mercoledì 29 gennaio 2014

campi di concentramento nelle marche

fonte:"con in faccia un po' di sole!



I campi di concentramento di Servigliano e Monte Urano

Campi Concentramento Fermano
“Nella pratica quotidiana dei campi di sterminio trovano la loro realizzazione l’odio e il disprezzo diffusi dalla propaganda nazista. Qui non c’era solo la morte, ma una folla di dettagli maniaci e simbolici, tutti tesi a dimostrare e confermare che gli ebrei, e gli zingari, e gli slavi, sono bestiame, strame, immondezza. Si ricordi il tatuaggio […] che imponeva agli uomini il marchio che si usa per i buoi; il viaggio in carri bestiame, mai aperti, in modo da costringere i deportati a giacere per giorni nelle proprie lordure; il numero di matricola in sostituzione del nome; […] l’empio sfruttamento dei cadaveri, trattati come una qualsiasi anonima materia prima, da cui si ricavavano l’oro dai denti, i capelli come materiale tessile, le ceneri come fertilizzanti agricoli; gli uomini e le donne degradati a cavie, su cui sperimentare medicinali per poi sopprimerli”
Sono le parole dure e agghiaccianti di Primo Levi, chimico italiano tristemente noto per le barbarie subite al campo di concentramento di Auschwitz. Proprio non molto tempo fa ho letto, finalmente, il suo libro “Se questo è un uomo”. Già sento apostrofarmi: “ma possibile che ancora non lo avevi letto?”. Mancanza grave, lo so. Chiedo venia, ma ai tempi delle scuole dell’obbligo non è che fossi molto appassionato di lettura. Solo dopo aver finito le scuole superiori mi sono messo a leggere cose più impegnate e alcune di queste riguardavano l’eccidio degli ebrei.
Leggere il libro di Levi è stata come una lezione di vita. Ciò di cui parla sembra così distante, così irrazionale che non riesci a concepire siano successe giusto 60 anni fa. E’ come se le collocassi in un’altra epoca storica, molto lontana. Invece no. E’ tutto reale e di un passato molto prossimo a noi. Lo si può ancora percepire nei racconti dei nostri nonni. La guerra ha fatto paura e lo fa ancora, a chi l’ha vissuta.
Anche se siamo in una zona periferica dai centri nevralgici dello Stato, i nostri territori sono stati coinvolti da scontri più o meno sanguinosi (come, ad esempio, l’eccidio di Montalto), e dalle pagine più nere della storia d’Italia.
Campi Concentramento Fermano
Qualche anno fa, andando a documentarmi su questo periodo storico, scoprì, con mia grande sorpresa, che anche nel Fermano erano presenti dei campi di internamento e concentramento.
Ce n’erano due: il campo di prigionia PG70 di Monte Urano e il campo di prigionia PG59 di Servigliano (se vuoi conoscere la storia della città di Servigliano leggi l’altro articolo: “Servigliano: storia di due pontificati”).
Campi Concentramento Fermano
Il primo in realtà era collocato nella frazione di Girola di Fermo (Fermo) ed è stato successivamente riconvertito in una conceria, la SACOMAR. Oggi, dismessa anche questa, il sito è in abbandono, in attesa della sua destinazione finale.
Il secondo campo di prigionia era situato davanti all’ex stazione ferroviaria di Servigliano. Oggi è presente in quella stessa area il “Parco della Pace” fortemente voluto dall’amministrazione comunale a ricordo di ciò che era stato e, nell’ex stazione ferroviaria, è stato collocato il “Museo della Memoria” realizzato per ripercorrere le vicende avvenute in quei terribili giorni.
Campi Concentramento Fermano
Per il campo di prigionia di Fermo (o Monte Urano come lo identificano le carte), non si sa molto. Sembra sia stato inaugurato nell’Agosto del 1942 e al suo interno furono internati prigionieri di diverse nazionalità fino alla massima capacità di 8000 presenze. Questo campo, come del resto anche quello di Servigliano, era destinato al concentramento e smistamento dei malcapitati. I prigionieri stavano qui per un certo periodo e poi erano inviati ai lager tedeschi, previo passaggio obbligato per i campi di raccolta di Suzzarra (Mantova) o Fossoli (Modena).
Campi Concentramento Fermano
Proprio per questo motivo, molti degli internati cercavano la fuga nelle campagne marchigiane, prima di essere trasferiti altrove, sperando di rifugiarsi in qualche casolare grazie alla benevolenza degli abitanti del luogo. E’ quello che accadde anche a Ken de Souza aviatore inglese che arrivò al campo di Fermo sul finire del 1942: “su alcuni camion attraversammo campagne meravigliose dove vive gente che nutre grande amore per i sofferenti”. Qui sotto c’è il video che racconta la sua storia (il racconto parte dal minuto 22.20)


