fonte: comuneinfo
I privati tra i banchi di scuola
di Anna Bruno
Eccoci qua noi italiani! Spogliati di tutto, svenduti al privato che agisce ormai senza controllo. Assurto a salvatore di un paese sull’orlo “di una crisi di nervi”, si è insinuato il privato… e, come una piovra, continua ad insinuarsi, ovunque gli sia utile, previo studio di accurate strategie. E i suoi tentacoli finiscono col prendere possesso di ogni cosa su cui poggiano e passano.
Ha cominciato anni fa, sostenendo l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti. Perché bisognava privatizzare questi innanzitutto, e trasformare i loro iscritti in surrogati della politica: persone dipendenti, fiacche, impotenti, marionette manovrate dall’alto, educate a divenir strilloni di mestiere. Perché spianassero la strada ai tentacoli del loro padrone, favorendone l’avanzamento. Sempre con circospezione, si intende. Fino a giungere ai beni comuni, nonché a quelli primari: casa, acqua, ospedali, tribunali, scuole. Ben istruiti e manovrati dal burattinaio, i wanna marchi della poltrona, sono stati i nostri più diligenti brainwashers. Una volta entrati nell’euro, ci dicevano, e poi “svenduti” i nostri beni comuni e primari, noi avremmo indossato, scarpe nuove di zecca, forti abbastanza da poter intraprendere sicuri la via della salvezza: il mercato europeo. La moderna arca di Noé attendeva solo noi.
Col passare del tempo tuttavia, la realtà si è rivelata essere tutt’altro e, oggi, è sotto gli occhi di tutti… di più, sulla nostra pelle! Il dado ormai è tratto: il drago dell’Apocalisse di Giovanni, ha mostrato le sue sette teste e dieci corna. E il drago vive della debolezza e dell’ingenuità della sua preda. E per essa, resta in agguato e attacca solo quando è certo di vincere. Ma noi, gente civile, abbiamo perso le regole della giungla, dopo aver subito l’educazione alla paura, persino di animali domestici come i cani. Nel frattempo, il mercato, quelle regole, le ha fatte proprie. E così in strada a prostituirsi sono finite, la nostra compagnia di bandiera, l’Alitalia, che passando di mano in mano, continua ancora oggi a licenziare; la Telecom, che non sappiamo più a chi appartenga: un buon affare per altri paesi che hanno trovato il modo di controllare il nostro mercato e indirizzare le nostre scelte; le nostre case, la nostra acqua, la nostra terra, negoziati per infimi affari, e sulle cui realtà, il privato-piovra - come nel caso acqua avvelenata in provincia di Vibo Valentia in Calabria – ormai ha affondato i propri tentacoli e, a macchia d’olio, si espande e impera, inquina e devasta, provoca morte. Per poi lasciare allo Stato, o meglio, alle tasche degli italiani esangui, la patata bollente!
E i nostri surrogati della politica, davanti a questo scempio, come si comportano? Scelgono ancora una volta la via più breve: quella più rassicurante per la poltrona. Quando non possono alzare le tasse o tagliare pensioni, lasciano che il singolo cittadino provveda di tasca propria, sempre che, non ancora dissanguato, se lo possa permettere. Come nel caso della scuola, ad esempio, lasciata alla coscienza e alla responsabilità economica delle famiglie, che troppo spesso provvedono, persino con la carta igienica.
Tuttavia, oggi lo abbiamo capito: è sul malessere delle istituzioni che si fanno affari d’oro. Da tempo ormai le imprese private e/o semi-private, banche o catene commerciali, hanno puntato occhi e posato tentacoli sull’educazione: sui musei (ricordate? Lottomatica per la cultura) tanto quanto sulla scuola. La paradisiaca giungla del Dio-mercato si sta appropriando anche di loro: gli affaristi-iene invisibili dalle loro postazioni, restano nell’ attesa silenziosa della loro ingenua preda di turno da sbranare. E quale preda migliore della scuola e dell’educazione in generale, che sfornano i futuri utenti del dio denaro? Anche nella scuola, come per la politica, hanno prima puntato a ridurre i nostri bambini a cavalli da corsa o da soma, a ferrari o a 500, con il metodo Invalsi (vedi articolo: I nostri occhi per l’arte), istruendo ben bene gli insegnanti, poi, hanno lasciato le attività scolastiche all’esborso “volontario” (?) dei genitori affaticati. E così, anche la scuola è divenuta terreno fertile per il privato-piovra, che le offre il proprio contributo per evitarle il “disastro”!
