggio.
Crediamo che sui temi del disagio e dello svantaggio, della disabilità, dei disturbi specifici dell’apprendimento vada riaperta con forza la discussione ed anche la vertenzialità. Innanzitutto sulle dotazioni organiche del personale. Infatti risulta incomprensibile come si possano adattare i contenuti della direttiva sui BES ad organici ridotti, in una situazione in cui nei fatti è impedito qualunque processo di individualizzazione della didattica e spesso anche una gestione ordinaria della stessa. L’altro punto cruciale da affrontare è la formazione del personale docente e ATA, sul quale scontiamo una cronica mancanza di risorse. E’ evidente che questo dovrà essere uno dei temi centrali del confronto con l’Amministrazione in relazione alle risorse stanziate dal DL 104 per la formazione del personale (10 milioni di euro) e finalizzate ad una pluralità di interventi. Infine c’è un tema delicatissimo: l’esigenza di un nuovo contratto nazionale che declini le nuove esigenze, compresi i BES, sui versanti dei carichi di lavoro e dei profili professionali. Da questo punto di vista il DPR 122/2013 sul blocco dei contratti, il ritardo nello sblocco delle risorse del MOF e gli interventi contenuti nella legge di stabilità sempre sul versante del congelamento dei rinnovi contrattuali, determinano effetti gravissimi che siamo impegnati a contrastare a partire dalla mobilitazione unitaria e dalla manifestazione nazionale del 30 novembre prossimo.
Allegati
Bisogni educativi speciali: lo stato dell’arte
A fronte del disagio nelle scuole, il MIUR emana una nuova circolare.
25/11/2013
La direttiva ministeriale del 12 dicembre 2012 "Strumenti di intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica" ha introdotto l’area dei Bisogni Educativi Speciali, che ricomprende “tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale."
La direttiva non è stata preceduta da alcun tipo di confronto con le organizzazioni sindacali.
E’ seguita poi la circolare ministeriale 8 del 6 marzo 2013 che doveva attuare la direttiva stessa. Tale circolare, per i suoi contenuti invasivi dell’autonomia scolastica, per la burocratizzazione di tutta le gestione dei bisogni educativi speciali, per l’aumento del carico di lavoro di docenti e ATA, oltre che per alcune improvvide interpretazioni estensive e una serie di rigide prescrizioni è stata contestata dalle scuole. La FLC, anche unitariamente con altre organizzazioni sindacali, ha rappresentato tali critiche e ottenuto l’apertura di un tavolo di confronto, i cui esiti si sono concretizzati nella nota ministeriale 1551 del 27 giugno 2013. Nonostante la nota avesse eliminato il termine prescrittivo per la presentazione del Piano annuale per l’inclusività (PAI) e stabilito che l’A.S. 2013/2014 dovesse essere utilizzato per sperimentare e monitorare procedure, metodologie e pratiche anche organizzative, alcuni USR hanno provato a forzare la mano avendo come riferimento la circolare 8/2013.
L’ulteriore intervento della FLC CGIL e di altre organizzazioni sindacali ha contribuito a determinare le condizioni per l’uscita della nuova circolare nella quale riteniamo di poter ravvisare alcuni elementi che migliorano il quadro precedente, in particolare:
- la sottolineatura sul carattere sperimentale del corrente anno scolastico
- il riferimento all’autonomia didattica delle scuole autonome
- la puntualizzazione che solo e soltanto qualora nell’ambito del Consiglio di classe (nelle scuole secondarie) o del team docenti (nelle scuole primarie) si concordi di valutare l’efficacia di strumenti specifici questo potrà comportare l’adozione e quindi la compilazione di un Piano Didattico Personalizzato (PDP), anche in presenza di diagnosi mediche (ovviamente che non stiano nell’alveo nè della legge 170/10 su DSA o della legge 104/ 92)
- il chiarimento rispetto al fatto che gli alunni con cittadinanza non italiana necessitano anzitutto di interventi didattici relativi all’apprendimento della lingua e solo in via eccezionale della formalizzazione tramite un Piano Didattico Personalizzato
- la sottolineatura che il piano annuale per l’inclusività è parte integrante del POF
- l’indicazione che le modalità organizzative della scuola, contenute nella circolare 8/2013, inclusa la costituzione del Gruppo di lavoro per l’inclusività, sono da intendersi come meri suggerimenti,
- la competenza esclusiva del contratto di istituto nella determinazione delle modalità di utilizzo del FIS.
Peraltro nella società odierna si riscontra un aumento esponenziale dei BES. Per fronteggiarlo, come giustamente viene raccomandato nelle Indicazioni nazionali per il curriculo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo, si deve ricorrere alla "normale" programmazione didattica. Ma la programmazione per poter adeguatamente affrontare esigenze così complesse, richiede innovazione e sperimentazione e ciò è senz’altro nelle corde della sapienza didattica, organizzativa e pedagogica dei docenti nonché nella loro disponibilità alla formazione in servizio. Ciò che invece drammaticamente manca, sono le risorse. Risorse necessarie sia per attuare un piano di accompagnamento adeguato che la sperimentazione. Ancora una volta si scarica sulle spalle delle scuole, del personale docente, ATA e dei dirigenti scolastici il peso delle “innovazioni”.
In ogni caso per noi resta inteso che, essendo l'anno in corso di carattere sperimentale come sottolinea la stessa Circolare, rimane in capo alle scuole la prerogativa di fare a meno di istituire, a conclusione dell'anno scolastico e per l'anno scolastico successivo, gli organismi suggeriti dalle Circolari ministeriali. Strumenti (PDP, PAI) e organi (GLI) possono essere ritenuti non adatti e certamente assorbili nella normalità degli strumenti e degli organismi che supportano l'ordinario lavoro didattico che saprà ben affrontare la tematica dello svantaggio.
Crediamo che sui temi del disagio e dello svantaggio, della disabilità, dei disturbi specifici dell’apprendimento vada riaperta con forza la discussione ed anche la vertenzialità. Innanzitutto sulle dotazioni organiche del personale. Infatti risulta incomprensibile come si possano adattare i contenuti della direttiva sui BES ad organici ridotti, in una situazione in cui nei fatti è impedito qualunque processo di individualizzazione della didattica e spesso anche una gestione ordinaria della stessa. L’altro punto cruciale da affrontare è la formazione del personale docente e ATA, sul quale scontiamo una cronica mancanza di risorse. E’ evidente che questo dovrà essere uno dei temi centrali del confronto con l’Amministrazione in relazione alle risorse stanziate dal DL 104 per la formazione del personale (10 milioni di euro) e finalizzate ad una pluralità di interventi. Infine c’è un tema delicatissimo: l’esigenza di un nuovo contratto nazionale che declini le nuove esigenze, compresi i BES, sui versanti dei carichi di lavoro e dei profili professionali. Da questo punto di vista il DPR 122/2013 sul blocco dei contratti, il ritardo nello sblocco delle risorse del MOF e gli interventi contenuti nella legge di stabilità sempre sul versante del congelamento dei rinnovi contrattuali, determinano effetti gravissimi che siamo impegnati a contrastare a partire dalla mobilitazione unitaria e dalla manifestazione nazionale del 30 novembre prossimo.
Allegati
scuola: l'inclusione non è solo un sogno
fonte: disabili.com
La scuola italiana ha scelto ormai da molto tempo la via dell'integrazione scolastica degli allievi con disabilità , e ricopre oggi in questo un ruolo significativo nel panorama internazionale delle politiche scolastiche.
Nel tempo gli stessi obiettivi si sono affinati, sono stati discussi, ne sono state evidenziale le criticità e, attraverso la pratica e le riflessioni di ambito teorico, è stato introdotto ed accolto il paradigma dell'inclusione. L'asse della piena accoglienza, infatti, si è spostato sempre più dagli interventi necessari per consentire la partecipazione nei contesti, allo studio ed alla predisposizione di contesti di per sé già accoglienti. La scuola, cioè, ha cercato nel tempo e cerca ancora oggi di rinnovare se stessa in modo da poter accogliere tutti.
Non è facile.
Le difficoltà sono molte, di ordine strutturale, sistemico, culturale. Permangono infatti scuole con molteplici barriere architettoniche, burocrazie paralizzanti e non poche difficoltà scolastiche e territoriali di natura educativa. La cronaca, purtroppo, ci riporta troppo spesso episodi agghiaccianti ed è doveroso interrogarsi sul da farsi.
Ne basta una rassegna brevissima, ma pure colma di tragicità . Solo riflettendo sui casi recenti, basti ricordare l'episodio di Mugnano (NA), in cui alcuni genitori di allievi "normodotati" avrebbero chiesto il cambio di sezione e di plesso per i propri figli, perché in classe insieme ad un compagno con autismo. Il caso ha portato il presidente di Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e relazionale (ANFFAS), Roberto Speziale, ad affermare che si allontana sempre di più l'inclusione scolastica per gli studenti con disabilità .
Dall'altra parte del Paese, nel vicentino, la cronaca locale ci ha consegnato un video agghiacciante, in cui addirittura un'insegnante di sostegno ed un'assistente usano violenza fisica (colpi, bacchettate, volto strofinato con un disinfettante) e verbale (insulti irripetibili) nei confronti di un ragazzo completamente inerme. Sono immagini violente, disumane, che parlano d'altro rispetto a tutto quello verso cui la scuola di muove ormai da 40 anni.
