martedì 25 giugno 2013

cattedre e sostegno

fonte: LA NOTIZIA,  giornale.it

Saltano undicimila cattedre. E i disabili perdono il sostegno

I docenti specializzati pagano care le assunzioni a ruolo. Un baratto inaccettabile per i sindacati di settore e i genitori


di Astrid Nausicaa Maragò
in_classeIl Ministero dell’Istruzione si appresta a varare una piccola rivoluzione in materia di studenti con bisogni educativi speciali. Le novità dovevano riguardare l’anno scolasto 2014/2015, ma sembra proprio che le amministrazioni competenti per territorio siano già in movimento per anticipare le nuove regole al prossimo settembre. Il ministro Carrozza infatti ha ripreso in mano la direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 che fornisce le indicazioni operative e gli strumenti d’intervento per gli alunni con Bes (bisogni educativi speciali). Ma se l’annunciata riforma promette una razionalizzazione, di razionale sembra in concreto avere ben poco.
La conseguenza immediata sarà infatti la perdita del posto di lavoro per ben 11 mila insegnanti precari specializzati nel sostegno. Un alto prezzo da pagare per far sì che 26 mila cattedre siano trasformate in organico di diritto, passando quindi ai posti di ruolo. Il potenziamento del sistema dei Bes servirebbe quindi proprio a ridurre il fabbisogno di docenti di sostegno. Attraverso questa normativa il numero dei posti di sostegno passerebbe dagli attuali 101 mila, tra organico di diritto e organico reale, a novantamila. Un baratto, questo, che ha già messo in allarme i sindacati di settore che accusano il Ministero di procedere a un’operazione illegittima senza neanche aprire un dibattito pubblico su scelte che implicano tagli di tale gravità.
Le conseguenze
Qualora la direttiva venisse applicata, gli insegnanti di sostegno specializzati, vale a dire quelli che hanno seguito i corsi mirati a queste peculiari necessità didattiche, sarebbero assegnati esclusivamente agli alunni portatori di disabilità certificate come “gravi”. La normativa attualmente in vigore, al contrario, lascia l’ultima parola alla decisione dell’equipe medica, a quella psicopedagogica e in ultimo ai gruppi di lavoro scolastico (come Gliss e Glh).
Il rischio è che quindi, con il nuovo ordine, gli alunni con disabilità considerate “lievi” ma certificate dall’autorità sanitaria, rimangano privi di aiuto. I ragazzi con problemi di apprendimento non ritenuti gravi (ma certificati) sarebbero affidati agli insegnanti curricolari non specializzati. che si troverebbero a doverli gestire insieme agli altri numerosi alunni della classe.
Non bisogna trascurare che la riduzione delle cattedre negli ultimi anni ha comportato l’accorpamento delle classi cosiddette “pollaio”, composte da oltre trenta alunni, che includono anche i ragazzi con necessità di sostegno.
La manovra di cui si discute andrebbe quindi a scapito della qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento degli alunni stessi.
I numeri
Fino al 2006 l’organico dei posti di sostegno era fissato in 48.693 unità. Con la Finanziaria del 2007 si è provveduto a un incremento di circa 15.000 cattedre. Allo stato attuale, a fronte di 63.348 posti in organico di diritto, risultano attivati 101 mila posti in conseguenza da una parte, della sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma che poneva un limite per le cattedre in deroga, e in secondo luogo in ragione dell’aumento, pari a diciottomila unità negli ultimi sei anni, degli alunni che necessitano il sostegno. Attualmente, quindi, in considerazione della normativa vigente, il rapporto medio nazionale tra alunni e docenti di sostegno è di uno a due. Secondo quanto dichiarato dallo stesso Ministero, quindi, difficilmente i tagli potranno colpire un numero di cattedre che porti a un livello al di sotto delle 90.000 unità.
L’azione annunciata dal Ministero prevede di procedere in parallelo con lo sviluppo del sistema previsto dalla direttiva del dicembre 2012 per migliorare l’azione a favore del sostegno alle disabilità e alla fragilità degli studenti a scuola, i cosiddetti bisogni educativi speciali, implementando una rete di supporto su base territoriale e la formazione specifica per i docenti e la realizzazione di piani didattici ed educativi personalizzati.
Le mobilitazioni
Ma quanto stabilito nei programmi ministeriali non è accolto con favore dai sindacati di settore, che promettono di dare battaglia per quegli 11 mila posti, un prezzo troppo caro da pagare in cambio delle immissioni a ruolo promesse dal Ministero. L’Anief spiega che una riforma in tal senso avrebbe nel sistema scolastico un impatto drammatico, e che il primo inevitabile passo per difendere il diritto degli insegnanti a rischio sarà quello di presentare un ricorso al Tar. Ma la nuova disciplina non rimarrà impermeabile alle rivendicazioni dei genitori, già molto preoccupati, degli alunni che hanno diritto secondo la legge vigente di accesso al sostegno. Sarà loro premura impugnare il provvedimento per ottenere che ai loro figli non sia negata la necessaria assistenza allo studio. All’inizio del nuovo anno scolastico manca ancora molto tempo, ma le famiglie sono pronte a prendere le contromisure per evitare che la perdita di questo diritto fondamentale per la crescita e l’integrazione dei ragazzi si concretizzi.
Un flop annunciato
Queste novità si annunciano fallimentari, e per di più costose. Basti pensare che per provvedere ad una formazione adeguata e obbligatoria degli insegnanti curriculari, in modo tale da renderli idonei alla gestione degli alunni con bisogni educativi speciali, l’Istruzione andrebbe incontro a costi enormi, che non giustificherebbero quindi in alcun modo i tagli al personale specializzato messi in conto.

situazione della scuola dell'infanzia nella regione marche

 fonte: cgil marche

Consegnato un esposto al Garante per l'Infanzia delle Marche

I sindacati chiedono il suo intervento vista la critica situazione della scuola dell'infanzia nella regione.

20/06/2013

A cura della FLC CGIL Marche
L'iniziativa del 1 giugno sulla scuola dell'infanzia organizzata a Senigallia dalla FLC CGIL delle Marche, denunciando anche attraverso la forza dei numeri la situazione molto critica di questo settore così delicato, gioiello dell'istruzione pubblica in Italia, ha prodotto il risultato di coinvolgere il Garante dell'Infanzia e dell'adolescenza Ombudsman delle Marche che era stato invitato all'iniziativa.
Questa mattina (19 giugno 2013, ndr) le Organizzazioni Sindacali FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola e SNALS-Confsal delle Marche hanno presentato al Prof. Italo Tanoni un esposto molto dettagliato al fine di avviare una vertenza nei confronti del MIUR per ottenere che tutte le 104 sezioni antimeridiane siano trasformate in sezioni a tempo pieno, per rispettare la richiesta delle famiglie e salvaguardare un modello di scuola, esempio nel mondo di qualità dell'azione educativa.
La scuola dell'infanzia nel nostro Paese, benché sulla carta non siano state operate diminuzioni rispetto al passato, rischia di essere destrutturata e indebolita in maniera subdola attraverso l'imposizione di un tetto di organico, imposto dai diversi governi in nome della crisi, che non tiene conto del costante aumento di alunni, degli edifici scolastici che spesso sono stati costruiti per accogliere al massimo 25 bambini per sezione, della presenza di bambini diversamente abili che dovrebbe vedere la presenza di un massimo di 20 alunni per sezione.
Risultato: un aumento costante di bambini per sezione ed una diminuzione molto pericolosa del tempo scuola attraverso l'assegnazione sempre più diffusa ed in aumento in tutti i territori di sezioni antimeridiane con un solo insegnante, uno strattagemma utilizzato negli ultimi anni dagli USR e dagli UST per dare "un po' di scuola dell'infanzia a tutti" pur di non produrre liste d'attesa, benché le famiglie continuino a richiedere il tempo pieno.
Per questo motivo le Organizzazioni Sindacali delle Marche richiedono l'intervento del Garante per l'Infanzia affinché sia interrotta questa pericolosa deriva e si torni ad investire nella istruzione pubblica, a partire da questo delicatissimo settore che, come giustamente ribadisce l'UE negli obiettivi definiti per l'Europa 2020, è di importanza strategica per la formazione dell'individuo e del cittadino.

BES: SI TAGLIERA' SUL SOSTEGNO?

fonte: DISABILI.COM

BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI (BES): E' POLEMICA. SI TAGLIERA' SUL SOSTEGNO?

 

 
SCOLA: BAMBINO DI SPALLE CON ZAINETTO Continuano le polemiche sulle novità introdotte dalla circolare del Marzo scorso. Per alcuni celano ulteriori tagli alle risorse ma gli esperti non concordano

La circolare  n. 8 del 6 Marzo scorso ha fornito indicazioni operative per l'applicazione della Direttiva Ministeriale del 27/12/2012 sui Bisogni Educativi Speciali (BES). Entrambi i provvedimenti sono dedicati soprattutto all'integrazione scolastica di allievi in situazioni di difficoltà eterogenea (disturbi evolutivi specifici, svantaggio linguistico, sociale e culturale), in precedenza non tutelate da provvedimento normativo e comunque non certificabili. Tali provvedimenti sono stati accolti con molto sospetto. Si teme, infatti, che ne derivi la tendenza ad eliminare o comunque a ridurre le certificazioni per le situazioni di disabilità lieve, con la finalità, quindi, di contrarre le risorse destinate al sostengo. E' proprio così? A pensarlo sono in molti, tanto che in rete l'acronimo è diventato Bisogna Eliminare il Sostegno.  Gli esperti, però, smentiscono.

