La rivolta dei presidi contro i tagli all’istruzione
L'allarme dei dirigenti: “A rischio i laboratori, ferme le attività extradidattiche”. Non ci sono fondi per pagare gli insegnanti. Il mondo della scuola rimane a terra
di ILARIA VENTURIIl mondo della scuola a terra. Sono solo esempi, tanti piccoli casi che coinvolgono un po’ tutte le realtà scolastiche. Nonostante il cambio di passo del governo sugli organici, il mondo della scuola rimane a terra, vittima dei tagli e della mancanza di certezze sulle (poche) risorse. Cresce l’esasperazione degli insegnanti. Ed è rivolta dei presidi, pronti a incontrare il ministro Carrozza annunciato a Bologna a fine ottobre: "Siamo in difficoltà soprattutto perché ad oggi non sappiamo ancora su quante risorse potremo contare, anzi si parla di un ulteriore taglio, così è a rischio l’autonomia delle scuole", denuncia Giuseppe Pedrielli, presidente di AsaBo, l’associazione scuole di Bologna: "Vogliamo incontrare il ministro per dirglielo".
Nuovi tagli ai fondi. Sono i soldi per il fondo di istituto (Fis), già tagliato lo scorso anno dal 29% al 40% per pagare, su accordo sindacale (tranne Cgil), gli scatti di anzianità dei docenti. Ora è probabile una nuova sforbiciata del 25-30%. "Insostenibile", tuonano in coro i presidi. "È impensabile programmare le attività senza sapere di quante risorse potrai disporre, tutto è affidato alla buona volontà dei docenti, io lo chiamo volontariato a rischio: fai le attività e non sai se e quando sarai pagato", osserva Mario Maria Nanni, preside dell’Ic 21. "Dà fastidio l’incertezza sui fondi e un loro ulteriore taglio porterebbe a una scuola tutta uguale, ridotta all’osso", mette in guardia Alessandra Francucci preside del liceo Sabin.
Scatta la mobilitazione. La protesta degli insegnanti è già partita all’istituto comprensivo 11, con una chiamata alla mobilitazione di tutti i docenti bolognesi. Protesta "sacrosanta", sostiene il preside Sergio Pagani. Nelle sue scuole, al Pilastro, il fondo di istituto è passato da 85mila a 49mila euro lordi in due anni. "Abbiamo fatto partire i progetti per gli stranieri e i disabili tutelando i più deboli. Ma il resto è congelato. E a fatica abbiamo trovato fondi per lo sportello psicologico. Non si può andare avanti così. Stupisce che questa difficoltà non faccia clamore", aggiunge. Il calo delle risorse, anche da parte di enti locali e fondazioni, ha peggiorato le cose e aperto la discussione tra
i presidi. Che fare: aprire la strada ai privati, chiedere più soldi ai genitori? Pagani difende la scuola pubblica pagata dallo Stato. "Chiedo dieci euro all’anno alle famiglie per l’assicurazione, mi rifiuto di chiedere di più. E non vado a chiedere l’elemosina ai privati". Il suo è un grido di allarme: "Con questi tagli di fatto si va nella direzione di azzerare l’autonomia degli istituti e di privatizzare la scuola pubblica".
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