lunedì 30 settembre 2013

IDEE E PERCORSI PER I BAMBINI ALLA SCOPERTA DELLE CITTà D'ARTE ITALIANE

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LA DISCRIMINAZIONE DEGLI ALUNNI DISABILI

FONTE: COORD. DON ORIONE

la discriminazione degli alunni disabili (di. g. caliceti)

La contro-riforma Gelmini ha dimezzato le ore di lavoro degli insegnanti di sostegno ai bambini diversamente abili. Una grave lesione del diritto. Ma ora le mamme di questi bambini protestano, si organizzano su Facebook (un migliaio in pochi giorni) e chiedono di essere ascoltate.
Un giorno, durante una mensa scolastica, una mia alunna di 9 anni mi ha detto una frase che non scorderò mai. Parole testuali: «Sai, maestro, prima di essere in questa classe con Matteo - un compagno disabile seguito per 24 ore su 40 certificate dall'Asl - a me, quei bambini come lui, facevano un po' paura. E anche un po' schifo. Perché non li conoscevo. Invece adesso ho capito che sono bambini come noi e capiscono, si emozionano, ci puoi parlare... Non mi fanno più schifo, ma tenerezza. Non mi fanno più paura».
Basterebbero queste parole per giustificare, se mai ce ne fosse bisogno, la presenza dei bambini diversamente abili nelle classi dei nostri figli. Un valore aggiunto non solo per loro, ma per i nostri figli. Ma si potrebbe anche parlare della loro inclusione come una delle qualità maggiori della nostra scuola pubblica che, fino al 2008, era studiata in tutto il mondo: perché rappresentava non solo una conquista di civiltà, ma anche, nell'ampio periodo, un risparmio economico. Oppure basterebbe ascoltare le parole di un esperto internazionale del problema come il professor Canevaro, fino al 2008 consulente del ministero all'Istruzione, che in quell'anno, per protesta, diede le sue dimissioni motivandole in modo ineccepibile senza che nessun media ne parlasse. Peccato che dal 2008, con i tagli fortissimi ai docenti di sostegno, oggi a scuola si rischi di promuovere il razzismo tra i genitori. Invece della solidarietà a chi ha più difficoltà e meno opportunità iniziali. Perché questi alunni spesso ricadono sui docenti di classe già tartassati. Perché in tanti dicono che con loro in classe si rallenta il famoso programma. Perché nessun docente, purtroppo, possiede ancora il donno dell'ubiquità. E così i bambini diversamente abili smettono di essere bambini e, improvvisamente, diventano solo un problema.
Ci sono genitori-utenti/clienti della scuola-azienda che chiedono o pretendono, nella scuola pubblica, che nella classe dei loro figli «quelli lì» non siano presenti. Per quanto riguarda le scuole private il problema non si pone: non sono quasi mai ammessi. Farebbero crollare il bilancio. Perché costano circa venti/trenta volte un bambino «normale». Lo stipendio di un docente di sostegno equivale a quello di un insegnante unico che gestisce 25/28 alunni «normali». Si arriva così, quasi senza accorgersene, all'istigazione alla discriminazione. E' una delle conseguenze più aberranti e incivili della controriforma scolastica Gelmini. E' una vergogna nazionale di cui tutti tacciono. Adesso le mamme di questi bambini protestano. Si attiva una rivolta. Si organizzano insieme. Su Facebook. Sono diventate un migliaio in pochi giorni. Hanno figli in età scolastica, ma a scuola non ricevono l'aiuto che dovrebbe avere. Almeno stando all'articolo 3 della Costituzione. Si sono rivolte a un giudice.
Per intentare una causa al tribunale civile. Collettiva. Per discriminazione. Nonostante il governo Letta, alcuni giorni fa, abbia annunciato l'immissione in ruolo di oltre 26mila insegnanti di sostegno in tre anni. Troppo pochi. Non bastano. Non vogliono le briciole, per i loro figli. Non vogliono risolvere la soluzione solo per il proprio figlio, ma per i figli di tutte. Negli ultimi 8 anni, secondo la Fish, la più grande associazione in difesa dei disabili, ci sono state almeno 20mila cause intentate da genitori con figli disabili a cui i Tar (i Tribunali amministrativi regionali) hanno dato ragione e torto al ministero dell'Istruzione. Senza docenti di ruolo non è che in classe l'insegnante di sostegno non c'è: ma si deve ricorrere ai supplenti, e si perde la continuità didattica che soprattutto per gli handicap psichici è molto pesante. E la presenza degli alunni con disabilità è in crescita. Sono circa 204mila nella scuola italiana, il 4% del totale, secondo i dati della Fish. Seimila alunni l'anno in più nell'ultimo decennio, ha calcolato l'Istat. Più della metà, 81mila, frequentano la scuola primaria, altri 63 mila studiano nelle scuole medie. Il ritardo mentale, i disturbi del linguaggio, quelli dell'apprendimento e dell'attenzione sono i problemi più frequenti. Uno su 5 (il 19,8%) ha un handicap abbastanza grave e ha bisogno di essere aiutato nel mangiare, o per spostarsi e andare in bagno. Il 7,8% non riesce a fare nessuna di queste tre cose. Alunni che richiedono un'assistenza costante. E la scuola sfigurata dai tagli al bilancio non riesce più e a darla. Con il taglio della spesa pubblica si è ridotto il numero delle ore di sostegno e dalle 22 settimanali previste se si arriva a 11 è già tanto. E quando non c'è il docente di sostegno il bambino viene lasciato in solitudine nella classe. Perso. Seguito a fatica dagli insegnanti di «posto comune» che non hanno una preparazione specifica. E gli insegnanti di sostegno, con gli spezzoni di ore sono spesso costretti a dividersi in scuole diverse. Così corrono da una parte all'altra. Ma non è solo questione di insegnanti. Le amministrazioni locali faticano sempre più a sostenere la spesa. Si affidano a educatori di cooperative sociali senza preparazione e spesso sottopagati a 6 euro l'ora, meno di una babysitter. Ripetiamo: senza esperienze e senza una preparazione specifica. In alcuni casi anche i bidelli, anche loro sempre meno, finiscono per trovarsi ad aiutare nella gestione dei disabili, anche se è una pratica fuorilegge. Così capita spesso che i genitori devono riportare a casa il figlio disabile prima della fine delle lezioni per non lasciarli soli, visto che non è garantito loro il diritto allo studio e neppure un'assistenza adeguata.
(Giuseppe Caliceti, il manifesto, 13 settembre 2013)