E' infine recentissima la diffusione dell'ultima vicenda che si vuole richiamare, che ci lascia ancora una volta basiti e attoniti. In questo caso, in una scuola di Mele (Ge), alcuni alunni hanno aggredito e denigrato un ragazzo disabile, filmando addirittura la scena in cui il giovane si contorceva per il dolore. Solo l'intervento immediato di un insegnante ha evitato che il video fosse caricato in rete. In questo caso insegnanti e dirigenti hanno scelto la strada della severità ed il comportamento è stato sanzionato fino all'intervento della Procura della Repubblica. I giudici dei minori hanno deciso un percorso rieducativo, condannando i ragazzi responsabili dell'aggressione a produrre un video sul bullismo ed a diffonderlo in alcune scuole liguri, attraverso incontri con altri studenti. L'incredibile è però iniziato dopo, quando uno dei genitori ha inoltrato una controquerela per eccesso di severità , liquidando l'intera vicenda come una semplice ragazzata.
Non sono episodi isolati di violenza, legata a discriminazione e pregiudizio. Sono solo quelli più gravi e per questo finiscono sulle prime pagine dei giornali. Tanti piccoli o grandi gesti quotidiani di intolleranza, tante altre vicende centrate sullo stigma si svolgono ogni giorno, nonostante 40 anni di integrazione.
Fermiamoci un attimo. Riflettiamo. Tutti. Nessuno escluso.
APPROFONDIMENTI
La cronaca dei tre episodi di violenza
http://napoli.repubblica.it
http://www.ilgazzettino.it
http://genova.repubblica.it
IN DISABILI.COM
Scuola dell'integrazione e dell'inclusione
Il fallimento di una società che esclude il disabile è il fallimento di tutti
Tina Naccarato
SCUOLA. L'INCLUSIONE NON E' SOLO UN SOGNO, MA ANCORA TROPPO SPESSO E' SCONOSCIUTA
Nonostante gli investimenti per favorire una cultura inclusiva, spesso le cronache raccontano episodi di forte discriminazione nei confronti di bambini e ragazzi con disabilitàLa scuola italiana ha scelto ormai da molto tempo la via dell'integrazione scolastica degli allievi con disabilità , e ricopre oggi in questo un ruolo significativo nel panorama internazionale delle politiche scolastiche.
Nel tempo gli stessi obiettivi si sono affinati, sono stati discussi, ne sono state evidenziale le criticità e, attraverso la pratica e le riflessioni di ambito teorico, è stato introdotto ed accolto il paradigma dell'inclusione. L'asse della piena accoglienza, infatti, si è spostato sempre più dagli interventi necessari per consentire la partecipazione nei contesti, allo studio ed alla predisposizione di contesti di per sé già accoglienti. La scuola, cioè, ha cercato nel tempo e cerca ancora oggi di rinnovare se stessa in modo da poter accogliere tutti.
Non è facile.
Le difficoltà sono molte, di ordine strutturale, sistemico, culturale. Permangono infatti scuole con molteplici barriere architettoniche, burocrazie paralizzanti e non poche difficoltà scolastiche e territoriali di natura educativa. La cronaca, purtroppo, ci riporta troppo spesso episodi agghiaccianti ed è doveroso interrogarsi sul da farsi.
Ne basta una rassegna brevissima, ma pure colma di tragicità . Solo riflettendo sui casi recenti, basti ricordare l'episodio di Mugnano (NA), in cui alcuni genitori di allievi "normodotati" avrebbero chiesto il cambio di sezione e di plesso per i propri figli, perché in classe insieme ad un compagno con autismo. Il caso ha portato il presidente di Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e relazionale (ANFFAS), Roberto Speziale, ad affermare che si allontana sempre di più l'inclusione scolastica per gli studenti con disabilità .
Dall'altra parte del Paese, nel vicentino, la cronaca locale ci ha consegnato un video agghiacciante, in cui addirittura un'insegnante di sostegno ed un'assistente usano violenza fisica (colpi, bacchettate, volto strofinato con un disinfettante) e verbale (insulti irripetibili) nei confronti di un ragazzo completamente inerme. Sono immagini violente, disumane, che parlano d'altro rispetto a tutto quello verso cui la scuola di muove ormai da 40 anni.
E' infine recentissima la diffusione dell'ultima vicenda che si vuole richiamare, che ci lascia ancora una volta basiti e attoniti. In questo caso, in una scuola di Mele (Ge), alcuni alunni hanno aggredito e denigrato un ragazzo disabile, filmando addirittura la scena in cui il giovane si contorceva per il dolore. Solo l'intervento immediato di un insegnante ha evitato che il video fosse caricato in rete. In questo caso insegnanti e dirigenti hanno scelto la strada della severità ed il comportamento è stato sanzionato fino all'intervento della Procura della Repubblica. I giudici dei minori hanno deciso un percorso rieducativo, condannando i ragazzi responsabili dell'aggressione a produrre un video sul bullismo ed a diffonderlo in alcune scuole liguri, attraverso incontri con altri studenti. L'incredibile è però iniziato dopo, quando uno dei genitori ha inoltrato una controquerela per eccesso di severità , liquidando l'intera vicenda come una semplice ragazzata.
Non sono episodi isolati di violenza, legata a discriminazione e pregiudizio. Sono solo quelli più gravi e per questo finiscono sulle prime pagine dei giornali. Tanti piccoli o grandi gesti quotidiani di intolleranza, tante altre vicende centrate sullo stigma si svolgono ogni giorno, nonostante 40 anni di integrazione.
Fermiamoci un attimo. Riflettiamo. Tutti. Nessuno escluso.
APPROFONDIMENTI
La cronaca dei tre episodi di violenza
http://napoli.repubblica.it
http://www.ilgazzettino.it
http://genova.repubblica.it
IN DISABILI.COM
Scuola dell'integrazione e dell'inclusione
Il fallimento di una società che esclude il disabile è il fallimento di tutti
Tina Naccarato
AUTISMO E SCUOLA
FONTE: INFORMA
Autismo e scuola: un protocollo per definire chi fa cosa È certamente uno dei primi documenti del genere, nel nostro Paese, il Protocollo d'Intesa siglato a Vicenza, con il quale i rappresentanti dei Servizi Sanitari e quelli della Scuola hanno definito una serie di concreti impegni per un'efficace integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico. L'iniziativa costituisce l'ulteriore evoluzione di un percorso comune avviato già da tempo nella Provincia berica È stato firmato a Vicenza, presso l'Ufficio Scolastico Territoriale, un importante documento in cui i rappresentanti dei Servizi Sanitari e della Scuola hanno definito una serie di concreti impegni per un'efficace integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico. Tecnicamente, va detto, si tratta dell'integrazione di un Protocollo d'Intesa già sottoscritto a suo tempo da tutti i soggetti che hanno competenza in questo campo, vale a dire le quattro ULSS della Provincia berica e le Conferenze dei Sindaci, l'Amministrazione Provinciale, i Centri convenzionati Villa Maria e La Nostra Famiglia, l'Ufficio Scolastico Territoriale, i cinque CTI (Centri Territoriali per l'Integrazione), che rappresentano direttamente le scuole autonome, e la FISM (Federazione Italiana Scuole Materne) per le scuole dell'infanzia paritarie. «Questa integrazione del Protocollo di Intesa - si legge nelle Finalità - ha l'obiettivo di definire in modo più specifico e dettagliato i compiti delle figure professionali coinvolte, valorizzando ed estendendo le buone pratiche già diffuse nella nostra Provincia, affinché per gli alunni con autismo il progetto abilitativo, nel suo insieme, abbia maggiori probabilità di successo». La decisione di assumere impegni aggiuntivi per questa specifica disabilità deriva non solo dalla sua evidente gravità, ma anche dal ruolo fondamentale che la scuola è chiamata a svolgere nel quadro di un serio intervento di tipo psico-educativo, da tutti pienamente condiviso. Nel documento, infatti, Scuola e Servizi assumono formalmente alcuni specifici impegni, chiari e ben definiti: sono azioni che in molte situazioni già sono entrate da tempo nella prassi normale e proprio perché si è visto che effettivamente questo modo di lavorare "funziona", ci si impegna ora a diffonderlo ovunque, in tutte le scuole della Provincia, statali e paritarie. Da diversi anni, infatti, le persone che a vario titolo si occupano di autismo nel Vicentino hanno condiviso un percorso comune, grazie all'efficace iniziativa di coordinamento tra servizi sanitari, scuola e associazioni, svolto dal Gruppo Provinciale Autismo, promosso dalla Fondazione Brunello ONLUS. In sostanza, con il nuovo Protocollo, i Servizi Sanitari si impegnano a designare - per ciascun alunno con autismo - un "referente", ossia un professionista che assuma il compito di coordinare le varie azioni, in rapporto costante con la famiglia e la scuola, per rendere unitario ed efficace il progetto educativo complessivo. Il Protocollo stesso definisce i compiti di questo referente, in particolare in situazioni a rischio di criticità, come l'inserimento in una nuova scuola. Dal canto suo, la Scuola si impegna a dare continuità al progetto educativo, assegnando - nei limiti ovviamente delle procedure di legge previste -, personale esperto e preparato. Ben sapendo poi che purtroppo questo non sempre è possibile, il Protocollo prevede anche una serie di interventi correttivi, di