martedì 14 maggio 2013

ancora informazioni sull'invalsi: modalità, significato e costi

fonte: vivalascuola

Vivalascuola. Valutazione come?


Il 7 maggio iniziano le prove Invalsi, diventate il perno del sistema di valutazione della scuola italiana. Si concluderanno il 17 giugno con l’esame di Stato delle classi III della scuola secondaria di I grado. Nel 2015 approderanno agli esami di Stato come prova per le classi quinte della scuola secondaria di II grado. Anzi l’Invalsi propone di cambiare l’esame di Stato in funzione delle prove da esso somministrate. L’Unione degli Studenti annuncia il boicottaggio. Uno sciopero nelle giornate di inizio delle prove è stato indetto da Cobas, Cub, Unicobas, Usb. La Flc Cgil chiede al nuovo ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza di rivedere il regolamento sul sistema di valutazione “troppo centrato sui test Invalsi“. Contrari anche Anief e Gilda. In questa puntata di vivalascuola Marina Boscaino e Carlo Salmaso analizzano il Regolamento sulla valutazione e il sistema Invalsi.

Valutare: come e perché?

di Marina Boscaino
Ecco uno stralcio dell’intervista che qualche giorno fa Il Sussidiario.net ha fatto a Luciano Canfora:
Qual è la prima urgenza della scuola italiana? Cancellare la riforma Gelmini, ripristinare il numero di docenti necessario, rendere le classi più piccole e più umane, e – se non è utopia – rendere più dignitoso il salario dei docenti.

Qual è la sua obiezione principale alla riforma Gelmini, professore? La cosa più ignobile è stata quella di eliminare i docenti di sostegno, accorpare le classi, accorpare le scuole, costringendo i presidi ad andare da una scuola all’altra, quella di cui sono titolari e quella di cui hanno la reggenza. Sul piano dei programmi la cosa più irritante è aver cancellato di fatto sia l’insegnamento della storia che della geografia nelle classi fondamentali che una volta si chiamavano quarta e quinta ginnasio. È stato un provvedimento stupido perché la geografia è forse la disciplina più importante per chi non voglia vivere rinserrato nella sua dimora ma comprendere il mondo in cui si trova.
Siamo ormai vicini, come ogni anno, alle rilevazioni Invalsi sull’apprendimento degli studenti. Cosa si sente di dire in proposito? Le prove Invalsi sono una mostruosità, una cosa senza alcun senso, che può servire se mai a premiare chi è dotato di un po’ di memoria più degli altri, non chi ha spirito critico. Poiché la scuola dovrebbe essenzialmente far nascere lo spirito critico, la miglior cosa sarebbe eliminare l’Invalsi e restituire i suoi test a chi li ha inventati.
* * *
Riforma Gelmini e test Invalsi: ecco i due principali nemici della scuola italiana. Sull’emergenza di questi ultimi, però, rischiamo di dimenticare che un’insidia superiore (informata agli stessi principi e alle stesse carenze che il professor Canfora lamenta rispetto agli imminenti test) minaccia la scuola italiana: il regolamento sul Sistema nazionale di Valutazione.
Per capire cosa abbia reso possibile l’approvazione di questo regolamento, dobbiamo tornare indietro di circa un anno.
Il 24 agosto 2012 il CdM licenzia uno schema di Dpr contenete il regolamento istitutivo del Sistema Nazionale di Valutazione. La bozza, grosso modo, non si discostava di molto dal testo che sarebbe stato approvato l’8 marzo; il testo che diventerà definitivo, casomai, – insistendo sulla valorizzazione dell’autovalutazione – affida al SNV, oltre alla valutazione dei dirigenti scolastici, del sistema educativo di istruzione, degli apprendimenti e delle competenze degli studenti, anche la valutazione delle scuole. Il principale strumento di valutazione è configurato da un’unica tipologia di test, a cura dell’Invalsi.
Esattamente 3 mesi dopo, il Cnpi dà parere negativo:
“[il regolamento] appare segnato da una redazione eccessivamente generica ed affrettata che rende la bozza in esame al di sotto delle esigenze maturate sul versante di questo delicato problema”.
Il 20 dicembre 2012 il Consiglio di Stato si esprime in maniera favorevole, ma sollevando una serie di obiezioni che il testo presentato alle Commissioni non rileverà. Il 23 gennaio – a meno di un mese dalle elezioni politiche, con l’esecutivo di fatto scaduto e impegnato nel “disbrigo degli affari correnti” – si chiedono i pareri delle Commissioni.
L’8 marzo, come si diceva, 2 settimane dopo le elezioni che hanno cambiato completamente il volto del nostro Parlamento e portato ad una lunga fase di stallo, dalla quale – apparentemente – siamo appena usciti, viene approvato in Consiglio dei Ministri in via definitiva il regolamento relativo all’istituzione e la disciplina del S.N.V in materia di istruzione e formazione, per le scuole del sistema pubblico nazionale di istruzione e le istituzioni formative accreditate dalle Regioni. Il sistema si configura a “tre gambe” (Invalsi, Indire, corpo ispettivo), con il primo ente investito di un ruolo assolutamente prioritario e determinante. Nel testo approvato, al netto di qualche aggiustamento, non ci si preoccupa di raccogliere le critiche del Cnpi, né fa cenno alle indicazioni espresse dal Consiglio di Stato.
Uno dei leitmotiv che hanno accompagnato – dal dpr 275/99 ad oggi – la scomposta strategia italiana sulla valutazione, è che la scuola rifiuti categoricamente ogni intervento valutativo. La “vulgata” neoliberista, allo stesso modo di quella di un incauto uomo della strada, pensa che tali proteste siano state animate da un acritico rifiuto da parte del mondo della scuola (desideroso di conservare – sic! – i propri presunti privilegi) di qualsiasi forma di valutazione. Dal tentativo di rimanere – come ci ha accusati di essere il premier uscente – corporativi e impuniti.
Non è così. Dieci associazioni hanno pubblicato il documento “La valutazione: un impegno condiviso”, che prevede una proposta alternativa all’articolazione non solo del regolamento approvato, ma all’approccio che – governo dopo governo, in maniera più o meno acuta e allarmante – è stato imposto a questo tema.
Il percorso della valutazione nel nostro Paese, nonostante i numerosi richiami al mantra “ce lo chiede l’Europa”, è stato molto lontano e differente da quello dei Paesi europei che, almeno dagli anni ’80, studiano e investono su questo tema, individuando in esso uno degli istrumenti principali per determinare interventi e cambiamenti migliorativi nei propri sistemi scolastici.
L’introduzione in Italia della valutazione degli apprendimenti degli studenti risale al Ministro Moratti (D. lvo 286/2004). La sua applicazione ha creato fin da subito molte polemiche, per il piglio punitivo nei confronti delle scuole che il ministro seppe imprimere a quel testo.