COSA CI INSEGNA IL CASO DI COSTA VOLPINO

FONTE: SBILANCIAMOCI.INFO

Cosa ci insegna il caso di Costa Volpino

25/09/2013

Il caso dell'istituto dove alcuni bambini italiani sono stati stornati in altre scuole per evitare la presenza di alunni stranieri non deve evocare i fantasmi del razzismo. Ecco perchè
Il caso della scuola bergamasca di Costa Volpino – i 7 bambini italiani stornati in altre scuole perché in prima elementare sarebbero stati in compagnia di 14 coetanei stranieri – ha evocato ancora una volta i fantasmi del razzismo. Salvo solide prove contrarie, sono fantasmi che non scomoderei: almeno per quanto riguarda i genitori (ben diverso,ovviamente, per chi soffia sul fuoco). I quali genitori, del resto, dichiarano piuttosto il timore che, dovendo occuparsi dei “problemi” di tanti bambini stranieri, la scuola avrebbe inevitabilmente trascurato la “minoranza “ italiana. Le inquietudini suscitate nelle famiglie da classi o scuole con quote consistenti dei figli dell’immigrazione sono assai più diffuse di quanto non appaia sui media. Che, fra l’altro, spesso enfatizzano i singoli episodi più del dovuto. E però queste inquietudini bisognerebbe non demonizzarle e neppure snobbarle. Piuttosto prenderle per mano e farle diventare il filo conduttore di una seria discussione pubblica – e della scuola pubblica. Se evocare fantasmi, infatti, è per lo più controproducente, non serve granché neanche rispondere con formule ermetiche o supponenti che sanno lontano un miglio di retorica politica, e che non entrano nel merito.
Non è di grande utilità, per esempio, l’affermazione secondo cui la presenza nella scuola italiana di più di 800.000 studenti di origine straniera ( il 10% circa della scolarità, una buona metà nati in Italia, sempre di più anche nella scuola superiore) costituisce senza dubbio una “risorsa”. E chi non lo capisce, o è fuori o è contro. In questi giorni la formula è stata ripetuta da molti, ministra Carrozza compresa (che però ha richiamato le indagini che dimostrano che tutti apprendono meglio in classi e contesti socialmente e culturalmente non omogenei). Intendiamoci, l’intenzione è buona, ma non basta. Anche sorvolando sul fatto che il termine “risorsa”, di origine economico-aziendale, può essere fuorviante quando si parli di educazione, sono troppe le cose che restano implicite. Risorsa di che tipo, in che senso, per chi? E, soprattutto, a quali condizioni? Dopo vent’anni e più di esperienza, la nostra scuola migliore, se venisse ascoltata, potrebbe offrire approcci più densi e argomenti più concreti. A partire dalla riformulazione della domanda. Che vantaggi possono esserci dall’avere come compagni di scuola – di giochi, di sport, di musiche e cori, di avventure e progetti – bambini e ragazzi con provenienze, lingue, culture, religioni, esperienze e stili di vita diversi da ciò che, in verità con non poca approssimazione, si definisce tipicamente italiano? E come si fa ad impedire che i vantaggi, se davvero ci sono (e per tutti gli studenti), vengano rovesciati in svantaggi da condizioni avverse? Cosa si deve fare, insomma, non solo per evitare difficoltà agli studenti italiani ma per assicurare un’esperienza scolastica positiva per tutti ?
Gli argomenti cui si ricorre più di frequente sono tanti – dalla fisionomia ormai “strutturale “ dell’immigrazione nelle società europee alla necessità di lungimiranti politiche di integrazione; dall’andamento crescente dei nati in Italia, quindi italofoni fin dal nido e dalla materna, ai promettenti risultati scolastici, per esempio in matematica, di cui si comincia ad avere riscontro. Ma nelle discussioni dentro e fuori l’ambito scolastico troppo spesso mancano, chissà perché, gli argomenti che potrebbero aiutare di più i genitori italiani, e con loro chissà quanti altri, a vedere le cose anche da altri punti di vista.
Ne va richiamato almeno uno, che si discosta dai più consueti. Le mamme e i papà che oggi hanno paura dei “troppi” alunni di provenienza straniera sono, con tutta probabilità, gli stessi che di qui a poco si faranno in quattro perché i loro figli ricevano, attraverso le lingue straniere, i viaggi di studio e le vacanze all’estero, gli scambi tra scuole di diversi paesi , un’educazione il più possibile aperta al mondo. Erasmus, gli stages e il servizio civile in altre parti di Europa, gli studi in università non italiane, una maggiore presenza nelle nostre università di docenti, ricercatori, studenti di altri paesi, fanno parte delle aspettative di tantissime famiglie che alla scuola ci tengono. E che si rendono conto che per vivere nel mondo di oggi è sempre più importante saper guardare oltre il già noto, misurarsi con altre realtà, imparare più lingue, avere la disinvoltura e gli strumenti culturali che permettono di cogliere le opportunità anche professionali di un mondo sempre più grande e interconnesso. Già oggi, perfino per lavori che non richiedono altissimi livelli di qualificazione – nel turismo, nel commercio, nel marketing, in tanti comparti della produzione e dei servizi - la conoscenza di più lingue e una formazione “internazionale” sono ormai un must. Il fatto che nelle nostre scuole ci siano tanti studenti che vengono da altre parti del mondo può aiutare? Certo che sì. È un vantaggio, sui banchi di scuola, mischiare italiano e inglese con i compagni filippini e