supporto e formazione, per evitare che insegnanti senza competenze adeguate siano lasciati soli a gestire queste situazioni. Particolare importanza riveste in tal senso lo Sportello Provinciale Autismo (SPA), un'iniziativa dell'Ufficio Scolastico e dei CTI, coordinata dalla referente provinciale per l'integrazione, professoressa Claudia Munaro, giunta al suo quinto anno di attività e quindi ormai ben consolidata, la quale prevede che alcuni insegnanti di sostegno o operatori sociosanitari, esperti e formati, si rechino nelle scuole dove i colleghi sono in difficoltà, per fornire un supporto concreto, da insegnante a insegnante, per aiutarli a superare i vari problemi che incontrano. Sono ben 76 (su un totale di 170 circa) gli alunni con autismo, dei vari ordini di scuola, per i quali è stato attivato questo supporto, seguiti dai 20 operatori dello SPA, con un incremento continuo, anno dopo anno, delle richieste e delle collaborazioni (praticamente raddoppiate nell'ultimo anno) e questa è ovviamente la prima dimostrazione che il servizio sta funzionando e sostenendo davvero le scuole. Per gli insegnanti di sostegno, infatti, la gestione educativa di un alunno con autismo può essere un'esperienza splendida, con enormi soddisfazioni professionali, quando ci sono le competenze e le conoscenze necessarie, ma può trasformarsi in un vero incubo (e non solo per loro, purtroppo), se si è privi degli elementari ferri del mestiere, tanto più se manca ogni condivisione e la scuola rinchiude in qualche stanzetta l'alunno e l'insegnante. Brucia molto, nella Provincia di chi scrive, il ricordo del triste episodio di qualche mese fa che ha portato addirittura all'arresto di operatori scolastici colti in flagrante azione di violenza nei confronti dell'alunno con autismo a loro affidato. Possiamo dire che si è trattato di un'eccezione, che in una grande Provincia un caso isolato può scappare, che quella specifica scuola non ha mai chiesto aiuto... In realtà c'è ben poco da consolarci: queste cose non devono poter succedere mai e bisogna quindi creare le condizioni affinché necessariamente le difficoltà emergano e vengano risolte, sempre e ovunque. Il percorso che ha portato alla firma del Protocollo d'Intesa siglato oggi a Vicenza è iniziato ben prima di questo grave episodio, ma alla base c'era comunque l'esigenza di intervenire proprio sulle criticità di questo tipo: perché, violenze a parte, ogni situazione in cui un insegnante non sa fare il proprio lavoro reca un danno enorme al bambino con autismo, privato di una fondamentale risorsa educativa e sottoposto a stimoli contraddittori, che possono a volte annullare mesi, se non anni, di faticoso recupero. E questo non è mai accettabile. | |
Compilatore: | Redazione InForma |
MIUR: ultime note sui BES
Scheda n. 451
Ulteriori chiarimenti sui BES (Nota 2563/13)
Riforma della scuola
Il MIUR con la Nota prot. N° 2563 del 22 Novembre 2013 ha fornito ulteriori chiarimenti relativi alla normativa ministeriale sui Bisogni Educativi Speciali. I punti più interessanti sono i seguenti:
1. PDP - PROGETTO DIDATTICO PERSONALIZZATO
Molti sindacati e docenti avevano avanzato forti critiche al proliferare di PDP, a loro avviso introdotto dalla recente normativa. Il MIUR fornisce chiarimenti e rassicurazioni in proposito, come segue:
1. PDP - PROGETTO DIDATTICO PERSONALIZZATO
Molti sindacati e docenti avevano avanzato forti critiche al proliferare di PDP, a loro avviso introdotto dalla recente normativa. Il MIUR fornisce chiarimenti e rassicurazioni in proposito, come segue:
“In ultima analisi, al di là delle
distinzioni sopra esposte, nel caso di difficoltà non meglio
specificate, soltanto qualora nell'ambito del Consiglio di classe (nelle
scuole secondarie) o del team docenti (nelle scuole primarie) si
concordi di valutare l'efficacia di strumenti specifici questo potrà
comportare l'adozione e quindi la compilazione di un Piano Didattico
Personalizzato, con eventuali strumenti compensativi e/o misure
dispensative. Non è compito della scuola certificare gli alunni con
bisogni educativi speciali, ma individuare quelli per i quali è
opportuna e necessaria l'adozione di particolari strategie didattiche.”
Quindi solo nei casi in cui si ritenga di consentire strumenti dispensativi e compensativi ha senso formulare un PDP. E la Nota è ancora più esplicita nel lasciare la massima autonomia di giudizio ai docenti di fronte a diagnosi che non portano a certificazioni di disabilità e DSA:
“Si ribadisce che, anche in presenza di
richieste dei genitori accompagnate da diagnosi che però non hanno dato
diritto alla certificazione di disabilità o di DSA, il Consiglio di
classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano
Didattico Personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni
della decisione.”
2. ALUNNI CON CITTADINANZA NON ITALIANA
Anche nei loro confronti si era lamentato il rischio di eccesso di PDP. La Nota ulteriormente chiarisce:
“In particolare, per quanto concerne gli
alunni con cittadinanza non italiana, è stato già chiarito nella C.M. n°
8/2013 che essi necessitano anzitutto di interventi didattici relativi
all'apprendimento della lingua e solo in via eccezionale della
formalizzazione tramite un Piano Didattico Personalizzato. Si tratta
soprattutto - ma non solo - di quegli alunni neo arrivati in Italia,
ultratredicenni, provenienti da Paesi di lingua non latina (stimati nel
numero di circa 5.000, a fronte di oltre 750.000 alunni di cittadinanza
non italiana) ovvero ove siano chiamate in causa altre problematiche.
Non deve tuttavia costituire elemento discriminante (o addirittura
discriminatorio) la provenienza da altro Paese e la mancanza della
cittadinanza italiana. Come detto, tali interventi dovrebbero avere
comunque natura transitoria.”
3. IL P.A.I. - PIANO ANNUALE PER L’INCLUSIVITA’
Anche questo punto era stato ritenuto da molti come un inutile aggravio burocratico. Il MIUR invece precisa:
“II Piano annuale per l'inclusività deve
essere inteso come un momento di riflessione di tutta la comunità
educante per realizzare la cultura dell'inclusione, lo sfondo ed il
fondamento sul quale sviluppare una didattica attenta ai bisogni di
ciascuno nel realizzare gli obiettivi comuni, non dunque come un
ulteriore adempimento burocratico, ma quale integrazione del Piano
dell'Offerta Formativa, di cui è parte sostanziale (nota prot. N° 1551 del 27 giugno 2013).
Scopo del piano è anche quello di far emergere criticità e punti di forza, rilevando le tipologie dei diversi bisogni educativi speciali e le risorse impiegabili, l'insieme delle difficoltà e dei disturbi riscontrati, dando consapevolezza alla comunità scolastica - in forma di quadro sintetico - di quanto sia consistente e variegato lo spettro delle criticità all'interno della scuola. Tale rilevazione sarà utile per orientare l'azione dell'Amministrazione a favore delle scuole che presentino particolari situazioni di complessità e difficoltà.”
Scopo del piano è anche quello di far emergere criticità e punti di forza, rilevando le tipologie dei diversi bisogni educativi speciali e le risorse impiegabili, l'insieme delle difficoltà e dei disturbi riscontrati, dando consapevolezza alla comunità scolastica - in forma di quadro sintetico - di quanto sia consistente e variegato lo spettro delle criticità all'interno della scuola. Tale rilevazione sarà utile per orientare l'azione dell'Amministrazione a favore delle scuole che presentino particolari situazioni di complessità e difficoltà.”
Ciò ribadisce quanto emergeva però con chiarezza
già dalla precedente normativa, che il POF deve avere come sua
caratteristica la logica inclusiva verso gli alunni più deboli e
l’attenzione dell’amministrazione scolastica deve rivolgersi a quelle
scuole più in difficoltà per sostenerle in questo delicatissimo compito.
4. IL G.L.I. - GRUPPO DI LAVORO PER L’INCLUSIVITA’
Molte critiche si erano pure appuntate sull’ampliamento delle funzioni e della composizione del GLHI, che adesso dovrà occuparsi, oltre che della disabilità, pure degli altri casi di BES. Il MIUR chiarisce:
4. IL G.L.I. - GRUPPO DI LAVORO PER L’INCLUSIVITA’
Molte critiche si erano pure appuntate sull’ampliamento delle funzioni e della composizione del GLHI, che adesso dovrà occuparsi, oltre che della disabilità, pure degli altri casi di BES. Il MIUR chiarisce:
“Inoltre, in relazione ai compiti del Gruppo di Lavoro per l'Inclusività, che assume, secondo quanto indicato nella C.M. n° 8/2013,
funzioni di raccordo di tutte le risorse specifiche e di coordinamento
presenti nella scuola, si rammenta il rispetto delle norme che tutelano
la privacy nei confronti di tutti gli alunni con bisogni educativi
speciali. In particolare, si precisa che nulla è innovato per quanto
concerne il Gruppo di lavoro previsto all'art. 12, co. 5 della Legge 104/92
(GLH operativo), in quanto lo stesso riguarda il singolo alunno con
certificazione di disabilità ai fini dell'integrazione scolastica.
A livello di Istituto, si precisa inoltre che le riunioni del Gruppo di lavoro per l'inclusività possono tenersi anche per articolazioni funzionali ossia per gruppi convocati su tematiche specifiche.”