I pareri che si oppongono ai provvedimenti sui BES evidenziano che i genitori a volte sono restii e denunciare la disabilità o le problematiche che rientrano nei Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA) e che in questo modo potranno più semplicemente far rientrate i propri figli tra i BES, gravando così il lavoro dei docenti curricolari e privando  i loro figli della presenza degli insegnanti di sostegno. Questo allarme è fondato? La risposta di molti esperti del settore è negativa. Dario Ianes, che ha condiviso la propria analisi su Facebook, non ritiene che vi sia alcuna intenzione di tagliare il sostegno, sottolineando che la circolare valorizzi invece il consiglio di classe, chiamato a programmare una didattica più inclusiva. Anche Raffaele Ciambrone (Miur, Ufficio disabilità) evidenzia che i provvedimenti sui BES comportano una maggiore tutela per i tanti studenti che non rientravano nei casi previsti dalla legge 104/92. La volontà, spiega Ciambrone, è quella di spostare il punto di vista dal piano clinico a quello educativo, nella prospettiva di una scuola accogliente e inclusiva. Rimane confermato e rafforzato il nostro impegno per gli alunni con disabilità.

Ciò non basta, però, a placare la polemica, tanto che è stata lanciata una petizione per bloccare gli effetti della direttiva e della circolare sui BES, il  "Referendum BES. Fermiamo la CM 8 e costruiamo il cambiamento". L'iniziativa è stata promossa da Carlo Scataglini, insegnate di sostegno e docente a contratto presso l'Università dell'Aquila.

Anche per Salvatore Nocera, però, i timori sono infondati, tanto che ha invitato a non sottoscrivere la petizione, perché se passasse bloccherebbe gli effetti positivi della circolare. Anche la Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità (FAND), non condivide il giudizio negativo ed evidenzia che negli incontri avuti con il Miur non si è avuto sentore di tentativi in tal senso.

Come stanno veramente le cose? Le risposte verranno certamente nel prossimo anno scolastico. Ci auguriamo che esse possano in ogni caso confermare il reale impegno verso tutti gli alunni. Al centro, in fondo, non devono essere docenti e le loro preoccupazioni, non gli esperti e le loro proiezioni, ma solo ed esclusivamente gli allievi. Tutti.


APPROFONDIMENTI

La petizione


IN DISABILI.COM

La Circolare sui BES

La Direttiva


Tina Naccarato

domenica 23 giugno 2013

fonags sulla valutazione


gite scolastiche e studenti disabili

fonte: disabili.com

GITA SCOLASTICA E STUDENTI DISABILI: ALCUNE DRITTE

 
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scuola in autobusCon l’aiuto di un approfondimento di Ledha, ricordiamo quali sono i diritti degli studenti disabili in gita d’istruzione, e le responsabilità della scuola
La scuola, lo diciamo sempre, è un momento importante  nel quale gettare le basi dell’integrazione. Partecipare alla vita di classe senza esserne separati, abituarsi a condividere attività ludiche e formative con i compagni con disabilità, è il modo più naturale di crescere con la consapevolezza che la diversità fa parte della vita. Fanno parte di questi momenti anche le gite scolastiche,  piccoli eventi che nel vissuto della classe danno la possibilità di rafforzarne l’unione, con la condivisione di esperienze al di fuori dell’aula scolastica.

Considerato ciò, va detto che talvolta succede che proprio le gite scolastiche siano gravate di problemi di gestione pratica dell’alunno disabile, tali da impedirgli di prendere parte a questo importante momento formativo, con il giusto disappunto di genitori che, talvolta, pur di non far perdere al figlio l’esperienza, si attivano per colmare le carenze della scuola. Ma quali sono i diritti degli studenti con disabilità, quanto alle gite scolastiche? Cosa deve garantire la scuola in merito a questo importante momento relazionale dell’alunno e di tutta la classe? E’ necessario che lo studente sia accompagnato da un famigliare? L’eventuale costo aggiuntivo per il suo trasporto è a carico dell’intera classe?
Su questo torna utile un approfondimento del servizio legale della Ledha  - Lega per i diritti delle persone con disabilità-, che proprio su questo mette in chiaro alcuni elementi. In primis l’appello all'art. 3 della Costituzione Italiana e del principio di integrazione scolastica, ribadendo il diritto degli alunni con disabilità a partecipare a viaggi di istruzione e visite guidate, esattamente come tutti gli altri compagni, sulla base del principio di uguaglianza.

Come fare, quindi, a garantire parità di diritti a tutti gli studenti, anche nel corso della gita scolastica? Innanzitutto partendo da una organizzazione che tenga conto delle esigenze e delle difficoltà dell’alunno con disabilità. Ricordiamo infatti che è la singola scuola a decidere circa le gite d’istruzione, quindi sarà necessaria una seria valutazione circa il luogo da visitare, ma anche il trasporto da utilizzarsi, il programma di visite e l’accessibilità di spazi e servizi relativi. E’ quindi a capo dell’istituzione scolastica la messa in atto di tutti gli accorgimenti necessari  (c.d. accomodamenti ragionevoli) a far sì che l’alunno con handicap possa partecipare al viaggio d’istruzione. Se così non fosse, si entrerebbe in contrasto con  l’articolo 2 della Convenzione Onu sui diritti delle persone disabili, configurandosi come discriminazione.

Partendo quindi dall’organizzazione del viaggio, chiariamo subito che, come ricordato dal testo di Ledha, la scuola non può in alcun caso subordinare il diritto di partecipazione di un alunno con disabilità alla presenza di un suo familiare che lo accompagni. Questo significa che la scuola non può pretendere che ci sia un famigliare ad accompagnare l’alunno. Può essere un familiare, ma non è obbligatorio. Spetta infatti agli organi collegiali della scuola designare un accompagnatore qualificato che può essere un qualunque membro della comunità scolastica (docenti, personale ausiliario, o familiari).
Come ricorda la nostra esperta scuola, inoltre, nel caso dei disabili è necessario che tra gli accompagnatori ci sia il docente di sostegno e, qualora previsto, l'assistente all'autonomia. Quest'ultimo deve essere pagato dall'ente locale dal quale dipende anche se, di solito, la quota non è dovuta perché gli organizzatori prevedono alcune gratuità.

E’ sempre la scuola, poi, che in fase di organizzazione del viaggio, per la definizione dei costi, deve comunicare all’agenzia viaggi la presenza di alunni disabili  e relative loro necessità (ivi compresa la presenza di un accompagnatore). La spesa di viaggio relativa alla presenza di un accompagnatore va attribuita a tutta la classe, e non alla singola famiglia con alunno disabile: se così non fosse si tratterebbe di discriminazione.

La discussione sulle gite scolastiche di studenti con disabilità continua anche nel nostro FORUM!

PER APPROFONDIRE:

Vedi il focus di Ledha

Un compendio su visite guidate e viaggi d’istruzione

servizi e teconolgie didattiche per ipovedenti

fonte: disabili.com

SERVIZI E TECNOLOGIE DIDATTICHE PER NON VEDENTI ED IPOVEDENTI: CARENZE E TAGLI

 
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ciechiGli strumenti tecnologici innovativi per l’integrazione della disabilità visiva spesso sono carenti nelle scuole. Tagli anche ai servizi

Gli allievi con bisogni educativi speciali hanno diritto ad ausili e sussidi che possano favorire il loro apprendimento e la loro integrazione. Nel caso della disabilità visiva, però, si riscontrano molte carenze: troppo spesso i testi scolastici elettronici arrivano in ritardo, gli insegnanti di sostegno non hanno una preparazione specifica e spesso non conoscono il Braille, mancano le condizioni perché gli alunni ciechi o ipovedenti possano praticare le attività sportive.

A tali carenze si aggiungono spesso oggi quelle relative alla inaccessibilità delle nuove tecnologie, nonché lo spazio sempre più esiguo che la scuola può riservare alla musica, unica forma d’arte totalmente accessibile ai non vedenti. Eppure, esistono oggi applicazioni informatiche e software ad hoc, pensati proprio per agevolare i musicisti non vedenti, con spartiti informatizzati e dotati di comandi vocali che possono aiutare i giovani a leggere la musica anche se non vedenti.

Purtroppo, a scuola come in altre agenzie educative, il rigore imposto dalla crisi economica sta imponendo molti sacrifici ed oggi numerosi centri di riferimento sono addirittura a rischio chiusura, a causa dei tagli dei fondi governativi, come ad esempio il Centro di consulenza tiflodidattico di Firenze, frequentato da decine di ragazzi ipovedenti e non vedenti. Si tratta di strutture fondamentali per facilitare la comprensione del bisogno, dei limiti e delle potenzialità del bambino minorato della vista, per orientare la programmazione dell’itinerario educativo, sia in famiglia sia a scuola, per guidare la scelta dei sussidi didattici più opportuni e, più in generale, per coadiuvare il lavoro educativo svolto a casa e a scuola. Si tratta perciò di realtà che hanno svolto e svolgono un lavoro importante per l’integrazione scolastica dei giovani con disabilità visiva e che rischiano significativi dimensionamenti. 

I ciechi e gli ipovedenti hanno imparato a convivere con la loro disabilità, ma per poter condurre una vita agevole e dignitosa hanno bisogno di efficienza, di servizi, di competenze dedicate.

Non solo, però. Occorre che anche la comunità impari a convivere con loro. Per questo, ad esempio, l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti ha raccontato in alcune scuole del bellunese i disagi, le lotte quotidiane, le conquiste e i riscatti dei non vedenti, al fine di sensibilizzare i giovani a comprendere le problematiche relative alla cecità, per poter interagire con esse. E’ stata inoltre sottolineata la tematica del volontariato in compagnia dei membri dell’Unione italiana volontari pro ciechi, che hanno raccontato l’importanza del loro ruolo, sollecitando i ragazzi a mettersi in gioco, per poter aiutare i non vedenti, anche solo per una commissione o per una passeggiata. E’ importante, infatti, rafforzare l’avvicinamento tra i giovani e la diversità, perché essa possa essere realmente inclusa nella società.