Il ministro Fioroni nel 2007 inserisce i test Invalsi di lingua e matematica nell’esame di Stato di terza media, ma prevede una valutazione di sistema a campione. Il tormentone “valutazione”, indissolubilmente legato, dal 2008, alle indicazioni contenute di un documento di Checchi, Ichino e Vittadini (i guru della meritevolissima Gelmini), improntato a suggestioni cielline, neoliberiste e confindustriali, propone di imporre a tutti gli studenti (su base censuaria e non a campione) la somministrazione di test (si noti che molti Paesi – quelli ai quali si dichiara di volersi ispirare – stanno retrocedendo rispetto alla quiz-mania dilagante degli ultimi lustri) anche per costruire un’anagrafe degli studenti, che li segua nel loro percorso scolastico; sul fronte degli insegnanti, l’efficacia dell’azione pedagogica così rilevata viene legata alla premialità economica (sic!). Il documento non esclude interventi drastici sulle scuole non produttive. Cade il principio della valutazione di contesto; viene messa in discussione la competenza primaria dei docenti sulla valutazione in nome di una presunta oggettività dei test; vengono inseriti nel mansionario dei docenti voci non contrattualizzate; si scavalcano presupposti determinanti per l’impianto didattico-pedagogico della scuola italiana. Per giunta l’affidatario dell’elaborazione e della rilevazione dei testl’Invalsi – è un istituto alle dirette dipendenze del Ministro, controllato da commissari straordinari e da un comitato di indirizzo fin dall’inizio in orbita CL.
Seguono tre anni di introduzione surrettizia dei test Invalsi e le proteste, che molti ricorderanno, di genitori, studenti e docenti.
Il governo Monti nomina sottosegretario all’istruzione con delega alla valutazione a Elena Ugolini, dirigente del Liceo privato Malpighi di Bologna, che conferma la regolarità dell’intervento ciellino su questo tema strategico.
Per superare le contestazioni e le “beghe” giuridico-contrattuali nel decreto semplificazioni del 9/02/12 viene introdotto l’art. 51 che prevede:
2. Le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti, di cui all’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176.
Viene promosso dal basso un emendamento – che raccoglie più di 6.000 adesioni in un mese – che vincola le rilevazioni a campioni e non a tutta la popolazione scolastica; e la somministrazione delle prove stesse alla formazione di adeguati rilevatori esterni, nel rispetto del grado di scuola e dei criteri di rappresentatività del campione.
La bozza del Consiglio dei Ministri emanata il seguente 24 agosto (contenente il regolamento sul Sistema Nazionale di Valutazione), sconfessa l’emendamento (trasformato in OdG) e ripropone il modello del 2008: tutto il potere al ministro e all’Invalsi, scuole oggetto di valutazione e non protagoniste, test obbligatori per studenti e scuole.
Il testo approvato in marzo attribuisce al ministro di turno il potere di definire le strategie educative e, attraverso l’Invalsi, «gli indicatori di efficienza e di efficacia in base ai quali si individuano le istituzioni scolastiche e formative da sottoporre valutazione esterna».
All’Invalsi (un organismo non autonomo, ma direttamente dipendente dal ministero) viene attribuito un ruolo spropositato: controllare tutto il sistema, addirittura «curare la selezione, la formazione dell’elenco degli esperti dei nuclei della valutazione esterna e pure quella degli ispettori», con modalità discrezionali e senza alcuna previsione di un concorso pubblico. Persino i protocolli di autovalutazione dei singoli istituti sarebbero dettati da Invalsi.
L’autonomia scolastica, costituzionalmente sancita, continua ad essere sotto attacco: la scuola deve invece essere restituita alla sua funzione di istituzione dello Stato (come la magistratura), che persegue fini di interesse generale e sottratta alla funzione di servizio che le scelte politiche ed amministrative le hanno attribuito dal ’93 ad oggi.
Il giro di vite che Profumo ha tentato su Invalsi, così come su Anvur, è inaccettabile. È bene che docenti e studenti siano consapevoli del rischio che stiamo correndo. Sarebbe auspicabile una presa di posizione inequivocabile da parte di Carrozza, il nuovo ministro dell’Istruzione. Se tutto andasse secondo la volontà dell’ex ministro “tecnico” – si determinerebbero condizioni tali da annullare anni di mobilitazione ed impegno. E – soprattutto – c’è la necessità di affrontare un tema così importante partendo dalle proposte operative concrete del mondo della scuola.
Un’operazione così ambiziosa come la determinazione di un Sistema di Valutazione Nazionale non può essere realizzata né a costo zero, né – soprattutto – come un elemento alieno, sottratto a qualsiasi discussione e confronto. Come la pdl 953 – l’ex Aprea – anche questo provvedimento configura l’ambiguità con cui l’autonomia scolastica è stata interpretata negli ormai tanti anni di mala gestione della scuola: come nella proposta di legge il CNPI – vertice degli organi collegiali – è presieduto dal ministro di turno, così in questo regolamento ogni passaggio della valutazione è orientato, gestito, controllato dall’Invalsi, che dipende dal Miur.
Non è questa l’autonomia scolastica che la nostra Costituzione esplicitamente prevede, attraverso quell’intenzionale sottrazione delle nostre attività all’ingerenza di qualsiasi ministro di turno che si chiama libertà di insegnamento.
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Due o tre cose da sapere sull’Invalsi
di Carlo Salmaso
Qual è il ruolo dell’Invalsi
Con uno scarno comunicato emesso dal MIUR l’8 marzo siamo stati informati che il Consiglio dei Ministri “ha approvato su proposta del Ministro dell’istruzione, università e ricerca, in via definitiva, il Regolamento che istituisce e disciplina il Sistema Nazionale di Valutazione delle scuole pubbliche e delle istituzioni formative accreditate dalle Regioni”.
Lo stesso comunicato sottolinea che “il S.N.V. si impianta sull’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione) che predispone tutti gli adempimenti necessari per l’autovalutazione e la valutazione esterna delle scuole”.
E’ quindi lo stesso Ministero ad affermare che tutto il Servizio Nazionale di Valutazione è “impiantato” sull’Invalsi; al di là della terminologia poco felice, di certo l’effetto immaginifico è quello di rendere tutti pienamente consapevoli di quella che sarà la reale importanza di tale ente nel nuovo procedimento di valutazione.
Il compito ad esso deputato può essere così riassunto:
1. assicurare il coordinamento funzionale dell’SNV;
2. proporre protocolli di valutazione e il programma delle visite alle istituzioni scolastiche da parte dei nuclei di valutazione esterna;
3. definire gli indicatori di efficienza e di efficacia per l’individuazione delle istituzioni scolastiche e formative che necessitano di supporto e da sottoporre prioritariamente a valutazione esterna;
4. mettere a disposizione delle singole strutture scolastiche e formative strumenti per la realizzazione delle azioni legate alla valutazione;
5. definire gli indicatori per la valutazione dei dirigenti scolastici;
6. curare la selezione, formazione l’inserimento degli ispettori esterni;
7. redigere un periodico rapporto sul sistema scolastico formativo;
8. partecipare alle indagini internazionali in materia di valutazione.
Complessivamente, un ruolo che anche secondo il CNPI è “decisamente forte, impegnativo, impensabile senza un processo di ristrutturazione dell’Ente e delle sue risorse (di cui, nella bozza, non vi sono tracce)”.
Di cosa sia l’Invalsi, di come lavori, di cosa esattamente siano le prove che predispone, in realtà la maggior parte degli insegnanti ha poca contezza.