A livello di Istituto, si precisa inoltre che le riunioni del Gruppo di lavoro per l'inclusività possono tenersi anche per articolazioni funzionali ossia per gruppi convocati su tematiche specifiche.”
Specie questo chiarimento finale è assai importante, prevedendo che il GLI possa riunirsi anche per Sezioni,
distinte a seconda che trattasi, ad es. degli alunni con disabilità, in
cui dovranno intervenire tutti i soggetti già previsti dalla normativa o
a seconda che trattasi di alunni con DSA o altri BES, in cui non
necessita la presenza né degli operatori sanitari né degli insegnanti
per il sostegno.
5. PRECISAZIONI SUI GLIP
Erano rimasti coni d’ombra sui rapporti tra nuovi organismi (CTS, CTI) ed i vecchi organismi come i GLIP, che alcuni ritenevano addirittura abrogati, anche per la mancata nomina di ispettori come loro coordinatori, data anche la loro progressiva riduzione numerica. Il MIUR precisa:
5. PRECISAZIONI SUI GLIP
Erano rimasti coni d’ombra sui rapporti tra nuovi organismi (CTS, CTI) ed i vecchi organismi come i GLIP, che alcuni ritenevano addirittura abrogati, anche per la mancata nomina di ispettori come loro coordinatori, data anche la loro progressiva riduzione numerica. Il MIUR precisa:
“si precisa che nulla è innovato per
quanto riguarda i Gruppi di lavoro interistituzionali (GLIP), i cui
compiti e la cui composizione sono previsti da una norma primaria (art.
15 Legge 104/92).
Con successiva nota - nell'ottica dell'ottimizzazione e della
funzionalità delle specifiche competenze - saranno ulteriormente
definiti i compiti dei CTS e dei CTI, fermo restando quanto disposto nel
D.M. del 12 luglio 2011 e nelle Linee guida per il diritto allo studio di alunni e studenti con DSA.”
OSSERVAZIONI
Questa Nota ministeriale sembra di notevole importanza per riportare serenità nelle scuole.
Essa sottolinea la prevalenza delle valutazioni pedagogiche da parte dei docenti nell’individuare casi di svantaggio e disagio, rispetto al rischio di deriva sanitaria in campi ad essa sostanzialmente estranei.
Inoltre si ribadisce fortemente il rispetto dell’autonomia scolastica, della quale da più parti si denunciava il soffocamento da parte di un centralismo ministeriale.
Si ritiene che con questi ulteriori chiarimenti la sperimentazione della normativa sui BES prevista per il corrente anno, possa dare i suoi frutti con vantaggio per la serenità degli alunni e la professionalità dei docenti.
Questa Nota ministeriale sembra di notevole importanza per riportare serenità nelle scuole.
Essa sottolinea la prevalenza delle valutazioni pedagogiche da parte dei docenti nell’individuare casi di svantaggio e disagio, rispetto al rischio di deriva sanitaria in campi ad essa sostanzialmente estranei.
Inoltre si ribadisce fortemente il rispetto dell’autonomia scolastica, della quale da più parti si denunciava il soffocamento da parte di un centralismo ministeriale.
Si ritiene che con questi ulteriori chiarimenti la sperimentazione della normativa sui BES prevista per il corrente anno, possa dare i suoi frutti con vantaggio per la serenità degli alunni e la professionalità dei docenti.
Vedi anche le schede:
n° 424. La circolare esplicativa della Direttiva sui BES del 2012 (CM 8/13)
n° 419. La direttiva ministeriale sui BES - Bisogni Educativi Speciali (Dir. 27/12/2012)
n° 433. Il P.A.I. - Piano Annuale per l'Inclusività (Nota 1551/13)
n° 424. La circolare esplicativa della Direttiva sui BES del 2012 (CM 8/13)
n° 419. La direttiva ministeriale sui BES - Bisogni Educativi Speciali (Dir. 27/12/2012)
n° 433. Il P.A.I. - Piano Annuale per l'Inclusività (Nota 1551/13)
Scarica la scheda in formato PDF stampabile
Avvocato Salvatore Nocera
Responsabile dell'area Normativo-Giuridica
dell'Osservatorio dell’AIPD sull’integrazione scolastica
Viale delle Milizie, 106
00192 Roma
Tel. 06/3723909
Fax 06/3722510
e-mail: osservscuola.legale@aipd.it
mercoledì 27 novembre 2013
siamo alla fine della "partecipazione scolastica?
fonte: vivalascuola
Governance scolastica e “nuovi” poteri del dirigente
di Cinzia Olivieri
Organi collegiali: senza poteri
Il ministro Carrozza, nella sua replica del 23 giugno 2013 davanti alle Commissioni riunite (VII) di Camera e Senato sulle linee programmatiche, aveva preannunciato l’inserimento di una norma di delega nell’ambito del disegno di legge sulle semplificazioni per un nuovo testo unico in materia di istruzione, prevedendo “uno specifico criterio” per una riforma degli organi collegiali, dovendosi tener conto del nuovo assetto della “governance” del sistema di istruzione per effetto dell’autonomia e delle modifiche costituzionali del titolo V nonché delle nuove competenze della dirigenza con particolare riguardo alla gestione del personale.
Effetto pausa estiva, avevamo forse poco colto l’importanza dell’annunzio, finché nella riunione del Consiglio dei Ministri dell’8 novembre è stato anticipato appunto l’avvio dell’esame di un disegno di legge per il “per il conferimento al Governo di un’ampia delega al riassetto e alla codificazione delle disposizioni vigenti in materia di istruzione, università e ricerca.“
Tra le materie oggetto dei decreti legislativi da adottare entro nove mesi dall’entrata in vigore della legge delega: riforma del reclutamento del personale docente; contabilità delle istituzioni scolastiche; reti di scuole; stato giuridico e trattamento economico del personale della scuola, nonché “organi collegiali della scuola, con mantenimento delle sole funzioni consultive e superamento di quelle in materia di stato giuridico del personale e di quelle rientranti nelle materia di competenza regionale”. Questi i principi e criteri direttivi espressamente desunti dalla Legge 59/97.
Tuttavia, dopo appena qualche giorno, il 18 novembre è stato pubblicato sul sito del MIUR un laconico comunicato stampa con il quale si dichiarava che quel testo del disegno di legge delega era superato… ma superato come? “Superato” non significa certo “abbandonato” ma solo che dobbiamo aspettarci contenuti diversi, non si sa entro quali limiti.
Per fare chiarezza è stata quindi presentata una interpellanza parlamentare urgente nella quale si evidenziava che il mantenimento delle sole funzioni consultive implica sostanzialmente una rinuncia al “principio democratico della collegialità”, introdotto con il Dpr 416/74, e priva di fatto di potere gli organi collegiali con il conseguente trasferimento di ogni capacità decisionale all’esclusiva volontà del dirigente, chiedendosi di precisare il senso di tale superamento in merito al quale si esprimeva seria preoccupazione.
Il 21 novembre ha risposto il sottosegretario Gianluca Galletti, il quale non ha di fatto fornito indicazioni circa i futuri contenuti ma ha assicurato che si procederà con un’ampia consultazione prima di presentare un disegno di legge di riforma.
Quanto sarà ampia questa consultazione e quali soggetti giuridici coinvolgerà?
Siamo all’epilogo della “partecipazione scolastica”
Ma davvero gli Organi Collegiali compromettono i poteri del dirigente o piuttosto il vero problema è che essi non sono mai stati visti come opportunità di condivisione ma quale indebita interferenza?
Non dovrebbe sorprenderci quanto sta accadendo dal momento che il Testo unificato della PDL 953 poi diventato DDL S3542, che sembrava lo scorso anno ormai prossimo all’approvazione (assegnato in commissione in sede legislativa evitando l’iter parlamentare), prevedeva che il consiglio dell’autonomia adottasse il POF, approvasse il programma annuale ed il conto consuntivo, deliberasse il regolamento di istituto e designasse i componenti del nucleo di autovalutazione, il tutto previa necessaria proposta del dirigente, con ciò svuotando di fatto l’autonomia decisionale degli Organi Collegiali.
Se vi aggiungiamo che le procedure di selezione della rappresentanza, sempre secondo questo progetto di legge, dovevano essere rimesse agli statuti di ogni istituzione (che non si sa come elaborati e/o da chi proposti) ed il numero dei consiglieri ridotto sensibilmente (anche sino alla metà di quello attuale), è ben chiara la misura dello svuotamento della rappresentanza.
Siamo dunque all’epilogo della “partecipazione scolastica” avviata con i “Decreti Delegati” (Dpr 416/74)?
Governance scolastica e “nuovi” poteri del dirigente
di Cinzia Olivieri
Organi collegiali: senza poteri
Il ministro Carrozza, nella sua replica del 23 giugno 2013 davanti alle Commissioni riunite (VII) di Camera e Senato sulle linee programmatiche, aveva preannunciato l’inserimento di una norma di delega nell’ambito del disegno di legge sulle semplificazioni per un nuovo testo unico in materia di istruzione, prevedendo “uno specifico criterio” per una riforma degli organi collegiali, dovendosi tener conto del nuovo assetto della “governance” del sistema di istruzione per effetto dell’autonomia e delle modifiche costituzionali del titolo V nonché delle nuove competenze della dirigenza con particolare riguardo alla gestione del personale.