APPROFONDIMENTI IN DISABILI.COM:

DISABILITÀ VISIVA: DOPO LA V GIORNATA NAZIONALE DEL BRAILLE

I LETTORI PIÙ ACCANITI: IPOVEDENTI E NON VEDENTI
BRAILLE O E-BOOK?


Tina Naccarato

dsa e scuola

fonte: disabili.com
DSA - distrurbi specifici dell'apprendimento

I DSA sono disturbi nell'apprendimento che interessano alcune abilità specifiche che devono essere acquisite da bambini e ragazzi in età scolare.
I disturbi specifici dell'apprendimento comportano la non autosufficienza durante il percorso scolastico in quanto interessano nella maggior parte dei casi le attività di lettura, scrittura e calcolo.
I DSA affliggono bambini e ragazzi che in genere non hanno disabilità o difficoltà particolari, ma possono rendere loro difficile la vita a scuola, se non vengono aiutati nella maniera corretta.

Attualmente i bambini e i ragazzi affetti da DSA non hanno diritto all'insegnante di sostegno. Hanno però diritto, grazie alle Legge 170/10, a strumenti didattici e tecnologici di tipo compensativo (sintesi vocale, registratore, programmi di video-scrittura e con correttore ortografico, calcolatrice) e a misure dispensative, per permettere loro di sostituire alcuni tipi di prove valitative con altre equipollenti più adatte. Per approfondire il nostro approfordimento sulla Legge 170/10 sui DSA e LINEE GUIDA e la pagina ministeriale dedicata.


Nella classificazione internazionale ICD- 10 dell' Organizzazione Mondiale della Sanità i DSA sono definiti con la sigla F81.

Le LINEE GUIDA MINISTERIALI PER I DSA

IL DECRETO ATTUATIVO DELLA LEGGE 170/10

esami di stato conclusivi degli studi superiori per allievi con DSA

ESAMI DI STATO CONCLUSIVI DEGLI STUDI SUPERIORI: NOVITA' PER GLI ALLIEVI CON DSA

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mani di bambini che giocano con lettere giocattoloPreviste misure compensative per gli allievi che abbiano seguito percorsi ordinari e prove differenziate per chi accede alla sola attestazione

L'Ordinanza del MIUR n. 41/12 dell'11 Maggio scorso ha definito i criteri degli Esami di Stato conclusivi degli studi superiori. Il documento non presenta particolari novità per gli allievi disabili, ma vi è un intero articolo (17 bis) dedicato agli alunni con disturbi specifici di apprendimento (DSA).

PROVE DIFFERENZIATE E PROVE EQUIPOLLENTI - Gli allievi con certificazione di disabilità, che abbiano seguito un Piano Educativo Individualizzato (PEI), sono valutati in base ad esso, come previsto dall'Ordinanza ministeriale n. 90/01. Sono perciò ammessi a sostenere gli esami su prove differenziate, finalizzate esclusivamente al rilascio dell'attestazione, come indicato dal DPR n. 323/98.
La commissione d'esame, sulla base della documentazione fornita dal consiglio di classe, predispone invece prove equipollenti a quelle assegnate agli altri candidati, se si ritiene che il candidato abbia raggiunto una preparazione idonea per il rilascio del diploma attestante il superamento dell'esame. E' previsto in questo caso  l'utilizzo di ausili, mezzi tecnici o modi diversi, o lo sviluppo di contenuti culturali e professionali differenti. Anche gli allievi con DSA che, in base al DM n.5669/11, abbiano seguito un percorso didattico differenziato, sono valutati in base ad esso. Sono cioè ammessi a sostenere gli esami di Stato su prove differenziate, finalizzate esclusivamente al rilascio dell'attestazione, come previsto dal citato DPR 323/98.

LE NOVITA' PER GLI ALLIEVI CON DSA - La Commissione d'esame terrà in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive degli allievi con DSA, in particolare le modalità didattiche e le forme di valutazione per i percorsi didattici individualizzati e personalizzati. Le commissioni dovranno predisporre adeguate modalità di svolgimento delle prove scritte e orali.
I candidati potranno utilizzare strumenti compensativi, dispositivi per l'ascolto dei testi della prova registrati in formati mp3 o potranno usufruire delle presenza di un lettore. Per i candidati che utilizzeranno la sintesi vocale, la Commissione provvederà alla trascrizione del testo su supporto informatico. Saranno consentiti tempi più lunghi di quelli ordinari per lo svolgimento della prove scritte e vi sarà un'attenzione particolare alla predisposizione delle prove per l'accertamento delle competenze nella lingua straniera. Al candidato potrà essere consentita l'utilizzazione di apparecchiature e strumenti informatici.
Per i candidati con DSA che abbiano seguito un percorso didattico ordinario, con la sola dispensa dalle prove scritte di lingua/e straniera/e, la Commissione, nel caso in cui la lingua straniera sia oggetto di prova scritta, dovrà sottoporre i candidati a prova orale, sostitutiva di quella scritta.



APPROFONDIMENTI

L'Ordinanza annuale del MIUR


sabato 22 giugno 2013

class action per recupero credit delle scuole


inviata da lascuoladimafalda [icdo-nogelmini.blogspot.com/]

Per una volta, come nella Bibbia, ha vinto Davide contro Golia. Sembrava impossibile che una piccola associazione di Bordighera, “Facciamo scuola insieme”, composta da insegnanti, genitori e studenti potesse vincere la battaglia contro Roma, contro i ministeri della Pubblica Istruzione e dell’Economia per recuperare i crediti che quest’ultimi dovevano e devono nei confronti di 24 scuole della provincia di Imperia: oltre due milioni di euro.
E invece ce l’hanno fatta grazie ad una class action che ha visto in prima linea la professoressa Paola Rottino: i due Ministeri dovranno controllare la situazione creditizia delle scuole coinvolte entro il 30 settembre 2013 e entro il 30 dicembre del 2013 dovranno liquidare i soldi spettanti a ciascuna scuola.
E’ una storia anomala questa in un Paese dove la gente perde sempre, dove nessuno più trova la forza di fare una battaglia contro Roma. La class action era stata aperta con una richiesta di messa in mora dei due ministeri nel maggio del 2011. A fronte di un sostanziale nulla di fatto al termine dei 90 giorni prescritti per legge dopo l’invio della messa in mora, l’associazione ha deciso di procedere con ricorso al Tar. Una battaglia senza precedenti che ha visto genitori, studenti e insegnanti per la prima volta insieme. Paola, l’avevo conosciuta nel 2010 alla trasmissione “Articolo 3” di Maria Luisa Busi, chiusa troppo presto da una fin troppo solerte direzione Rai. Era la fase della raccolta firme, dell’avvio della class action: un lavoro lungo, meticoloso, pacchi di carta da raccogliere e inviare al Ministero per la diffida. Non avrei mai creduto che un giorno mi avrebbe telefonato per annunciarmi la clamorosa notizia.
Inutili anche le eccezioni ai ricorrenti da parte dell’Avvocatura di Stato che ha sollevato questioni in merito alla “carenza di dimostrazione della posizione legittimante dei ricorrenti”: il Tar di Genova ha risposto che “si tratta di soggetti che versano in una situazione di classe essendo tutti accomunati dal medesimo interesse sostanziale all’ottimale funzionamento della comunità scolastica cui appartengono, cui è strumentalmente collegata la pretesa di ottenere la regolare erogazione dei finanziamenti previsti”.
Per i Ministeri, che potranno comunque appellarsi, si tratta di una sconfitta che ci si augura possa essere un favorevole precedente per chi in questo Paese non si arrende. A Imperia, di fronte alla mancanza di fondi negli istituti necessari al funzionamento delle scuole, hanno alzato la testa e hanno vinto. In Italia è ancora possibile. Loro ce l’hanno dimostrato.
(Alex Corlazzoli, Il Fatto Quotidiano, 18 giugno 2013)