Ma il privato-piovra non fa nulla per nulla!. In prima fila, troviamo le banche che offrono aiuto in cambio dei gadgets sull’educazione del “buon risparmiatore”. E all’uopo, fanno sorgere, ad esempio, a Torino, il Museo del Risparmio, che ingaggia esperti del racconto e professionisti dell’audiovisivo. Attraverso questi, si insinua nel malessere dell’istruzione, per portare la “giusta” educazione finanziaria tra i banchi di scuola. E i termini bancari volano come gli innocui aerei di carta tra di essi. Senza però mai cascare in terra, si fermano nelle menti ignare dei futuri utenti di una qualsivoglia banca… E la vecchia paghetta allora perde per sempre la sua valenza di educatrice all’indipendenza e all’autogestione, per farsi educatrice del futuro risparmiatore o investitore.
Al tempo dell’ormai remoto boom economico, era il monopoli ad instillare il sogno dei futuri paperon de’ paperoni, oggi si rallenta in nome di un’educazione al risparmio e al giusto investimento a favore delle banche. Non servono più la storia o la storia dell’arte nella vita, servono solo finanza ed economia. Già si sta pensando di rafforzare questo tipo di studio nelle scuole superiori.
Non è finita qui. Accanto alle banche, si propongono grandi catene commerciali come Conad, che offre buoni sconto a volontà: ad ogni 10 euro di spesa corrisponde un buono scuola per finanziare la didattica, e il progetto lo chiamano “Insieme per la scuola”, con tanto di autorizzazione dal ministero dell’Istruzione Pubblica. Qui la parola chiave diventa “compassione” per una didattica sofferente: un sentimento facilmente indotto nei genitori che, a quel punto, si sentono in dovere di aiutare una scuola altrimenti abbandonata a se stessa. E così, si gioca la carta della “carità”, dopo una ben studiata strategia di marketing aziendale, sotto le vesti di santa beneficienza, beffandosi di genitori, insegnanti e studenti.
Cosa fare, dunque? Possiamo ancora avere il potere di fermare questo inarrestabile tzunami? Si che lo abbiamo, eccome! In che modo? Semplicemente boicottando le iniziative di banche e imprese della grande distribuzione, e tutti insieme, genitori, insegnanti e chiunque si ritenga detentore della cultura e del buon senso, in nome dei nostri bambini, dei nostri ragazzi. Questa sarebbe la protezione più giusta nei loro confronti, perché non diventino gli alienati di domani. I bambini imparano dai grandi, che fungono loro da modello, questo lo sappiamo. E allora se genitori e insegnanti e mondo civile tutto, sapranno dire No alla piovra, domani le future generazioni sapranno scegliere il bene, perché liberi pensatori. Non più degli alienati che vanno dove li porta il vento, ma persone critiche con la capacità di schierarsi con il bene comune, perché il bene segue la traiettoria della circolarità.
A noi adulti dunque la responsabilità della scelta: tra l’accettare i buoni sconto e far entrare i gadgets delle banche nelle scuole, o mettere direttamente i propri soldi a disposizione delle scuole… o ancora meglio chiedere con forza che sia lo Stato con le nostre tasse ad assicurare una scuola efficiente. Come? Beh, cercando di ottenere con determinazione, ad esempio, una legge contro la corruzione… E allora si che i soldi arriverebbero e di corsa. La speranza dunque c’è…ma risiede nell’impegno.
Anna Bruno, guida ufficiale e curatrice di visite-gioco per bambini e genitori presso musei, è autrice di articoli e libri di educazione all’immagine per bambini. Fondatrice e coordinatrice della comunità il Periegeta