Effetto pausa estiva, avevamo forse poco colto l’importanza dell’annunzio, finché nella riunione del Consiglio dei Ministri dell’8 novembre è stato anticipato appunto l’avvio dell’esame di un disegno di legge per il “per il conferimento al Governo di un’ampia delega al riassetto e alla codificazione delle disposizioni vigenti in materia di istruzione, università e ricerca.“
Tra le materie oggetto dei decreti legislativi da adottare entro nove mesi dall’entrata in vigore della legge delega: riforma del reclutamento del personale docente; contabilità delle istituzioni scolastiche; reti di scuole; stato giuridico e trattamento economico del personale della scuola, nonché “organi collegiali della scuola, con mantenimento delle sole funzioni consultive e superamento di quelle in materia di stato giuridico del personale e di quelle rientranti nelle materia di competenza regionale”. Questi i principi e criteri direttivi espressamente desunti dalla Legge 59/97.
Tuttavia, dopo appena qualche giorno, il 18 novembre è stato pubblicato sul sito del MIUR un laconico comunicato stampa con il quale si dichiarava che quel testo del disegno di legge delega era superato… ma superato come? “Superato” non significa certo “abbandonato” ma solo che dobbiamo aspettarci contenuti diversi, non si sa entro quali limiti.
Per fare chiarezza è stata quindi presentata una interpellanza parlamentare urgente nella quale si evidenziava che il mantenimento delle sole funzioni consultive implica sostanzialmente una rinuncia al “principio democratico della collegialità”, introdotto con il Dpr 416/74, e priva di fatto di potere gli organi collegiali con il conseguente trasferimento di ogni capacità decisionale all’esclusiva volontà del dirigente, chiedendosi di precisare il senso di tale superamento in merito al quale si esprimeva seria preoccupazione.
Il 21 novembre ha risposto il sottosegretario Gianluca Galletti, il quale non ha di fatto fornito indicazioni circa i futuri contenuti ma ha assicurato che si procederà con un’ampia consultazione prima di presentare un disegno di legge di riforma.
Quanto sarà ampia questa consultazione e quali soggetti giuridici coinvolgerà?
Siamo all’epilogo della “partecipazione scolastica”
Ma davvero gli Organi Collegiali compromettono i poteri del dirigente o piuttosto il vero problema è che essi non sono mai stati visti come opportunità di condivisione ma quale indebita interferenza?
Non dovrebbe sorprenderci quanto sta accadendo dal momento che il Testo unificato della PDL 953 poi diventato DDL S3542, che sembrava lo scorso anno ormai prossimo all’approvazione (assegnato in commissione in sede legislativa evitando l’iter parlamentare), prevedeva che il consiglio dell’autonomia adottasse il POF, approvasse il programma annuale ed il conto consuntivo, deliberasse il regolamento di istituto e designasse i componenti del nucleo di autovalutazione, il tutto previa necessaria proposta del dirigente, con ciò svuotando di fatto l’autonomia decisionale degli Organi Collegiali.
Se vi aggiungiamo che le procedure di selezione della rappresentanza, sempre secondo questo progetto di legge, dovevano essere rimesse agli statuti di ogni istituzione (che non si sa come elaborati e/o da chi proposti) ed il numero dei consiglieri ridotto sensibilmente (anche sino alla metà di quello attuale), è ben chiara la misura dello svuotamento della rappresentanza.
Siamo dunque all’epilogo della “partecipazione scolastica” avviata con i “Decreti Delegati” (Dpr 416/74)?
Il sistema scolastico integrato pubblico-privato è in contrasto con la Costituzione *
fonte: vivalascuola
Il sistema scolastico integrato pubblico-privato è in contrasto con la Costituzione *
di Corrado Mauceri
1. La legge di parità: una logica conseguenza del processo di aziendalizzazione del sistema scolastico e del cosiddetto processo di “ammodernamento” della Costituzione.
Il referendum di Bologna ha avuto il merito di riaprire, a livello nazionale, una discussione sulla sempre più diffusa politica volta a realizzare, sulla scia della scellerata Legge di parità (L. n. 62 del 2000), un sistema scolastico integrato pubblico-privato.
Il sistema integrato pubblico-privato è in palese contrasto con la Costituzione perché viola anzitutto il diritto di tutti di accedere alla scuola statale e perché la Costituzione afferma in modo chiaro che l’istituzione di scuole private deve essere “senza oneri per lo Stato”. Dobbiamo però domandarci: perché, se la Costituzione lo esclude, un tale modello di sistema scolastico è diffusamente realizzato anche da quelle forze politiche che si dichiarano rispettose della Costituzione (il PD anzitutto) e si considera persino una soluzione di buon senso perché consentirebbe anche un risparmio di risorse pubbliche?
Nello stesso tempo dobbiamo riflettere sull’esito del referendum di Bologna; difatti, se la dirigenza del PD propone, a tutti livelli, il sistema integrato pubblico-privato, l’esito del referendum di Bologna ha dimostrato che la gran parte dell’opinione pubblica è ancora convinta che le scuole private devono essere istituite “senza oneri per lo Stato”.
Solitamente la scelta del sistema scolastico integrato è considerata una concessione della sinistra ed in particolare del Ministro Berlinguer al mondo cattolico per assicurarsi il sostegno dell’area cattolica alla riforma berlingueriana dei cicli scolastici.
Certamente è stata anche questo, ma soprattutto è un aspetto di una nuova idea di scuola, che nasce e si sviluppa (ovviamente con tante contraddizioni ed anche resistenze) negli anni 90 nell’ambito di una egemonia culturale neoliberista e soprattutto nella subalternità del gruppo dirigente dell’ex PCI, culturalmente travolto dal crisi del comunismo reale.
“Meno Stato, più privato” in quegli anni era diventato la sintesi di un pensiero unico che accomunava gran parte della classe dirigente del Paese. In questa generale ubriacatura neoliberista si sviluppa anche l’ossessione dell’ammodernamento della Costituzione che, in concreto, si traduce nella costante violazione dei principi costituzionali nell’indifferenza più generale.
In questo contesto di subalternità culturale del maggior partito di centro-sinistra (prima PDS, poi DS ed ora PD) al pensiero unico del “primato del privato” si sviluppa un processo di “decostituzionalizzazione” delle nostre istituzioni che ovviamente coinvolge anche il sistema scolastico costituzionale, peraltro mai compiutamente realizzato; si mette quindi in discussione il ruolo istituzionale della scuola statale, concepita come sinonimo di scuola centralista e burocratizzata, e si avvia un processo di aziendalizzazione del sistema scolastico con una progressiva omologazione tra scuola pubblica e scuola privata. Questa cultura subalterna, incapace di immaginare che lo Stato può essere democratico e pluralista (come quello definito nella Costituzione), pensa che lo sviluppo del sistema scolastico si realizza mutuando i modelli aziendalistici e superando la distinzione tra pubblico e privato in un unico sistema integrato.
Nel 1994 fu pubblicato un documento con primo firmatario il futuro Ministro Luigi Berlinguer, intitolato Nuove idee per la scuola, in cui tra l’altro si afferma:
2. Il contesto culturale ed istituzionale in cui si colloca e si sviluppa il sistema scolastico integrato pubblico-privato.
Queste nuove idee per la scuola si collocano in un contesto culturale ed istituzionale che non riguarda soltanto il sistema scolastico, ma investe l’assetto istituzionale nel suo complesso ed in tutte le sue articolazioni. In sintesi (necessariamente schematica) i principali aspetti che coinvolgono il sistema scolastico sono:
2.1 La privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici con il conseguente processo di aziendalizzazione degli uffici pubblici e quindi anche della scuola statale.
La privatizzazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti avviata nel 1993 (Presidente del Consiglio Amato) fu, paradossalmente, fortemente voluta dalla CGIL e soprattutto dalle componenti di sinistra della CGIL (FIOM, giuristi fortemente impegnati nella difesa dei diritti dei lavoratori come D’Antona, Alleva e tanti altri). Solo la CGIL Scuola si oppose (molto timidamente a livello di dirigenza nazionale, con molta più forza a livello di molte strutture di base).
L’idea, per la verità molto semplicistica e demagogica, era quella di realizzare l’unità di tutti i lavoratori; non si consideravano però le diversità strutturali e finalistiche tra l’azienda privata regolata dalla logica del profitto dell’imprenditore e l’ufficio pubblico, che deve perseguire l’interesse generale che non coincide con quello dell’amministratore.
Questo processo meriterebbe un’approfondita riflessione per gli sfasci che ha determinato in generale nella Pubblica Amministrazione e per le grandi contraddizioni che ha prodotto nel sistema scolastico.
[----]
Il sistema scolastico integrato pubblico-privato è in contrasto con la Costituzione *
di Corrado Mauceri
1. La legge di parità: una logica conseguenza del processo di aziendalizzazione del sistema scolastico e del cosiddetto processo di “ammodernamento” della Costituzione.
Il referendum di Bologna ha avuto il merito di riaprire, a livello nazionale, una discussione sulla sempre più diffusa politica volta a realizzare, sulla scia della scellerata Legge di parità (L. n. 62 del 2000), un sistema scolastico integrato pubblico-privato.
Il sistema integrato pubblico-privato è in palese contrasto con la Costituzione perché viola anzitutto il diritto di tutti di accedere alla scuola statale e perché la Costituzione afferma in modo chiaro che l’istituzione di scuole private deve essere “senza oneri per lo Stato”. Dobbiamo però domandarci: perché, se la Costituzione lo esclude, un tale modello di sistema scolastico è diffusamente realizzato anche da quelle forze politiche che si dichiarano rispettose della Costituzione (il PD anzitutto) e si considera persino una soluzione di buon senso perché consentirebbe anche un risparmio di risorse pubbliche?