martedì 18 giugno 2013

cittadini e scuola costituzionale

fonte: comune-info

Cittadini e scuola costituzionale

143225058-936c490d-b1a9-4587-a7aa-5256bf0f8a06Dal mondo della scuola, da Bologna e da Napoli, arrivano indicazioni significative per stabilire quale debba essere oggi la politica costituzionale, e che mettono in evidenza l’importanza delle iniziative dei cittadini e l’illegittimità di vincoli economici che possono pregiudicare i diritti fondamentali delle persone.
Grandi questioni di principio entrano così, con la forza della concretezza, in una discussione costituzionale da troppo tempo confinata in astratte e rischiose operazioni di “ingegneria istituzionale” (…). È ormai ben noto che un gruppo di cittadini bolognesi aveva promosso un referendum sul finanziamento pubblico alle scuole materne private, ricordando che l’articolo 33 della Costituzione riconosce il diritto dei privati “di istituire scuole senza oneri per lo Stato”. (…) Contro il referendum si era costituito un massiccio schieramento che vedeva insieme il Pd, il Pdl e la Curia. Sembrava così che il risultato fosse scontato. E invece contro il finanziamento si è pronunciato il 58,8% dei votanti (….) Il sostegno al referendum è venuto proprio dalle zone più popolari dov’è più forte l’elettorato di sinistra che, dunque, non si è allineato alla posizione ufficiale del Pd. Si è cercato di sminuire il significato del referendum insistendo sulla bassa affluenza alle urne (28,7%). Argomento debole, soprattutto in tempi di astensionismo generalizzato.
Ma il risultato bolognese si presta a riflessioni di carattere generale. La prima riguarda la fedeltà alla Costituzione e la voglia delle persone di impegnarsi in iniziative che difendono principi: e questa è una indicazione importante in una fase in cui si vuole avviare una stagione di riforme che rischia di mettere in discussione proprio aspetti fondamentali del testo costituzionale. La seconda si riferisce alla necessità di rispettare il risultato del voto referendario, anche se, come nel caso di Bologna, non ha valore vincolante. E, infatti, personalità eminenti del mondo cattolico, che si erano schierate a favore del mantenimento del finanziamento ai privati, hanno responsabilmente sottolineato la necessità di tenere comunque conto della volontà popolare.
La questione del rispetto dei risultati referendari non è nuova. Da due anni, da quando ventisette milioni di elettori votarono contro la privatizzazione dell’acqua, è in corso una guerriglia che vede istituzioni pubbliche impegnate nell’illegittimo tentativo di vanificare il risultato di quel voto. E negli ultimi tempi si è ripetutamente insistito sul fatto che, nel 1993, il 90% degli elettori votò a favore dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, poi mantenuto in vita con diversi artifizi. Sembra, invece, essersi perduta la memoria di quei sedici milioni di cittadini che nel 2006, votando contro la riforma costituzionale approvata dalla maggioranza berlusconiana l’anno precedente, confermarono l’impianto della Costituzione, opponendosi a forzature che avrebbero accentuato i rischi della concentrazione autoritaria del potere. Vale il richiamo al referendum sul finanziamento ai partiti e non quello sulla fedeltà alla Costituzione? Due pesi e due misure? Certo, i risultati referendari non escludono la possibilità di riprendere in esame i temi affrontati e nella mozione appena approvata dalle Camere sull’iter delle riforme costituzionali si dice esplicitamente che un referendum sarà possibile. (…)
Principi che non possono rimanere sulla carta e che, quindi, non possono essere messi tra parentesi con l’argomento dei vincoli imposti dalla crisi economica. È questo il grande significato di una decisione della Corte dei conti che ha giudicato legittima una decisione del Comune di Napoli anch’essa legata al funzionamento delle scuole. Che cosa aveva fatto il Comune? Aveva approvato una delibera che consentiva la nomina degli insegnanti necessari per il funzionamento delle scuole dell’infanzia e degli asili nido, delibera che formalmente si poneva in contrasto con i divieti imposti dal patto di stabilità ai Comuni con pesanti buchi nel bilancio. La questione era finita davanti alla sezione campana della Corte dei conti, che doveva appunto accertare la legittimità dell’iniziativa presa dagli amministratori napoletani. L’argomentazione del Procuratore regionale è molto netta: “I pur fortissimi diritti di contenuto economico e finanziario posti a salvaguardia dell’integrità dei bilanci pubblici non possono incidere sui diritti fondamentali della persona”. E qui le persone sono le bambine e i bambini che sarebbero stati privati proprio della possibilità di accedere ad un servizio essenziale, come quello scolastico, con evidente violazione del diritto all’istruzione, elemento costitutivo del diritto costituzionale (…).
Sulla base di una dettagliata analisi delle norme vigenti e degli orientamenti delle corti italiane e europee viene così messa radicalmente in discussione la subordinazione dei diritti fondamentali alla logica economica, che sembra essere divenuta l’unica norma di riferimento del tempo che viviamo. (…) La scuola pubblica, scriveva Piero Calamandrei, è “organo costituzionale”. (…)

Stralci di un articolo pubblicato da la repubblica il 10 giugn0 (titolo originario «La scuola al centro della politica costituzionale»).

lavoro minorile ed abbandono scolastico

fonte. comune-info

Un bambino su venti in questo momento è a lavoro

7032-minori-italia-dal-1-maggio-in-vigore-convenzione-lanzarote-350Lo sfruttamento del lavoro minorile è ancora una realtà radicata e diffusa in Italia. Lo testimonia l’indagine realizzata dall’Associazione Bruno Trentin e da Save the Children, segnalata da Rassegna.it alla vigilia della Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile. Un lavoro basato su due mila interviste a minori iscritti al biennio della scuola secondaria superiore in quindici province campione e in settancinque scuole campione.
Nel nostro Paese sono 260.000, più di 1 su 20, i minori sotto i 16 anni (il 5,2 per cento del totale nella fascia di età 7-15 anni) coinvolti nel lavoro minorile. Si tratta, spiega il rapporto, di pre-adolescenti «costretti» a lavorare già giovanissimi a causa delle condizioni familiari, di un rapporto con la scuola che non funziona o per far fronte da soli ai loro bisogni, e sono 30.000 i 14-15enni a rischio di sfruttamento che fanno un lavoro pericoloso per la loro salute, sicurezza o integrità morale, lavorando di notte o in modo continuativo, con il rischio reale di compromettere gli studi, non avere neanche un piccolo spazio per il divertimento o mancare del riposo necessario.
A lavorare si inizia anche molto presto, prima degli 11 anni (0,3 per cento); il picco si raggiunge tra i 14 e 15 anni (18,4 per cento), età di passaggio dalla scuola media a quella superiore, nella quale si materializza in Italia uno dei tassi di abbandono scolastico più elevati d’Europa (18,2 per cento contro una media europea del 15 per cento). Il lavoro minorile non fa differenze di genere. Le esperienze di lavoro dei minori tra i 14 e 15 anni sono in buona parte occasionali, ma 1 su 4 lavora per periodi fino ad un anno e c’é chi supera le cinque ore di lavoro quotidiano (24 per cento). Per il 41% dei minori si tratta di un lavoro nelle mini o micro imprese di famiglia. Meno della metà dei minori che lavorano tra i 14 e 15 anni dichiara di ricevere un compenso.
Tra i principali lavori svolti dai minori fuori dalle mura domestiche prevalgono quelli nel settore della ristorazione, come il barista o il cameriere, l’aiuto in cucina, in pasticceria o nei panifici, seguito dalla vendita stanziale o ambulante, dove si fa il commesso o toccano le pulizie, insieme al lavoro agricolo o di allevamento e maneggio degli animali, ma non manca il lavoro in cantiere, spesso gravoso e pieno di rischi, o quello di babysitter. Dalle voci dei ragazzi raccolte emerge il forte legame tra lavoro minorile, disaffezione scolastica e reti familiari e sociali, che si trasforma in una vera trappola quando l’opportunità di soldi facili arriva a coinvolgere i minori in attività criminali.

orti, corti, piazze. E alunni ribelli

fonte: comune-info

Orti, corti, piazze. E alunni ribelli

img_02551SbarchInPiazza, di seguito semplicemente Sip, è un’iniziativa proposta da Rete delle economie solidali del Mezzogiorno (Ressud) e accolta, finora, da sedici piazze del centro-nord nelle due stagioni trascorse (alcune piazze per due anni consecutivi, l’elenco completo è su http://sbarchinpiazza.ressud.org/).
Gli obiettivi che si pone Sip sono molteplici, tra gli altri: dimostrare che l’economia solidale offre risposte per i problemi prodotti dalla globalizzazione e dall’esasperazione del mercato; diffondere questa consapevolezza e le sue pratiche tra le persone comuni (in particolare a quelle fasce “contigue” al mondo dell’economia solidale, associazioni, comitati, centri sociali…); accrescere il numero dei cittadini consumatori consapevoli e allargare quindi la «torta» del consumo di beni provenienti da reti di produttori solidali; permettere l’accesso a questo mercato a tutti quei produttori (con le caratteristiche adeguate) finora esclusi da questo mercato; favorire la riconversione colturale (verso il bio) e culturale (verso la solidarietà e l’equità) di quei produttori che ancora ignorano questo «mondo»; stimolare quindi i produttori ad operare in reti e agevolare la costruzione della rete sud sud; favorire il ritorno alla terra di molti giovani (e non solo!) disoccupati o insoddisfatti della qualità della propria vita; uscire dall’esempio e cominciare a fare «statistica»; raggiungere quei numeri, quella massa critica che permetta di concretizzare quelli che finora vengono considerate utopie (per esempio il trasporto su rotaia dei prodotti agricoli, non solo arance, dal sud al nord, anche d’Europa).
Documentario
I Sip della primavera 2012 hanno prodotto, mediante libere contribuzioni dei produttori che esponevano nelle piazze e liberi contributi dei visitatori, il documentario antropologico «L’altra faccia dell’arancia» che racconta queste piazze e che gira da otto mesi, contribuendo a diffondere la cultura dell’economia solidale. «L’altra faccia dell’arancia» è liberamente scaricabile da questo link: http://vimeo.com/53209804.
Quest’anno la rete si è posto il problema di intensificare e approfondire la comunicazione verso quelle fasce di popolazione sensibili (o sensibilizzabili) ai temi dell’equità, dell’impatto ambientale, della giustizia sociale, dei diritti, della qualità del cibo, ecc, ma non ancora coinvolti in alcuna rete e quindi ancora non sufficientemente informate e consapevoli del potere politico del consumo.
Sono stati coinvolti alcuni insegnanti appartenenti al mondo dei Gas nel proporre nelle rispettive scuole dei progetti pilota sull’economia solidale. Un gruppo di lavoro composto principalmente da insegnanti di diversi ordini di scuole, ma non solo, provenienti da diverse regioni, si è incontrato su skype ogni settimana da novembre per coordinare il lavoro e scambiare le esperienze e continua ad incontrarsi per tirare le fila del lavoro svolto e progettare il futuro. Su questo link trovate una sintesi del lavoro svolto.
Equità e filiera corta
In alcune scuole superiori di Bergamo e Ravenna si sono svolti, in preparazione dei Sip, dei progetti che hanno coinvolto direttamente i ragazzi nell’organizzare acquisti di gruppo, proponendo loro un percorso di formazione sui temi e sulle pratiche di «altra economia», mettendo al centro la componente lavoro. In un istituto comprensivo di Ferentino, in provincia di Frosinone, ventisette classi di scuola materna ed elementare sono state coinvolte nel progetto, modulato naturalmente per i più piccoli, coltivando un proprio orto e cominciando a masticare concetti quale equità e filiera corta.
Dai Sip di quest’anno sono stati raccolti parte dei fondi necessari a realizzare alcuni corti animati di due minuti ciascuno che illustrino l’economia solidale ai più piccoli e che possano servire come strumenti per le insegnanti (vedi, http://sbarchinpiazza.ressud.org/materiali/arancia_parlante_comics_spiegazza%20(1).pdf). Il resto dei fondi necessari proverrà da una piccola quota sugli acquisti di agrumi nella prossima stagione.
L’idea sulla quale si lavora per il prossimo anno scolastico è di favorire l’ingresso dei progetti nei Pof (Piano dell’offerta formativa) delle singole scuole, per poi, immaginare un progetto nazionale da presentare al ministero per l’anno scolastico 2014/15. E’ da pochissimo in cantiere scuolesip.blogspot.it sul quale far confluire e confrontare tutti i progetti analoghi (per informazione è possibile scrivere a scuolesip@gmail.com).