italiano e spagnolo con quelli sudamericani, e magari frequentare corsi comuni di cinese e di arabo. È un vantaggio imparare a conoscere, attraverso frequentazioni ed amicizie, quella Cina così lontana e inquietante. Si può diventare più curiosi e consapevoli imparando dalle facce e dai racconti perché ogni anno milioni di persone nel mondo vanno a vivere altrove; i problemi, le vicende, le caratteristiche di altri paesi; le difficoltà, le scommesse, i successi di chi arriva da lontano. L’allargarsi delle comunità, la capacità di includere e di farsi includere, gli incontri in cui interagiscono le analogie e le differenze - ma a sei anni a contare sono più le prime che le seconde - non corrodono le identità originarie, ma solo gli handicap del provincialismo. Se è così, se può essere così, le ragioni per guardare senza timori e perfino con favore a una convivenza plurale nelle scuole non risiedono tanto in principi che non tutti vivono come un proprio valore etico o politico; e non devono neppure essere figlie della rassegnazione a una situazione non modificabile. In ballo c’è piuttosto lo sviluppo di atteggiamenti, interessi e competenze essenziali per una migliore capacità di essere cittadini del mondo, e un domani per entrare nel lavoro con qualche marcia in più. Modernità, dunque, prima ancora che solidarietà. Vantaggi per tutti, prima ancora che l’universalismo astratto del diritto allo studio. Attraverso un obiettivo – quello dell’”intercultura” - che dovrebbe essere perseguito sempre di più, anche nelle scuole dove non ci sono alunni stranieri ( ma che è indubbiamente più facile costruire dove ci sono).
È però preoccupante che vent’anni di ricerca educativa e di esperienze di successo in tante nostre scuole non siano ancora in grado di rassicurare pienamente i genitori italiani (inquieti e critici su più aspetti della scuola italiana sono poi anche molti genitori stranieri, sebbene nessun organo di informazione se ne occupi). E neppure di garantire che ogni istituto scolastico sappia come evitare, oltre agli addensamenti anomali e potenzialmente ghettizzanti, che le difficoltà linguistiche o lo spaesamento dei ragazzi nati e parzialmente scolarizzati altrove - un fenomeno peraltro sempre più contenuto - producano difficoltà per tutti. Prima di tutto per gli stranieri stessi, oggi studenti, domani lavoratori e cittadini del nostro paese, che infatti continuano ad essere bocciati e ad abbandonare precocemente la scuola con percentuali anomale rispetto a quelle di altri paesi coinvolti come e più del nostro dal fenomeno migratorio.
Eppure a Milano, Prato, Reggio Emilia, Piacenza, Torino, Genova, Roma – soprattutto dove i nuovi studenti sono presenti in maniera massiccia - ci sono da tempo pratiche esperte e vincenti. Come può succedere che si riproducano casi in cui sembra di dover ripartire da zero ? In cui la scuola sembra incapace di mostrare alle famiglie e all’opinione pubblica la padronanza e i buoni risultati delle azioni e degli strumenti che servono? In questi giorni una mamma si è lamentata su un quotidiano perché la maestra le avrebbe detto che, a causa dei deficit linguistici dei compagni di classe di suo figlio, ha dovuto trascurare per mesi la matematica. Se la storia è vera, c’é da trasecolare. Fa parte infatti dell’abc dell’accoglienza e dell’alfabetizzazione linguistica dei non italofoni, la forte valorizzazione iniziale dei linguaggi “universali” – il disegno, l’informatica, le tecnologie, la musica e, appunto, la matematica – insieme ad appositi percorsi di formazione linguistica scolastici ed extrascolastici, proprio per sviluppare in fretta l’italiano che serve. Possibile che ci siano ancora situazioni in cui manca del tutto una cultura professionale e una capacità di innovazione organizzativa e didattica adeguata?
Sono forse casi estremi ma la realtà dell’integrazione scolastica italiana è indubbiamente ancora piena di buchi (come del resto quella dell’intervento per i disabili, delle nuove tecnologie, della formazione per il lavoro, e quant’altro). E di vistose differenze qualitative tra territori, comparti scolastici, istituti, sezioni e classi anche dentro lo stesso istituto. Una frammentazione insostenibile, che produce diffidenze e paure in famiglie sempre più ansiose rispetto ai risultati scolastici dei propri figli. Che si tratti di classi con tanti stranieri o con alunni con gravi disabilità, come nel caso recentissimo della fuga di genitori italiani da una classe in cui c’è un bambino autistico. Non si riesce a far capire che misurarsi con le altrui diversità – e fragilità – rende più intelligenti e più forti, e questo è forse un portato delle culture sociali prevalenti. Ma non si riesce neppure a “fare sistema” utilizzando le esperienze di eccellenza come bussola di un miglioramento complessivo, e neppure a intervenire con decisione quando le cose non vanno. È un problema di politiche scolastiche sbadate ed inefficaci, certamente, ma c’è dell’altro se tra le contrarietà al recente decreto sulla scuola, ce ne sono anche al punto in cui si prevedono interventi obbligatori di formazione degli insegnanti quando i risultati scolastici siano particolarmente problematici. Come se la formazione del personale fosse una sanzione...
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NEWS SUI "CONTRIBUTI VOLONTARI" DEI GENITORI