Nello stesso tempo dobbiamo riflettere sull’esito del referendum di Bologna; difatti, se la dirigenza del PD propone, a tutti livelli, il sistema integrato pubblico-privato, l’esito del referendum di Bologna ha dimostrato che la gran parte dell’opinione pubblica è ancora convinta che le scuole private devono essere istituite “senza oneri per lo Stato”.
Solitamente la scelta del sistema scolastico integrato è considerata una concessione della sinistra ed in particolare del Ministro Berlinguer al mondo cattolico per assicurarsi il sostegno dell’area cattolica alla riforma berlingueriana dei cicli scolastici.
Certamente è stata anche questo, ma soprattutto è un aspetto di una nuova idea di scuola, che nasce e si sviluppa (ovviamente con tante contraddizioni ed anche resistenze) negli anni 90 nell’ambito di una egemonia culturale neoliberista e soprattutto nella subalternità del gruppo dirigente dell’ex PCI, culturalmente travolto dal crisi del comunismo reale.
“Meno Stato, più privato” in quegli anni era diventato la sintesi di un pensiero unico che accomunava gran parte della classe dirigente del Paese. In questa generale ubriacatura neoliberista si sviluppa anche l’ossessione dell’ammodernamento della Costituzione che, in concreto, si traduce nella costante violazione dei principi costituzionali nell’indifferenza più generale.
In questo contesto di subalternità culturale del maggior partito di centro-sinistra (prima PDS, poi DS ed ora PD) al pensiero unico del “primato del privato” si sviluppa un processo di “decostituzionalizzazione” delle nostre istituzioni che ovviamente coinvolge anche il sistema scolastico costituzionale, peraltro mai compiutamente realizzato; si mette quindi in discussione il ruolo istituzionale della scuola statale, concepita come sinonimo di scuola centralista e burocratizzata, e si avvia un processo di aziendalizzazione del sistema scolastico con una progressiva omologazione tra scuola pubblica e scuola privata. Questa cultura subalterna, incapace di immaginare che lo Stato può essere democratico e pluralista (come quello definito nella Costituzione), pensa che lo sviluppo del sistema scolastico si realizza mutuando i modelli aziendalistici e superando la distinzione tra pubblico e privato in un unico sistema integrato.
Nel 1994 fu pubblicato un documento con primo firmatario il futuro Ministro Luigi Berlinguer, intitolato Nuove idee per la scuola, in cui tra l’altro si afferma:
“Si deve pensare a un sistema formativo pubblico, nazionale ed unitario, del quale partecipano scuole statali e non statali…”:è l’atto di nascita del sistema scolastico integrato, cioè un’idea di scuola alternativa alla scuola della Costituzione, che invece distingue tra scuola statale aperta a tutti per la sua funzione istituzionale per la formazione democratica delle nuove generazioni e scuola privata che si istituisce per finalità di parte e non può essere la scuola di tutti e per tutti.
2. Il contesto culturale ed istituzionale in cui si colloca e si sviluppa il sistema scolastico integrato pubblico-privato.
Queste nuove idee per la scuola si collocano in un contesto culturale ed istituzionale che non riguarda soltanto il sistema scolastico, ma investe l’assetto istituzionale nel suo complesso ed in tutte le sue articolazioni. In sintesi (necessariamente schematica) i principali aspetti che coinvolgono il sistema scolastico sono:
2.1 La privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici con il conseguente processo di aziendalizzazione degli uffici pubblici e quindi anche della scuola statale.
La privatizzazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti avviata nel 1993 (Presidente del Consiglio Amato) fu, paradossalmente, fortemente voluta dalla CGIL e soprattutto dalle componenti di sinistra della CGIL (FIOM, giuristi fortemente impegnati nella difesa dei diritti dei lavoratori come D’Antona, Alleva e tanti altri). Solo la CGIL Scuola si oppose (molto timidamente a livello di dirigenza nazionale, con molta più forza a livello di molte strutture di base).
L’idea, per la verità molto semplicistica e demagogica, era quella di realizzare l’unità di tutti i lavoratori; non si consideravano però le diversità strutturali e finalistiche tra l’azienda privata regolata dalla logica del profitto dell’imprenditore e l’ufficio pubblico, che deve perseguire l’interesse generale che non coincide con quello dell’amministratore.
Questo processo meriterebbe un’approfondita riflessione per gli sfasci che ha determinato in generale nella Pubblica Amministrazione e per le grandi contraddizioni che ha prodotto nel sistema scolastico.
[----]
SVEZIA: il colloquio è dei bambini
fonte: comune.info
Prima di tutto per il colloquio ci si prepara. Circa una settimana prima, il Vikingo è tornato a casa con un foglio di domande a cui rispondere in preparazione per il colloquio. Le domande erano di vari gruppi. Alcune riguardavano lui, tipo come si trova a scuola, se gli piace, se si diverte, se trova difficili le materie di studio, se trova difficili i compiti a casa, eccetera. Poi c’erano le domande sull’atmosfera in classe, se c’è confusione, se riesce a concentrarsi, se i suoi compagni di classe lo aiutano, e così via. Poi le domande sulla situazione in giardino durante l’intervallo, se si sente solo, con chi gioca, a cosa gioca, se si trova mai in situazioni difficili, e poi ovviamente anche sulla mensa, sulla qualità del cibo, sulla durata del pasto, sull’atmosfera a mensa. Insomma una panoramica generale sulla sua percezione della vita a scuola, e non solo dello studio. Io e il VIkingo ci siamo messi insieme a leggere le domande e già grazie a questo semplice esercizio ho avuto molte informazioni dirette su come se la vive e come funzionano le cose lì.
- Il bambino non subisce confronti con il resto della classe ma impara a guardare ai suoi progressi personali e ai suoi obiettivi personali.
- Il bambino non si sente meno bravo perché qualcun’altro fa qualcosa meglio di lui, perché impara sin dall’inizio che ognuno è bravo a fare qualcosa di diverso.
- Il genitore non si sente mai accusato di come va il figlio a scuola, o di come si comporta in classe. Quella resta una faccenda tra insegnante e alunno.
- Il bambino viene responsabilizzato rispetto ai suoi studi, ai suoi progressi, e al suo comportamento in classe e con i compagni.
Poi è chiaro che il genitore ha comunque il suo ruolo di controllo e guida, e soprattutto è utile essere presenti al colloquio per portare avanti la collaborazione con la scuola in modo efficiente.
Io finora non ho visto fattori negativi con questo sistema, se non una certa irrequietezza nostra, di genitori, che un po’ per il nostro background culturale, un po’ per l’ansia che ci contraddistingue, ricercheremmo volentieri il confronto con gli altri per avere una misura del livello di preparazione di nostro figlio. Però stiamo imparando a rilassarci, e a goderci questo sistema che ha i suoi vantaggi. E infatti quello che solo qualche mese fa ci impensieriva, si è risolto da solo nel giro di pochissimo tempo, grazie al fatto di rispettare i suoi tempi personali di sviluppo e di apprendimento, incoraggiando semplicemente la sua naturale curiosità. Voi che dite, vi piacerebbe che il colloquio con gli insegnanti si svolgesse in questa maniera?
Scarica il questionario tradotto.
Il colloquio è dei bambini
genitoricrescono.com |
20 novembre 2013 |
Come funzionano i colloqui con i genitori nelle scuole in Svezia? Prima di tutto ci si prepara, ci sono domande sulla percezione della scuola che i bambini discuteranno con i maestri, insieme ai genitori, in un clima di forte incoraggiamento dei bambini. Alla fine si ragiona di obiettivi individuali per i mesi successivi e di come raggiungerli insieme.
So che state fremendo per sapere qualcosa di più della scuola in Svezia. Ah no, non è vero? Io comunque oggi voglio proprio raccontarvi come funziona il colloquio con i genitori, quello che ogni genitore italiano che io conosca teme come la peste, perché, beh, ecco perché è una di quelle cose che penso valga proprio la pena di raccontarvi, vista la sorpresa alla nostra prima volta.Prima di tutto per il colloquio ci si prepara. Circa una settimana prima, il Vikingo è tornato a casa con un foglio di domande a cui rispondere in preparazione per il colloquio. Le domande erano di vari gruppi. Alcune riguardavano lui, tipo come si trova a scuola, se gli piace, se si diverte, se trova difficili le materie di studio, se trova difficili i compiti a casa, eccetera. Poi c’erano le domande sull’atmosfera in classe, se c’è confusione, se riesce a concentrarsi, se i suoi compagni di classe lo aiutano, e così via. Poi le domande sulla situazione in giardino durante l’intervallo, se si sente solo, con chi gioca, a cosa gioca, se si trova mai in situazioni difficili, e poi ovviamente anche sulla mensa, sulla qualità del cibo, sulla durata del pasto, sull’atmosfera a mensa. Insomma una panoramica generale sulla sua percezione della vita a scuola, e non solo dello studio. Io e il VIkingo ci siamo messi insieme a leggere le domande e già grazie a questo semplice esercizio ho avuto molte informazioni dirette su come se la vive e come funzionano le cose lì.