bisogni educativi speciali e didattica inclusiva

fonte: GRIIS

BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI E DIDATTICA INCLUSIVA: alcune opportunità da cogliere

BESBISOGNI EDUCATIVI SPECIALI E DIDATTICA INCLUSIVA: alcune opportunità da cogliere
Dario Ianes
I recenti atti ministeriali sul tema alunni con BES e gestione dell’inclusione hanno prodotto un dibattito notevole nel nostro Paese, con posizioni molto diverse; in modo molto sintetico, ma spero chiaro, vorrei riassumere nei punti seguenti la mia posizione.
  1. Il concetto di “bisogno” ha anche delle connotazioni negative nella nostra lingua e credo che tale negatività condizioni troppo alcune posizioni critiche nei confronti del concetto di BES, ma questo effetto alone improprio va superato. Credo si dovrebbe considerare il concetto di bisogno non tanto come una mancanza, privazione o deficienza , in sé negativa, ma come una situazione di dipendenza (interdipendenza) della persona dai suoi ecosistemi, relazione che (se tutto va sufficientemente bene) porta alla persona che cresce alimenti positivi per il suo sviluppo. In altre parole, la persona cresce bene in apprendimenti e partecipazione se questa relazione porta risposte ed alimenti adeguati al suo sviluppo.
  2. Il bisogno educativo speciale non è diverso da uno normale, è divenuto tale quando la situazione di funzionamento bio psicosociale problematica della persona ha reso per lei difficile trovare una risposta adeguata ai suoi bisogni. Ad esempio, un bambino di 4 anni potrebbe trovare un carente alimento al suo bisogno di autonomia vivendo in un contesto familiare deprivante e problematico.
  3. Quando si parla di funzionamento della persona in un’ottica bio psicosociale ci si riferisce all’intreccio complesso e multidimensionale di ICF, dove giocano un ruolo fondamentale le interazioni tra condizioni fisiche, corpo, competenze personali, partecipazione sociale, contesti ambientali e contesti personali.
  4. Quando ci si riferisce alla “problematicità” del funzionamento, ritengo che la si debba valutare tale soltanto se in modo intersoggettivo possiamo definire che la persona, a causa di quel funzionamento particolare, subisce un danno, un ostacolo o viene stigmatizzata in modo da subire una perdita di opportunità e di libertà di sviluppo. Una particolarità della persona che porti disagio (certo non danno o simili) soltanto a chi la circonda e non alla persona stessa è una differenza che va tutelata e preservata e non va fatto alcun tentativo di cambiarla.
  5. Il concetto di BES non è clinico, ne tantomeno medico. Non lo si trova infatti in alcun sistema di classificazione delle patologie, tipo ICD 10 o DSM V.
  6. Il concetto di BES e’ politico, nella misura in cui stabilisce, come macro categoria, quali siano le situazioni che hanno diritto a forme di individualizzazione e personalizzazione nella scuola.
  7. L’estensione del diritto alla personalizzazione dei percorsi formativi e di valutazione anche ad alunni non compresi prima nella legge 104 e 170 e’ un positivo passo in avanti verso politiche scolastiche più eque ed inclusive. In questo modo molte situazioni di alunni che prima non erano riconosciuti e tutelati ora lo possono essere.
  8. Tale estensione del diritto alla personalizzazione e’ un altro passo avanti verso una scuola pienamente inclusiva (l’inclusive education), fatto nel solco della tradizione italiana dell’integrazione scolastica, che parte dalle situazioni di disabilità, poi estende le tutele agli alunni con DSA, e ora a quelli con altre condizioni di BES, oltre a quelle classiche delle due norme citate. E’ la via italiana all’inclusione, quella che passa da difficoltà a altra difficoltà, piuttosto che partire da un radicale cambiamento della scuola per tutti gli alunni con le loro varie differenze, come sostengono gli studiosi della corrente che va sotto il nome di Disabilities Studies. Credo che queste due vie stiano progressivamente convergendo, perché l’obiettivo e’ comune (una scuola inclusiva per il 100% degli alunni) e molto simili sono le considerazioni critiche e le proposte innovative. In ogni caso la tradizione italiana e’ questa e vogliamo valorizzarla.
  9. Il rischio di fenomeni di labeling e di micro esclusione e’ ovviamente sempre presente, ma non dipende certo dall’introduzione del concetto di BES. La scuola esclude anche senza etichetta, dipende da che orientamento prende. Fenomeni di micro esclusione sono all’ordine del giorno nelle nostre scuole e colpiscono ogni tipo di alunno, da quello con disabilità a quello straniero e gli insegnanti escludono per tanti e diversi motivi. Se un insegnante ha in classe alunni che gli creano qualche tipo di problema e non vuole, o non sa, attivare strategie efficaci per personalizzare la loro partecipazione e apprendimento tenderà ad escluderli, etichetta o meno. Il fatto che alcuni alunni saranno riconosciuti come alunni con BES non sarà uno scivolo per mandarli fuori perché la nostra scuola non prevede percorsi separati, fuori dalla classe, per gli alunni riconosciuti BES. Chi teme questo forse “sente” che nelle viscere delle nostre scuole cresce un desiderio di percorsi separati?
  10. Le recenti disposizioni ministeriali sostengono e valorizzano il ruolo pedagogico e didattico del team docenti e del consiglio di classe anche nel momento dell’individuazione dell’alunno come alunno con BES. Gli insegnanti, anche se non avranno in mano un pezzo di carta medico, o sociale, dovranno valutare pedagogicamente e didatticamente il funzionamento problematico dell’alunno, con la loro competenza professionale. Certo non in modo autarchico, ma collaborando ove possibile. Se qualcuno teme l’invasione della scuola da parte di orde di medici o psicologi che offriranno “individuazioni” di alunni BES e diffonderanno questa nuova “malattia” per un ovvio interesse di bottega, si tranquillizzi e cerchi invece di sviluppare la competenza valutativa pedagogica e didattica degli insegnanti, che in moltissimi casi c’è’, ma è sepolta da consuetudini di delega ai servizi sanitari. E poi non si tratta di fare diagnosi, ovviamente, ma di riconoscere una situazione di problematicità.
  11. Le recenti disposizioni ministeriali riconoscono agli insegnanti la possibilità di individuare l’alunno con BES sulla base di “ben fondate considerazioni pedagogiche e didattiche”: ottima cosa, da anni insistiamo sul fatto che la scuola deve riappropriarsi di un forte ruolo che le e’ proprio, lo sostenemmo fin dalle critiche all’Atto di indirizzo del 1994, che tagliava (e taglia) fuori la scuola dalla Diagnosi Funzionale, che invece deve essere pedagogica e didattica. Per me ben fondate significa fondate su un’antropologia ICF-OMS e sul concetto di problematicità centrato sulla persona.
  12. Problema della scarsa formazione di moltissimi insegnanti curricolari su questi temi: bene, cosa aspettano i sindacati a lanciare una campagna contrattuale per una formazione continua obbligatoria e per riformare la scandalosa carenza di questi temi nella formazione universitaria Gelmini per la secondaria?
  13. Problema del nuovo carico di lavoro richiesto dagli alunni con BES: certamente la professione di insegnante si è fatta sempre più complessa e perciò deve smettere di essere un lavoro di ripiego o di comodo, un lavoro per troppi anni bistrattato nel patto perverso del “lavori poco e ti pago poco”, deve diventare una vera e propria professione alta, con un percorso universitario che va dai 5 ai 6 anni, più uno per il sostegno, con un impegno pieno e stipendi adeguati. Su questo tema ci vuole coraggio vero da parte di tutti  e non sortite alla Profumo per un paio di ore in più…
  14. Il Piano Didattico Personalizzato (PDP) sarà fatto da tutti i docenti e non delegato al sostegno: ottima cosa, perché la responsabilità didattica e’ di tutti.
  15. I vari PDP della classe, accanto ad eventuali PEI e altri PDP per alunni con DSA, dovranno raccordarsi in una progettazione inclusiva della classe. In una didattica strutturalmente inclusiva: e questa e’ una sfida di altissimo livello, assolutamente strategica. Collegialmente gli insegnanti proveranno a definire alcuni elementi di Didattica Inclusiva che costruiranno la quotidianità delle attività formative, una quotidianità per tutti fatta in modo da accogliere le attività personalizzate. A questo livello si dovrà pensare all’adattamento dei materiali e dei testi, all’attivazione della risorsa compagni di classe (apprendimento cooperativo e tutoring), a varie forme di differenziazione, alla didattica laboratoriale, all’uso inclusivo delle tecnologie. Questa progettazione di classe e’ un valore aggiunto fondamentale alle varie individualizzazioni-personalizzazioni.
  16. Il Gruppo di Lavoro per l’inclusione può aggiungere  altro valore prezioso alle varie proposte di progettazione di classe con i vari PEI/PDP. E questa e’ la seconda sfida strategica da cogliere: il GLI si limiterà a raccogliere le varie progettazioni di classe, confezionarle con un bel fiocco descrittivo dei vari alunni, e inviarle al l’approvazione del Collegio dei docenti e all’iter di negoziazione delle risorse? Qui c’è’ invece l’opportunità di creare altro valore aggiunto elaborando nel Piano Annuale dell’Inclusione quelle strategie funzionali a livello di istituzione scolastica che ottimizzano e massimizzano le risorse presenti, come ad esempio un uso intelligente dell’orario, della formazione delle classi, delle sinergie con altre realtà territoriali, ecc.
  17. A qualcuno, in queste settimane, e’ sorto il timore che gli insegnanti di sostegno vengano utilizzati, in questa logica “funzionale”, anche per tutti gli altri alunni con BES, rendendo ancora più drammatica la situazione della coperta corta. Ma questo non è’ previsto ne’ consentito, si leggano i commenti di Nocera (FISH).
  18. Qualcuno addirittura pensa che con queste recenti disposizioni sugli alunni con BES si daranno insegnanti di sostegno soltanto agli alunni con disabilità gravi, alcuni hanno addirittura letto l’acronimo BES come bisogna eliminare il sostegno… Ma anche qui rimando agli articoli di Nocera su superando.it., in cui nega decisamente questa interpretazione catastrofista.
  19. Le recenti disposizioni insistono molto su un livello di intelligenza territoriale, il CTS, dove si dovrebbero comporre con ulteriore valore aggiunto, i vari PAI delle scuole in relazione alle varie fonti territoriali di risorse (USP, comuni, province, ASL, ecc). Questo e’ un punto ancora debole, per ovvi motivi strutturali, di possibilità di funzionamento, e di complessità del compito. Questo terzo livello di “intelligenza” auspicato, dopo quello del consiglio di classe e del GLI, chiede ulteriore elaborazione, ma ricordo che questa dimensione, interistituzionale e territoriale, anche in altre proposte o disposizioni mostrava evidenti debolezze (si veda la seconda parte dell’Intesa Stato Regioni del marzo 2008 e la proposta dei CRI del Rapporto Caritas,Trellle e Fondazione Agnelli del 2011)
  20. La numerosità delle classi, eccessiva spesso anche in presenza di uno o più alunni con disabilità, ostacolerà l’applicazione delle disposizioni sugli alunni con BES? Ma allora, cosa aspettano le associazioni dei familiari ad attivare una class  action nei confronti del MIUR per far rispettare il DPR 81 del 2009? Gli insegnanti le sosterranno?
  21. La macro categoria degli alunni con BES e’ gia’ stata introdotta dalla legge di riforma della scuola ( legge 5 del 2006, vedi www.vivoscuola.it) del Trentino, dove abbiamo, nella categoria degli alunni con BES, gli alunni con disabilità, quelli con DSA e quelli con altre e varie forme di svantaggio, problemi, ecc. Dunque quasi 7 anni fa e mi sembra ( anche attraverso due ricerche fatte come componente del Comitato di Valutazione della Scuola Trentina, si vedano i report su www.vivoscuola.it) che non sia accaduto nulla di quello che gli avversari delle recenti disposizioni ministeriali temono: stress da superlavoro degli insegnanti, etichettatura iatrogena di massa, medicalizzazione delle situazioni degli alunni, licenziamenti di insegnanti di sostegno, anzi.      (30 maggio 2013)