NEWS SUI "CONTRIBUTI VOLONTARI" DEI GENITORI


SENTENZA TAR LIGURIA MAGGIO 2013


N. 00758/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00727/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 727 del 2012, proposto da:
Raffaella Spagnesi, Linda Polleggioni, Maria Paola Rottino, Ilaria Coromines, Margherita Bonelli, Barbara Luzzi, Angela Rossi, Brunella Sanzo, Anna Maria Pirra, Nautica Ferracin, Elisabetta Agaccio, Marcella Valcelli, Cristina Ragonese, Giulia Soldano, Marco Nocetti, Maurizio Latella, Corrado Ramella, Silvia Alborno, Rosa Stancati, Fulvio Rombo, Sara Biancheri, Manuela Roggero, Gianluigi Cappelletti, Tiziana Debora Gangemi, Manuela Damante, Alessandra Caldani, Silvia Capraro, Monica Longhi, Doriana Olivieri, Valeria Leone, Giovanna Leone, Manuela Lanteri, Roberta Corbelli, Caterina Oliveri, Laura Avandro, Marianna La Spisa, Monika Strnadova, Cristina Sambuco, Marilisa Spadaro, Andrea Vergante, Cristina Nucci, Manuela Di Gangi, Mariaisabella Virgilio, Antonella Balbis, Lara Lorieri, Emanuela Bruno, Sonia Bonfatti, Anna Maria Ballestra, Antonio Serra, Anna Trionfo, Silvia Rosso, Loredana Attilia Campigotto, Fabio Castello, Vincenzo Filiberto, Angela Muratore, Francine Ernestine Conception Micheletti, Antonella Bignone, Silvia Sciovè, Carla Papalia Forgioni, Barbara Cadoni, Patrizia De Franceschi, Beatrice Giuseppa Strati, Anna Maria Stangoni, Claudia Minervini, Nadia Franco, Simona Napoli, Giovanna Ballestra, Maddalena Vernia, Monica Labriola, Linda Leone, Roberto Cossu, Barbara Cassini, Teodoro Panetta, Patrizia Fusco, Maura Pasini, Maria Gabriella Moraglia, Luigino Solamito, Maria Carmela Di Marco, Nadia Ferraldeschi, Giuseppe Malatino, Lia Maria Cassar, Mauro Fallanca, Mario Molinari, Nicoletta Maineri, Milena Michelutti, Maria Grazia Rabellino, Cristiana Stilli, Serena Castello, Chironi Annalisa, Francesco Maria Zucchi, Angelo Filippi, Rosina Battaglia, Silvana Rubino, Antonino Ioppolo, Gianna Molina, Valeria Ronca, Antonella Squillace, Franca Sacchetti, Miriana Semeria, Giuliana Lanteri, Paola Pozzati, Marzia Riccardi, Luciano Villa, Giuseppina Stabilito, Laura Ormea, Paola Tarabella, Maurizia Lanteri, Marina Musso, Marina Marchionni, Daniela De Simone, Gabriella Cerutti, Gianluca Moreno, Tanya Guglielmi, Emilia Pioppi, Anna Varini, Mauro D'Angelo, Manuela Tarabella, Luigi Esposito, Katiuscia Cesari, Alessandra Mori, Letizia Grabbi, Adriana Di Carlo, Yamiris Del Toro, Roberta Gazzano, Alessandra Lagorio, Giulia Viani, Antonietta Genari, Marcella Grossi, Rosanna Pansieri, Antonio Calvi, Vera Foresto, Brunella Gazzano, Patrizia Rossi, Lucia Lanfredi, Christine Martino, Paola Scopelliti, Monica Taddia, Cristiano Moreno, Renato Donati, Maria Bergonzo, Matteo Bavassano, Davide Accordino, Maria Caterina Gandolfo, Fulvia Amoretti, Giuseppe Lopez, Paola Bosio, Biagia Vermi, Patrizia Bassa, Valeria Ammirati, Sara Di Malta, Chiara Bernardi, Vincenzo Rollando, Vittorio Corio, Fulvio Moscatelli, Genevieve Alberti, Marisa Novaro, Claudia Giordano, Michelangelo Benza, Sabrina Tacconi, Silvia Zanchi, Laura Formichi, Nicoletta Marengo, Angela Rottino, Francesco Fontana, Debora Guidi, Alberto Piattelli, Vincenza De Caro, Lodovica Dagnino, Andrea Casellato, Fabrizio Righetti, Lucia Pappalardo, Anna Lanteri, Lucia Margheritti, Doris Barbero, Emanuela Valentino, Marco Boccone, Marco Canavese, Donatella Barilla, Patrizia Cucinotta, Daniela Adami, Dario Bellavista, Laura Comollo, Claudia Montissori, Patrizia Ferrando, Gianluigi Maria Gemma, Elisabetta D'Adda, Fiorenza Revelli, Flavio Giuseppe Giulio Ramello, Maria Mercede Tobia, Valentino Sabatini, Tina Giordano, Angela Viani, Carmelina Marullo, Evelina Carli, Carlo Ciancarelli, Maria Grazia Varapodio, rappresentati e difesi dagli avv. Roberto Carfagno, Riccardo Maoli, Glauco Stagnaro, con domicilio eletto presso Riccardo Maoli in Genova, via Corsica, 2;