Poi
è arrivato il giorno del colloquio. E qui abbiamo scoperto una cosa
importante. Il colloquio, della durata di una mezzora circa, che però
per noi si è prolungato un po’, non è tra maestre e genitori, è tra la maestra e l’alunno,
che essendo minorenne avviene in presenza dei genitori. La maestra ha
letto le risposte del Vikingo e ha discusso con lui ogni singolo punto.
Ha mostrato interesse in ogni cosa che lui dicesse, soffermandosi
maggiormente sui punti critici.
Non c’è mai stato in nessun momento un
rimprovero nei suoi confronti, o un invito ad impegnarsi di più. C’è
stata molta empatia, e molta voglia di capire le sue difficoltà per
porre rimedio. Ma anche moltissimo incoraggiamento per tutto ciò che
riesce a fare bene, e tutti i progressi fatti.
La maestra ha mantenuto tutto il tempo il
dialogo con lui, e praticamente mai direttamente con noi, se non per
chiarire qualche riferimento specifico a una attività di cui noi non
eravamo a conoscenza. Sembrava quasi di essere di troppo.
Ovviamente questa è una esperienza con una
insegnante, in una scuola specifica, in quel di Stoccolma, e quindi non
vorrei generalizzare troppo, anche se ho parlato con altri genitori e
sembra che questo sia più o meno per tutti il modo comune di procedere.
Il rapporto è tra l’insegnante e il
bambino, e così facendo si dà al bambino stesso la responsabilità del
suo andare bene o male a scuola.
Alla fine del colloquio maestra e allievo,
discutono gli obiettivi da raggiungere nei prossimi mesi, e la strategia
da adottare per raggiungerli.
E qui viene il bello, perché gli obiettivi sono individuali, non di classe.
Se un bambino ha difficoltà nella lettura il suo obiettivo sarà basato su questo, ad esempio dovrà leggere un po’ ogni giorno con lo scopo di arrivare dopo 2 mesi a riuscire a leggere un libricino di 10 pagine.
Se un bambino sa leggere bene ma ha problemi con la matematica, l’obbiettivo verrà fissato di conseguenza.
Le implicazioni di questo sistema sono incredibili.Se un bambino ha difficoltà nella lettura il suo obiettivo sarà basato su questo, ad esempio dovrà leggere un po’ ogni giorno con lo scopo di arrivare dopo 2 mesi a riuscire a leggere un libricino di 10 pagine.
Se un bambino sa leggere bene ma ha problemi con la matematica, l’obbiettivo verrà fissato di conseguenza.
- Il bambino non subisce confronti con il resto della classe ma impara a guardare ai suoi progressi personali e ai suoi obiettivi personali.
- Il bambino non si sente meno bravo perché qualcun’altro fa qualcosa meglio di lui, perché impara sin dall’inizio che ognuno è bravo a fare qualcosa di diverso.
- Il genitore non si sente mai accusato di come va il figlio a scuola, o di come si comporta in classe. Quella resta una faccenda tra insegnante e alunno.
- Il bambino viene responsabilizzato rispetto ai suoi studi, ai suoi progressi, e al suo comportamento in classe e con i compagni.
Poi è chiaro che il genitore ha comunque il suo ruolo di controllo e guida, e soprattutto è utile essere presenti al colloquio per portare avanti la collaborazione con la scuola in modo efficiente.
Io finora non ho visto fattori negativi con questo sistema, se non una certa irrequietezza nostra, di genitori, che un po’ per il nostro background culturale, un po’ per l’ansia che ci contraddistingue, ricercheremmo volentieri il confronto con gli altri per avere una misura del livello di preparazione di nostro figlio. Però stiamo imparando a rilassarci, e a goderci questo sistema che ha i suoi vantaggi. E infatti quello che solo qualche mese fa ci impensieriva, si è risolto da solo nel giro di pochissimo tempo, grazie al fatto di rispettare i suoi tempi personali di sviluppo e di apprendimento, incoraggiando semplicemente la sua naturale curiosità. Voi che dite, vi piacerebbe che il colloquio con gli insegnanti si svolgesse in questa maniera?
Scarica il questionario tradotto.
dati del MIUR: alunni con disabilità e sostegno
fonte: disabili.com
Il
MIUR ha reso disponibili alcune anticipazioni dei dati statistici sugli
alunni con disabilità e sul sostegno relativi all'anno scolastico in
corso
I dati statistici forniti dal MIUR alcuni giorni fa hanno rilevato che mentre nell'anno scolastico 2012-2013 il numero di alunni con disabilità era di 202.314, nell'anno scolastico in corso, invece, è di 209.814. Vi è stato perciò un incremento del 3,7%. Al tempo stesso è cresciuto anche il numero dei docenti di sostegno, passando dai 101.301 del 2012/2013 ai 110.216 del 2013/2014 (+8,8%). Il rapporto medio di docenti/alunni continua ad essere quindi quello di 1:2. Il problema che persiste è però quello della precarietà.
I dati statistici anticipati dal MIUR saranno perfezionati a conclusione delle procedure di assunzione in ruolo ma, è stato contestualmente pubblicato anche il Focus L'integrazione scolastica degli alunni con disabilità - dati statistici a.s. 2012/2013, in cui il fenomeno della disabilità è stato descritto con maggior grado di dettaglio.
LE PERCENTUALI NEI DIVERSI TERRITORI - Dall'anno scolastico 2000/2001 gli alunni con disabilità sono aumentati di oltre il 60%. La crescita è stata differente nei diversi territori: +90% nel Nord-Ovest, +76% nel Nord-Est, +82% nel Centro, +34% nel Mezzogiorno. Nella scuola primaria, la percentuale degli alunni con disabilità sul totale degli alunni frequentanti le scuole risulta più elevata nelle regioni dell'Italia centrale e nel Nord-Ovest, in Trentino Alto Adige, Abruzzo e Sicilia. Nella scuola secondaria di I grado, le regioni che presentano mediamente una percentuale più alta di alunni con disabilità rispetto alla media nazionale sono quelle localizzate del Nord-Ovest, il Trentino Alto Adige, il Lazio e l'Abruzzo. Per la scuola secondaria di II grado, invece, le regioni con la percentuale più elevata sono quelle collocate nell'Italia centrale e meridionale.
L'incremento maggiore si registra alle scuole Secondarie Superiori; nello specifico, si riscontra un + 2,2% nella scuola dell'infanzia, +3,4% nella scuola primaria, +2,4% nella scuola secondaria di I grado e +4,3% nella scuola secondaria di II grado.
LE STABILIZZAZIONI NEL SOSTEGNO - Il MIUR specifica che "il personale è sempre più stabile, grazie anche a quanto previsto nel decreto scuola "L'Istruzione riparte", voluto dal ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza, che consente l'immissione in ruolo in tre anni di 26.674 docenti in più rispetto alla dotazione organica del sostegno". Sempre nei giorni scorsi si è giunti infatti alla conversione in legge, n. 128, del "decreto scuola", che prevede la stabilizzazione di quasi 27 mila insegnanti di sostegno nei prossimi tre anni. Si prevede che 4.447 vengano assunti già nell'attuale anno scolastico, 13.342 nel prossimo e 8.895 nel 2015/2016. Una risposta concreta per circa 52.000 alunni che oggi non hanno la garanzia di mantenere lo stesso docente da un anno all'altro.
Al momento, però, tutto ciò non è stato ancora avviato e si attendono i primi decreti attuativi che consentano le immissioni in ruolo previste per quest'anno. Ci si augura si possa procedere in tempi brevi.
APPROFONDIMENTI
I dati ufficiali del MIUR
La conversione in legge del decreto scuola
IN DISABILI.COM
INTEGRAZIONE E INCLUSIONE: UNA SFIDA POSSIBILE, MA OCCORRONO RISORSE E COMPETENZE
CIRCOLARE ORGANICI A.S. 2013/14: STESSA DOTAZIONE MA TRENTAMILA STUDENTI IN PIU'. E I DISABILI?
DATI STATISTICI DEL MIUR: SONO AUMENTATI GLI ALUNNI CON DISABILITA' MA ANCHE I DOCENTI DI SOSTEGNO
I dati statistici forniti dal MIUR alcuni giorni fa hanno rilevato che mentre nell'anno scolastico 2012-2013 il numero di alunni con disabilità era di 202.314, nell'anno scolastico in corso, invece, è di 209.814. Vi è stato perciò un incremento del 3,7%. Al tempo stesso è cresciuto anche il numero dei docenti di sostegno, passando dai 101.301 del 2012/2013 ai 110.216 del 2013/2014 (+8,8%). Il rapporto medio di docenti/alunni continua ad essere quindi quello di 1:2. Il problema che persiste è però quello della precarietà.
I dati statistici anticipati dal MIUR saranno perfezionati a conclusione delle procedure di assunzione in ruolo ma, è stato contestualmente pubblicato anche il Focus L'integrazione scolastica degli alunni con disabilità - dati statistici a.s. 2012/2013, in cui il fenomeno della disabilità è stato descritto con maggior grado di dettaglio.