Infatti quelli che risultano coinvolti nelle rilevazioni (i docenti di Italiano e Matematica) sono un’esigua minoranza della totalità del corpo docente: possiamo stimare con buona approssimazione circa il 25-30% degli insegnanti della scuola primaria, circa il 12-15% della secondaria di primo grado, circa il 9-12% della secondaria di secondo grado, in base alla composizione dei consigli di classe nei vari ordini scolastici.
Ma se è sull’Invasi che il nostro futuro di docenti e studenti dovrà essere “impiantato”, forse potrebbe essere utile sapere qualcosa in più su cosa è e come funziona questo soggetto.
Premessa n° 1: in che modo condurre un’indagine statistica?
In statistica una rilevazione si dice campionaria quando è utile per fare inferenza, ossia per desumere dal campione stesso un’informazione relativa all’intera popolazione.
campione1Le indagini censuarie, al contrario, riguardano l’intera popolazione e pur essendo più affidabili riguardo al parametro oggetto d’indagine soffrono di:
maggiori costi
tempi più lunghi
minore accuratezza e minori risorse concentrate sul controllo della qualità della rilevazione (quello che si guadagna in estensione si perde in profondità).
Quindi mentre l’indagine censuaria fornisce il valore vero dei parametri di interesse (proporzioni, percentuali, medie, totali,…) quella campionaria restituisce una sua stima al quale è associato un certo grado di fiducia (ovvero un’incertezza) quantificabile quando la formazione del campione risponde a determinati criteri di tipo probabilistico.
Il campionamento si usa quando si vuole conoscere uno o più parametri di una popolazione, senza doverne analizzare ogni elemento: questo per motivi di costi intesi in termini monetari, di tempo, di qualità o di disagio o perché analizzare un elemento lo distrugge rendendo inutilizzabile l’informazione ottenuta.
Premessa n° 2: ma la Scuola Italiana a quante valutazioni esterne è sottoposta?
Capita spesso che chi si riempie la bocca di valutazioni e/o misurazioni sia completamente all’oscuro di quella che è attualmente la situazione nei vari livelli della nostra scuola rispetto a questo argomento.
Infatti (vedi tabella n° 1) ogni segmento scolastico è quasi avvolto da una fitta rete in cui tre diversi enti esterni monitorano gli apprendimenti dei nostri alunni.
tabella 1TABELLA n° 1. N.B.: in giallo gli anni in cui si devono anche certificare le competenze
Ma cosa sono e cosa si prefiggono queste indagini?
Ritengo importante richiamare come ogni ente si auto presenta, quindi di seguito vi propongo le indicazioni che potete trovare nei rispettivi siti (fra parentesi l’anno in cui si è svolta l’ultima edizione dell’indagine)
IEA – TIMSS (2011)
L’indagine TIMSS 2011 (Trends in International Mathematics and Science Study), è il quinto ciclo di una ricerca internazionale promossa dalla IEA (International Association for the Evaluation of Educational Assessment) e analizza il rendimento degli studenti in Matematica e Scienze in oltre 60 Paesi. L’indagine TIMSS misura la performance degli studenti relativamente alla IV classe della scuola primaria e III secondaria di I grado e monitora l’implementazione dei curricoli scolastici nei Paesi partecipanti all’indagine.
Condotto ogni quattro anni, il TIMSS fornisce anche informazioni circa il progresso degli studenti attraverso i gradi di istruzione; infatti, la coorte di studenti valutata in quarta primaria in un ciclo TIMSS raggiunge la terza secondaria di primo grado il ciclo dopo (ad es. gli studenti che frequentavano la quarta classe primaria nel 2007 frequenteranno la terza secondaria nel 2011).
IEA – PIRLS (2011)
Lo studio IEA PIRLS 2011 – Progress in International Reading Literacy Study – è una delle indagini internazionali, promosse dalla International Association for the Evaluation of Educational Assessment (IEA).
Il PIRLS è una ricerca periodica, ripetuta ogni cinque anni, che ha come principale obiettivo la valutazione comparativa delle competenze di lettura dei bambini al quarto anno di scolarità e di età compresa tra i nove e i dieci anni.
Il quarto anno di scolarità è considerato un importante punto di transizione nello sviluppo dei bambini come lettori. Infatti, è in questo momento che, tipicamente gli studenti hanno imparato a leggere e iniziano a leggere per imparare.
IEA – TIMSS Advanced (2008)
L’indagine IEA TIMSS 2008 Advanced (Trends in International Mathematics and Science Study) è un progetto internazionale finalizzato alla valutazione delle prestazioni degli studenti, relative all’ultimo anno di scolarità (classe V della scuola secondaria di secondo grado), per gli indirizzi specialistici in matematica e fisica.
La valutazione sulla matematica avanzata è relativa all’algebra (numeri complessi, serie, equazioni, ecc.), al calcolo (limiti, derivate, integrali, funzione esponenziale, ecc.) ed alla geometria analitica. La valutazione sulla fisica è relativa alla meccanica, elettricità e magnetismo, calore e temperatura e fisica atomica e nucleare. Tutti gli argomenti oggetto di indagine sono quelli trattati nei curricola nazionali dei licei scientifici e degli istituti tecnici industriali.
Le prove prevedono l’utilizzo di fascicoli con item a risposta multipla ed a risposta aperta; quattro fascicoli differenti sono previsti per la matematica, e quattro fascicoli differenti per la fisica.
Il campione rappresentativo per la maggior parte dei paesi coinvolgerà un minimo di 120 scuole e di circa 2.000 allievi per ogni disciplina.
OCSE – PISA (2012)
PISA è un’indagine comparativa internazionale che si svolge ogni tre anni.
Il suo obiettivo principale è quello di valutare in che misura gli studenti che si approssimano alla fine dell’istruzione obbligatoria (i quindicenni) abbiano acquisito alcune competenze ritenute essenziali per una consapevole partecipazione nella società.
Le competenze valutate sono riferite a tre ambiti di literacy: lettura, matematica e scienze.
In ogni edizione uno di questi, a rotazione, costituisce l’ambito di rilevazione principale: ad esso si dedica una particolare attenzione ed è riservato uno spazio maggiore nei questionari cognitivi somministrati agli studenti (vedi tabella n° 2)
Valutare le competenze significa andare oltre la mera constatazione della capacità degli studenti di riprodurre le conoscenze ed esaminare, piuttosto, se essi sono in grado di utilizzare quanto appreso e di applicarlo anche a situazioni non familiari, diverse da quelle usualmente proposte a scuola
Sono rappresentati i Licei, gli Istituti Tecnici, gli Istituti Professionali e la Formazione Professionale. Per quest’ultima, tuttavia, è stato possibile ottenere i dati di popolazione solamente da alcune regioni. Sono inoltre presenti le Scuole secondarie di I grado in quanto una piccola percentuale di quindicenni risulta frequentare tali scuole; trattandosi di un numero esiguo di studenti, i dati relativi sono riportati nelle tabelle allegate ma non commentati nel testo.
Il tipo di operazione richiesta agli studenti dalle domande della prova può essere così sintetizzata:
  • trovare informazioni nel testo
  • ricostruirne il significato integrandole ed interpretandole
  • riflettere sul testo e valutarlo
Nel 2000 l’Italia partecipa solo come paese, nel 2003 chiedono di partecipare anche disaggregate 6 regioni, nel 2006 12 regioni, dal 2009 tutte.