contro

Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria, tutti rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Genova, v.le Brigate Partigiane 2;

per l’accertamento

dell’omessa erogazione di parte di somme stanziate in favore degli istituti scolastici della Provincia di Imperia e per la condanna, al fine di ripristinare il corretto espletamento del servizio scolastico pubblico, ad adottare, nel termine fissato ai sensi dell'art. 4, c. 1, del d. lgs n. 198/2009, gli atti ed i provvedimenti di rispettiva competenza necessari ad effettuare la suddetta erogazione


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 marzo 2013 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Nell’odierno giudizio, i ricorrenti (genitori, insegnanti e personale ATA degli istituti scolastici meglio elencati in atti della Provincia di Imperia) agiscono ai sensi dell’art. 1 del dlgs 198/2009 per ottenere la condanna delle Amministrazioni ministeriali centrali e periferiche all’adozione dei provvedimenti necessari alla compiuta erogazione delle provvidenze finanziarie previste nei bilanci scolastici.

Ricorre altresì l’Associazione “Facciamo Scuola Insieme” che è statutariamente preordinata a promuovere la collaborazione tra genitori, studenti ed insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, nonché di formulare proposte nei confronti delle Autorità scolastiche, amministrative e politiche per la crescita della quantità e qualità di investimenti pubblici e privati nel sistema dell’istruzione e formazione in Italia.

Premettono quanto segue:

- ai sensi dell’art. 21 della legge 59/1997 ed art. 1 del DPR n. 275/1999 le istituzioni scolastiche ed educative sono dotate di autonomia funzionale, garanzia di libertà d’insegnamento e pluralismo culturale, e provvedono alla definizione ed alla realizzazione dell’offerta formativa;

- l’offerta formativa è rivolta alla realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie ed alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti;

- i ricorrenti, nelle rispettive qualità, sono tutti titolari di un interesse qualificato al corretto e regolare ottimale svolgimento dell’attività scolastica, costituzionalmente tutelata dall’art. 34;

- l’interesse qualificato dei ricorrenti si sostanzia in quello ad ottenere che vengano effettivamente attuate tutte le iniziative di istruzione e formazione previste nei Piani dell’offerta formativa e della programmazione didattica dei singoli Istituti, con specifico riferimento alle attività e progetti didattici programmati, ai correlativi processi educativi, all’organizzazione di occasioni e spazi di incontro previsti, al raccordo tra il POF e la programmazione didattica, all’osservanza delle vigenti norme di sicurezza nell’ambito delle strutture scolastiche;

- la realizzazione dell’offerta formativa è supportata dalla dotazione finanziaria di cui gli Istituti dispongono, regolata dall’art. 21, comma 5 della l. n. 55/1997 che si suddivide in assegnazione ordinaria ed assegnazione perequativa, attribuita senza altro vincolo di destinazione se non quello dell’utilizzazione prioritaria per lo svolgimento delle attività formative e di istruzione, mentre la dotazione perequativa è costituita dalle disponibilità finanziarie residue sui capitoli di bilancio riferiti alle istituzioni scolastiche non assorbite dalla dotazione ordinaria;

- le entrate assegnate agli Istituti Scolastici ma non riscosse durante l’esercizio corrente costituiscono residui attivi (art. 2, comma 8, DM n. 44/2001), da ripartirsi secondo i criteri ed i parametri di cui al DM 1/3/2007, n. 21;

- i ricorrenti hanno esaminato i conti consuntivi relativi all’anno 2009 redatti dagli Istituti scolastici della Provincia di Imperia, riscontrando la sussistenza di ingenti somme che, assegnate dal MIUR, non sono state effettivamente erogate (tali somme sono analiticamente elencate in atti);

- a nulla è valsa la diffida espressa ex art. 3, comma 1, dlgs n. 198/2009 notificata al MIUR ed al Ministero dell’Economia e Finanze (MEF) in data 27/05/2011, volta a sollecitare l’ottenimento delle specifiche erogazioni dei residui attivi spettanti agli Istituti Scolastici;

Sulla base di tali premesse, i ricorrenti chiedono al TAR di accertare l’omessa erogazione ad opera del MIUR e del MEF di parte delle somme stanziate in favore degli Istituti scolastici della Provincia di Imperia elencati in atti, condannandoli a ripristinare il corretto espletamento del servizio scolastico pubblico, adottando nel termine da fissarsi ex art. 4 comma 1 del dlgs 198/2009, gli atti ed i provvedimenti di rispettiva competenza necessari ad effettuare l’erogazione delle somme già stanziate alla data del 2009, nonché adottando gli ulteriori atti e provvedimenti volti ad assicurare la tempestiva erogazione per gli anni successivi delle ulteriori somme da stanziarsi.