giovedì 13 giugno 2013

leggere ai bambini e pediatria

 

fonte: comuneinfo

Io pediatra dei piccoli concittadini

Una mamma romena ha cantato una canzone con la chitarra, un papà brasiliano ha illustrato una novella con le marionette, un carabiniere napoletano ha raccontato la favola della rana dalla bocca larga, una mamma egiziana ha ricordato quella notte nel deserto. Persone comuni, una volta al mese, si incontrano con i propri bambini dal loro pediatra-artista-ciclista un po’ bizzarro, Andrea Satta, per raccontarsi favole e costruire nuovi legami sociali. Accade in un ambulatorio della periferia di Roma, tra termosifoni verdi e lampadari rossi. Non lo dite a Grillo e Alemanno
di Andrea Satta*
immigrantchildren-e1347382406741L’Italia è troppo in mezzo al mondo e il tram della storia non fa fermate a richiesta, da noi. È esposta a tutti i venti e ogni sillaba sussurrata in una bocca chissà quanto lontana, ogni lacrima distratta, cade qui. Tutto da qui passa. È una responsabilità universale. E noi siamo piccoli uomini, con il nostro semplice lavoro, impigliati nelle auto, tra le lamiere delle tangenziali, i treni scalcinati, i giornali del passato, i phon, i pad e le vite parallele che avremmo voluto fare.
Abbiamo i soldi, avevamo i soldi, abbiamo il benessere, avevamo il benessere, abbiamo la prevenzione, avevamo la prevenzione, abbiamo i diritti, avevamo i diritti, abbiamo un modello sociale, avevamo un modello sociale. Molti sono tristi. La disperazione però, quella vera, abita altre strade, quella che non ha bisogno della psicanalisi, quella che non urge di interpretazione ha altri indirizzi. Vite di fango e di siccità, spari nel buio, immondizia, scuole assenti o lontane e una speranza perennemente affacciata ad un balcone sul Mediterraneo, con i fiori sull’altro lato del marciapiede.
Medico di base
Me lo hanno raccontato le mamme del mio ambulatorio, il loro mondo. Sì, perché, anche se vicino alla mia fotina c’è scritto «Andrea Satta musicista e scrittore», tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, io faccio il pediatra, il pediatra di base, nella periferia di Roma. E sono un fan della struttura pubblica. Il pediatra di base è una delle poche figure-presidio che attraversa la società trasversalmente. Nella maniera più democratica è aperta alla gente e non sceglie, ma si fa scegliere.
Si chiama «Pediatria di Libera scelta». Non è una parrocchia, non è la sede di un partito politico, può essere un luogo di incontro, è un valore immenso. Nel mio ambulatorio colorato, con quasi mille bambini, giocattoli e termosifoni verdi e gialli, porte rosa e celesti e lampadari rossi, sto facendo un esperimento. Una sera venne da me una mamma araba. Ultima della fila, mi disse: «Andrea, sono otto anni che sto in Italia e non sono riuscita a farmi neanche una nuova amica, le uniche persone che conosco sono le due ragazze del mio Paese, partite con me otto anni fa …».
Rimasi molto colpito e un po’ di senso di colpa si fece strada dentro di me, sarà perché, pur laico, ho una mamma supermanzoniana, ma nella testa quelle parole mi sono risuonate come un’accusa. Non potevo non affrontare la solitudine. Un pomeriggio che pioveva, dentro la mia macchina gialla che prendo raramente, perché amo i pedali, sulla tangenziale, in mezzo all’acqua a secchi di un settembre, mi venne l’idea. Semplice, quindi, migliore.
L’appuntamento del lunedì
sattaDa allora, una volta al mese, il lunedì, quattro mamme straniere e due mamme italiane vengono con i loro bambini a raccontare la favola con cui si addormentavano da piccole a casa loro, nella loro lingua e nell’italiano che conoscono. All’inizio, feci proprio il contrario di quello che come pediatra predico. Pur di attirare i piccoli, compravo patatine, Coca Cola, aranciata, e ogni genere di cibo poco consigliato. Temevo timidezza e diffidenza, ma le mamme mi hanno stracciato. Ho capito che poteva funzionare, quando sono comparsi i biscotti palestinesi, i cous cous, le frittate romene piene di cipolla, le schiacciate calabresi. E di lunedì, nel mio ambu, si fa festa, un incontro con le favole del mondo da quattro anni.
Il 40 per cento dei miei bambini ha la mamma o il papà che non è nato in Italia. Vengono da tutti e 5 i continenti, da 35 Paesi del mondo, ne ho pure uno della Nuova Zelanda. Manca l’Antartide, ma è disabitato … E non sono un’eccezione, queste sono le periferie. Eppure tutti qui sperano, lavorano, amano i loro figli, accettano le regole e soffrono di solitudine. Molte mamme mi hanno detto che ora si incontrano il pomeriggio con le altre e che la prima volta è successo in ambu. Si aiutano con i bambini, si parlano nei piccoli giardini. Avviene fra popoli diversi. Gli stranieri non sono solo stranieri nei confronti degli italiani, ma sono anche stranieri fra loro. Ragazze del Marocco hanno sposato uomini romeni e religioni, lingue e costumi convivono e io ne devo tenere conto nello svezzamento, nel pensiero della malattia e della guarigione, nel valore dell’ansia, nel ruolo della mia professione. Il senso dell’attesa non è certo uguale dappertutto e neppure quello del destino. Io, nel frattempo, imparo.
Ora ho prenotazioni per la «giornata delle favole» fino a settembre. Di tutto questo abbiamo fatto un libro, Ci sarà un volta, il cui incasso è devoluto ad Emergency, al fine di sostenere un ospedale pediatrico nella periferia di Khartoum, in Sudan. Mio compagno, come sempre, Sergio Staino che ha regalato al libro, alle mamme e ai bambini 23 tavole in china, meravigliose e ho potuto arricchire il libro, edito con amore dalla Infinito Edizioni, con le parole introduttive di Moni Ovadia e Dario Vergassola.
Un carabiniere napoletano ha raccontato la favola della rana dalla bocca larga, una mamma romena ha cantato una canzone con la chitarra, un papà brasiliano ha illustrato una novella con le marionette con cui si diletta da sempre, lasciando i bambini a bocca aperta. Una mamma egiziana ci ha raccontato di una notte nel deserto, una ragazza romena ci detto, una sera, che lei è stata tre mesi in un bosco vicino Sarajevo, a 17 anni, sotto le bombe, cercando di venire in Italia, dormendo con una trentina di sconosciuti e ora che ha sposato un ragazzo italiano e ha due bambine bellissime, è felice. Molti hanno attraversato il Mediterraneo sui barconi, e l’Adriatico sui gommoni e c’era chi voleva scaricare loro addosso i cannoni. Sono giovani, sono qui da anni, vogliono restare. Non è abbastanza per essere anche italiani? E se avessero diritto di vivere un po’ felici e un po’ contenti?