Come in ogni ciclo di PISA, la popolazione oggetto di indagine è quella degli studenti quindicenni; in ciascuna scuola coinvolta sono campionati fino a un massimo di 43 studenti.
tabella 2TABELLA n° 2
Questionari somministrati
questionario studente
questionario scuola: i dirigenti delle scuole rispondono a un questionario che rileva informazioni sull’insieme degli studenti iscritti, sull’organizzazione dell’istituto e sulle sue risorse.
questionario genitore: viene distribuito agli studenti che lo portano a casa per la compilazione da parte dei genitori; indaga sul contesto familiare, sugli atteggiamenti e i comportamenti dei genitori nei confronti dell’istruzione in generale
INVALSI (2012)
Art. 1, c.5, Legge 25 ottobre 2007, n. 176: dall’anno scolastico 2007/08 il Ministro della Pubblica Istruzione fissa con direttiva annuale gli obiettivi della valutazione esterna condotta dal Servizio nazionale di valutazione in relazione al sistema scolastico e ai livelli di apprendimento degli studenti per effettuare verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti, di norma, alla classe seconda e quinta della scuola primaria, alla prima e terza classe della scuola secondaria di I grado e alla seconda e alla quinta classe del secondo ciclo (…).
L’INVALSI ritiene che la finalità ultima della misurazione degli apprendimenti risieda nel fornire alle singole scuole uno strumento di diagnosi per migliorare il proprio lavoro.
L’Invalsi è un ente autonomo?
I documenti di riferimento per rispondere a questa (pleonastica) domanda sono:
Il D.Leg. 286 del 19-11-2004 che istituisce l’Invalsi a norma degli articoli 1 e 3 della Legge 53 del 2003 (riforma Moratti); in questo decreto agli articoli 5 e 6 era stabilito che “Il Presidente …è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Istruzione” e che “Il Comitato direttivo è composto dal Presidente e da sei membri… nominati dal Ministro, di cui uno designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e due dal Presidente della Conferenza Stato-Regioni”.
Con il Decreto n. 11 del 2-9-2011 viene disciplinato lo Statuto dell’ente; all’articolo 8 possiamo leggere che “Il Presidente e il Consiglio di amministrazione sono selezionati con le procedure previste dall’articolo 11 del decreto legislativo 31 dicembre 2009 n. 213.”
In questa specie di gioco di scatole cinesi inserite una dentro l’altra scopriamo che:
Ai fini della nomina dei presidenti e dei membri del consiglio di amministrazione di designazione governativa, con decreto del Ministro e’ nominato un comitato di selezione…..
Il comitato di selezione agisce nel rispetto degli indirizzi stabiliti dal Ministro…. Il comitato di selezione fissa… le modalità e i termini per la presentazione delle candidature e…propone al Ministro: a) cinque nominativi per la carica di presidente; b) tre nominativi per la carica di consigliere.
Nei consigli di amministrazione composti da tre consiglieri, due componenti, incluso il presidente, sono individuati dal Ministro.
In sostanza quindi, sia fino al 2011 in base al Decreto Legislativo 19 novembre 2004, n. 286, sia dopo, in base al nuovo Statuto dell’Invalsi, tutto lo “Stato Maggiore” dell’Istituto viene nominato ed è alle strette dipendenze del Ministro di turno.
Detto più semplicemente, fin dalla sua istituzione l’Invalsi non è mai stato un ente autonomo, ma sempre alle dirette dipendenze del Ministro e pertanto non esente da direttive invasive del proprio operato, del quale solo al Miur deve rispondere.
I test Invalsi sono anonimi?
Per provare a dare una risposta a questa domanda, vi popongo alcuni estratti del Manuale dati di contesto dell’Invalsi per le segreterie delle scuole, edizione 2011.
Il codice alunno (codice SIDI) è un codice univoco assegnato dal sistema SIDI del MIUR a ciascun allievo presente nell’Anagrafe Nazionale degli Alunni.
L’inserimento del codice alunno (codice SIDI) è molto importante poiché consentirà già dall’anno prossimo alle segreterie di evitare di inserire nel sistema INVALSI i dati trasmessi a partire da questo anno scolastico.
La maschera per l’inserimento delle informazioni di contesto consente alle segreterie di riutilizzare, anche nei prossimi anni scolastici, le informazioni già inserite.
La maschera permette di visualizzare e stampare l’Elenco Studenti da fornire, senza doverlo riscrivere, al somministratore della prova. Il predetto elenco è molto importante poiché contiene la corrispondenza univoca tra il codice INVALSI, il nome e il cognome dello studente e il codice allievo SIDI. In questo modo è possibile associare i fascicoli delle prove degli allievi alle loro informazioni di contesto. L’associazione delle predette informazioni (Nome, Cognome, Codice INVALSI e codice SIDI) rimane nota alla scuola.
Terminato l’inserimento dei dati di tutti gli studenti della classe è necessario creare una copia di tali dati per l’invio all’INVALSI. Tale copia si ottiene facendo clic sulla voce Crea Copia per l’INVALSI. Tale file contiene tutte le informazioni inserite tramite la finestra a eccezione del nome e del cognome dello studente.
(qui trovate il documento integrale
Quindi, se proprio vogliamo, i test non hanno nome e cognome solo per l’Invalsi (ma hanno il codice SIDI che segue l’alunno nella sua vita scolastica…, altrimenti come potrebbero fare le loro “misurazioni” sul valore aggiunto?)
Ma per ogni scuola identificare (con tanto di nome e cognome) ciascun alunno è possibilissimo (che poi si faccia poco, ma non so ancora per quanto, è un’altra storia!).
Allego qui un’immagine della maschera su cui lavora la segreteria quando introduce i dati che bene esemplifica quali sono le associazioni: nome e cognome, codice Invalsi, codice SIDI.
Da segnalare che nella stessa maschera compaiono anche tutte le informazioni cosiddette di contesto, ricavate dai dati già in possesso delle scuole, dai questionari alunno e/o genitore che vengono proposti nei vari ordini di scuola.
Tutto questo non per pignoleria, ma perché penso sia giusto mettere in evidenza che di anonimo (soprattutto se pensiamo a come potrebbero evolvere le cose..) c’è veramente poco!
scheda studente segreteria
Mi permetto di aggiungere un’ultima riflessione: un altro aspetto piuttosto controverso è legato all’utilizzo delle prove somministrate da parte degli insegnanti interni alle singole istituzioni scolastiche.
Ancora una volta mi appoggio alle pubblicazioni ufficiali dell’Invalsi; nel manuale del somministratore a pagina 12 si trovano le seguenti indicazioni:
Durante la somministrazione
Il somministratore deve attenersi alle seguenti norme generali durante la somministrazione delle prove:
  • far sedere ordinatamente gli alunni nei banchi appositamente predisposti;
  • spiegare agli alunni che debbono cercare di impegnarsi a fare il meglio possibile e che non debbono in nessun modo cercar di copiare o suggerire le risposte, dicendo loro, se ritenuto opportuno, che non verrà dato alcun voto per lo svolgimento della prova.
