martedì 10 maggio 2011

La scuola pubblica, bene comune indisponibile


Postato il 09/05/2011 da Comitato Scuola Pesaro

A chi chiedere come sta cambiando la scuola, dopo la cura dimagrante imposta dai provvedimenti triennali presi dal governo Berlusconi nel 2008?

Al ministro Gelmini, forse?

Per la signora della (d)istruzione pubblica va tutto benone.

Magari ai dirigenti scolastici?

Per ispettori centrali e periferici, per dirigenti regionali e provinciali fino a quelli delle singole scuole, pare si tratti solo di applicare degli algoritmi che stabiliscono dove e quanto tagliare, senza poter palesare alcun dissenso.
E allora ci siamo rivolti ai genitori, agli insegnanti, agli studenti.

Lo sguardo dei genitori è quello un po’ smarrito di chi pensava che la scuola, almeno la scuola, fosse una di quelle cose certe nella vita; una di quelle cose pubbliche, che, pagate con i soldi dei contribuenti, restituiscano un’opera di assistenza educativa alle famiglie e di formazione culturale, magari anche un servizio sociale; comunque un bene pubblico che scandisse gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza dei loro figli e delle loro figlie senza patemi d’animo.

E invece in questi ultimi due anni è tutto un interrogarsi ansioso: sopprimono delle classi? Accorpano delle scuole? Aumentano gli alunni per classe? Ci saranno meno ore di scuola e quindi di formazione? Meno insegnanti di sostegno? Pellegrinaggio di classe in classe se il prof o la maestra si ammala? Chiudono il tempo pieno?

E quando si accorgono che ognuno di questi timori diventa realtà, i genitori cercano di reagire. Con la protesta, con la pronta organizzazione di comitati orizzontali ed indipendenti. Qualche risultato a volte si ottiene. Non è poi così vero che si deve combattere contro un algoritmo inserito in un computer. I luoghi delle decisioni sono occupati da uomini e donne, dirigenti che sono stati interpellati, messi di fronte alle conseguenze dei tagli, messi civilmente di fronte alla protesta delle famiglie e dell’associazionismo dei genitori.

A Pesaro è successo.

Ne sono nati tanti di comitati in Italia in questi 2 anni e molti di essi sono ancora attivi e pronti a mobilitarsi. E’ quello che accade nella provincia di Pesaro con i 3 comitati nelle città più importanti: Pesaro, Fano e Urbino.
E gli insegnanti? Il loro sguardo è quello più attonito e preoccupato. I tagli si sentono sulla pelle. Quella dei precari innanzitutto, licenziati senza mezzi termini. Quella dei docenti a tempo indeterminato, costretti ad una flessibilità utile solo a garantire un “servizio” coi posti sopravissuti ai tagli, a contendersi gli spezzoni di orario, a coprire i buchi e le assenze dei colleghi. Costretti a concentrare la didattica in sempre meno ore con classi sempre più numerose. E al tempo stesso essere chiamati pretestuosamente a rispondere dello scivolamento in basso nelle graduatorie internazionali di una scuola italiana fatiscente e senza finanziamenti, oppure costretti a subire le punizioni pecuniarie del ministro Brunetta per essersi incautamente ammalati. Certamente, la categoria sciopera, protesta. Ma, svuotati i poteri del Collegio dei Docenti, attenuati i loro diritti in quanto lavoratori, gli insegnanti tendono a rifugiarsi nella loro disciplina d’insegnamento e si allontanano dal ruolo civile di orientamento culturale laico e pluralista che hanno sempre avuto nella scuola della Repubblica in quanto istituzione. Per quei docenti che si attardano nel fare scuola come Costituzione comanda, l’accusa altrimenti è di quelle pesanti, parola di presidente del consiglio.
Infine gli studenti. Il loro è lo sguardo di chi teme o sa di non avere futuro. Una scuola che non porta da nessuna parte, una scuola che ripristina la selezione in base al censo, una scuola in cui rullano i tamburi della meritocrazia senza prima aver garantito il diritto allo studio, questa scuola non è che un curriculum di studi al cui compimento c’è un salto nel buio: università costosissima e senza tutele, disoccupazione e precarietà.

Così gli studenti hanno protestato e continuano a protestare. E continuano ad essere malmenati e picchiati ogni volta che invadono le piazze e le strade. Non c’è via d’uscita. Non c’è futuro. Questa minestra o la…! Arrangiati!

cco, le testimonianze che abbiamo raccolto cercano di restituire lo sguardo di questi protagonisti della scuola pubblica pesarese sugli ultimi 2 anni di tagli e ritagli.
Lo offriamo ai tanti e tutti i genitori, insegnanti e studenti che hanno condiviso le stesse ansie, le stesse preoccupazioni, le stesse mobilitazioni.
Le offriamo agli amministratori della città e della provincia, alle organizzazioni sindacali, perché scommettiamo sul loro tenerci alla scuola pubblica, quale presidio di cultura e di civiltà nel nostro territorio.

Le offriamo alla stampa ed ai media locali perché possa essere utile nel lavoro di informazione e di riflessione.



Non è finita qui. E’ solo la prima puntata…

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