Il Governo Letta e l’edilizia scolastica (di Osvaldo Roman)

fonte: una crepa in comune

Il Governo Letta e l’edilizia scolastica (di Osvaldo Roman)

L’edilizia è ancora oggi un drammatico problema di sicurezza nelle scuole. Assumerla come priorità come ha fatto il Presidente Letta potrebbe significare, anche se non necessariamente nei primi 100 giorni, la realizzazione di interventi destinati non solo al risanamento delle scuole ma alla crescita del Paese.
Si può allo scopo ricordare che del famigerato miliardo, sbandierato da Berlusconi e poi “nascosto” da Tremonti, sono stati impegnati praticamente solo i 276 milioni destinati all’approntamento delle strutture scolastiche allestite o risanate nel territorio devastato dal terremoto dell’Abruzzo. Altri 120 milioni, derivanti in parte da ulteriori interventi (60 milioni) della legge di stabilità 2012, sono stati destinati per le esigenze derivanti dal terremoto dell’Emilia Romagna. E’ incredibile ma vero tutto il resto dello stanziamento non è stato finora utilizzato!
Con i Fondi strutturali europei (FSE, FESR) e con il Piano di Azione e Coesione (PAC) avviato nel 2011 il Miur ha finanziato interventi per gli ambienti scolastici nelle Regioni della Convergenza.
Gli impegni effettuati a partire dal 2010 con il relativo PON, pari a circa 220 mln, saranno completati finanziariamente solo nel 2015. Quelli previsti nel PAC (422,5 milioni di euro) superano la dotazione dell’Azione pari a 383,9 milioni di euro per la realizzazione di opere di ristrutturazione e riqualificazione degli ambienti scolastici volti a migliorare l’efficientamento energetico, la messa in sicurezza e l’accessibilità degli edifici.

Le risorse per quanto riguarda l’edilizia scolastica sono attualmente in sostanza quelle richiamate alla lettera a) del comma 4 dell’art. 11 della legge 221/12 e sono rappresentate, come specifica la Tavola 3.2 dell’allegato VI al DPF 2013-Doc. LVII n.1 da:
• 203,4 mln che vanno a integrare o a sostituire quei 358,422 mln già stanziati dalla delibera CIPE n.32/2010 successivamente ridotti dalla Delibera CIPE n. 6 del 20 gennaio 2012;
• 259,0 mln la cui progettazione ,stando al suddetto DEF,è ancora in corso!
Poiché l’edilizia scolastica è una priorità del governo Letta si riparta dunque da questi dati per i quali si dovrà prevedere una tempestiva erogazione e un adeguato incremento.

La recente Direttiva per i 38 mln per il Fondo immobiliare

Mentre si attendono ancora i piani si cui all’art.53 e quelli di cui all’art 11 comma 4 della legge 221/12 il MIUR ha emanato il 26 marzo 2013 una Direttiva per l’edilizia scolastica che prevede l’impiego di 38 milioni di euro per interventi nelle scuole statali attraverso il fondo immobiliare.
Si tratta di 38 milioni di euro da destinare alla rigenerazione del patrimonio immobiliare e alla costruzione di nuove scuole attraverso lo strumento del fondo immobiliare.
Il fondo immobiliare, da costituire attraverso una Società di Gestione del Risparmio appositamente individuata dall'Ente locale/Regione tramite procedure ad evidenza pubblica, è uno strumento finanziario destinato a realizzare le nuove strutture grazie alla valorizzazione degli immobili obsoleti, conferiti dall'Ente locale/Regione, e ad ogni ulteriore eventuale cofinanziamento.
Per accedere ai contributi gli Enti locali/Regioni hanno dovuto presentare una richiesta, specificando l'importo del contributo richiesto ed inviando il modello di protocollo di intesa, nel quale dovevano essere espressamente indicati gli interventi da realizzare ed il relativo costo totale. Gli Enti locali e le Regioni che hanno diritto al contributo, avrebbero dovuto successivamente sottoscrivere formalmente con il MIUR il Protocollo di Intesa.

E’ utile al riguardo richiamare la più recente normativa in materia perché una gran parte delle disposizioni in essa previste risultano ancora inattuate.
Innanzitutto occorre richiamare il contenuto dell’articolo 53 del DL 9/2/2012 n. 5 convertito nella legge 4 aprile 2012 n.35 (legge sulle semplificazioni):
il comma 1 disponeva, - al fine di garantire su tutto il territorio nazionale l’ammodernamento e la razionalizzazione del patrimonio immobiliare scolastico, anche in modo da conseguire una riduzione strutturale delle spese correnti di funzionamento- l’approvazione da parte del CIPE di un Piano nazionale di edilizia scolastica.
Lo stesso comma disciplinava il procedimento di approvazione del piano stabilendo che essa sarebbe dovuta avvenire:
su proposta dei Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca, e delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza unificata;
entro 90 giorni dall’entrata in vigore del suddetto decreto (il comma in esame prevedeva che la proposta di Piano fosse trasmessa alla Conferenza unificata entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto e che il Piano fosse poi approvato entro i successivi 60 giorni).
Al comma 1 bis era prevista la verifica dello stato di attuazione degli interventi ela ricognizione sullo stato di utilizzazione della risorse già stanziate.
Il comma 2 specificava in dettaglio gli interventi da realizzare attraverso il Piano, nonché i criteri da seguire e gli strumenti da utilizzare per la loro realizzazione. Veniva infatti statuito che il Piano avrebbe dovuto avere ad oggetto la realizzazione di interventi:
di ammodernamento e recupero del patrimonio scolastico esistente, anche ai fini della messa in sicurezza degli edifici;
di costruzione e completamento di nuovi edifici scolastici.

Lo stesso comma elencava i criteri generali che avrebbero dovuto guidare l’attuazione del Piano; veniva infatti previsto che gli interventi citati dovranno essere realizzati:
in un’ottica di razionalizzazione e contenimento delle spese correnti di funzionamento;
nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti;
favorendo il coinvolgimento di capitali pubblici e privati.

Tra gli interventi strumentali alla realizzazione del Piano, si ricordavano, come utilizzabili:
a) la ricognizione del patrimonio immobiliare pubblico, costituito da aree ed edifici non più utilizzati, da destinare agli interventi previsti dall’articolo in commento, sulla base di accordi tra il MIUR, l’Agenzia del demanio, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero della difesa in caso di aree ed edifici non più utilizzati a fini militari, le regioni e gli enti locali;
b) la costituzione di uno o più fondi immobiliari destinati alla valorizzazione e razionalizzazione del patrimonio immobiliare scolastico ovvero alla promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi, articolati anche in un sistema integrato nazionale e locale, per l’acquisizione e la realizzazione di immobili per l’edilizia scolastica;
c) la messa a disposizione di beni immobili di proprietà pubblica a uso scolastico suscettibili di valorizzazione e dismissione in favore di soggetti pubblici o privati, mediante permuta, anche parziale, con immobili già esistenti o da edificare e da destinare a nuove scuole;
d) le modalità di compartecipazione facoltativa degli enti locali.
d-bis) la promozione di contratti di partenariato pubblico privato come definiti dal codice civile.
Il comma 3 prevedeva che, in coerenza con le indicazioni contenute nel Piano, i Ministeri dell’istruzione, dell’università e della ricerca, delle infrastrutture e dell’ambiente promuovano congiuntamente la stipulazione di appositi accordi di programma, approvati con decreto dei relativi Ministri, al fine di:
concentrare gli interventi sulle esigenze dei singoli contesti territoriali;
promuovere e valorizzare la partecipazione di soggetti pubblici e privati per sviluppare utili sinergie.

Il comma 4 prevedeva che nella delibera CIPE di approvazione del Piano fossero disciplinati modalità e termini per la verifica periodica delle fasi di realizzazione del Piano, in base al cronoprogramma approvato e alle esigenze finanziarie.
Tale verifica, in base al medesimo comma, avrebbe dovuto consentire, in caso di scostamenti, di destinare le risorse finanziarie pubbliche a modalità di attuazione più efficienti.