Per capire come funzionano invece le cose nella realtà vi propongo un estratto da un articolo comparso nel sito Skuola.net durante le prove dello scorso anno scolastico:
IL PROF METTE IL VOTO – Dopo le polemiche di questi giorni sulle prove Invalsi e dopo le segnalazioni arrivate ai Cobas di irregolarità durante la somministrazione dei test alle elementari, Skuola.net, con un sondaggio, ha indagato su quali sono state le anomalie più frequenti – se ci sono state – riscontrate dagli studenti durante la somministrazione dei test. Arriva quasi al 30% la quota di coloro che si sono visti prendere nota del codice del test da parte del professore che poi assegnerà loro un voto sul registro.
Si può anche pensare che Skuola.net non sia particolarmente attendibile, ma le segnalazioni che riceviamo come Comitato Genitori ed Insegnanti a Padova vanno nello stesso senso.
Cioè, che qualche “stimato collega” stia facendo un serio pensiero ad usare le prove Invalsi per procurarsi una valutazione in più non è poi una cosa così lontana dalla realtà come sembra e, se ha preso accordi con il somministratore, è in possesso della catena Codice Invalsi – Codice SIDI – Cognome e Nome.
L’Invalsi lavora in forma censuaria o a campione?
Il primo documento in cui, in maniera esplicita, viene affrontato l’argomento è la Direttiva n. 52 del 19 giugno 2007 (ministro dell’Istruzione Fioroni) che al punto 2 recita:  
La rilevazione dovrà essere effettuata su un campione di Istituti, previamente individuato con metodo statistico e dovrà riguardare gli insegnamenti dell’italiano, della matematica e delle scienze e comprendere la II e V classe della scuola primaria e la I e III classe della scuola secondaria di I grado. Tale processo di valutazione per la scuola secondaria di secondo grado riguarderà le classi II e V, tenendo conto, per tale grado di studi, delle peculiarità delle diverse tipologie e dei vari indirizzi.
Successivamente con la Direttiva n.74 del 15 settembre 2008 (ministro dell’Istruzione Gelmini) verrà specificato che è necessario “… rilevare gli apprendimenti degli studenti nei momenti di ingresso e di uscita dei diversi livelli di scuole, così da rendere possibile la valutazione del valore aggiunto fornito da ogni scuola in termini di accrescimento dei livelli di apprendimento degli alunni”.
In sostanza, senza dichiararlo esplicitamente, questo comma trasforma le rilevazioni da campionarie in censuarie, cioè estese a tutta la popolazione statistica che riguarda l’indagine.
Ma è effettivamente così?
Anche in questo caso per rispondere cerchiamo di utilizzare i documenti ufficiali forniti dall’ente.
Dal rapporto sulla Rilevazione Nazionale degli apprendimenti relativo all’anno scolastico 2011/12 possiamo leggere:
In questo rapporto si utilizzano in particolare i dati raccolti in un campione di classi in cui la presenza di un osservatore esterno ha consentito un più celere ottenimento dei dati da parte dell’INVALSI e condizioni meglio controllate di svolgimento della rilevazione.
I dati relativi a tutte le scuole e classi coinvolte nella rilevazione saranno poi per quest’anno restituiti alle singole scuole a partire da settembre.
I dati così restituiti alle scuole – assieme alle informazioni di natura più amministrativa inserite dal Ministero nel circuito di “scuola in chiaro” – potranno loro consentire di attivare processi interni di autovalutazione basati tanto sulla comparazione e sul confronto col resto del sistema, quanto sulla disponibilità di informazioni dettagliate sui propri punti di forza e di debolezza.
Per il corrente anno scolastico, quindi, la rilevazione degli apprendimenti ha riguardato entrambi i cicli di istruzione, coinvolgendo tutte le scuole del Paese, statali e paritarie (circa 32.000) e tutti gli studenti delle predette classi, ossia 2.850.000 alunni.
Per ciascun livello sono state individuate, inoltre, delle classi campione nelle quali le prove si sono svolte alla presenza di un osservatore esterno (il Presidente di commissione per la Prova nazionale) il cui compito è stato quello di monitorare la somministrazione, a ulteriore garanzia del rispetto delle procedure e di riportare le risposte fornite dagli allievi su apposite schede elettroniche predisposte dall’INVALSI.
Tavola 1.1. Totale delle classi e degli studenti per livello
TOTALE CLASSIInvalsiDetto in altri termini il campione (perché di questo si tratta…) costruito per fornire indicazioni relative sia al livello nazionale che a quello regionale ha lavorato su queste percentuali:
Totale ClassipercentualeQuindi l’Invalsi promuove un’indagine censuaria, ma in realtà garantisce la presenza di somministratori esterni solamente in un campione di scuole pari al 6,44% di quelle sottoposte a misurazione e solo da queste ricava i dati necessari, sia a livello di sistema sia a livello di disaggregazione regionale, per fornire i principali risultati dell’indagine svolta.
L’anomalia italiana nella valutazione delle scuole - Cosa dovrebbe valutare l’Invalsi?
Anche in questo caso per rispondere ci appoggiamo alla Direttiva n. 74 del 15 settembre 2008, in essa i compiti che il ministro Gelmini individuava per l’ente possono essere così sinteticamente riassunti:
  • Valutazione del sistema scolastico
  • Valutazione degli apprendimenti degli studenti
  • Valutazione del valore aggiunto fornito da ogni scuola
  • Collaborare alla certificazione delle competenze alla fine di un ciclo scolastico.
La Commissione Europea ha commissionato a Eurydice un’analisi completa nel 2009 sui test di valutazione usati nei vari paesi che è facilmente reperibile in rete a questo link.
Il rapporto per prima cosa suddivide i test in alcune categorie:
  • quelli che servono per la certificazione delle competenze al termine di un ciclo di studi
  • quelli usati per monitorare gli istituti
  • quelli usati per monitorare il sistema educativo
  • quelli finalizzati ad individuare i bisogni di apprendimento degli studenti.
I test nazionali spesso soddisfano varie finalità nell’ambito delle suddette categorie.
Per esempio Estonia, Irlanda, Italia, Lettonia, Polonia e Portogallo affermano che i loro test certificativi verranno utilizzati anche per monitorare il sistema educativo.
Altri paesi, quali Bulgaria, Italia e Slovenia, dichiarano che gli stessi test nazionali vengono utilizzati per finalità di monitoraggio sia a livello di istituto che di sistema
Solo l’Italia dichiara di voler utilizzare il metodo del valore aggiunto per la valutazione delle scuole.
Gli esperti della Commissione hanno ricordato che l’utilizzo di un singolo test per più finalità potrebbe essere inappropriato, in quanto ciascun obiettivo richiede tendenzialmente informazioni diverse.
L’Italia è l’unico paese che cerca di usare un singolo test per QUATTRO finalità diverse!
Anzi, visto la necessità di monitorare anche l’operato dei Dirigenti Scolastici introdotta dal Regolamento del Sistema Nazionale di Valutazione, le finalità sono diventate CINQUE!
Valore aggiunto: cos’è?