La storia del campo di prigionia di Servigliano, invece, è differente e in un certo senso più complessa.
Già durante la prima guerra mondiale era necessità dello Stato Italiano trovare delle aree idonee per la costruzione di campi aventi la funzione di ospitare prigionieri di guerra. Il comando di Corpo d’Armata di Ancona selezionò le aree idonee e tra queste fu scelta anche Servigliano. Per quale motivo?
Perché i luoghi da adibirsi a campi dovevano avere, come requisiti l’”essere poste fuori dalle zone di guerra, in terreno pianeggiante, in plaga salubre e ben fornita d’acqua, lontana dai centri industriali ed infine facilmente sorvegliabile”. Inoltre è stato notato che a Servigliano “non vi sono addensamenti di masse operaie e prospera invece l’artigianato: non si ha traccia di quelle agitazioni proletarie che altrove, sotto la larva di miglioramenti economici, nascondono sovente propositi di sovvertimento politico e sociale”.
Campi Concentramento Fermano
Quindi nell’autunno del 1915 si iniziò la costruzione. Furono occupati 3 ettari di terreno e costruite 32 baracche e ognuna di queste poteva contenere 125 prigionieri in 300 mq di superficie. Inoltre tutto il perimetro del campo fu recintato da un muro alto 3 metri sopra al quale fu posto un filo spinato.
I primi prigionieri confluirono al campo nell’agosto 1916 e furono rimpatriati definitivamente nel dicembre 1919. In quel lasso 22 prigionieri morirono per varie malattie.
Alla fine della guerra, mentre il campo era in stato di abbandono, l’amministrazione comunale di Servigliano fece più volte richiesta al Ministero della Guerra per poter utilizzare e sfruttare in maniera più produttiva l’area. Ma le risposte furono sempre negative.
Campi Concentramento Fermano
Con l’avvento del fascismo, si capì, di nuovo, che l’area sarebbe stata ideale per un campo di concentramento. Così si iniziò a rispristinare le baracche e le mura, ma la zona era stata già in parte compromessa. Infatti, nel 1935, una parte del campo era stato destinato alla realizzazione di un campo sportivo voluto dal dopolavoro comunale, ente ricreativo creato sempre dal fascismo. Quindi, la massima capacità del campo era attestata sulle 2000 unità.
Campi Concentramento Fermano
Il campo di concentramento e smistamento (PG59) fu ufficialmente riaperto il 5 Gennaio 1941. I prigionieri iniziarono ad arrivare dal febbraio 1941 per poi essere trasferiti, durante l’anno, in altri campi d’Italia. Nel gennaio 1942 il campo rimase vuoto, ma dal mese successivo in poi arrivarono continuamente i prigionieri alleati fino a raggiungere la massima capacità nel maggio del 1942.
Fino al 6 settembre del 1943 nell’area si registrò un continuo via vai di prigionieri: chi spediti altrove, chi appena arrivati, chi fermi lì da più di un anno. Ma il 6 settembre tutto cambiò. E’ il giorno dell’armistizio del Generale Badoglio il quale dichiara che “ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo”. Questo momento segna anche la storia del campo di prigionia PG59 di Servigliano. Infatti la sera del 14 settembre, 6 giorni dopo l’armistizio, tutti i prigionieri internati fuggirono in massa. Nella situazione confusa di quella sera alcuni detenuti riuscirono a fare un buco nel muro del campo e iniziarono a fuggire. Alla fine tutti ce la fecero a scappare anche grazie alla prontezza del capitano medico Dereck Millar che si prese la responsabilità dell’evacuazione.
Campi Concentramento Fermano