LE PERCENTUALI NEI DIVERSI TERRITORI - Dall'anno scolastico 2000/2001 gli alunni con disabilità sono aumentati di oltre il 60%. La crescita è stata differente nei diversi territori: +90% nel Nord-Ovest, +76% nel Nord-Est, +82% nel Centro, +34% nel Mezzogiorno. Nella scuola primaria, la percentuale degli alunni con disabilità sul totale degli alunni frequentanti le scuole risulta più elevata nelle regioni dell'Italia centrale e nel Nord-Ovest, in Trentino Alto Adige, Abruzzo e Sicilia. Nella scuola secondaria di I grado, le regioni che presentano mediamente una percentuale più alta di alunni con disabilità rispetto alla media nazionale sono quelle localizzate del Nord-Ovest, il Trentino Alto Adige, il Lazio e l'Abruzzo. Per la scuola secondaria di II grado, invece, le regioni con la percentuale più elevata sono quelle collocate nell'Italia centrale e meridionale.
L'incremento maggiore si registra alle scuole Secondarie Superiori; nello specifico, si riscontra un + 2,2% nella scuola dell'infanzia, +3,4% nella scuola primaria, +2,4% nella scuola secondaria di I grado e +4,3% nella scuola secondaria di II grado.
LE STABILIZZAZIONI NEL SOSTEGNO - Il MIUR specifica che "il personale è sempre più stabile, grazie anche a quanto previsto nel decreto scuola "L'Istruzione riparte", voluto dal ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza, che consente l'immissione in ruolo in tre anni di 26.674 docenti in più rispetto alla dotazione organica del sostegno". Sempre nei giorni scorsi si è giunti infatti alla conversione in legge, n. 128, del "decreto scuola", che prevede la stabilizzazione di quasi 27 mila insegnanti di sostegno nei prossimi tre anni. Si prevede che 4.447 vengano assunti già nell'attuale anno scolastico, 13.342 nel prossimo e 8.895 nel 2015/2016. Una risposta concreta per circa 52.000 alunni che oggi non hanno la garanzia di mantenere lo stesso docente da un anno all'altro.
Al momento, però, tutto ciò non è stato ancora avviato e si attendono i primi decreti attuativi che consentano le immissioni in ruolo previste per quest'anno. Ci si augura si possa procedere in tempi brevi.
APPROFONDIMENTI
I dati ufficiali del MIUR
La conversione in legge del decreto scuola
IN DISABILI.COM
INTEGRAZIONE E INCLUSIONE: UNA SFIDA POSSIBILE, MA OCCORRONO RISORSE E COMPETENZE
CIRCOLARE ORGANICI A.S. 2013/14: STESSA DOTAZIONE MA TRENTAMILA STUDENTI IN PIU'. E I DISABILI?
martedì 26 novembre 2013
Sperimentazione sulla riduzione di un anno della secondaria: ecco il Decreto del MIUR
Sperimentazione sulla riduzione di un anno della secondaria: ecco il Decreto del MIUR
Nessun quadro di riferimento nazionale per la sperimentazione. Silenzio e politica del fatto compiuto del Ministro. La FLC radicalmente contraria.
22/11/2013
Questa vicenda è gravissima per la FLC CGIL. Tutta l'operazione avviene senza un quadro di riferimento nazionale e senza il previsto parere obbligatorio del Consiglio nazionale della pubblica istruzione di cui all'art.11 del DPR 275.
Leggendo le relazioni dei progetti sperimentali e la motivazione della riduzione di un anno francamente si rimane allibiti. I progetti infatti mettono in campo tutta una serie di interventi innovativi sul versante della didattica anche condivisibili che, sommessamente ricordiamo vengono già attuati in tante scuole del nostro paese, ma che non rilevano ai fini della riduzione di un anno. Eliminata quindi tutta questa parte descrittiva che costituisce il 95% del progetto e che potremmo chiamare, con un eufemismo, “foglia di fico”, ecco la motivazione reale: poiché le scuole si auto-denominano Internazionali in virtù di un aumento dello studio in lingua di alcune materie (ndr. si sta parlando della metodologia CLIL obbligatoria da quest'anno in tutte le scuole secondarie), sulla base di questa denominazione “si motiva la necessità di rispondere all'istanza internazionale offrendo un curricolo di quattro anni come quasi ovunque nel mondo e come accade nelle scuole italiane all'estero”. A parte quest'ultimo assunto che ci farebbe piacere confutare dati alla mano, la motivazione non solo non è convincente ma riteniamo che non sia neppure legittima. Le scelte fatte in altri paesi in termini di durata dei cicli sono relative e hanno come quadro di riferimento, ad esempio sul versante del curricolo, tutto il percorso scolastico e conseguentemente interventi sulla durata del percorso di studi non riguardano solo il secondo ciclo ma si devono bilanciare con il primo ciclo. In Italia evidentemente, a partire da nostro Ministro si crede che i cicli siano due corpi a sé e che quindi si possa intervenire sull'uno o sull'altro senza conseguenze.
Ci sarebbe molto da aggiungere nel merito dei progetti ma scegliamo di segnalarne un passaggio che ci sembra gravissimo. I destinatari del progetto, vale a dire gli studenti, devono mostrare un alto grado di motivazione... oltre all'impegno e alla determinazione nel raggiungimento dei propri obiettivi si favorirà nell'orientamento in ingresso, la scelta degli studenti con il rendimento migliore, dopo una selezione basata su colloqui motivazionali. Tradotto: selezione in ingresso e iscrizione solo per gli studenti migliori.
La FLC ha più volte sollecitato il Ministro a dare risposte su questo punto, risposte dovute non solo al sindacato ma soprattutto al paese sulle scelte che decide di mettere in campo. Risposte che pretenderemo anche durante l'incontro previsto quest'oggi.
La FLC chiede ancora al Ministro di interrompere la sperimentazione e di aprire una fase di ascolto che coinvolga il mondo della scuola, le associazioni sindacali professionali e studentesche. In caso contrario la nostra organizzazione sindacale metterà in campo iniziative di mobilitazione, a partire dalla manifestazione nazionale prevista per il 30 novembre prossimo.
Allegati
lunedì 11 novembre 2013
sabato 9 novembre 2013
attivita' di culto in orario scolastico. e' consentito?
Quella scuola statale in visita dal papa: ostaggio di un branco di fuorilegge?
Accade a Frosinone: intere classi portate a piazza S. Pietro per seguire la messa durante l'orario di lezione. In barba alla legge, alla laicità dello Stato e al buon senso.
È accaduto lo scorso 23 ottobre quando, alla consueta udienza generale del mercoledì in piazza San Pietro, c'erano oltre 7mila fedeli provenienti dalla diocesi di Frosinone. E fra loro, come conferma lo stesso vescovo, mons. Ambrogio Spreafico, che ha lanciato l'iniziativa, tante scuole. Non solo quelle cattoliche - come l'istituto delle suore agostiniane di Frosinone, quello delle francescane di Ferentino, l'istituto San Bernardo di Casamari e la Santa Giovanna Antida di Ceccano - ma anche quelle statali: gli istituti comprensivi di Frosinone, Ceprano, Ferentino, Ripi-Torrice, Boville Ernica, Castro dei Volsci, Veroli e Pofi; i licei di Frosinone, Veroli, Ceccano, quello socio-psico-pedagogico di Frosinone e l'istituto "Angeloni" di Frosinone. Tutti gli istituti hanno scelto una nutrita rappresentanza di studenti e docenti che, invece della regolare attività didattica, si è ritrovata a piazza San Pietro con papa Francesco, fin dalle 9 del mattino.
La normativa vigente - rappresentata dal Nuovo Concordato del 1984 e dalle Intese tra lo Stato italiano e varie confessioni religiose - prevede che ciascuno sia libero di manifestare il proprio credo, ma esclude che nella scuola statale, luogo del pluralismo e dell'integrazione, durante l'orario delle attività didattiche possano svolgersi iniziative di carattere religioso. E lo hanno ribadito alcune sentenze dei Tar che hanno dichiarato l'illegittimità delle delibere di Consigli di circolo e di istituto che disponevano lo svolgimento di attività di culto e di natura religiosa in orario scolastico, come per esempio la sentenza del Tar dell'Emilia Romagna n. 250 del 1993: «Le competenze dei Consigli di circolo e di istituto non riguardano la celebrazione di riti religiosi o il compimento di atti di culto o comunque di pratiche religiose (...). Il fatto più notevole e più antigiuridico è che le pratiche religiose e gli atti di culto, a torto ritenuti "attività extrascolastiche", abbiano luogo in orario scolastico (...) e vengano perciò previsti in luogo e sostituzione delle normali ore di lezione».
Pertanto, alla luce di questa sentenza, valida su tutto il territorio nazionale, sono da ritenersi illegittime anche le delibere degli Organi Collegiali delle scuole del frusinate che hanno deciso la «partecipazione di una rappresentanza di alunni all'udienza papale del 23 ottobre 2013» (come stabilisce - ne valga una per tutte - la delibera n. 8/3 del 27 settembre 2013 del Consiglio di istituto del 4° Istituto comprensivo di Frosinone, che ha speso anche 668,90 euro per il noleggio del pullman, pagato dai partecipanti all'udienza).
«L'illegittimità delle delibere degli Organi collegiali sta nell'aver consentito l'inserimento al posto delle normali ore di lezione di un'attività del tutto estranea alla scuola e alle sue finalità istituzionali», dice ad Adista Antonia Sani, coordinatrice nazionale dell'associazione Per la scuola della Repubblica. «A meno che non si voglia sottrarre a un'udienza papale il carattere religioso che le è proprio per trasformarla in un'escursione in un luogo di successo. Credo che papa Francesco sarebbe il primo a non condividere».
Luca Kocci, Adista
Iscriviti a:
Post (Atom)