La definizione di valore aggiunto che troviamo nel sito dell’Invalsi è piuttosto laconica: è
una misura di quanto ciascuna scuola aggiunge al livello degli apprendimenti conseguito dai propri allievi, tenendo conto della preparazione pregressa degli studenti in entrata e delle loro caratteristiche (es. background socio – economico – culturale). Il valore aggiunto è inoltre calcolato tenendo conto degli effetti (positivi o negativi) del contesto in cui la scuola opera; i modelli di valore aggiunto consentono di confrontare le scuole a parità di condizioni. Infatti, gli esiti delle scuole sono comparati evitando che queste si avvantaggino – o siano penalizzate – da quanto non è sotto il loro diretto controllo.
Ma uno studio più approfondito ci viene proposto da Roberto Ricci, ricercatore responsabile dell’area prove dell’INVALSI, nel suo articolo La Misurazione del valore Aggiunto nelle Scuole (redatto per la Fondazione Giovanni Agnelli):
Secondo Grisay l’effetto scuola può essere misurato in quattro modi differenti:
1) con la differenza tra il punteggio medio grezzo di tale scuola e quello medio generale di un certo territorio;
2) mediante la misurazione dei progressi medi che gli allievi realizzano in un determinato arco di tempo (guadagni cognitivi);
3) per mezzo della differenza media tra i punteggi osservati ed i punteggi attesi in relazione alle caratteristiche degli allievi (condizione socio – economico – culturale, attitudini, ecc.);
4) mediante il guadagno cognitivo medio netto rispetto a tutti i fattori di contesto che non sono controllati dalla scuola.
La misurazione dell’effetto scuola sulla base della prima e, anche se in misura minore, della seconda definizione determina distorsioni… che producono una classificazione delle scuole fortemente influenzata da elementi che sfuggono alla sfera di azione delle istituzioni scolastiche.
La terza operazionalizzazione del concetto di effetto scuola rappresenta l’accezione più diffusa di valore aggiunto all’interno del filone di ricerca sull’efficacia in campo scolastico. La quarta definizione si riferisce a una concezione di valore aggiunto ancora più articolata ed approfondita poiché si basa sui guadagni cognitivi netti degli allievi con riferimento a prove standardizzate somministrate ad intervalli di tempo predefiniti.
Detto in altri termini, è a quest’ultima modalità che vuole riferirsi l’Invalsi.
Sia che si intenda il valore aggiunto secondo la definizione più diffusa che in termini di guadagni cognitivi netti, risulta cruciale poter disporre di misure appropriate e statisticamente corrette sugli apprendimenti.
Peccato che succeda anche che durante il giorno delle prove di terza media (20 giugno 2011), il meccanismo “automatico” di correzione approntato dall’Invalsi stesso si inceppi per un problema che anche uno studente di informatica al secondo anno di Istituto Tecnico avrebbe saputo prevedere:
invalsi_scuseE con le scuse l’Invalsi pensa di essere a posto, dimenticando il lavoro gratuito a cui ha costretto centinaia di insegnanti per ore, prima di avvertirli che la “griglia” di correzione era errata.
E queste sarebbero “misure appropriate e statisticamente corrette sugli apprendimenti” che dovrebbero permettere un’ottimale rilevazione del “Valore Aggiunto”?
A questo si aggiunge il fatto che, allo stato attuale, l’integrazione delle informazioni che dovrebbero servire per individuare il background socio – economico – culturale dello studente sono ricavate da un questionario decisamente “scarno”, le cui principali risposte riguardano domande relative a:
generalità dello studente
lingua abitualmente parlata
quantità di libri posseduti a casa
oggetti posseduti a casa che possono qualificare uno standard economico
generalità dei genitori
lavoro e titolo di studio dei genitori
opinione dello studente sulle materie testate nell’indagine
opinione sulla scuola frequentata
Altrettanto povere risultano essere le informazioni che la singola scuola aggiunge attraverso la scheda di contesto che compila per ciascun alunno.
Ma quanto costa l’Invalsi?
Per avere un’idea, almeno a grandi linee, di quanto costa allo Stato Italiano l’”Operazione Invalsi”, possiamo fare riferimento al Piano Triennale di attività Invalsi 2013/15, consultabile nel sito dell’ente.
Il costo annuo, per ciascuno dei tre presi in esame, è riassunto nella seguente tabella:
speseinvalsiDa tenere presente che l’ente stesso segnala che a ciò si deve aggiungere il Costo della dotazione organica vigente, pari a € 2.429.760,96; inoltre è sempre Invalsi a segnalare la necessità di un nuovo organico aggiuntivo, il cui costo stimato è pari a € 3.563.088,69.
Insomma, euro più euro meno, un anno di Invalsi ci costa circa 20.000.000 €.
Da segnalare, inoltre, che sempre l’ente nel suo Programma Triennale per la trasparenza e l’integrità 2012/14, segnala che esiste una “forte carenza di risorse umane che rende concretamente impossibile la creazione di una struttura specificatamente dedicata al supporto alle attività necessarie per attuare quanto previsto dal D.Lgs. n. 150/2009 in materia di gestione del programma per la trasparenza” nonché del “piano della performance.
Concludendo
l’Invalsi non è un ente autonomo;
l’Invalsi usa un unico test per cercare di misurare contemporaneamente 4 (se non 5…) aspetti diversi;
l’Invalsi promuove un’indagine censuaria, ma in realtà garantisce la presenza di somministratori esterni solamente in un campione di scuole pari al 6,44% di quelle sottoposte a misurazione;
l’Invalsi cerca di misurare il cosiddetto “valore aggiunto” delle istituzioni scolastiche con dati di contesto scarsi e legati solamente allo studente;
l’Invalsi e le sue operazioni ci costano almeno 20 milioni di euro l’anno; questa cifra è destinata sicuramente a crescere molto, viste le nuove competenze affidate all’ente dal Regolamento che istituisce e disciplina il Sistema Nazionale di Valutazione
Se a tutto questo aggiungiamo che nelle sue rilevazioni l’Invalsi usa prevalentemente domande a risposta chiusa che non permettono allo studente di esprimere la sua capacità di rielaborazione personale, di riflessione, di interpretazione e di analisi, forse l’idea di impiantare il Servizio Nazionale di Valutazione su questo ente non è stata delle migliori.
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MATERIALI
Il dibattito sulla valutazione e sulle prove Invalsi è ormai sterminato, impossibile darne conto in modo esauriente. Ci limitiamo a segnalare i precedenti interventi su vivalascuola: una puntata con interventi pro e contro le prove di Paolo Fasce e Giovanna Lo Presti, una con interventi di Roberto Ricci e Marina Boscaino, un dossier valutazione. Segnaliamo poi delle pagine dedicate al tema su Forum Scuole, una pagina sul sito dei Cobas, gli atti del convegno Quale valutazione per quale scuola? svoltosi a Ferrara il 30 aprile 2013 (di cui qui sono disponibili i video), il documento di 10 associazioni scolastiche La valutazione: un tema cruciale, un impegno condiviso, un elenco di materiali in rete “Invalsi dalla A alla Zeta“. Segnaliamo infine un appello Contro la scuola-quiz sottoscritto da numerosi e insigni docenti e alcuni degli interventi usciti nel corso dell’ultimo anno scolastico.