Si sono costituiti sia il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sia il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che resistono al ricorso di cui chiedono il rigetto.

Le parti hanno scambiato memorie e documenti.

In particolare, con deposito del 25 gennaio 2013, l’Avvocatura ha prodotto la circolare prot. 64422 del 23 maggio 2011 del MEF – Dipartimento Ragioneria Generale dello Stato, con la quale si avviano gli accertamenti dei residui al 31.12.2010, relativamente alle Istituzioni scolastiche e con espressa indicazione circa la valenza generale di tale questione.

In pari data, la difesa dei ricorrenti ha depositato i documenti giustificativi della posizione legittimante a ricorrere (ovvero di insegnante, collaboratore, genitore di studenti frequentanti gli Istituti scolastici di riferimento e così via), lo Statuto dell’Associazione ricorrente, le copie dei conti consuntivi degli Istituti di riferimento dai quali si evince l’ammontare dei residui ancora non incassati, nonché altra documentazione di causa.

Con memoria depositata il 5 febbraio 2013 l’Avvocatura contesta l’ammissibilità ed il fondamento della class action dei ricorrenti, evidenziando che non è chiarito l’interesse al ricorso, non è indicato il termine di legge entro il quale si sarebbero dovuti adottare i provvedimenti necessari a dare il compiuto assetto organizzativo richiesto, e comunque i Ministeri si sono già attivati, erogando buona parte dei fondi per cui è causa.

Parte ricorrente ha, a sua volta, replicato con memoria conclusiva del 14 febbraio 2013.

Alla pubblica udienza del 7 marzo 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Viene in decisione l’azione proposta dai ricorrenti in epigrafe “per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici”, nei confronti delle due Amministrazioni centrali resistenti, ovvero il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ai sensi dell’art. 1 del D.legisl. 20/12/2009 n. 198.

I ricorrenti, preso atto della circostanza che una parte dei finanziamenti necessari al funzionamento degli Istituti Scolastici d’interesse, pur previsti ed iscritti nei relativi bilanci d’Istituto, non vengono erogati, chiedono che si adottino gli atti necessari ad assicurare la regolare erogazione delle necessarie provviste finanziarie, esponendo di avervi interesse diretto sia in quanto i genitori degli alunni, in situazione di carenza di fondi, sono spesso chiamati a volontarie prestazioni in denaro per sostenere alcune attività scolastiche, sia, più radicalmente, perché tutti (genitori, insegnanti, personale ausiliario ed associazione) hanno di mira l’efficienza delle attività didattiche e di Istituto ai cui fini è necessario l’uso effettivo delle relative risorse finanziarie assegnate e non materialmente erogate.

La difesa delle Amministrazioni resistenti oppone alcune eccezioni di ammissibilità del ricorso che sono pregiudiziali rispetto all’esame del merito dell’azione.

I) Una prima eccezione, è relativa alla carenza di legittimazione del MEF, posto che solo al MIUR spetterebbe di provvedere all’erogazione delle provvidenze economiche già impegnate.

L’eccezione va respinta, dal momento che entrambe le Amministrazioni provvedono all’erogazione dei finanziamenti di competenza delle Istituzioni Scolastiche di riferimento, assolvendo il MEF un ruolo di coordinamento generale delle politiche di spesa degli altri Ministeri, e gli altri compiti e le responsabilità di cui all’ordinamento della contabilità di Stato (legge 31 dicembre 2009 n.196).

In ogni caso, qualsiasi questione teorica in ordine alla esclusiva competenza del MIUR in ordine all’accertamento ed erogazione dei residui dei finanziamenti assegnati agli Istituti scolastici nell’odierna controversia è superata dalla circostanza che è lo stesso MEF ad aver avviato la ricognizione dei residui, come risulta dalla circolare nr. 20, prot. 64422, del 23 maggio 2011.

II) Una seconda eccezione, relativa alla carenza di dimostrazione della posizione legittimante dei ricorrenti, va respinta con semplice riferimento a quanto documentalmente risulta agli atti.

I ricorrenti sono, come già anticipato in precedenza, genitori degli alunni in atto frequentanti gli Istituti scolastici della Provincia di Imperia; docenti e personale esecutivo dei medesimi Istituti; nonché un’associazione avente come fine di statuto la collaborazione con le Amministrazioni scolastiche per il miglioramento dell’insegnamento e della didattica (circostanze tutte ampiamente documentate in atti).

Si tratta dunque di soggetti che versano in una situazione “di classe”, essendo tutti accumunati del medesimo interesse sostanziale all’ottimale funzionamento della comunità scolastica cui appartengono cui è strumentalmente collegata la pretesa di ottenere la regolare erogazione dei finanziamenti previsti.

Va inoltre osservato non solo che l’eccezione dell’Avvocatura è generica, per come formulata, ma, nel sollevare il dubbio circa la pertinenza dell’interesse all’ottimale funzionamento del servizio pubblico cui i ricorrenti aspirano, in realtà introduce una riflessione che non può che concludersi con un aperto apprezzamento dell’aggregazione dell’utenza di un servizio pubblico, poiché quando quest’ultima si organizza e si struttura efficacemente per ottenere un miglioramento della qualità dell’impiego delle risorse collettive, denota una matura consapevolezza delle potenzialità insite nell’effettiva partecipazione democratica e della centralità del cittadino-utente nel sistema pubblico, cosa che, oltre ad essere un valore in sé, consente anche di ottenere da parte della PA una maggiore e più efficace cura degli interessi affidati alla sua responsabilità.