Il comma 5 individuava i seguenti interventi urgenti da attuare nelle more della definizione e approvazione del Piano, al fine di assicurare il tempestivo avvio di interventi prioritari e immediatamente realizzabili di edilizia scolastica coerenti con gli obiettivi di cui ai commi 1 e 2:
approvazione, da parte del CIPE (su proposta dei Ministri dell’istruzione e delle infrastrutture, sentita la Conferenza unificata), di un Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici, anche favorendo interventi diretti al risparmio energetico e all’eliminazione delle locazioni a carattere oneroso, nell’ambito delle risorse assegnate al Ministero dell’istruzione dall’art. 33, comma 8, della L. 183/2011 e pari a 100 milioni di euro per l’anno 2012.
applicazione anche nel triennio 2012-2014 delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 626, della L. 296/2006 (finanziaria 2007), con estensione dell’ambito di applicazione alle scuole primarie e dell’infanzia, subordinatamente al rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica.
Il comma 6, al fine di semplificare le procedure relative alle operazioni presenti nell’articolo, disciplina l’acquisizione e la cessazione del vincolo di destinazione a uso scolastico. Viene infatti previsto che tale vincolo:
sia acquisito automaticamente per i nuovi edifici con il collaudo dell’opera;
cessi per gli edifici scolastici oggetto di permuta con l’effettivo trasferimento delle attività scolastiche presso la nuova sede.

Il comma 7 prevedeva l’emanazione di un decreto interministeriale recante le norme tecniche-quadro, contenenti gli indici minimi e massimi di funzionalità urbanistica, edilizia (anche con riferimento alle tecnologie in materia di efficienza e risparmio energetici e produzione da fonti energetiche rinnovabili) e didattica indispensabili a garantire indirizzi progettuali di riferimento adeguati e omogenei sul territorio nazionale.
Lo stesso comma precisava che l’adozione di tale nuova normativa tecnica dovrà essere finalizzata ad adeguare la normativa tecnica vigente agli standard europei e alle più moderne concezioni di realizzazione e impiego degli edifici scolastici, perseguendo altresì, ove possibile, soluzioni protese al contenimento dei costi.
Relativamente alle modalità di adozione del decreto, il comma precisava che esso avrebbe dovuto essere emanato, di concerto dai Ministri dell’istruzione dell’università e della ricerca, delle infrastrutture e dell’ambiente, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, sentita la Conferenza unificata.

Il comma 8 disponeva che all’attuazione dell’articolo si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Il comma 9 prevedeva
• l’adozione, entro 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto, di misure di gestione, conduzione e manutenzione degli immobili finalizzate al contenimento dei consumi di energia e alla migliore efficienza degli usi finali della stessa, da parte di:
-enti proprietari di edifici adibiti a istituzioni scolastiche;
-università; enti di ricerca vigilati dal MIUR
Il comma prevedeva altresì che l’adozione delle misure indicate:
• dovrà avvenire secondo linee guida ministeriali, predisposte dal MIUR, di concerto con i Ministeri dell’ambiente, dello sviluppo economico e delle infrastrutture, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto;
• potrà avvenire anche attraverso il ricorso, in deroga all’art. 12 del D.L. 98/2011, ai contratti di servizio energia di cui al D.P.R. 412/1993 e al D.Lgs. 115/2008.

Tutte le previsioni di cui al suddetto articolo 53 risultano ad oggi inattuate con l’eccezione dell’adozione delle norme tecniche quadro di cui al comma 7 a cui ha fatto seguito la Direttiva del MIUR riguardante l’impiego di 38 mln per il sostegno dei fondi immobiliari.

Sul tema dell’edilizia scolastica è successivamente intervenuto l’art. 11, commi dal 4 al 4-octies, del D.L. n. 179/2012 convertito con modificazioni dalla L. n. 221/2012.
Di conseguenza la lettera a) del comma 2 dell'articolo 53 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, risulta modificata come segue:
«a) Il Ministero dell'istruzione, università e ricerca, le regioni e i competenti enti locali, al fine di garantire edifici scolastici sicuri, sostenibili e accoglienti, avviano tempestivamente iniziative di rigenerazione integrata del patrimonio immobiliare scolastico, anche attraverso la realizzazione di nuovi complessi scolastici, e promuovono, d'intesa, con il Ministero dell'economia e delle finanze, iniziative finalizzate, tra l'altro, alla costituzione di società, consorzi o fondi immobiliari, anche ai sensi degli articoli 33 e 33-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. I predetti strumenti societari o finanziari possono essere oggetto di conferimento o di apporto da parte delle amministrazioni proprietarie di immobili destinati ad uso scolastico e di immobili complementari ai progetti di rigenerazione, in coerenza con le destinazioni individuate negli strumenti urbanistici. Per le finalità di cui al presente comma, sono utilizzate le risorse di cui all'articolo 33, comma 8, della legge 12 novembre 2011, n. 183, nonché le risorse a valere sui fondi di cui all'articolo 33, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183, già destinate con delibera CIPE n. 6/2012 del 20 gennaio 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2012, alla costruzione di nuove scuole. Per favorire il contenimento dei consumi energetici del patrimonio scolastico e, ove possibile, la contestuale messa a norma dello stesso, gli enti locali, proprietari di immobili scolastici, possono ricorrere, ai fini del contenimento della spesa pubblica, ai contratti di servizio energia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e successive modificazioni, da stipulare senza oneri a carico dell'ente locale in conformità alle previsioni di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, anche nelle forme previste dall'articolo 3, comma 15-ter, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;».

Altre integrazioni apportate dal suddetto art.11 alla normativa stabilita dall’ art 53 sono le seguenti:
4-bis. Per consentire il regolare svolgimento del servizio scolastico in ambienti adeguati e sicuri, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca con proprio decreto, d'intesa con la Conferenza unificata, definisce le priorità strategiche, le modalità e i termini per la predisposizione e per l'approvazione di appositi piani triennali, articolati in singole annualità, di interventi di edilizia scolastica, nonché i relativi finanziamenti.
4-ter. Per l'inserimento in tali piani, gli enti locali proprietari degli immobili adibiti all'uso scolastico presentano, secondo quanto indicato nel decreto di cui al comma 4-bis, domanda alle regioni territorialmente competenti.
4-quater. Ciascuna regione e provincia autonoma, valutata la corrispondenza con le disposizioni indicate nel decreto di cui al comma 4-bis e tenuto conto della programmazione dell'offerta formativa, approva e trasmette al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il proprio piano, formulato sulla base delle richieste pervenute. La mancata trasmissione dei piani regionali nei termini indicati nel decreto medesimo comporta la decadenza dai finanziamenti assegnabili nel triennio di riferimento.
4-quinquies. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, verificati i piani trasmessi dalle regioni e dalle province autonome, in assenza di osservazioni da formulare li approva e ne dà loro comunicazione ai fini della relativa pubblicazione, nei successivi trenta giorni, nei rispettivi Bollettini ufficiali.
4-sexies. Per le finalità di cui ai commi da 4-bis a 4-quinquies, a decorrere dall'esercizio finanziario 2013 è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il Fondo unico per l'edilizia scolastica, nel quale confluiscono tutte le risorse iscritte nel bilancio dello Stato comunque destinate a finanziare interventi di edilizia scolastica.
4-septies. Nell'assegnazione delle risorse si tiene conto della capacità di spesa dimostrata dagli enti locali in ragione della tempestività, dell'efficienza e dell'esaustività dell'utilizzo delle risorse loro conferite nell'annualità precedente, con l'attribuzione, a livello regionale, di una quota aggiuntiva non superiore al 20 per cento di quanto sarebbe ordinariamente spettato in sede di riparto.
4-octies. Per gli edifici scolastici di nuova edificazione gli enti locali responsabili dell'edilizia scolastica provvedono ad includere l'infrastruttura di rete internet tra le opere edilizie necessarie.
4-novies. All'articolo 15, comma 3, lettera c), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo le parole: «dell'intera dotazione libraria» è inserita la seguente: «necessaria».

Non ha finora, fra l’altro, trovato alcuna attuazione quanto previsto al comma 4-sexies, circa l'istituzione nello stato di previsione del MIUR del Fondo unico per l'edilizia scolastica, nel quale confluiscano tutte le risorse iscritte nel bilancio dello Stato comunque destinate a finanziare interventi di edilizia scolastica, incluse quelle di cui al FSC.
In relazione a tale previsione l’Allegato VI al DEF 2013 segnala che é in corso l'istruttoria per definire il perimetro delle assegnazioni del Fondo Sviluppo e Coesione -FSC -(ex FAS) interessate e, soprattutto, le modalità per l'utilizzo delle risorse stesse che confluiranno nel Fondo suddetto in coerenza con le regole che le caratterizzano.
Se non altro per una questione di correttezza legislativa é inoltre necessario rivedere la formulazione dell’art.11 del DL n.179 convertito nella legge n. 221/2012 là dove, al comma 4, si interviene solo sulla lettera a) del comma 2 dell’art. 53 della legge n .35/2012 e non sulle rimanenti parti [b),c) d) e d-bis)] del medesimo articolo pure investite dalle modifiche apportate. Così pure sarà necessario coordinare le modifiche, apportate al comma 2, lett. a) dell’art 53 predetto, con le disposizioni recate dal comma 5 lettera a) del medesimo art. 53.

In questi giorni il nuovo ministro Maria Grazia Carrozza ha accennato alla centralità che dovrà assumere un intervento del Governo in questo settore.
Le condizioni per un serio avvio del progetto sono dunque già sul tappeto e dovranno essere correttamente utilizzate a partire da:
• una piena utilizzazione delle risorse del FSC non ancora programmate e un loro graduale incremento;
• l’utilizzo dei Fondi immobiliari;
• la rimozione del patto di stabilità per le spese che riguardano l’edilizia e la sicurezza delle scuole.


(Osvaldo Roman, pubblicato il 19 maggio 2013 su faceworker.it - il documento in pdf: clicca qui]