mercoledì 10 settembre 2014

una visione aziendalistica della scuola (analisi delle proposte del governo renzi)

fonte: tecnica della scuola



Una visione aziendalistica della scuola
La complessità e ridondanza di proposte contenute nel piano scuola del governo Renzi rende necessario decifrare la sua visione ideologica  di fondo. Questa è ben esemplificata nei seguenti punti :
1) “Le risorse pubbli­che non saranno mai sufficienti a colmare le esigenze di investimenti nella nostra scuola.”
2) con scuole pubbliche si intende “Scuole pubbliche statali e paritarie.”
3) “Gli istituti di istruzione superiore, e di istruzione e formazione professio­nale possono commercializzare beni o servizi prodotti o svolgere attività di “impresa Formativa Strumentale”, utilizzando i ricavi per investimen­ti sull’attività didattica.”
4) “Anzitutto per le scuole deve essere facile, facilissimo ricevere risorse. La costituzio­ne in una Fondazione, o in un ente con autonomia patrimo­niale, per la gestione di risorse provenienti dall’esterno, deve essere priva di appesantimenti burocratici.”
4) E’ previsto “un bonus fiscale per un portafoglio di investimenti privati (da parte di cittadini, associazioni, fondazioni, im­prese) nella scuola.”
5) E’ prevista la “collaborazione con il ter­zo settore e con le imprese.”
6) E pure il “Servizio civile per la Buona Scuola”
Con questa impostazione la scuola prima di tutto si viene meno all’obbligo costituzionale di garantire a tutti giovani la scuola statale laica e pluralista a garanzia dell’uguaglianza delle opportunità, finanziata con i fondi della fiscalità generale.
Le Istituzioni scolastiche diventerebbero aziende che devono reperire fondi sul mercato vendendo prodotti o servizi attraverso la costituzione di fondazioni in collaborazione con imprese e privati.
In tal modo scuola statale e scuola privata verranno messe definitivamente sullo stesso piano e, oltre a ulteriori finanziamenti alle private erogati in quanto anch’esse sottoposte alla valutazione “Servirà la­vorare per dare alle scuole pari­tarie (valutate positivamente) maggiore certezza sulle risorse loro destinate, nonché garanzia di procedure semplificate per la loro assegnazione.” verrà introdotta anche  la detassazione delle spese per le rette di frequenza alle scuole.
Non a caso in tutto il piano non si parla mai di interventi sulla scuola dell’infanzia, che evidentemente, come si evince dal DDL 1260, prima firmataria Puglisi,  in corso di approvazione al Senato, è estromessa dal sistema scolastico e inserita in un sistema integrato 0-6 che la relega al ruolo di servizio a domanda e quindi a pagamento. 
Il dirigente potrà  utilizzare personale volontario controllato da associazioni esterne per attività integrative varie. Ad esempio studenti universitari che sono obbligati a svolgere periodi di stage.
I terzo settore entra trionfalmente nelle scuole come già avvenuto negli ospedali.
In questa ottica anche “Introdurre l’obbligo dell’Alternanza Scuola-Lavoro (ASL) negli ultimi tre anni degli Istituti Tecnici ed estenderlo di un anno nei Professionali, pre­vedendo che il monte ore dei percorsi sia di almeno 200 ore l’anno.”  favorirà un’impostazione più aziendalistica che formativa.
Non a caso si prevede di “Diffondere attraverso protocolli ad hoc il programma sperimentale di ap­prendistato negli ultimi due anni della scuola superiore, lanciato nel 2014 in attuazione dell’articolo 8bis del d.l. 104/2013.”
Il tutto condito da amenità come l’inserimento dell’economia fra le materie obbligatorie nelle scuole superiori per sopperire a quello che viene chiamato “analfabetismo finanziario” cioè alla “comprensione dei meccanismi economici e finan­ziari”.
La riproposizione della’informatica e dell’inglese fin dalle elementari unita alla impostazione aziendalistica riconduce con chiarezza al’impostazione delle famose tre i del governo Berlusconi:  impresa, internet, inglese e a quella della Legge Aprea.

Bruno Moretto, Comitato bolognese Scuola e Costituzione




Dalla scuola della Repubblica alla scuola di Renzi.
Dopo tanti annunci di provvedimenti epocali per la scuola Renzi  ha pubblicato un annuncio di 136 pagine proponendo da una parte l’immissione in ruolo di 150.000 “precari” (che in gran parte lui ed i suoi predecessori avrebbero dovuto già assumere per effetto della Finanziaria del 2007! )ed un’accentuazione  dell’aziendalizzazione della scuola pubblica (che per Renzi è comprensiva delle scuole statali e private,) rafforzando i poteri del dirigente manager che addirittura “saranno messi in condizione di determinare più efficacemente le dinamiche interne alla scuola, incluse le scelte educative (ed il collegio dei docenti a cosa serve?) ed istituzionalizzando il principio meritocratico con conseguente limitazione della libertà di insegnamento
In sostanza una proposta nel metodo e nel merito demagogica, ma soprattutto un attacco alla professionalità ed alla dignità del personale docente che, pur mal pagato e pur a fronte di un costante malgoverno da parte di tutti i Governi succedutesi nel tempo,  ha retto in questi anni la scuola statale.
Ma l’aspetto forse  più inquietante è il metodo (peraltro ormai consolidato e coerente con la sua vocazione autoritaria) con cui Renzi ha presentato il suo progetto di riformare la scuola.
La Costituzione recita all’art. 33: “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione”; ora apprendiamo che la Repubblica è Renzi che propone un patto per la scuola al popolo italiano  e solo  dopo il Parlamento sarà chiamato a ratificarlo formalmente
In Parlamento però rispetto alla ampia, ma fumosa  proposta di Renzi,  sono in attesa di essere discusse proposte concrete e puntuali; a fine luglio un gruppo di Senatori ha presentato un disegno di legge, che ripropone una legge di iniziativa popolare, sottoscritta da oltre 100 mila elettori.
Renzi ritiene opportuno  far precedere alla discussione parlamentare  l’opinione in merito di tutti coloro che sono interessati alla scuola ed in primo luogo del mondo della scuola?
Può essere una forma di percorso legislativo partecipato che però deve essere trasparente  e certo nella sua gestione e nei suoi esiti.
I parlamentari che hanno sottoscritto la LIP e i 100 mila elettori che a suo tempo l’hanno sottoscritto hanno diritto, al pari  e più di Renzi, di confrontarsi con il mondo della scuola, ma soprattutto se è opportuno un largo coinvolgimento nella discussione della riforma della scuola, una tale discussione non può essere una prerogativa esclusiva del Capo del Governo,  ma deve anzitutto impegnare il Parlamento che è, ancora in qualche modo, l’organo rappresentativo della Repubblica e come tale il titolare del processo di riforma, ma  soprattutto è l’unico organo che possa garantire un dibattito vero, scongiurando  che il dibattito si traduca  in una organizzazione del consenso ( Corrado Mauceri – Comitato “per la scuola della Repubblica – Firenze )
 

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