III) La terza eccezione, relativa alla mancata indicazione del termine entro il quale andrebbero adottati i provvedimenti, è parimenti superata dalle deduzioni della difesa dei ricorrenti: le erogazioni finanziarie iscritte a bilancio preventivo di una pubblica amministrazione, incluse quelle dotate di autonomia come le Istituzioni scolastiche, per loro natura vanno realizzate entro l’esercizio di riferimento; secondo i principi della contabilità di Stato, se tali somme non vengono utilizzate costituiranno oggetto dell’accertamento dei residui al fine del loro mantenimento in essere, e tale attività generale viene svolta secondo le scadenze di legge nell’ambito dei diversi adempimenti relativi al bilancio di previsione annuale e del consuntivo.

Si tratta dunque di un termine ciclico, annualmente ripetitivo, che scandisce l’attività generale di accertamento della permanenza degli scopi di interesse pubblico cui le specifiche poste attive di spesa sono finalizzate e vincolate in forza della loro esposizione in bilancio, che può quindi essere fatto valere in relazione agli esercizi finanziari pregressi al tempo della domanda giudiziale (e dunque, nell’odierno giudizio, relativamente agli esercizi compresi alla data del 31.12.2011).

IV) Un ulteriore profilo sollevato dalla difesa dell’Avvocatura, relativo alla incerta quantificazione delle somme oggetto di residui non erogati ed alla correlativa incerta indicazione delle attività che non sarebbe possibile assicurare in ragione di tale circostanza, necessita di maggior approfondimento e consente di introdurre anche l’esame nel merito della domanda, delimitandone l’ambito.

La difesa dei ricorrenti quantifica le somme oggetto di mancata erogazione al 2009 in euro 4.015.944,47 (analiticamente ripartite per ogni Istituto), mentre, a seguito delle attività di rilevamento avviate nel 2010 con la circolare del MEF cui si è fatto riferimento in premessa, esse si sarebbero ridotte, all’attualità, ad importo pari ad euro 2.118.637,90.

Per accertare la consistenza dei residui attivi non erogati ai singoli Istituti, gli stessi ricorrenti – atteso il rilascio solo parziale da parte delle relative direzioni scolastiche della documentazione contabile – chiedono in via istruttoria l’acquisizione delle necessarie informazioni e documentazioni mancanti.

A giudizio del Collegio, in base alla formulazione della domanda oggetto dell’azione, non è necessario procedere ad una istruttoria e va ritenuto che la documentazione prodotta in giudizio è sufficiente a dimostrare la fondatezza del gravame, nei limiti in cui è proposto.

Infatti, la “classe” di utenti del servizio pubblico di istruzione che agisce nel presente giudizio, opera al fine di ottenere l’esercizio di un atto generale, quello costituito dall’accertamento dei residui cui sono obbligate le Amministrazioni centrali, al fine della compiuta erogazione delle somme che così risulteranno ancora attive e dunque dovute.

Si ha riguardo, dunque, al complessivo funzionamento dei meccanismi di finanziamento delle Istituzioni scolastiche, assunto come strumento essenziale per la completa ed ottimale attività scolastica cui i ricorrenti hanno interesse qualificato essendone parti ed utenti e, così come risulta dalla circolare nr. 20, prot. 64422, del 23 maggio 2011, l’attività è stata avviata, ma non completata.

A tale scopo, più precisamente, si osserva quanto segue.

A norma dell’art. 1 del dlgs 198/2009, per quanto qui d’interesse, “al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio, con le modalità stabilite nel presente decreto, nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento….”.

Chiarito che i ricorrenti sono utenti e consumatori che hanno piena legittimazione in quanto portatori di interessi rilevanti ed omogenei, che lo scopo dell’azione è ripristinare il corretto svolgimento della funzione di finanziamento degli Istituti scolastici di loro interesse, e che dall’odierna azione non derivano nuovi o maggiori oneri economici o finanziari a carico dello Stato, dal momento che si controverte dell’accertamento di somme già iscritte a bilancio, resta da verificare se la lesione di cui i ricorrenti si lamentano è riconducibile o meno alla mancata adozione di atti amministrativi generali obbligatori non aventi contenuto normativo.

Anche tale presupposto va riconosciuto nell’azione degli odierni ricorrenti, sulla base di quanto sin qui esposto.

Per le Amministrazioni resistenti, l’accertamento dei residui passivi costituiti da finanziamenti che esse hanno impegnato a favore di determinati Enti (pubblici o privati) che ne costituiscono i beneficiari, è atto amministrativo generale.

Invero, l’accertamento dei residui, nella disciplina della contabilità di Stato, è funzione generale ed obbligatoria dal momento che i suoi risultati confluiscono tra i contenuti essenziali del bilancio (cfr. art. 21 l. 31 dicembre 2009 n.196 - Legge di contabilita' e finanza pubblica), nonché nelle sue variazioni ed assestamenti (art. 23, l.196/2009 cit.), nel rendiconto generale dello Stato (art. 36, l. 196/2009 cit.) e così via.

L’accertamento della attuale validità di tali voci, specie in relazione agli esercizi pregressi, è dunque oggetto di una attività provvedimentale e, prima ancora, istruttoria, che è unitaria, come unitaria è la redazione ed approvazione dei bilanci in cui tali voci sono destinate a confluire.