Dopo la fuga, anche delle guardie, il campo rimase completamente abbandonato e nei giorni successivi fu ripetutamente saccheggiato sia dagli ex prigionieri che dalla popolazione locale che si trovava in seria difficoltà economica.
Ormai la guerra sembrava terminata. Dopo l’armistizio si pensava che la battaglia sarebbe finita presto. Invece proprio in quel momento cominciò la fase più cruenta della lotta. La confusione era grande: non si sapeva bene contro chi combattere. Stavamo con gli Alleati o con le Potenze dell’Asse? In questo marasma il comando tedesco locale decise di utilizzare l’area di Servigliano destinata finora ad ospitare i prigionieri come campo per “l’internamento degli ebrei sia italiani che stranieri”: era il 7 ottobre 1943. L’ordine era stato chiaro: “tutti gli ebrei internati e liberi, cittadini italiani e stranieri, comunque residenti o soggiornanti in questa provincia, devono essere al più presto tratti in arresto e internati nel campo di concentramento di Servigliano”. Iniziarono, perciò, a confluire tutti gli ebrei rastrellati nella provincia di Ascoli Piceno: nel marzo del 1944 erano presenti 61 ebrei più altri 245 prigionieri di guerra. La vita all’interno del campo era pessima, come testimonia anche Carla Viterbo Bassani una detenuta a Servigliano. “[…] il vitto era davvero cosa penosa: si trattava di fagioli e piselli marci che conservavano nei sacchi. Qualche volta, tenuto conto della scarsità di cibo, autorizzavano qualcuno di noi ad andare per le case ad elemosinare un pezzo di pane, sempre accompagnato dalle guardie. […] Era penoso chiedere da mangiare ma a volte qualche cosa si riusciva a ricevere.”
Le giornate procedevano così, finché il 3 maggio 1944 alle 22.30 un aereo alleato bombardò il campo creando una breccia nel muro di cinta e distruggendo anche due baracche. Perse la vita un’internata e gli altri scapparono nelle campagne approfittando del momento. I militari addetti alla sorveglianza cominciarono subito le ricerche dei fuggitivi e 31 furono catturati mentre 19 riuscirono a dileguarsi in tempo (come Carla Viterbo Bassani). I catturati furono deportati la sera stessa a Fossoli e il 16 maggio, insieme ad altri prigionieri ebrei di altre località, furono inviati ad Auschwitz. Solo 3 sopravvissero alle infamie che si perpetrarono nei lager tedeschi.
Campi Concentramento Fermano
Alla fine della guerra, dal giugno del 1945, al 1955, l’area, dopo i lavori di risistemazione delle strutture interne, divenne un “Centro Raccolta Profughi”. Infatti nell’Europa le dittature non erano finite (ad esempio c’era Tito in Iugoslavia) e c’era bisogno di accogliere in qualche maniera i fuggiaschi dei loro paesi.
Dalla fine del 1955 al 1977 il campo rimase abbandonato fino ad essere convertito nel centro polisportivo “Parco della Pace” tutt’ora presente.
Per approfondire queste vicende vi consiglio di visitare la Casa della Memoria all’ex stazione di Servigliano.
Campi Concentramento Fermano

Info:
Casa della Memoria, via E. Fermi, Servigliano (FM). Tel.: 0734.750583. Orari di apertura: dal lunedì al venerdì: 9.00 - 14.00; sabato: 15.00 - 20.00.

Fonti:
“Se questo è un uomo” | Primo Levi | Einaudi | Torino | 1958.
“Il Campo di Servigliano 1915 – 1955. La memoria di un luogo che testimonia le tragedie del Novecento” | Associazione Casa della Memoria Servigliano | 2005.
http://www.raistoria.rai.it/

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