Le prove Invalsi? Una mostruosità
di Luciano Canfora

Siamo ormai vicini, come ogni anno, alle rilevazioni Invalsi sull’apprendimento degli studenti. Cosa si sente di dire in proposito?

Le prove Invalsi sono una mostruosità, una cosa senza alcun senso, che può servire se mai a premiare chi è dotato di un po’ di memoria più degli altri, non chi ha spirito critico. Poiché la scuola dovrebbe essenzialmente far nascere lo spirito critico, la miglior cosa sarebbe eliminare l’Invalsi e restituire i suoi test a chi li ha inventati.

Il problema sta nel pretendere di rilevare attraverso i test quello che uno sa?

Non c’è solo questo. Il vero problema è il tentativo di trasformare i cittadini in sudditi, facendo ciò che è tipico di tutti i sistemi autoritari. Se io tolgo allo studente che si sta formando in anni decisivi della sua vita l’abito alla critica, alla capacità di comprendere e di studiare storicamente, di distinguere, lo trasformo in un pappagallo parlante dotato di memoria e nulla più. Appunto, un suddito, non un soggetto politico. L’Invalsi e tutta la quizzologia di cui siamo circondati è lo strumento per ottenere questo pessimo risultato.
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Non saranno i test Invalsi a salvare la scuola - lettera aperta al ministro Carrozza
di Giorgio Israel
Da anni si ripete la stessa canzone: “chi si oppone a indicatori numerici, test, tabelle, certificazioni, ecc. non vuole la valutazione, non vuole essere valutato perché vuol fare il comodo suo”. E’ una canzone falsa e ricattatoria, perché non volere un certo tipo di valutazione non vuol dire che non si voglia alcuna valutazione. Naturalmente c’è chi ragiona così – nullafacenti e corrotti esistono nel sistema dell’istruzione e della ricerca come ovunque – ma questo non autorizza a coglierlo come pretesto per imporre sistemi insensati che hanno come unico esito di trasformare l’insegnante in un burocrate, in una macchina soggetta alle prescrizioni di enti e soggetti sottratti ad ogni controllo e valutazione…
Nel campo della ricerca scientifica interi settori, come quello della storia delle discipline scientifiche, si stanno inabissando in quanto inesistenti dal punto di vista dei parametri messi in opera in modo cieco e sconsiderato dall’Anvur, il quale nella sua furia dirigistica pretende persino di valutare università, corsi e docenti attraverso la valutazione (ovviamente automatica, a test e parametri vari) degli apprendimenti degli studenti, oltretutto annullando di fatto l’autonomia universitaria.
E’ quindi su questo tema centrale della valutazione che vorrei attirare la sua attenzione, nella consapevolezza che esso è all’origine di un profondissimo disagio nel mondo dell’istruzione e della ricerca. E qui vorrei pregarla di non vedere questa questione a livelli separati: università, ricerca, scuola. La questione è unica e unica è la via sbagliata su cui ci stiamo incamminando. Anvur, Invalsi e Indire sono l’unica faccia di un’unica scelta…
Nessuna persona seria e onesta che lavori nel sistema dell’istruzione può rifiutare la valutazione, ma un serio sistema di valutazione non può che nascere come processo culturale di miglioramento all’interno dell’istituzione attraverso il confronto e il controllo reciproco. Questo significa che un sistema di valutazione serio ha senso soltanto come sistema di ispezioni interno all’istituzione e non governato dall’esterno da organismi irresponsabili, sottratti a ogni valutazione e controllo. Tanto più se questi organismi procedono sulla base di quei sistemi basati su indicatori numerici . Il che è peraltro spesso reso inevitabile dal fatto che i “valutatori” sono per lo più statistici o economisti della scuola che magari non hanno mai messo piede in un’aula e non hanno alcuna competenza disciplinare.
Ogni azione sull’istruzione e sulla ricerca che non metta al centro le persone, la cultura, la conoscenza, è profondamente sbagliata e pericolosa.
Mi limito a ricordare che un’autorità come Diane Ravitch, principale consigliere di Bill Clinton e protagonista delle riforme statunitensi basate su test, accountability e competenze (mettendo in secondo piano conoscenze e curricula) ha scritto un libro di profonda e radicale revisione autocritica (The Death and Life of the Great American School System), sostenendo che al primo posto occorre rimettere conoscenze e curricula e che “una persona ben istruita ha una mente ben riempita di conoscenze, formata dalla lettura e dal pensiero sulla storia, la scienza, la letteratura, le arti, la politica. Una persona ben istruita ha appreso come spiegare le idee e ad ascoltare rispettosamente gli altri“.
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Regolamento valutazione, prove Invalsi, docenti: il cerchio non si chiude
di Antonella Reffieuna
1. Il Sistema nazionale di valutazione – Si tratta di un regolamento che dovrebbe realizzare il principio secondo cui spetta al ministero fissare gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi, e che si propone di fornire un impulso alle procedure di valutazione e autovalutazione degli istituti scolastici.
Il maggiore problema legato a tale regolamento sta nel fatto che il Snv dovrebbe essere il frutto della sinergia tra tre soggetti: l’Invalsi, l’Indire e il corpo ispettivo, le cui attribuzione sono però a tutt’oggi definite in modo non del tutto coerente.
In particolare, l’indeterminatezza riguarda l’Indire. Nel corso degli ultimi anni questo ente ha subito diverse denominazioni. Non si è trattato infatti di un semplice cambio di nome ma di mutamenti sostanziali nella mission: dalla documentazione pedagogica alla formazione degli insegnanti, alla predisposizione di piattaforme per l’apprendimento online, al supporto alla realizzazione dell’autonomia, al monitoraggio dei progetti ministeriali…
Altrettanto problematico rischia di essere il ricorso agli ispettori scolastici. In questo caso non esiste solo un problema di dettaglio dei compiti, ma anche di numeri. Il concorso bandito nel 2008 a 145 posti di dirigente tecnico ha visto ammessi all’orale solo 79 candidati. Di questi non si sa ancora quanti abbiano superato la prova orale, ma ci risulta che molti di essi abbiano ottenuto una valutazione negativa. Considerato il numero delle istituzioni scolastiche, come potrà essere costituito un numero adeguato di nuclei di valutazione?…
2. Le prove Invalsi − Riteniamo che non si possa continuare a ignorare le domande che un elevato numero di insegnanti si pone:
1. A che cosa servono tali prove? A delineare degli standard nazionali? A valutare la qualità degli istituti scolastici? A valutare la qualità dei singoli insegnanti? A valutare gli apprendimenti degli allievi?
2. Le valutazioni su larga scala non possono avere le stesse finalità delle valutazioni a livello di classe o di singola scuola. In proposito gli insegnanti lamentano un’indefinitezza che conduce molti di loro a rifiutare l’utilità delle prove Invalsi. Quali informazioni vengono messe a disposizione dei docenti per migliorare il proprio insegnamento?
3. Consentono davvero di individuare quali sono i problemi che gli allievi incontrano nell’apprendimento scolastico?
4. In che misura si differenziano o sono analoghe alle prove di verifica, ai compiti in classe utilizzati dalla maggioranza dei docenti?