Naturalmente, la natura di attività generale che è da riconoscersi nell’accertamento dei residui, è tale da rendere obbligatoria anche la fase esecutiva consequenziale, ovvero la materiale erogazione dei finanziamenti accertati, dal momento che quest’ultima rappresenta, sul piano dinamico dell’interesse pubblico, il naturale e necessario “pendant” dell’accertamento come momento genetico della stessa funzione.

Non è superfluo precisare che nei termini siffatti l’erogazione è dovuta – sul piano contabile – subordinatamente all’accertato avveramento delle condizioni specifiche del titolo (ad esempio, se il residuo ha ad oggetto il finanziamento di un’opera, salvi gli stati di avanzamento sarà necessario il collaudo; se si tratta del finanziamento a rimborso di un progetto o iniziativa formativa, sarà necessario verificarne la contabilità e così via) e dunque l’obbligo dei Ministeri resistenti non esclude la necessità della fattiva collaborazione dei diversi Istituti scolastici interessati (sul piano dell’utenza ciò implica a sua volta la possibilità per quest’ultima di partecipare al relativo procedimento e verificare l’adempimento degli obblighi amministrativi dell’Istituto).

Le somme oggetto di residui riaccertati, ma non erogabili per inesigibilità attuale, derivante dal non ancora avvenuto maturare delle condizioni previste dal rispettivo titolo di spesa, confluiranno nel nuovo accertamento dei residui per l’esercizio finanziario 2014, da espletarsi nei relativi termini di legge e saranno in quella sede oggetto di rinnovata verifica di attualità della loro permanenza nel bilancio.

Alla luce di tali premesse, il ricorso è dunque fondato e come tale merita accoglimento.

In fatto, risulta che l’attività di accertamento e ricognizione dei finanziamenti impegnati per gli Istituti di riferimento è stata avviata dal MEF, ma non risulta essere stata completata, con l’approvazione dei residui, il competente visto della Corte dei Conti e le conseguenti attività di erogazione che hanno natura di atti esecutivi.

Tale circostanza, che denota comunque una parziale esecuzione delle attività dovute da parte del MEF, ancorchè non completamente tradottasi nei necessari provvedimenti generali consequenziali, conferma sul piano probatorio la fondatezza del gravame, sotto il profilo dell’obbligo a provvedere nel senso di completare la ricognizione periodica ed adottare gli atti conseguenziali.

Resta il problema di determinare le azioni successive: i ricorrenti chiedono infatti che siano adottati i provvedimenti necessari non solo a dare esecuzione all’accertamento degli anni pregressi, ma anche ad assicurare la regolare esecuzione negli anni a venire.

Sotto questo profilo, il ricorso è inammissibile.

La c.d. “class action” pubblica, può certamente spingersi sino ad ottenere l’adozione di provvedimenti organizzativi e strutturali atti a rimuovere non solo gli effetti dell’inerzia o della “maladministration” che si contesta, ma anche le loro cause organizzative immediate: tuttavia, tale idoneità generale non sfugge al rigoroso principio processuale della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.

Spetta a chi agisce ex art. 1 dlgs 198/2009 identificare i provvedimenti necessari a rimuovere strutturalmente, nel rispetto del principio di invarianza finanziaria, le cause dell’inefficienza della PA per il futuro e non è ammissibile una domanda che affidi alla discrezione del giudice la loro determinazione, poiché tale tipo di istanza è di fatto generica.

Nel caso di specie, i ricorrenti hanno correttamente identificato i provvedimenti da assumersi solo in relazione al pregresso (ovvero al mancato accertamento dei residui al momento della domanda giudiziale), ma non hanno se non genericamente prospettato la necessità di assicurare che il fenomeno dei finanziamenti impegnati e non riscossi si ripeta nel prossimo futuro.

Peraltro, ciò dipende probabilmente da più ordini di ragioni che non sono state fatte emergere nell’odierno giudizio (inerzia degli Istituti scolastici, indisponibilità temporanea dei finanziamenti, dipendenza di questi ultimi da condizioni di fatto non verificatesi e così via); dunque, anche sotto questo profilo, la domanda non solo è generica, ma anche indeterminata al punto da non consentire neppure di poterne colmare il deficit precettivo con apposita istruttoria.

Ne deriva che il ricorso è fondato e merita accoglimento solo nei limiti esposti, con ordine ai Ministeri intimati di:

1) completare la ricognizione dei residui relativi agli Istituti scolastici della Provincia di Imperia come stabilito nella circolare prot. 64422 del 23 maggio 2011, entro il termine del 30 settembre 2013, avendo riguardo agli esercizi pregressi fino alla data del 31.12.2011;

2) erogare, per ciascun Istituto, le somme così accertate entro il termine del 30 dicembre 2013, a condizione di esigibilità (ovvero che risultino verificati a tale data gli specifici presupposti sostanziali dei relativi titoli di spesa, secondo quanto sopra esposto).

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in parte motiva, e, per l’effetto, ordina ai Ministeri resistenti, ciascuno per sua competenza, di procedere nei termini e con le modalità di cui in parte motiva.

Condanna i Ministeri resistenti, in solido tra loro, alle spese di lite del presente giudizio che liquida in euro 3.000,00 in favore dei ricorrenti, in solido tra loro, oltre rimborso del contributo unificato e delle spese di notifica.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Caruso, Presidente

Paolo Peruggia, Consigliere

Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore

                              
                              
L'ESTENSORE                   IL PRESIDENTE
                              
                              
                              
                              
                              

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)





 

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