5. Sono davvero indice di comprensione e di competenza?
6. Possono costituire una fonte di informazioni attendibile e significativa per valutare la qualità degli insegnanti?…
Chiunque lavori nella scuola sa che non è possibile stabilire delle graduatorie, perché, come ci ha insegnato la scienza della complessità, ogni classe, ogni allievo presenta variabili che lo differenziano dalle altri classi, dagli altri allievi, e che determinano percorsi non riproducibili se non a grandi linee. Quindi non esiste un docente che sia in assoluto migliore dei colleghi: il contesto, il momento temporale, fanno sì che si possa funzionare ottimamente in un livello di scuola, in un ambiente sociale, con allievi di una specifica età e non altrettanto in condizioni diverse…
Occorre ragionare in termini di sviluppo professionale dei docenti e non di semplice valutazione, perché solo lo sviluppo professionale comporta una stretta relazione con il livello di apprendimento degli allievi. Il concetto di sviluppo, unito a quello di professionalità, consente di ricondurre a unità coerente sia tutti gli aspetti attinenti alla situazione degli insegnanti sia tutti gli aspetti attinenti al contesto in cui essi operano e quindi, in particolare, agli alunni.
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Meritocrazia e valutazione: una scuola per la società del controllo?

di Girolamo De Michele
Immaginate di venire a sapere che l’autista dell’autobus, il macchinista del treno della metropolitana o del FrecciaRossa, il pilota dell’aereo su cui state viaggiando, abbia conseguito la patente senza esami e prove pratiche di guida, ma solo con l’esame scritto fatto con una serie di test a risposta multipla e di qualche sessione su un simulatore di guida come quelli che trovate nelle sale giochi. Immaginate di venire a conoscenza del fatto che su quell’autobus, quei treni, quell’aereo non sono stati effettuati dei crash test prima di abilitarli al servizio, e che la garanzia della loro tenuta sia stata ottenuta solo con delle proiezioni computerizzate.
Immaginate di andare a protestare dai dirigenti della rete di trasporto pubblico, dall’amministratore delegato delle ferrovie, dal presidente del consiglio di amministrazione della compagnia aerea, e di sentirvi rispondere che “è così in tutta l’Europa”; o che la vostra contrarietà a questi criteri di selezione e misurazione dimostra che “siete difensori di privilegi anacronistici, nemici delle norme di sicurezza e nostalgici del passato”.
Affidereste il futuro vostro e dei vostri cari a questi mezzi, questi conducenti, a questo sistema di trasporto?
Eppure il futuro del paese, o almeno quella rilevante porzione di futuro che dipende dall’esistenza di una buona scuola, dall’acquisizione di una buona istruzione, dalla capacità di interagire con il mondo e con gli altri attraverso un sapere adeguato e flessibile: questo futuro, che è quello delle prossime generazioni, è nelle stesse condizioni di quei guidatori e di quei mezzi di trasporto. “Perché ce lo chiede l’Europa”, ci viene detto: come se l’Italia non fosse parte integrante di questa Europa, non avesse voce in capitolo, non partecipasse ai momenti decisionali.
Da alcuni anni – dal 1990, per fissare un punto d’inizio – i sistemi scolastici sono invasi da un’ansia, un’ossessione compulsiva, una coazione inderogabile alla misurazione. “Misurazione”, non “valutazione”: siamo tutti donne e uomini di scuola, e l’esattezza delle parole è importanti. Se prendo un Piano dell’Offerta Formativa, uno qualunque, trovo scritto che «Valutare non significa solo misurare i livelli raggiunti nelle singole prove orali, scritte e pratiche, ma considerare l’acquisizione di un metodo di lavoro adeguato agli obiettivi prefissati, i progressi compiuti, il livello delle capacità possedute rapportate alle operazioni cognitive richieste, la qualità delle conoscenze e delle competenze acquisite. Alla valutazione finale concorrono anche l’interesse, l’impegno, la motivazione e il coinvolgimento nel lavoro educativo». Dove non si ha la possibilità, o la volontà, o l’interesse, a considerare questi criteri c’è una mera rilevazione, al più una misurazione, non una valutazione.
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Cara Invalsi… due o tre cose che so di lei
(volantino Cub scuola)
L’argomento principale da muovere contro le prove Invalsi era e resta il seguente: a che serve valutare in mancanza di interventi correttivi che, in quanto onerosi, sono impossibili in un momento in cui alla scuola italiana vengono tolte risorse? Ed inoltre: a che serve valutare in modo abborracciato, imponendo a studenti ed insegnanti prove estranee al percorso didattico da loro seguito? E ancora: a che serve sprecare risorse che potrebbero essere più proficuamente usate altrove? Una risposta a queste domande l’abbiamo: sostenere a spada tratta la necessità delle prove Invalsi vuol dire usare gli specchietti per le allodole della trasparenza e della meritocrazia per sviare l’attenzione dai molti e gravi problemi concreti che travagliano la scuola italiana…
Per comprendere cosa sia l’Invalsi è bene visitarne il sito, laddove, in omaggio alla trasparenza, vengono offerte alcune utili informazioni. Sul sito dell’Invalsi vedremo, ad esempio, che alla voce “Incarichi esterni” per il 2012, sono elencate circa 350 consulenze (sic, 350 cioè più di una al giorno), a vario titolo “necessarie” per l’attività dell’ente. Possiamo anche scorrere gli elenchi degli incarichi esterni degli scorsi anni: ci troveremo nomi noti a chi si occupa di trasformazione del sistema scolastico italiano (vale a dire: da scuola della Repubblica, secondo i dettami della Costituzione, ad hard discount del Merito, il cui scopo principale è vendere alle masse un pessimo prodotto con una chiassosa etichetta, al fine di far meglio proliferare la boutique delle scuole private, sostenuta da un grazioso contributo di denaro pubblico). Tutti possono leggere – e si tratta di lettura interessante…
Per altri aspetti, invece, l’Invalsi somiglia in modo preoccupante alla scuola: il contributo statale a suo favore è scivolato dai 10.900.870 euro del 2005 ai 2.945.803 euro del 2011. A fronte di questa drastica diminuzione di risorse, come viene detto nella parte introduttiva al Bilancio di previsione 2012, da una parte “si assegnano continuamente all’Istituto nuovi e più impegnativi compiti e si intensificano quelli già esistenti”, dall’altra “non si è ancora trovato modo di creare le condizioni operative per poter consentire all’Istituto di poter funzionare almeno ad un livello minimale”. Quindi il Paese si trascina dal 1999 (che è l’anno in cui il CEDE, centro europeo dell’educazione viene trasformato nell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione, con il D.L. 258 del 20 luglio) un ente che a quasi quindici anni di distanza dalla sua creazione, brancola ancora nel buio e, secondo quanto appena citato, non è in grado di funzionare nemmeno “ad un livello minimale”…
Quest’anno, a tutte le fondate critiche rispetto alle prove possiamo aggiungere qualcosa di nuovo: il CiVit (la Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche) mette in evidenza, nel rapporto pubblicato a dicembre 2012 che l’Invalsi non ha fornito nella sua Relazione “alcun valore relativo al grado di raggiungimento degli obiettivi strategici e che “le informazioni presenti nelle Relazioni non sono sufficienti per ricavare tale dato”. Ecco come si comportano i valutatori quando loro stessi debbono essere valutati!

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